sabato 30 luglio 2016

luoghi insoliti: Missioni spaziali

luoghi insoliti: Missioni spaziali: Scendo lungo la scaletta. Un passo dopo l'altro. Piano, cautela, non ci vuole uno scivolone ora, in mondovisione! Immagini ch...

Missioni spaziali















Scendo lungo la scaletta.

Un passo dopo l'altro.

Piano, cautela, non ci vuole uno scivolone ora, in mondovisione!

Immagini che tutti vedranno, che rimarranno nella storia.

La gravità è un peso leggero su questo satellite, lo sappiamo, ci siamo preparati mesi, che dico, anni per questo viaggio.

Ultimo piolo. Poggio il piede sul suolo polveroso.

Un piccolo passo per un uomo... Ma no, parole già pronunciate in passato, non ripetiamo le azioni del passato, noi stiamo lavorando per il futuro, noi siamo il futuro.

Il mio compagno di viaggio raggiunge la superficie del satellite e subito comincia a piazzare l'attrezzatura per le rilevazioni. Nessun sentimento, è un uomo fatto di ragione e scienza.

Ora è il turno del nostro capitano, una donna tutta un pezzo e risoluta verso il fine della missione.

Lo spazio è la sua vita, i corpi celesti la sua ragione d'essere.

Io sono la scommessa della missione, un italiano in una missione spaziale è stata una scommessa per i papaveri della Centrale e il sottoscritto deve lottare contro i luoghi comuni e il retaggio passato del proprio popolo.

Ma sono qui, la scommessa è stata vinta dai papaveri e io ho sconfitto i fantasmi dei luoghi comuni e del retaggio che mi volevano poco idoneo alla missione spaziale.

Certo che, a differenza di questi due che non hanno perso un secondo per iniziare il lavoro programmato, e ora armeggiano con i loro computer, io nella mia tuta superleggera e dentro il mio casco ipertecnologico, non sto nella pelle e vorrei saltare e abbracciare i miei compagni e festeggiare baciando questo freddo suolo, che calpesto dopo mesi passati a osservarlo da un piccolo oblò.

Ma so che finirei per confermare i luoghi comuni che gli altri mi attribuiscono.




Anche se ho coronato il sogno di una vita, anche se sto facendo una cosa che pochi possono fare, anche se ho raggiunto un luogo inaccessibile ai più, me ne starò tranquillo a fare bene il mio lavoro, quello che so fare meglio, e dimostrerò che anche un italiano felice sa gestire i suoi sentimenti.





***





Cammino verso il dischetto.

Il campo non mi è mai sembrato così lungo.

Entrando nell’area mi sembra addirittura in salita.

Mi chino a raccogliere il pallone, il tempo si è dilatato, il portiere avversario mi guarda ridendo e dice qualcosa sputacchiando e battendo i guantoni tra loro. Non lo sento nemmeno. L’arbitro lo allontana, mi chiede se sono pronto e controlla se ho piazzato il pallone bene sul disco di gesso.

Improvviso il tempo smette di trascorrere al rallentatore e accelera, tanto che non mi accorgo delle cose che succedono, o meglio non ricordo che sono avvenute.

Non ricordo di essere arretrato, né di avere preso la rincorsa dopo un piccolo saltello, ho una vaga immagine del portiere steso a terra sul lato destro della porta e del pallone che gonfia la rete dalla parte opposta. Mi risveglio da questo torpore spazio-temporale quando un boato assordante riempie lo stadio e le mie orecchie, poi il mio portiere, un ragazzone brasiliano di quasi due metri mi salta addosso senza un briciolo di prudenza verso la mia incolumità fisica.

Anche il numero sette, l’ucraino che ha insistito per stare in stanza con me per imparare l’italiano e mi fa fare le ore piccole a discutere degli accenti, mi salta in braccio e comincia a scompigliarmi i capelli.

Quando sono sepolto da quasi tutta la squadra realizzo di aver segnato il rigore decisivo, la nostra squadra ha vinto la partita.

La Partita, con la maiuscola, perché si tratta della finale, siamo campioni d’Europa!

Dopo ventiquattro anni la mia società è Campione!




Appena posso staccarmi dalla morsa affettuosa comincio a camminare per il campo, ovunque attorno a me c’è gente che ride, che piange, che urla, sembrano tanti pazzi.

Io ricordo a malapena di aver tirato un rigore.

L’ultimo calcio di rigore.




Pensare che dovevo fare panchina.

Non penso a nulla. Domani forse. Domani ricorderò quando da bambino sognavo, immaginavo un giorno di poter giocare con la squadra del mio cuore, con i suoi colori stampati sul petto. E sognavo di vincere una coppa con i miei colori.

Questa sera corono il sogno della vita ma non capisco ancora cosa provo.

Domani forse, domani proverò a capire i miei sentimenti.
















lunedì 25 luglio 2016

domenica 24 luglio 2016

Dieci piccoli portatori d'acqua










Quando fa caldo e siete in spiaggia e non sapete cosa fare, a parte il consueto rosolarsi al sole che noi italiani medi ci possiamo concedere solo una volta l'anno, potete sempre organizzare dei giochi.
Ve ne suggerisco uno.
Prendete un gruppo di bambini di sei, sette anni. Assicuratevi prima che i genitori dei suddetti bambini siano consenzienti, visti i tempi. Procuratevi un po' di bicchierini di carta, quelli da caffè per intenderci e un numero di bottiglie vuote, dal collo sottile in numero pari a quello dei bambini reclutati.
Fatevi piazzare un tavolino all'ingresso della spiaggia o in un punto distante dalla riva.
Armatevi di taccuino e matita e di un fischietto professionale, niente può sovrastare il chiacchiericcio di un nutrito gruppo di bambini, ma forse con un fischietto potente avrete qualche speranza. Comprate un sacchetto di caramelle e un giochino o un portachiavi colorato.

Questi gli ingredienti. Ora passiamo alla procedura.

Spiegate ai bambini cosa dovranno fare, ossia andare velocemente a riva, riempire il bicchierino d'acqua marina, recarsi al tavolino e riempire la propria bottiglia fino al collo nel più breve tempo possibile. I primi tre saranno selezionati e si sfideranno con una seconda gara per vincere il premio finale.

Molto semplice, vero?
Le bambine capiranno immediatamente, i maschietti faranno di sì con la testa e poi copieranno le femminucce.
Poi andate a sedere sulla vostra sdraio o dietro i genitori, fischiate con un soffio potente e godetevi lo spettacolo.

I bambini correranno in gruppo verso il mare ridendo felici con il loro bicchierino in mano, poi presto, lo spirito della competizione li invaderà e diventeranno più seri e concentrati.

Lo sportivo adotterà una tecnica di corsa adatta alla sabbia, che prediliga l'equilibrio e non gli faccia perdere troppa acqua lungo il percorso.
Il furbetto cercherà di far cadere gli avversari e, credendosi non visto svuoterà a caso le bottiglie della concorrenza.
Il precisino ci metterà il doppio del tempo ma non perderà una sola goccia del prezioso liquido.
L'impaziente dopo il terzo bicchiere versato sulla sabbia, una volta capito che gli altri hanno un vantaggio difficilmente colmabile, vuoterà il contenuto della sua bottiglia e se ne andrà imbronciato.
Il mammone frignerà, cercando con gli occhi la sua mamma per avere conforto e consiglio su come proseguire.
Il piccolo cafone strillerà, schizzerà tutti, imprecherà insegnando così tutta una serie di parole disgustose fino a quel momento ignote agli altri bimbi, e soprattutto getterà sabbia negli occhi di mezza spiaggia.
Il tecnico calcolerà a mente il percorso più breve facendo la differenza dei quadrati costruiti si cateti dell'ipotetico triangolo disegnato tra riva, tavolino e bagnino.
L'allegrone schizzerà concorrenti, turisti, genitori, facendo finire poca acqua nella sua bottiglia ma ridendo tutto il tempo.

E i genitori?

Il papà dello sportivo lo inciterà agitandosi come non si agitava nemmeno Mourinho sulla panca del Real.
La mamma del furbetto fingerà di fare gli occhi dolci agli altri padri perché non vedano quello che sta combinando suo figlio.
Il padre del precisino gli grida: bravo, ma due minuti, tredici secondi e sei centesimi sono troppi per raggiungere la bottiglia...
La mamma dell'impaziente si alzerà sbuffando, gridando: andiamo, si è fatto tardi, ci aspettano a pranzo!
La mamma del mammone, con gli occhi umidi incoraggia la sua creatura, dai piccolo sei più bravo degli altri, mamma ti compra una bottiglia piena d'acqua tutta per te!
Il papà del piccolo cafone esibendo bicipiti straordinari e tatoo tribali che farebbero impallidire un maori, urla con voce sguaiata, ma dagli un calcio a quel biondino secco, non vedi che ti sta sempre avanti...
Il papà del biondino si risente ma tace, avendo notato i bicipiti, e si limita a incoraggiare il bimbo: bravo, ottima traiettoria, finirai quaranta secondi avanti a tutti!
Il papà dell'allegro non smette di ridere e dare gomitate a tutti, urlando: che bello 'sto gioco!
Poi il caldo e la situazione precipitano.
Il furbetto prova a spingere il bimbo che ha davanti, ma gli capita il cafone che reagisce schiaffeggiando per sbaglio lo sportivo che lo stava per doppiare. Il tecnico calcola rapido un percorso alternativo e l'allegrone ha una crisi di ridarola e si fa cadere il bicchiere. Il mammone scappa piangente tra le braccia della mamma, il precisino che era ultimo evita accuratamente la rissa e giunge alla bottiglia riuscendo a vuotare finalmente il secondo bicchiere.

Non vi resta che fischiare come un ossesso e interrompere il gioco, i genitori arrabbiati si portano via i loro figli, a loro volta delusi per avere mancato il premio.
Il bagnino vi guarda male per aver messo a soqquadro mezza spiaggia e a voi non resta che raccogliere i bicchieri di plastica abbandonati e vuotare le bottiglie dalla poca acqua marina raccolta.

Volete un altro consiglio?

In spiaggia un buon libro e lasciate perdere i bambini.



sabato 16 luglio 2016

luoghi insoliti: Due, tre, cento Italie

luoghi insoliti: Due, tre, cento Italie: Stamattina ho fatto la solita corsetta. Non mi piace chiamarlo "running" anche se si usa, in fondo siamo in Italia, no? Du...

Due, tre, cento Italie















Stamattina ho fatto la solita corsetta.

Non mi piace chiamarlo "running" anche se si usa, in fondo siamo in Italia, no?

Dunque, dicevo, ho fatto la solita corsetta. E al pari di un cercatore di funghi completamente inesperto che, perdendo il sentiero e vagando con poca attenzione, trova il porcino più grosso del bosco, attirandosi i rabbiosi improperi di invidia degli altri cercatori più esperti, al pari di questo, io, correndo, inciampo nelle idee e letteralmente mi cascano tra le braccia gli argomenti da inserire nel blog.




Perdonate questa introduzione, torniamo a noi.

Durante la fatidica corsetta mi trovo a incrociare uno scooter. Vi assicuro che uno scooter non mi era ancora capitato, trattandosi di una pista ciclabile mi erano capitate biciclette, quelle si ma mai a motore.

Immaginate la mia sorpresa, non ho avuto nemmeno il tempo di pensare "ma questo che ci fa qui?" in due secondi é andato, lasciandomi solo nel caldo verde in cui è situata la pista è nel silenzio rotto solo dalle mie suole sul cemento.

Dopo qualche minuto lo scooter di prima mi sorpassa, non l'avevo sentito a causa delle cuffiette nelle orecchie e vedo che l'uomo che lo guida sta portando sopra dei bambini, sono tutti senza casco (oltre a essere in tre). La cosa mi infastidisce. Penso che dovrei chiamare i vigili, questo bell'esempio di poca civiltà non può passarla liscia. Dovrebbero multarlo, mi dicevo, non può scorrazzare con la moto su una pista ciclopedonale, non può portare sopra due bambini piccoli e senza nemmeno il casco...

Tutti pensieri politically correct, tutto giusto. Avevo il cellulare e uno con più senso civico del mio avrebbe senza dubbio chiamato.

Io stavo correndo e mi è sembrato più coerente lasciar correre...

Per la terza volta me lo vedo arrivare, questa volta di fronte, lo vedo da lontano che si avvicina, voglio proprio vedere che faccia ha questo idiota, poi faccio attenzione a particolari che prima mi erano sfuggiti.

L'uomo guida a una velocità inferiore di quella della mia corsa, a bordo della vespetta ci sono due bambine con i capelli al vento e l'espressione di beata felicità che hanno i bambini quando vanno in giostra, tutti e tre stanno ridendo ma le risate cristalline delle bimbe giungono alle mie orecchie nonostante le cuffiette e risuonano musicali come una cascata di perle sul marmo.




Penso, ma è quello di prima, quello che mi stava facendo arrabbiare.




Penso, ma questa è un immagine dalla dolcezza infinita.




Certo, in principio avevo visto un uomo imprudente e arrogante, incurante di regole e leggi, senza un poco di prudenza, senza un briciolo di sale in zucca.

Poi ho visto solo un padre di famiglia, che si costringe a trasgredire il codice pur di regalare un poco di felicità alle figlie, pur di vedere quel sorriso disarmante, quegli occhi pieni di amore per il papà.

Ma quale dei due era quello vero? A quale immagine avrei dovuto credere?




Questa settimana, dopo la tragedia dello scontro tra due treni in Puglia, che è purtroppo costato un numero alto di vittime, ho letto un articolo di Massimo Granellini sulla Stampa di Torino.

Diceva che ci sono due Italie, una in cui si viaggia su tratte insicure, fatte da un binario unico, pericolose, e un Italia in cui la gente fa la fila per donare il sangue e primeggia in solidarietà la dove c'è una situazione di bisogno.




Sono quasi d'accordo con Gramellini, che è molto più bravo e ha molti più lettori del sottoscritto.




Fatto salvo che non credo che ci siano solo due Italie.

Sono convinto che, come l'uomo sullo scooter, non avrà solo le due modalità nelle quali mi sono imbattuto, ne avrà altre due, tre, cento, così, se stiamo attenti, allora troveremo due, tre, cento Italie.




A partire dal suo popolo.

A cominciare da noi stessi.




sabato 9 luglio 2016

luoghi insoliti: Ha da passa' 'a nuttata!

luoghi insoliti: Ha da passa' 'a nuttata!: Ha da passa' 'a nuttata! Per chi non conoscesse l'opera teatrale di Eduardo de Filippo, che consiglio caldamente,...

Ha da passa' 'a nuttata!








Ha da passa' 'a nuttata!

Per chi non conoscesse l'opera teatrale di Eduardo de Filippo, che consiglio caldamente, e per chi non masticasse il dialetto napoletano, fornisco la traduzione letterale.
Tratta dalla commedia "Napoli milionaria" la frase significa: deve passare la notte, nel senso che dovrà terminare questa notte.

Trovo che sia una frase piena di bellissimo ottimismo, densa di fiducia nel futuro che sta per aprirsi davanti a noi e non un segno di rassegnato e impotente fatalismo come potrà sembrare a un giudizio affrettato.
Anche questa notte passerà, la notte intesa come un momento buio, di sconforto, di sofferenza, a volte di solitudine. La notte come momento nero, in cui ci si può perdere perché non si vede più dove si posano i propri piedi. Che come ogni notte passata insonne sembra eterna, infinita. I secondi durano ore, i minuti sembrano anni, le ore secoli. Una notte "buia, senza stelle" per citare l'autore americano King, in cui accadono gli avvenimenti più tristi, in cui si diventa vulnerabili al male che circola per il mondo.
La nottata in questione rappresenta le malattie, le debolezze, le sciagure, le privazioni che possiamo subire e che a volte siamo obbligati ad affrontare.
Con questa bellissima frase si dà luce a una speranza nuova.
Ci si prepara a un cambiamento, ci si predispone a lavorare più duro, a impegnarsi più forte, a stringere i denti e a non lasciarci andare perché le cose cambieranno.
Non è un invito all'attesa passiva ma uno sprone a non arrendersi, a essere più forte perché il nostro sforzo non cadrà nel vuoto.

Questa frase la voglio dedicare a tutti quelli che stanno attraversando la notte e si sentono disperati e impauriti, a coloro che vorrebbero mollare tutto. Ascoltatela e accoglietela come un magnifico augurio.

Ho sempre avuto un debole per questo tipo di saggezza popolare che arriva dal passato.
E in questa epoca, che di saggezza dimostra di averne sempre meno, non mi resta che attingere dal passato.
Non mi resta che trovare queste frasi, questi tesori.
E aspettare.


Dopotutto... ha da passa' 'a nuttata, vero?