sabato 28 dicembre 2019

luoghi insoliti: La letterina

luoghi insoliti: La letterina: “Caro Babbo Natale, anche quest'anno ti scrivo la mia letterina.  Ora scriverò bene, non come un anno fa, perché dice...

La letterina







“Caro Babbo Natale, anche quest'anno ti scrivo la mia letterina. 

Ora scriverò bene, non come un anno fa, perché dice la maestra che anche se non faccio mai i compiti, sono migliorato. 

Per iniziare vorrei chiedere qualcosa per la mia mamma, un'apparecchio come quello del nonno, per riavere un udito normale, perché non sente mai cosa dico e se le parlo della mia giornata a scuola non riesce mai a essere attenta. Deve proprio sentirci poco perché anche papà è costretto a gridare forte quando le parla e spesso si stanca e perde la pazienza e quando esce dalla stanza dice tante parole che a me non è permesso pronunciare. 

A proposito di mio padre, a lui porta una mazza da baseball nuova, perché quando giro in auto con lui, suona in continuazione il clacson e urla contro di tutti promettendo di far testare loro il suo vecchio bastone. Deve avere un mucchio di amici, anche se io non l'ho mai visto giocare a baseball… 

Caro Babbo Natale, fa che quest'anno la nonna stia meglio e la sua distrazione diminuisca, così ricorderà la ricetta giusta dei dolcetti che piacciono tanto a papà e fa che quest’anno non ci metta dentro le sue gocce per andare in bagno come ha fatto un anno fa, io ho visto che lo faceva ma non ho detto niente per non dispiacere alla nonnina ma il papà è stato seduto sul water per quattro ore filate e dopo c'era una puzza tremenda in tutta la casa e la nonna ridacchiava con la voce stridula uguale a quella della strega di Biancaneve. 

A mio fratello grande puoi regalare un cellulare nuovo? Così smette di portarne a casa ogni giorno cinque o sei, nascosti nello zaino sotto il letto in camera sua, che poi non devono funzionare perché nel giro di due ore li ha già piazzati ad altri gonzi come lui. 

Babbo Natale porta al nostro vicino un paio di occhiali nuovi perché quando ci incrocia sulle scale scambia sempre la mamma per sua moglie e più di una volta le ha fatto una lunga carezza, dalla schiena in giù, deve vederci davvero poco ma la mamma è stata così educata da non lamentarsi per non dargli un dispiacere. 

Caro Babbo Natale, vorrei che questo Natale passasse tranquillo e vorrei anche che lo zio non bevesse troppo vino e non cercasse di sfidare il nonno a pugilato anche perché il nonno ha la pressione alta e poi finisce come l'altra volta in ospedale e la mamma dà in escandescenze mentre aspettiamo e insulta la dottoressa che poi è Natale anche per lei e lo deve passare a curare mio nonno che non è proprio la persona più simpatica del mondo, quindi ha già le sue pene prima ancora di conoscere la mia famiglia. 

Anzi già che ci sei porta una confezione di camomilla per il nonno così si rilassa e tratta tutti meglio. Per esempio smette di recitare tutti i santi del calendario ogni volta che qualcuno gli cambia canale tv, oppure non grida più come un indemoniato al citofono quando suonano i rappresentanti di scritture sacre… 

Babbo Natale, porta anche qualche trucco, non so, rossetti, ciprie e pennelli per gli occhi, quelle cose lì insomma, per la mia mamma che da quando esce la sera con le amiche (mentre il papà forse gioca a baseball) ne fa un largo uso. 

Caro Babbo Natale, portami anche quei sette-otto giochi che ho segnato sul volantino dell’ipermercato e fai veloce, in cambio ti prometto che m’impegnerò a far scendere la popolarità a quel bambinello che è nato proprio nel giorno di Natale, che va di moda in classe e che ti deve fare una gran concorrenza, che poi essendo nato così tanti anni fa ora deve essere vecchissimo altro che bambino, ci penso io a convincere i miei compagni, specialmente se il babbo mi presta la sua mazza da baseball…”. 



Ciò che è stato di quel bambino non lo sappiamo, certo sarà cresciuto, forse sta parcheggiando il SUV sul marciapiede sotto casa vostra o in un posto per disabili, forse vi sta proponendo un contratto fallace, forse starà molestando una ragazzina… ciò che sappiamo è che non ha mai ricevuto i suoi regali perché si era dimenticato di spedire la letterina oppure perchè lo ha chiesto a sua madre che se n'è scordata. 

Forse è per questo che ha dovuto crescere con tutta quella rabbia repressa. Forse è per questo che non ama il Natale. Forse è per questo che non ama nessuno. 
Forse restare senza regali lo ha riempito di vuoto e questo tipo di vuoto è difficile da riempire.

Se lo incontrate potete fargli gli auguri di buon Natale.
Ma non fatelo innervosire. 

Perché la mazza da baseball, alla fine, ha pensato di comprarsela da solo. 







mercoledì 11 dicembre 2019

luoghi insoliti: Il gattopardo furioso

luoghi insoliti: Il gattopardo furioso: "I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti.  La loro vanità ...

Il gattopardo furioso










"I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti. 

La loro vanità è più forte della loro miseria, ogni intromissione di estranei sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla. 

Calpestati da una diecina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che dà loro diritto a funerali sontuosi. 

Crede davvero lei, Chevalley, di essere il primo a sperare di incanalare la Sicilia nel flusso della storia universale?" 


Così scrisse Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo capolavoro "Il gattopardo ". 

Non ce ne vogliano i nativi di terra di Trinacria ma è nero su bianco, gli scettici vadano pure a leggere. 

Conosciamo un tizio che con tale realtà ci convive da tempo immemore e alla fine è dovuto scendere a patti anzi è stato scottato come una persona dalla pelle pallida si ustiona restando sotto il solleone per tante, troppe ore. 

Chi siamo noi e, se ci permettete, chi è costui, quindi, per confutare tali tesi, soprattutto poiché la sua personale esperienza rafforza la condizione sopra descritta e da tale descrizione ne è rinforzata la sua opinione? 

Lui non può e non vuole cercare di mitigare il severo giudizio espresso dal celebre autore di cui sopra e noi ci limitiamo a riportarlo. 

Certo, essendo la sua pelle (e il suo animo) ustionati, non è la persona più adatta, quella che può emettere un giudizio a cuore leggero, non potrebbe esprimere opinione a mente serena e lucida. 

Egli è stato intaccato, nel momento della convivenza, dal corrosivo acido dell’acredine e del malessere, causato da una situazione di bisogno che da momento temporaneo di difficoltà si è trasformata in emergenza assoluta e prolungata. 

E senza via d’uscita è stato catapultato, insieme ai suoi beni e ai suoi cari, in un tunnel tetro e buio in cui non riusciva a respirare liberamente né a vedere la luce dell’alba. 

Ed è stato vittima e prigioniero di chi con aggressività verbale e isteria l’ha circondato, con personalità paranoide e alterata affettività l’ha sedotto, con fastidiosa ecolalia e rigida inflessibilità l’ha imbrigliato. 

Tutto inutilmente nascosto da un’iperbole gastronomica fastosa quanto indigesta. 

E ha dovuto stringere e digrignare i denti sopportando la pesante presenza di una personalità antisociale, affetta da un’idea alterata di perfezionismo, tipici del disturbo ossessivo e compulsivo. Ha dovuto dividere le sue giornate e convivere con una presenza irritabile, caratterizzata da una stereotipia verbale, una figura dall’autostima ipertrofica degna della definizione data dal principe Tomasi e sopra riportata. 

Notti insonni e lunghe e torride giornate condite da personaggi gattopardeschi, affastellata da alterazioni e oscillazioni d’umore, difficoltà di relazione e complicata dalla ridotta capacità decisionale. 

Ridotto al mutismo da una sovrastante e altrui eccessiva loquacità, il nostro tizio ha passato lunghi pomeriggi ed eterne sere a osservare questa persona affetta da ingigantito amor proprio, pronta a mordere per qualunque commento considerato eccessivo o fuori luogo o anche solo incompreso dato che a volte non è il significato reale del discorso a offendere ma solo ciò che il nostro limitato intelletto ne estrae. 

La persona vittima di questo increscioso incidente, comprende di essere unicamente responsabile di ciò che dice e di non esserlo per ciò che gli altri, a causa del loro stesso limite, capiscono, ma sa anche bene che le uniche cose che non potranno essere fraintese sono il silenzio e l’oblio. 

Anzi, a ben pensarci anche il silenzio potrà essere frainteso e lo sarà senz’altro da una mente così definitivamente contorta e raffinata e avvezza a vedere ovunque il male. 

Rimane l’oblio che il nostro uomo ci chiede per se e per chiunque sia stato a conoscenza e in contatto con gli eventi descritti. E l'amore per una terra poco conosciuta ma molto apprezzata che egli sa essere incolpevole di quanto accaduto.

Unico riparo e consolazione, ci rimane, il costatare che la stessa terra diede natali a innumerevoli persone sagge e illuminate (non che Tomasi di Lampedusa non lo fosse, per carità) che con le loro quiete parole hanno saputo curare le ferite e lenire i dolori dell’incauta vittima di questa triste storia. 

E il pensiero che codeste calme parole e l’oblio desiderato abbiano contribuito a lenire e a guarire le dolorose ustioni. 



























domenica 8 dicembre 2019

luoghi insoliti: Diventare come bambini

luoghi insoliti: Diventare come bambini: Antonio prende lo spazzolone e colma il secchio d’acqua. Ultimamente gli tocca lavare il pavimento anche due volte al...

Diventare come bambini










Antonio prende lo spazzolone e colma il secchio d’acqua.

Ultimamente gli tocca lavare il pavimento anche due volte al giorno. 

Anche stasera l’ultimo boccone è stato fatale, pensa.

Non sa più come fare. Suo padre è sempre peggio, ora ha preso l’abitudine di tenere in bocca il cibo senza né masticare né deglutire, e capita che questo gli stimoli il vomito.

E puntuale, il babbo ha vomitato la cena, sporcando la tuta, la carrozzina e il pavimento.

Antonio fa un sospiro, schiude la finestra di due centimetri perché l’odore è tremendo, e si prepara al lavoro.

Qualche mese, anche solo qualche settimana prima, avrebbe gridato, avrebbe inveito contro il genitore, gli avrebbe urlato che così non si fa, non è giusto, così non si può andare avanti… ora Antonio ha capito che urlare e perdere la calma serve solo a spaventare il vecchio, a farlo arrabbiare, oppure a provocare una reazione peggiore.

Se c’è una cosa positiva, è che il padre di solito dorme come un ghiro e Antonio non può permettersi di sciupare quelle ore preziose, sgridando l’uomo e causando magari un’insonnia che pagherebbe lui in prima persona.

Sospira e passa lo straccio sul pavimento e ogni tanto lancia un’occhiata a suo padre che dalla sua sedia a rotelle, con la tuta sporca, gli rimanda uno sguardo innocente.

-Cosa hai combinato? gli chiede con un’ironia priva di cattiveria.

Il vecchio non risponde ma fa un sorriso senza denti che fa ridere Antonio.

Che malattia di merda, pensa mentre gli sfila la tuta con una smorfia di disgusto. Che vita di merda, si dice con poca pietà. Un uomo che non c’è più, una persona brillante e autorevole, attiva e impegnata in mille progetti, un uomo testardo e autoritario sparito, scomparso in pochi mesi, sostituito da un bambino imbecille che se la fa addosso e non ricorda niente e nessuno.

Antonio non si concede spesso il lusso di lamentarsi e di rimuginare sulla situazione ma ogni tanto cede e gli scappa un pensiero come questo.

Da anni non crede più a niente, non sa che fine abbia fatto la sua fede e a dire la verità non se ne preoccupa ma oggi vorrebbe poter credere per addossare la responsabilità a un dio malevolo e dispettoso piuttosto che a qualche migliaio di cellule nervose ridotte in poltiglia da un’emorragia capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Vorrebbe avere a disposizione un’Entità Superiore alla quale rivolgersi, con la quale prendersela ma sa che non è così e tutto ciò che gli resta da fare è passare lo spazzolone sul pavimento per rimuovere il vomito.



Suo padre approfitta della vicinanza di quell’uomo che lava il pavimento per allungare il braccio e dargli una carezza sulla testa.

Antonio lo sente e si blocca, non capisce da dove nasca quel residuo d’istinto paterno, forse è solo un ancestrale bisogno di contatto che hanno tutti gli esseri viventi, non solo le persone, e dopotutto suo padre è tornato a essere un Homo sapiens, fatto d’istinti di sopravvivenza, un uomo che non sa più nulla dell’economia nazionale, dei movimenti di rivoluzione, dei mercati, del prezzo della benzina, della scadenza dell’ICI e dei problemi della scuola e della sanità, degli Oscar del cinema e di internet ma che pensa solo a mettere qualcosa nello stomaco, a cagarsi addosso, a dormire e a stare al caldo. 

E ogni tanto a provare a dare e a ricevere una carezza.

Antonio attende dieci minuti e mentre il pavimento si sta asciugando, va a prendere un maglione pulito e cambia suo padre. Poi gli passa una salvietta profumata sulla pelle ruvida e secca pensando che è di nuovo ora di radergli la barba.

Da quando assiste suo padre, la sua vita è scandita da tempi altrui, l’ora della pappa frullata, l’ora di tirarlo su dal letto, l’ora del cambio del pannolone, l’ora della fisioterapia, l’ora dell’igiene… ogni tanto si guarda allo specchio e si ricorda che anche lui ha diritto ad avere delle ore personali ma queste sono meno pressanti, meno importanti.

Il vecchio si lascia infilare il maglione, ultimamente è diventato docile come un cagnolino e a parte un po’ di rigidità articolare, Antonio lo cambia senza difficoltà.

-Stai meglio adesso? Vuoi provare a mangiare un budino?

Il vecchio fa sì con la testa e torna a fare quel suo sorriso sdentato, un po’ come fanno anche i neonati per una volontà innata di piacere e di essere accettati, accuditi e amati.

All’improvviso ad Antonio torna in mente quando era bambino e andava al catechismo per fare la prima comunione. Ricorda che c’era stata una lettura che lo aveva fatto sorridere e lo aveva colpito. Secondo l’evangelista Matteo, Gesù aveva sostenuto che occorrerebbe tornare come bambini per accedere al regno dei cieli.

Senza motivo, mentre suo padre apriva la bocca come fa un uccellino per cibarsi, e ingoiava il suo budino, ad Antonio torna alla memoria quella frase, anzi gli lampeggia chiara nella mente come un’accecante insegna luminosa, e all’istante crede di capire.

Ecco cosa è successo a suo padre, l’uomo che teneva tutti sotto i suoi piedi, che aveva diretto la sua famiglia come si dirige un’impresa, era finalmente riuscito a ridiventare come un bambino.

Ecco, si dice Antonio, forse è tutto qua.

Suo padre ingoia un’altra cucchiaiata di budino, lo guarda con occhi vacui e dolci, poi torna a spalancare la bocca.











mercoledì 4 dicembre 2019

luoghi insoliti: L'appuntamento

luoghi insoliti: L'appuntamento: Sono le venti e cinquanta. I lampioni inondano la piazza della loro liquida luce, colorando tutto di arancione. Gianni sa di esse...

L'appuntamento












Sono le venti e cinquanta.

I lampioni inondano la piazza della loro liquida luce, colorando tutto di arancione.

Gianni sa di essere arrivato con largo anticipo e si è preparato ad aspettare.

L'appuntamento è per le nove e un quarto, davanti alla fontana.


Se ne sta li, con le mani infilate nelle tasche dando le spalle a una vetrina, a guardare un po’ verso destra, in direzione di via del Lavatore, un po’ a sinistra verso via delle Muratte. Il suo vecchio amico non può sbagliare, piazza Fontana di Trevi la conosce tutto il mondo.

A quest’ora la piccola piazza non è ancora affollata ma già i presenti nascondono la vasca con l’acqua alla sua vista. Gianni osserva ammirato quella minuscola ma bellissima rappresentazione del mare, col dio Oceano, imponente e muscoloso, in piedi sul suo cocchio a forma di conchiglia.

Era stato sorprendente e facile allo stesso tempo, ritrovare su Facebook il suo vecchio commilitone Giulio, il suo caro amico, suo fratello di naja.
Gianni aveva riconosciuto la faccia allampanata dell’amico, sotto i capelli che si erano brizzolati e un improbabile quanto sghembo pizzetto sul mento.

Giulio viveva fuori Roma, questo almeno era quanto ricordava Gianni dai tempi della vita in caserma, quasi tre decenni prima, e quando si era ritrovata davanti quella faccia così familiare, era stato come se un fantasma fosse apparso all’improvviso dal passato.

Lo aveva già cercato alcune volte, nei rari momenti di malinconia e nostalgia di un tempo che non esisteva più, ma non era riuscito nell’intento. Era evidente che Giulio si era affacciato di recente sul vanaglorioso mondo dei social, dove tutti vivono vite perfette e sono semidei, perché non vi aveva trovato molte informazioni personali né altre fotografie.

Stare li fermo, a osservare la calca dei turisti via via più caotica, lo faceva sentire in imbarazzo e con un vago e inspiegato senso di colpa.

Sono quasi le nove, Gianni non riesce a trattenersi dal guardare l’orologio e si chiede il perché di questa specie di ansia. E’ presto, l’amico arriverà più tardi, si abbracceranno, torneranno a ricordare stupidi particolari della vita di caserma, andranno a mangiare una pizza e parleranno, ma non troppo, delle loro vite attuali e poi si saluteranno con la promessa illusoria di risentirsi di tanto in tanto. Niente di così speciale o complicato, si rassicura…

Ma il senso d’inquietudine non diminuisce.
Una specie di pena che sa essere legata all’appuntamento.
Ecco cos’è.

Gianni sa che gli appuntamenti non sono una cosa facile. Occorre essere preparati, farsi trovare pronti, esserci.

E gli tornano in mente i momenti in cui non si era preparato o più semplicemente non si era fatto trovare. 

Come con la sua ex che non sentiva di amare ma non aveva il coraggio di parlarle, di essere sincero e aveva mancato una serie d’impegni presi con lei così da costringerla ad allontanarsi e fare in modo che fosse lei, esasperata, a lasciarlo.

Come quando aveva avuto un’opportunità di avanzamento di carriera, ma per pigrizia o per vigliaccheria, aveva ritenuto inutile studiare e prepararsi, lasciando che un altro ottenesse la promozione al posto suo.

Quanti appuntamenti nella vita era stato capace di programmare e poi rispettare? Gianni non riusciva a ricordare, ora che i suoi occhi non vedevano l’acqua della fontana ma erano colmi di lacrime e si sentiva un idiota, fermo lì, con le mani ficcate nelle tasche a guardare la gente che chiacchierava e si divertiva e viveva.

Gli appuntamenti che aveva mancato, gli impegni che aveva disatteso stavano tornando tutti a fargli male, circondandolo e accalcandosi come i turisti attorno a quella fontana.

Ognuno di loro lo toccava, lo spingeva, gli trafiggeva il cuore come ogni persona cercava uno spazio utile per lanciarsi una monetina alle spalle ed esprimere un desiderio.

Avesse potuto esprimerlo, Gianni sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per rispettare gli appuntamenti persi, per prepararsi meglio ma comprende l’assurdità della cosa e manda giù l’ennesimo boccone.


Sono le nove e un quarto, si è asciugato gli occhi col fazzoletto e si ripromette di lasciar stare l’orologio. Ora torna a guardare un po’ verso destra, in direzione di via del Lavatore, un po’ a sinistra verso via delle Muratte. La piazza è affollata e tanta gente passeggia nelle diverse direzioni, chiacchiera, ride, fuma e si va a fermare davanti alla vasca.

Gianni ora sa che gli appuntamenti con la vita vanno rispettati, perché altrimenti lei va avanti e non si fa scrupoli ad abbandonarti sul ciglio di una strada deserta.

Ora sa che occorre essere puntuali e preparati.

Con questo pensiero scopre che l’ansia è sparita, il nervosismo provato prima ora non c’è più e ha lasciato il posto a una sorta di serena placidità.


Continua a guardare le persone e gli scappa un sorriso, vedendo un tipo dall’aria familiare che gli viene incontro.









sabato 23 novembre 2019

luoghi insoliti: Vite rispettabili 3

luoghi insoliti: Vite rispettabili 3: Ma dove l'ho messo, pensa preoccupata Annina, mentre, col bimbo che continua a piangere e a sbavare sulla sua spalla, cerca un...

Vite rispettabili 3











Ma dove l'ho messo, pensa preoccupata Annina, mentre, col bimbo che continua a piangere e a sbavare sulla sua spalla, cerca un pacco di pannolini in fondo all'armadio.

Niente da fare, forse sono proprio finiti e Roberto non si è ricordato di comprarli come gli avevo chiesto.

Non è una novità, suo marito dimentica spesso di comprare ciò che lei chiede, un po' perché il budget è sempre esiguo, soprattutto in questi giorni di fine mese, un po' perché sembra che quello che esce dalla bocca di sua moglie non abbia un grande valore per lui.

Lei si rassegna e con un sospiro si siede sul divano logoro e, sbottonando la camicia tira fuori il magro seno per allattare il neonato.

Il bimbo si attacca alla donna, smunta e avara di latte, come un morente si attaccherebbe alla vita, perché ha bisogno di quel sostentamento e in un momento, si tranquillizza e chiude gli occhi mentre ancora sta succhiando.

Lei lo guarda, il bimbo è sano e vorace anche mentre dorme. A parte la pelle candida di sua madre, somiglia in modo impressionante a Roberto e lei non può esimersi dal provare una fitta di dolore. Chissà se sarà come suo padre, da grande. Chissà se diventerà forte e deciso, se saprà sbrogliarsi dai problemi della vita, se saprà essere scaltro e furbo.

Chissà se avrà mani forti e ruvide, se saprà trovare una brava ragazza che farà la sua felicità.

Annina si accorge, pensando a tutto questo, che si è spinta troppo in là con l'immaginazione e si è fatta l'ora di cambiare suo figlio e di metterlo a nanna.

I panni di stoffa sono puliti e piegati nel cassetto, lei lava in continuazione e sta molto attenta a non lasciare ristagnare cattivi odori in camera perché sa quanto questo irriti suo marito.

Roberto era rincasato un'ora prima e come il solito aveva svuotato mezzo frigorifero. Facendo un lavoro pesante era sempre affamato. Poi si era lamentato con una smorfia sulla faccia dicendo, ma cos'ha sempre da piangere 'sto bambino, poi era uscito perché un uomo che lavora tutto il giorno ha diritto di rilassarsi un po' con gli amici, prima di cena!

Lei sa che Roberto scende alla fine dell'isolato e raggiunge il bar con annessa sala scommesse a chiacchierare di calcio e altre cose inutili e a tracannare una o più birre.

Sa che a cena avrà poca voglia di parlare e che presto si addormenterà davanti alla televisione senza quasi degnare di uno sguardo lei e il bambino.



Non è così che s'immaginava il futuro, Annina, innamorata della vita e felice di essersi sposata tanto giovane. Non è così che si vedeva nel diventare moglie e madre ma cosa ne sa una ragazzina della vita, tutto quello che sapeva, lo aveva imparato da Roberto, il resto erano fantasie.

A tutto questo pensa, osservando l'infante, che tanto somigliava a suo marito, con un sorriso amaro sul viso.

Lui si che aveva esperienza. Lui si che poteva garantirle un futuro.

E una vita rispettabile.






Immagine: “Cristóbal Rojas, Orfandad”






lunedì 18 novembre 2019

luoghi insoliti: Vite rispettabili 2

luoghi insoliti: Vite rispettabili 2: -Buon giorno. Vorrei sapere quanto costano gli occhiali in vetrina. La donna ha una bella voce e modi gentili. Quello che stona...

Vite rispettabili 2












-Buon giorno. Vorrei sapere quanto costano gli occhiali in vetrina.


La donna ha una bella voce e modi gentili.
Quello che stona è il livido intorno all'occhio.


-Questo modello è in offerta speciale.


Risponde il commesso, imbarazzato per averla fissata qualche secondo di troppo.
Lei si è accorta dello sguardo e, infatti, si sente in dovere di dare spiegazioni.


-Stavo tagliando l'insalata quando ho messo un piede su una foglia di lattuga… ho centrato lo sportello aperto della cucina…


-Non si preoccupi signora, la tranquillizza il commesso, gli occhiali le stanno bene e nascondono la ferita… via, le faccio lo sconto.


Lei esce dal negozio, furtiva come una ladra.

È contenta che gli occhiali da sole coprano i suoi occhi e pazienza se oggi è nuvoloso. E’ contenta di non sentire sulla pelle lo sguardo curioso di quel giovane. E’ contenta di non percepire più il suo giudizio, penetrante e doloroso come quello delle persone che per strada la osservavano con insistenza.


Il commesso dal canto suo, la guarda uscire e pensa, chissà su quante foglie di lattuga è già scivolata questa settimana o magari su carte di caramella o bucce di banana… chissà se le capita spesso di alzarsi di notte e inciampare e chissà quanti sportelli e porte lasciano aperti in quell’appartamento di gente sbadata, pronti a venire incontro allo zigomo dell’incauto, alla fronte del maldestro.
E pensa anche che quella donna si alzi di notte più spesso di un vecchio con l’ipertrofia prostatica.

Peccato, mormora tra sé, poi, non potendo fare altro, torna alle sue incombenze quotidiane.

Lei intanto è già lontana dal negozio, cammina con buon ritmo, è distante da casa e vuole rientrare per pranzo. Non fa quasi mai acquisti nel suo quartiere ma sceglie di fare lunghe camminate o di prendere la macchina e arrivare al centro commerciale, l’importante è non incontrare nessun conoscente.

A pranzo sarà sola, un’insalatina potrà bastare ma vuole preparare qualcosa di speciale per cena. Un brasato, o forse del pesce. Il vino c’è, anche quello bianco e lei è molto brava in cucina.

Sa che deve farsi perdonare qualcosa da suo marito e sa anche che lui la perdonerà facilmente. E’ così comprensivo e se a volte perde la pazienza, è solo perché è stanco.

Suo marito lavora molto, è sempre via, guida tante ore e torna a casa tardi. Lei comprende tutti questi problemi e capisce che un uomo, in quelle condizioni, a volte non controlli il proprio nervosismo e abbia bisogno di sfogarsi. Nonostante lo comprenda bene, a volte non è brava a gestire il loro rapporto e la conversazione e dice delle cose che non dovrebbe pronunciare. Lei si odia perché ritiene di essere la sola causa degli scatti d’ira di suo marito.

Ma stasera cucinerà per lui, e sarà gentile, lo ascolterà e lui, che è sempre stato un marito comprensivo, lascerà scorrere i problemi nel passato e la guarderà come sa fare lui, facendola sentire una donna speciale.


Ora è a casa.

Sente l’odore di tabacco che lui si lascia sempre dietro, perché ha l’abitudine di accendere la sigaretta quando ancora è nell’ingresso, e avverte un brivido incontrollato di paura.
Poi si sente una sciocca.

Si toglie gli occhiali e si dirige all’interno, verso la sua cucina, verso le sue pentole, verso la sua perfetta, unica, invidiabile vita.


Una vita del tutto rispettabile.


















martedì 5 novembre 2019

luoghi insoliti: Vite rispettabili

luoghi insoliti: Vite rispettabili: La donna esce con passo veloce e sicuro dal portoncino della piccola palazzina.  L’edificio di due piani è quasi completament...

Vite rispettabili










La donna esce con passo veloce e sicuro dal portoncino della piccola palazzina. 

L’edificio di due piani è quasi completamente buio, tranne una finestra del sottotetto. Un uomo si affaccia all’aperto accendendo una sigaretta, non si preoccupa nemmeno di indossare una canottiera. 

Lei, al contrario, sembra avere fretta di allontanarsi dal posto, si volta a destra e a sinistra per controllare che nessuno la stia notando ma così facendo diventa paradossalmente più appariscente. Non che ci sia qualcuno interessato ai movimenti della donna ma lei non può permettersi passi falsi, ha una vita rispettabile, una figlia da crescere, una casa e molto altro da perdere. 

L'uomo alla finestra sfida il freddo autunnale a torace nudo. Il puntino rosso di brace danza nell'ovale del suo viso, il fumo gli fa socchiudete gli occhi. É un bell'uomo, carattere forte, alto e muscoloso, sfrontato. Lei vorrebbe troncare quella storia, ogni volta gli dice che è stata l'ultima, che non tornerà, ma poi ritorna. Proprio come una persona demotivata dichiara di fumare l'ultima volta per poi accendere un'altra sigaretta. 

Lui lo sa e tace, sorridendo. 

Non le dice nulla, non la provoca. Si limita a guardarla mentre lei si riveste in fretta, restando in silenzio. 

Aspetta che lei sia uscita dalla casa per prendere l'accendino, sa che il fumo le da fastidio e sa aspettare. 

Gli piace osservare la donna che si allontana furtiva dalla sua abitazione. Quando lei raggiunge l'incrocio e scompare alla vista dell'uomo affacciato, lui rientra e chiude la finestra uscendo dalla nostra storia. 



Lei è una trentenne che si tiene in forma col tennis. Va dal parrucchiere ogni settimana, anche se i suoi capelli fulvi non ne avrebbero bisogno. Ha occhi verdi e grandi, impossibile non guardarli e di una bellezza imbarazzante. 

Non usa molto trucco, si concede un sottile strato di rossetto quando esce con suo marito perché sa che a lui piace. 

Ma una donna così non ha bisogno di artefatti per accrescere la sua bellezza. 

Al contrario, lei tiene un profilo basso, veste abiti semplici, utilizza colori tenui e fa di tutto per non essere notata. 

Oggi ha impegni, andrà a prendere la sua bimba a scuola, la accompagnerà in piscina e parteciperà alla riunione con le insegnanti. 

È sempre stata una madre attenta, ammirata e invidiata dagli altri genitori, anche se con motivazioni differenti. 

Suo marito è un uomo eroico. Va avanti con coraggio e abnegazione nonostante sia una persona anonima, senza prospettive di carriera e di scarsa fortuna. Le dava un senso di stabilità, in passato e forse qualcos’altro. Ora niente più. 

Lei lo osserva, la sera a casa, con lo stesso sguardo liquido e ottuso che ha un bovino mentre rumina un po’ d’erba in un pascolo piovoso. 

Tuttavia non vuole lasciarlo. Lui è il padre di sua figlia e il marito che lei ha scelto. 

No, sa che l'ultima cosa che vorrebbe al mondo è lasciare suo marito. Quanto a ciò che vuole lui, non è tanto sicura. 

Lei è intelligente quanto bella e si chiede spesso quanto sappia suo marito della vita che conduce. 

Non ci sono segni, lui è moderatamente affettuoso e gentile anche se gentile lo è con tutti. Lui è una di quelle persone la cui educazione impone di comportarsi con gentilezza e cortesia con chiunque e questa è una cosa che la donna non ha mai tollerato. 

Mentre cammina veloce in direzione della scuola pensa che no, non tornerà più dall'uomo alla finestra. 

Si darà una regolata, farà la mamma e trascorrerà le giornate a casa. 

Mentre pensa a questo, transita vicino un bar davanti al quale chiacchierano tre uomini in tenuta da lavoro. 

Sente i loro sguardi sulla pelle, avverte il loro desiderio sulla schiena e prova un brivido alla base della nuca. 

Non si volta, non ne ha bisogno. Ma sa che nei prossimi giorni potrebbe rifare quel percorso. 

Non subito. 

Non oggi. 

Oggi ha deciso di tornare alla sua vita. 

Una vita rispettabile. 




(immagine: Jack Vettriano, Baby, bye bye. dettaglio)









domenica 20 ottobre 2019

luoghi insoliti: Another one bites the dust

luoghi insoliti: Another one bites the dust: Non sempre le cose vanno come speriamo.  Questo era il mantra preferito da Betty.  Non perdeva occasione per ripeterl...

Another one bites the dust











Non sempre le cose vanno come speriamo. 

Questo era il mantra preferito da Betty. 

Non perdeva occasione per ripeterlo. 

Dopotutto lei era un’inguaribile pessimista. 

Non sempre le cose vanno come vorremmo, anzi quasi mai. 

Nel suo caso era così. Lo era sempre stato e lei non aveva molti dubbi sul futuro. Gli eventi avevano la particolare tendenza a prendere la piega che meno avrebbe desiderato, o peggio, che più temeva. 

Quando solo una settimana prima, Nico l'aveva piantata in asso, adducendo puerili banalità, quali: non è ancora il tempo per noi di impegnarci in una vita di coppia, non è colpa tua, lei lo aveva accettato passiva e aveva inghiottito il calice molto amaro come qualcosa d’inevitabile. 

Betty aveva sempre saputo che era solo questione di tempo. 

Questa volta però era accaduto un imprevisto. Clara si era avvicinata per sussurrarle in un orecchio, che aveva sentito da Lucas, il miglior amico di Nico, che questi si era pentito di averla piantata ed era sul punto di implorare la ragazza di riprenderlo con sé come si farebbe con un cucciolo intirizzito trovato sotto la pioggia. 

Betty non poteva credere alle sue orecchie ma allo stesso tempo aveva bisogno di fidarsi. 



E quella sera, sulla spiaggia, lei ci sarebbe stata. Sarebbe stata ad aspettare il suo Nico. Lo avrebbe visto apparire come una visione angelica, le spalle larghe da nuotatore, lo sguardo limpido tipico dei vent'anni, la mascella forte e l'andatura baldanzosa e spavalda che sempre le faceva battere forte il cuore. 

Lo avrebbe visto e gli sarebbe andata incontro accogliendo la sua calda voce e le sue parole d'amore. 



E la sera arriva e col tramonto le compagnie di giovani, cariche di bellezza, risate, ormoni e gioia di vivere. 

Tra i tanti ragazzi che scendono in spiaggia per cantare, ballare e amoreggiare c'è anche Nico. 

Betty lo individua e parte con passo insicuro che si fa via via più veloce e ansioso. Lui, che non l’ha vista, cinge d'improvviso, col braccio muscoloso, una biondina bellissima con il fisico da miss universo e la bionda emette un risolino squillante che si sente da lontano e affonda il suo sorriso nel collo del ragazzo in un bacio molto intimo. 

Le cose non vanno mai come vorremmo, questo lo sa bene Betty. 

Ma la scena la coglie comunque di sorpresa e lo sgomento le annoda i piedi, così senza capire come, si ritrova a mordere la sabbia, come nella vecchia canzone dei Queen! 



Un altro che morde la polvere. 

Betty sa che non è la prima né l'ultima a farlo, sa bene che le cose non vanno sempre come vogliamo e lei si è anche abituata a questo ma non per questo fa meno male. 

E mentre sputacchia la sabbia e si scuote la polvere dalla camicetta sente una voce incerta e cauta che le rivolge la parola. 



- Stai bene, ragazza? Posso aiutarti? 



Il ragazzino è magro come un chiodo e porta occhiali dalla montatura antiquata, l'aspetto è quello del nerd, bruttino e senza speranza ma la mano che le offre e il sorriso, sono sinceri. 



E poi Betty deve rialzarsi perché tutti la guardano e un aiuto le fa piacere. 

In fondo quel ragazzino è lì per lei e le cose non vanno sempre come avevamo pensato. 



Ma possono anche andare meglio, a volte, si dice Betty con un lieve sorriso. 




















lunedì 7 ottobre 2019

luoghi insoliti: Chicco in pigiama

luoghi insoliti: Chicco in pigiama: Chicco non riesce a trovare il bandolo della matassa. Né a sciogliere il nodo delle lenzuola. Quelle in cui ha arrotolato le...

Chicco in pigiama










Chicco non riesce a trovare il bandolo della matassa.
Né a sciogliere il nodo delle lenzuola.
Quelle in cui ha arrotolato le gambe secche, da vecchio, durante la notte agitata e insonne.
Ora è stanco dal tanto lottare, le lenzuola sembrano una piovra bianca che lo avvolge con le sue spire, sempre più strette a ogni movimento. Alla fine la piovra l'ha vinta su di lui.

Chicco si sente meglio ma non ricorda chi né quando l’hanno portato in quel letto.
Chicco sta meglio ma non sa a chi dirlo.
Le persone in divisa bianca lo chiedono in continuazione ma quasi nessuno di loro ha il tempo di fermarsi ad ascoltare la sua risposta. Diciamo che il "Come sta oggi" è diventato una specie di saluto, un codice.
Non si sta male in quel posto, danno da mangiare, tengono in ordine, assicurano l'igiene.
Peccato che Chicco sia costretto a mangiare quando vorrebbe dormire, deve dormire quando vorrebbe andare in bagno, è costretto ad andare in bagno quando vorrebbe mangiare.
Ora, da fare ce n'è anche in una corsia piccola come questa. Ogni momento qualcuno gli infila un termometro in un orecchio, oppure un ago in un braccio, o peggio, una sonda nel sedere.
Non un gran bel modo di passare il tempo.
Quando va bene e tutto funziona, Chicco può contare. Conta i campanelli che suonano in un'ora, conta le sirene delle ambulanze che giungono dalla strada, le gocce che scendono dalla flebo. Quest’ultima è l'attività che preferisce, perché lo rilassa e quando la pratica finisce inevitabilmente per addormentarsi.
Chicco non ricorda quando è stato ricoverato, nei suoi ricordi annebbiati c'è il suo cane che gli lecca la faccia e abbaia preoccupato, per svegliarlo e perché non l'ha mai visto supino sul pavimento.
Ieri è passato a trovarlo il suo vicino, quell'antipatico che non lo saluta mai, Chicco non si sarebbe mai aspettato di vederlo in ospedale.
È passato a dirgli che Jack, il cane, sta bene, pensa lui a portarlo a passeggio e a preparare pappa e acqua. Chicco è rimasto sorpreso da quell'uomo e non si sarebbe aspettato un gesto gentile, tanto meno gratuito. Mai fidarsi dei giudizi affrettati, pensa, tanto meno del proprio.
Chicco veste un pigiama a righe che sarebbe stato vetusto già nell'altro secolo. Sembra di due taglie troppo grande ma lui sa di avere perso molti chili ultimamente.
Non gli piace vedersi in pigiama, vorrebbe vestirsi, radersi, prendere al guinzaglio il suo Jacky e andare al bar per fare due chiacchiere con gli amici.
Vorrebbe uscire da quel posto.

Per questo stamattina aspetta.
Aspetta di respirare meglio.
Aspetta che qualcuno gli tolga la farfallina azzurra incerottata sul suo braccio.
Aspetta che passi il dottorino, quello giovane e gentile, perché così gli chiederà di firmare le dimissioni.

È questo che aspetta, così potrà togliere quel pigiama antipatico che lo fa apparire tanto magro.
E malato.







domenica 29 settembre 2019

Bagaglio pronto






Si dice che sia utile avere sempre un bagaglio pronto.
Una valigetta, anche solo uno zaino, con un cambio, biancheria pulita, un fazzoletto, uno spazzolino, cose così. 
Si dice che sia prudente avere qualcosa di pronto in modo da non perdere tempo se si è costretti, per qualunque motivo, a uscire di casa velocemente. 
Un po'  come una donna al nono mese di gravidanza che tiene la borsa pronta, con tutto l'occorrente per affrontare l'evento della nascita imminente, dietro la porta della camera.
Ebbene, ho scoperto che può capitare il contrario, ovvero può capitare di avere il bagaglio pronto per una prossima partenza e all'improvviso arriva una telefonata che annuncia una pessima notizia, che impone di mandare all'aria i piani, dimenticarsi dei programmi, rinunciare alla partenza.
E quando ci si assesta l'anima e si assimila lo stravolto stato delle cose, quando si accetta la drammaticità della nuova situazione, allora si torna a casa e si osserva quello zaino dimenticato sul pavimento come si guarderebbe un oggetto alieno, proveniente da un mondo lontano o un reperto storico risalente a un secolo prima.
Preparato quando tutto andava come doveva andare e si era ignari che le cose capitano, anche quelle tristi, e non sempre solo agli altri.






domenica 22 settembre 2019

luoghi insoliti: Ludovico fa una corsa

luoghi insoliti: Ludovico fa una corsa: Ludovico se ne sta seduto sulla sua poltrona in camera. Il letto è ancora da sistemare, la stanza da riassettare. Lui resta ...

Ludovico fa una corsa










Ludovico se ne sta seduto sulla sua poltrona in camera.

Il letto è ancora da sistemare, la stanza da riassettare. Lui resta seduto a fissare la parete. Un televisore spento riflette la sua immagine, come uno specchio.

Si guarda restare seduto, con i pantaloni del pigiama color caffelatte, quelli che non gli sono mai piaciuti e una logora canottiera bianca. I radi capelli bianchi gli penzolano ai lati della fronte come ragnatele. Ai piedi due ciabatte consumate.

Quando sono diventato così vecchio, si chiede. Quando è successo?

Deve essere successo all'improvviso, forse una notte mentre dormivo, oppure quando ero distratto.

Ludovico non sapeva rispondere alla domanda, e non avrebbe potuto chiedere a sua moglie.

Rita lo aveva lasciato solo, dieci anni prima, aveva raggiunto la Casa del Padre, come avrebbe detto lei, una donna molto credente e devota, oppure era arrivata alla radura alla fine del sentiero, come preferiva pensare lui che in tempi remoti amava studiare le usanze dei nativi americani e altri tipi di spiritualità.

Ad ogni modo oggi è solo, e se ne sta seduto sulla sua poltrona ad aspettare l’assistente, una donna di mezza età, severa col mondo intero e arrabbiata con la vita, ma che l’avrebbe aiutato a vestirsi, a lavare le stoviglie, la casa, a fare le compere e preparare il pranzo.

Com'è lungo il tempo, su quella poltrona, non passa mai.





Poi il telefono squillò.

Era Marco, suo nipote, la giovane voce suonava preoccupata e ansiosa.

Nonno, sono davanti alla scuola. Entrerò la seconda ora, nel frattempo potresti portarmi il libro di storia, l’ho lasciato, sul tavolo da te ieri, quando sono passato per studiare.

Ludovico ricorda vagamente che al nipote piace passare ogni tanto un pomeriggio a casa sua, per studiare e per fare due chiacchiere. Lo rilassa, dice, e Ludovico è felice di queste visite.

Il libro, già, ma dove ha detto di averlo messo?

Lo vede, non è sul tavolo ma sullo scaffale, un tomo polveroso e consumato dagli anni, con la copertina mezza strappata.

Di sicuro l’ha comprato usato per mettersi in tasca la differenza, quel briccone!

Ludovico mette il libro in un sacchetto di carta, prende le chiavi di casa ed esce.

Come al solito l’ascensore non arriva e lui non ha pazienza di aspettare così si fionda giù per le scale e si beve i tre piani che lo separano dalla strada.

Gira l’angolo e si dirige alla fermata del sessanta. L’autobus passa dopo tre minuti ma non si ferma, un ragazzino alla fermata comincia a imprecare e tra una parolaccia e una bestemmia trova il tempo di spiegargli che era fuori servizio.

Mio nipote ha bisogno del suo libro, pensa Ludovico, allora si mette a correre, prima con passo incerto e a velocità contenuta, poi sempre più veloce.

Le scarpette leggere e morbide sono quelle che tanti anni prima lo accompagnavano nelle gare. Attraversa un paio d’incroci, gli automobilisti che sopraggiungono non fanno molto per essere cortesi, suonano il clacson come pazzi e rallentano a malapena, ma Ludovico è diventato veloce, come quando da giovane partecipò alla mezza maratona e fece il tempo più basso della sua squadra.

Arrivato a piazza Italia, Ludovico incontra il suo vecchio amico, Arnaldo che lo ferma preoccupato.

Non dovresti correre così, alla tua età, rischi che ti venga un infarto, oppure di cadere e romperti un femore…

Ludovico sorride, gli risponde con calma di non preoccuparsi, il nipote ha bisogno del suo libro e non può fare tardi a scuola, la scuola media è in fondo al viale e la può raggiungere in pochi minuti, quindi riprende la sua corsa.

Arnaldo da dietro urla: ma tuo nipote non si è laureato l’anno passato?

Solo che Ludovico non lo ascolta più, sente solo il ritmo regolare dei suoi piedi e il respiro normale, forse solo un poco forzato, mentre scivola sul viale e presto è davanti alla scuola.

Il nipote non si vede. Deve essere entrato a scuola, pazienza, il libro lo prenderà oggi quando verrà a trovarmi.

Ora deve tornare a casa, sono tre chilometri. Aspettare il sessanta che non arriva mai o fare una corsa nell'altra direzione?

Se ci fosse sua moglie gli direbbe, vai ora, che aspetti, non avrai paura di farti una sgambata fino a casa?

Lui sente la cara voce della donna ed è come averla lì, così sorride e riprende a correre.

Così corre, Ludovico, corre e non si ferma, passa un incrocio col giallo, non si ferma quando rivede il vecchio amico, corre e non rallenta quando si accorge di non avere nessun sacchetto con un libro ma non importa, corre veloce e tutto funziona a meraviglia, anche la sua memoria adesso, e sa che Arnaldo ha ragione, suo nipote non va alle medie da tanti anni, anzi si è laureato e lui ha anche partecipato alla festa sentendosi un poco fuori luogo, ma non importa, ora ha le ali ai piedi e si sente una meraviglia e, quando giunge al suo stabile non ha bisogno di chiamare nessun ascensore perché i tre piani li beve in un sorso.

Ludovico è stupito di non avere il fiato grosso, né di sentire le gambe indolenzite.

Non vedo l’ora di dirlo all'assistente, tra poco dovrebbe arrivare.

Pensa di attendere in poltrona, dopo tutta quell'attività un poco di riposo se lo è meritato, in fondo.

Alle nove e mezzo la badante arriva puntuale, e come ogni mattino trova Ludovico seduto sulla sua poltrona, ma stamattina c’è qualcosa di diverso.

Nell'ingresso, sul pavimento, c’è un sacchetto con un vecchio libro di scuola. 
La poltrona è rivolta alla finestra.

Sulla poltrona il vecchio indossa delle consumate scarpe da corsa, ha la canottiera completamente sudata e sta dormendo.



E ha uno strano sorriso sulla faccia. 













domenica 15 settembre 2019

luoghi insoliti: We Have All The Time In The World

luoghi insoliti: We Have All The Time In The World: Abbiamo tutto il tempo del mondo. A volte lo trascorriamo in serenità, avvolti nelle personali routine.  Circon...

We Have All The Time In The World











Abbiamo tutto il tempo del mondo.

A volte lo trascorriamo in serenità, avvolti nelle personali routine. 
Circondati dalla banalità dei gesti quotidiani. 

Altre volte lo sprechiamo, facendoci una guerra inutile, consapevoli che non ci saranno né vinti né vincitori ma che le ferite bruceranno a lungo prima di guarire.

Ma non preoccuparti, abbiamo tutto il tempo del mondo, quindi viviamo liberi dalle paure perchè cos'è il tempo con te, se non un attimo eterno di infinito presente?

Così prendiamo la vita con leggerezza e amore e seguitiamo a prenderci in giro per le piccole cose, come quando stiri e ti chiedo quanti metri di camicia fai con un litro d'acqua, o tu mi ricordi quella volta che ci ho messo due ore per mettere un tassello e per farlo avevo bisogno di una candela...
ma prendiamoci in giro con tenerezza, perchè quello che si cerca non è l'umiliazione dell'altro ma solo rendere la vita più leggera e una vita in coppia non può che essere leggera se la si vuol far durare.

Quindi non aver paura, godiamoci la canzone e facciamo tutto lentamente, che di tempo ne abbiamo, abbiamo tutto il tempo del mondo e possiamo permetterci di fare le cose lentamente.

E perchè se ci amiamo lentamente, allora l'amore non finisce mai.







mercoledì 11 settembre 2019

luoghi insoliti: Il male dentro

luoghi insoliti: Il male dentro: Dove diavolo è finita? Si sta chiedendo Nico, dove è andata a finire quella dannata vite? Si alza non senza sentire una fitta alla n...

Il male dentro










Dove diavolo è finita?

Si sta chiedendo Nico, dove è andata a finire quella dannata vite?

Si alza non senza sentire una fitta alla natica, da settimane il nervo sciatico lo tortura. Ci mancava solo quella dannata vite, la devo trovare, non posso permettermi un paio di occhiali nuovi.

Nico si china di nuovo e così, a quattro zampe sul pavimento polveroso del suo monolocale, con la faccia appoggiata al pavimento, la vede e la raccatta.

In pochi attimi gli occhiali sono riparati. Finalmente una buona notizia.

Stamattina la buca delle lettere è vuota e questa è un’altra buona notizia.

Le buste gialle che da un paio di anni appaiono puntuali tra la sua posta non sono mai gradite. Ingiunzioni, richieste economiche, minacce, sembra che l’avvocato di sua moglie, anzi ex moglie, si diverta a torturarlo e a vederlo sul lastrico.

Solo una settimana prima, Nico aveva ricevuto l’ultima notifica in cui si chiedevano tre mesi arretrati di alimenti. Avrebbe riso forte se non fosse che lo avrebbero preso per pazzo e perché non c’era niente da ridere. Come fa uno che ha perso il lavoro a pagare gli alimenti all’ex moglie?

Certo, chiedere aiuto, i consigli si erano sprecati ma tutti dicevano e ripetevano la stessa cosa: non avere riserve a chiedere ciò che ti spetta, lo stato ti deve aiutare, non avere paura a chiedere aiuto.

E Nico aveva chiesto. Non si era risparmiato.

Si era registrato a mille siti online cerca lavoro, aveva girato tutte le agenzie interinali della città, aveva anche iniziato a distribuire il suo curriculum, inutilmente perché è un’epoca in cui il cartaceo non va e occorre presentare domande per via informatica. Aveva imparato a districarsi tra le pieghe del web ed era diventato bravo, ormai inviava e riceveva centinaia di mail e aveva fatto, grazie a questa competenza, anche alcuni colloqui. Poi i pochi mobili erano stati pignorati dall’ufficiale giudiziario e tra questi il vecchio computer. Fine della storia.

Nico era diventato un camminatore, aveva consumato le suole e non si era arreso, non era il tipo che si sarebbe tirato in dietro e non aveva paura a chiedere aiuto.

Qualcuno gli aveva procurato incarichi come vuotare cantine, pulire dei giardini, e lo aveva pagato in contanti e in nero. Ma i soldi non bastavano mai.

Al mattino la scelta era tra acquistare i biglietti dei mezzi pubblici o comprare sei uova e fare colazione.

Gli amici, quei pochi, si erano spaventati davanti a quella situazione ed erano fuggiti a gambe levate. A Nico non era dispiaciuto, meglio non avere amici che averceli finti, si diceva, e poi era contento di non farsi vedere in quelle condizioni, si sa che gli amici ti scrutano e ti giudicano.

Rimanere onesti, era ciò che gli rimaneva, com’era quella massima, la legge morale dentro di me, vero. E Nico si rendeva conto che ormai il confine tra rimanere onesto e cercare di sopravvivere si stava facendo sempre più sottile. Con la fantasia, durante le ore notturne passate sveglio per la depressione e il digiuno, si vedeva fare irruzione nello studio dell’avvocato, tirarlo a sè dalla camicia, prenderlo a schiaffi e riprendersi tutti i soldi che questo era riuscito a scucirgli nell’ultimo anno, per poi andarsene indisturbato a fare una bella mangiata al ristorante.

Ma le prime luci del mattino portavano via quel delirio, restituendogli, assieme alla fame, la sua lucidità, e la sua onestà.

Perché, si chiedeva, perché devo essere così onesto, sarebbe facile fare un giro nel quartiere giusto e trovare qualche incarico sporco, imbrogliare qualche anziano sprovveduto, basterebbe mettere la vecchia cravatta, dopotutto ho ancora un aspetto raccomandabile.

Col passare del tempo quei pensieri si facevano sempre più forti, Nico, vinto dal bisogno, sentiva il male dentro di lui spingere sempre più forte per venire fuori ed era terrorizzato perché sentiva che non sarebbe stato abbastanza forte da combatterlo per sempre.

A tutto questo Nico stava pensando, appoggiato al parapetto del ponte, con lo sguardo perso nel vuoto.

Al male che aveva dentro e che tutte le cose avevano congiurato perché uscisse.

A questo pensava, mentre la fame arretrata gli torceva dolorosamente lo stomaco e il pensiero tornava alla vite degli occhiali che ora aveva messo in tasca.

Dov'era finita la vite? Ma non era la domanda giusta, pensò ridendo, la questione era: dov'era finita la sua vita! 
Questa era la questione, come aveva fatto la sua vita a finire sul pavimento, tra la polvere.

Aveva chiesto aiuto e tutte le porte erano rimaste chiuse e ora il male spingeva sempre più forte.

Ne avrebbe commesso, avrebbe fatto male a molti e non si sarebbe pentito, era la sola strada che vedeva davanti a se, se voleva sopravvivere.

Ma una sua parte, la parte onesta non lo avrebbe permesso.

Non sarebbe diventato un agente del male.

A questo pensava mentre il vuoto lo inghiottiva, mentre il baratro si prendeva cura di lui e mentre gli occhiali gli scivolavano dalla tasca.

















domenica 1 settembre 2019

luoghi insoliti: Fotografie

luoghi insoliti: Fotografie: Primo settembre. Per molti una data triste. Vacanze finite, si ricomincia a lavorare, incombe la scuola e così via. Un argomento tro...

Fotografie











Primo settembre.

Per molti una data triste.

Vacanze finite, si ricomincia a lavorare, incombe la scuola e così via. Un argomento troppo doloroso e, infatti, non parlerò di questo.

Tuttavia l’argomento vacanze mi riporta a una cosa. La fotografia.

Tutti noi abbiamo di certo, scattato centinaia o migliaia di foto, qualcuno con apparecchi fotografici più o meno professionali, la maggior parte delle persone col telefonino.

Quasi tutti abbiamo postato su tutti i social esistenti, le nostre immagini più intime, i nostri momenti più privati salvo poi lamentarci che in internet non c’è privacy, ma non temete, non è nemmeno di questo che voglio parlare.

Le foto.

Avete fatto attenzione alla tecnica usata? Avete fatto caso allo stile e al tipo di fotografia?

Mi spiego, a parte le immancabili foto dei panorami di città d’arte, di spiagge con annesso tramonto, di ariose vallate e maestose vette, immagini sempre belle se scattate con criterio e magari con la luce giusta, e a parte le tremende foto fatte alle portate di un ristorante come se un fritto misto di pesce avesse una qualche amena bellezza e un budino con la panna un misterioso fascino, e lasciando da parte (potendo anche evitare di farli, possibilmente) gli immancabili selfie, mi riferisco alle foto fatte alle persone, amici, parenti e compagni di viaggio.

Potrei, molto banalmente, dividere le foto scattate alle persone che amiamo e con cui ci piace condividere le giornate, in due categorie.

Le foto prese mettendo in posa le persone, cioè richiamando tutti all’attenzione del fotografo, mettendo impegno in modo che nessuno venga con gli occhi chiusi o con lo sguardo puntato sulla scollatura della vicina, che non sta bene, attraverso mille raccomandazioni, metti la mano così, guarda verso l’alto che nasconde il doppio mento, stai di profilo che non si vede la cicatrice, e altre attenzioni degne di un fotografo da prime comunioni e che di norma scocciano il gruppo che deve posare e, infatti, qualcuno puntualmente finisce per mandare a quel paese il fotografante che tanto si era impegnato e ci rimane male, col solo risultato che nella foto manca sempre qualcuno e nessuno sorride.

Oppure siete di quelli che, avendo il solo scopo di documentare la vita che passa (e con questa i momenti felici) e vi piace “rubare” lo scatto mentre il soggetto non vede, a volte creando un piccolo capolavoro anche senza essere McCurry davanti una ragazzina Afgana, oppure scatenando l’ira di qualche soggetto, spesso femminile, che a stento si trattiene dallo schiaffeggiarvi perché non dovevate permettervi di scattare una foto a sua insaputa perché: chissà che faccia mi è venuta, non ho messo il rimmel, stavo sfilettando la sogliola e poi DOVEVI avvisarmi…

Questo secondo modo di fare fotografia è di certo quello più pericoloso, intendiamoci al massimo vi chiederanno di cancellare lo scatto a meno di aver immortalato la mafia russa che sposta capitali, (in questo caso rischiate ben altro) ma lo preferisco perché ritrae la vita reale che passa sotto i nostri occhi e, soprattutto se siamo in vacanza e se nella foto c’è qualcuno che ride, siamo sicuri che ride davvero e non perché c’è uno che fa lo scemo dietro l’obiettivo, come faccio io quando fotografo qualche bambino.











giovedì 29 agosto 2019

luoghi insoliti: Desideri

luoghi insoliti: Desideri: Desideri. Ecco qualcosa che abbonda in ogni dove. Chi può dire di non averne? Desideri grandi, irrealizzabili, desideri seg...

Desideri







Desideri.

Ecco qualcosa che abbonda in ogni dove.
Chi può dire di non averne?
Desideri grandi, irrealizzabili, desideri segreti, dorati, desideri modesti, inutili, desideri pericolosi, letali.
I desideri nascono da fame e ambizione, da necessità e da egoismi, da invidia e edonismo. Dalle cose che ci mancano, indipendentemente da quello che abbiamo. Da ciò che vorremmo raggiungere, ma non potremo mai avere.
Insomma, dal bicchiere mezzo vuoto…
E quanto può essere amaro bere in un calice che è sempre mezzo vuoto…

Ennio guarda il sole che nasce. Ogni mattino, d’estate, i raggi attraversano i vetri e le inferriate e sbattono sulla sua fronte. La luce lo sveglia e gli ferisce gli occhi. Per questo ha imparato negli anni a dormire sul fianco sinistro, quello che guarda verso la parete.
Ennio ne ha abbastanza di vedere ogni giorno di ogni estate, il sole nascente, anche se molti vorrebbero avere questa possibilità, lui desidererebbe da morire vederne anche il tramonto.
Vorrebbe potersi svegliare nel cuore della notte e uscire a guardare la luna. E invece non può, un po’ perché la sua cella è orientata a est e anche perché sulla sua scheda è stato scritto: fine pena mai!
Ennio non conta più i minuti, neppure i giorni o i mesi. Sa che non avrebbe senso. Ennio conta le estati, perché quella è la stagione in cui il sole lo sveglierà puntuale ogni mattino prima delle sei.
Non desidera più uscire, a questo punto non cambierebbe nulla. Il suo desiderio nascosto sarebbe quello di cancellare l’estate.
Ma anche cambiare cella gli andrebbe bene.

Renzo passa la mattina in auto.
Possiede tre hotel e non fa che spostarsi tra uno e l’altro e tra questi e la banca. Si fida dei suoi dipendenti, anche perché li ha scelti tra i familiari più stretti, ma allo spostamento di capitali preferisce pensarci in proprio.
Tanti clienti hanno ancora l’abitudine di pagare con assegno e il direttore della filiale lascia la porta del suo ufficio sempre aperta per i clienti come Renzo.
Fermo al semaforo, con un occhio sulla valigetta, gli viene improvvisamente alla memoria il vecchio progetto, campato in aria, pensato col suo inseparabile amico del liceo, di aprire un bar sulla spiaggia di qualche baia lontana, magari in Brasile oppure su un’isola tropicale.
Sogni e progetti strampalati sono spariti tra le pieghe del passato, come il suo amico del resto, e ora deve tornare alla realtà. Tanto più che è scattato il verde.
Sposare sua moglie, che ha portato in dote gli alberghi del babbo, è stata di certo una buona mossa ma non ha cancellato il suo sogno e ora, che sta parcheggiando davanti alla banca, il suo più grande desiderio sarebbe di poter tornare indietro nel tempo e partire col suo amico verso spiagge lontane.

Ogni volta che sente qualcuno suonare uno strumento dal vivo, Gabriele s’incanta.
Sente le note scorrere sulla pelle, entrare attraverso i pori e viaggiare veloci nel flusso del sangue. Le corde di una chitarra lo sollevano da terra e lo fanno volare spinto al ritmo dei riff. Le percussioni lo scuotono e mettono benzina nel motore, tutto il suo essere acquista un'energia che nessun’altra cosa è capace di infondergli.
Gabriele vive con la radio accesa, possiede una collezione incredibile di dischi e non si perde un concerto nella sua città.
Non passa giorno che non ricordi quando un compagno delle superiori gli insegnò il suo primo giro armonico su una chitarra di terza mano.
Nella vita ha fatto tutt’altro e non ha mai avuto il tempo per studiare seriamente la musica, così la sola cosa che gli riesce di suonare è quel giro armonico imparato da ragazzo.
Quanto desidererebbe provarci, quanto gli piacerebbe prendere la chitarra in mano ancora una volta.

Sandra ha una vita perfetta. La sua casa è un capolavoro di buongusto, ordine e pulizia. Ha un lavoro che le prende solo la mattina e molto tempo libero per shopping e palestra. Le amiche la invidiano e parlano di lei continuamente. Sandra ha un marito perfetto. Galante, puntuale e ordinato. Non dimentica mai un compleanno né ogni anniversario.
Sandra dovrebbe essere una donna felice ma non è così.
Anni prima era stata un attivista in un’organizzazione no profit che portava aiuti umanitari all’estero. Con la sua laurea in medicina avrebbe potuto essere molto utile.
Non riesce a guardare un telegiornale senza pensare: è lì che dovrei essere, lontano da questa casa sicura, da questa vita sicura, da mio marito così sicuro di tutto.
Sandra sa che cosa desidera.
E sa che presto lo avrà.

Che cosa sono i desideri?
Dove ci possono condurre?
A volte possiamo prevederlo ma non sempre. Come ho scritto poco fa, tutti abbiamo dei desideri, che siano evidenti o nascosti, e, spesso questi fanno da traino sulle nostre vite. Spesso condizionano le nostre scelte e decisioni. A volte no, e ci rimane il cattivo, amaro gusto del calice mezzo vuoto. 
Non ho molto altro da dire.
Ma una cosa posso dirla, stiamo molto attenti a desiderare qualcosa.
A volte, i desideri si avverano.