domenica 29 settembre 2019

Bagaglio pronto






Si dice che sia utile avere sempre un bagaglio pronto.
Una valigetta, anche solo uno zaino, con un cambio, biancheria pulita, un fazzoletto, uno spazzolino, cose così. 
Si dice che sia prudente avere qualcosa di pronto in modo da non perdere tempo se si è costretti, per qualunque motivo, a uscire di casa velocemente. 
Un po'  come una donna al nono mese di gravidanza che tiene la borsa pronta, con tutto l'occorrente per affrontare l'evento della nascita imminente, dietro la porta della camera.
Ebbene, ho scoperto che può capitare il contrario, ovvero può capitare di avere il bagaglio pronto per una prossima partenza e all'improvviso arriva una telefonata che annuncia una pessima notizia, che impone di mandare all'aria i piani, dimenticarsi dei programmi, rinunciare alla partenza.
E quando ci si assesta l'anima e si assimila lo stravolto stato delle cose, quando si accetta la drammaticità della nuova situazione, allora si torna a casa e si osserva quello zaino dimenticato sul pavimento come si guarderebbe un oggetto alieno, proveniente da un mondo lontano o un reperto storico risalente a un secolo prima.
Preparato quando tutto andava come doveva andare e si era ignari che le cose capitano, anche quelle tristi, e non sempre solo agli altri.






domenica 22 settembre 2019

luoghi insoliti: Ludovico fa una corsa

luoghi insoliti: Ludovico fa una corsa: Ludovico se ne sta seduto sulla sua poltrona in camera. Il letto è ancora da sistemare, la stanza da riassettare. Lui resta ...

Ludovico fa una corsa










Ludovico se ne sta seduto sulla sua poltrona in camera.

Il letto è ancora da sistemare, la stanza da riassettare. Lui resta seduto a fissare la parete. Un televisore spento riflette la sua immagine, come uno specchio.

Si guarda restare seduto, con i pantaloni del pigiama color caffelatte, quelli che non gli sono mai piaciuti e una logora canottiera bianca. I radi capelli bianchi gli penzolano ai lati della fronte come ragnatele. Ai piedi due ciabatte consumate.

Quando sono diventato così vecchio, si chiede. Quando è successo?

Deve essere successo all'improvviso, forse una notte mentre dormivo, oppure quando ero distratto.

Ludovico non sapeva rispondere alla domanda, e non avrebbe potuto chiedere a sua moglie.

Rita lo aveva lasciato solo, dieci anni prima, aveva raggiunto la Casa del Padre, come avrebbe detto lei, una donna molto credente e devota, oppure era arrivata alla radura alla fine del sentiero, come preferiva pensare lui che in tempi remoti amava studiare le usanze dei nativi americani e altri tipi di spiritualità.

Ad ogni modo oggi è solo, e se ne sta seduto sulla sua poltrona ad aspettare l’assistente, una donna di mezza età, severa col mondo intero e arrabbiata con la vita, ma che l’avrebbe aiutato a vestirsi, a lavare le stoviglie, la casa, a fare le compere e preparare il pranzo.

Com'è lungo il tempo, su quella poltrona, non passa mai.





Poi il telefono squillò.

Era Marco, suo nipote, la giovane voce suonava preoccupata e ansiosa.

Nonno, sono davanti alla scuola. Entrerò la seconda ora, nel frattempo potresti portarmi il libro di storia, l’ho lasciato, sul tavolo da te ieri, quando sono passato per studiare.

Ludovico ricorda vagamente che al nipote piace passare ogni tanto un pomeriggio a casa sua, per studiare e per fare due chiacchiere. Lo rilassa, dice, e Ludovico è felice di queste visite.

Il libro, già, ma dove ha detto di averlo messo?

Lo vede, non è sul tavolo ma sullo scaffale, un tomo polveroso e consumato dagli anni, con la copertina mezza strappata.

Di sicuro l’ha comprato usato per mettersi in tasca la differenza, quel briccone!

Ludovico mette il libro in un sacchetto di carta, prende le chiavi di casa ed esce.

Come al solito l’ascensore non arriva e lui non ha pazienza di aspettare così si fionda giù per le scale e si beve i tre piani che lo separano dalla strada.

Gira l’angolo e si dirige alla fermata del sessanta. L’autobus passa dopo tre minuti ma non si ferma, un ragazzino alla fermata comincia a imprecare e tra una parolaccia e una bestemmia trova il tempo di spiegargli che era fuori servizio.

Mio nipote ha bisogno del suo libro, pensa Ludovico, allora si mette a correre, prima con passo incerto e a velocità contenuta, poi sempre più veloce.

Le scarpette leggere e morbide sono quelle che tanti anni prima lo accompagnavano nelle gare. Attraversa un paio d’incroci, gli automobilisti che sopraggiungono non fanno molto per essere cortesi, suonano il clacson come pazzi e rallentano a malapena, ma Ludovico è diventato veloce, come quando da giovane partecipò alla mezza maratona e fece il tempo più basso della sua squadra.

Arrivato a piazza Italia, Ludovico incontra il suo vecchio amico, Arnaldo che lo ferma preoccupato.

Non dovresti correre così, alla tua età, rischi che ti venga un infarto, oppure di cadere e romperti un femore…

Ludovico sorride, gli risponde con calma di non preoccuparsi, il nipote ha bisogno del suo libro e non può fare tardi a scuola, la scuola media è in fondo al viale e la può raggiungere in pochi minuti, quindi riprende la sua corsa.

Arnaldo da dietro urla: ma tuo nipote non si è laureato l’anno passato?

Solo che Ludovico non lo ascolta più, sente solo il ritmo regolare dei suoi piedi e il respiro normale, forse solo un poco forzato, mentre scivola sul viale e presto è davanti alla scuola.

Il nipote non si vede. Deve essere entrato a scuola, pazienza, il libro lo prenderà oggi quando verrà a trovarmi.

Ora deve tornare a casa, sono tre chilometri. Aspettare il sessanta che non arriva mai o fare una corsa nell'altra direzione?

Se ci fosse sua moglie gli direbbe, vai ora, che aspetti, non avrai paura di farti una sgambata fino a casa?

Lui sente la cara voce della donna ed è come averla lì, così sorride e riprende a correre.

Così corre, Ludovico, corre e non si ferma, passa un incrocio col giallo, non si ferma quando rivede il vecchio amico, corre e non rallenta quando si accorge di non avere nessun sacchetto con un libro ma non importa, corre veloce e tutto funziona a meraviglia, anche la sua memoria adesso, e sa che Arnaldo ha ragione, suo nipote non va alle medie da tanti anni, anzi si è laureato e lui ha anche partecipato alla festa sentendosi un poco fuori luogo, ma non importa, ora ha le ali ai piedi e si sente una meraviglia e, quando giunge al suo stabile non ha bisogno di chiamare nessun ascensore perché i tre piani li beve in un sorso.

Ludovico è stupito di non avere il fiato grosso, né di sentire le gambe indolenzite.

Non vedo l’ora di dirlo all'assistente, tra poco dovrebbe arrivare.

Pensa di attendere in poltrona, dopo tutta quell'attività un poco di riposo se lo è meritato, in fondo.

Alle nove e mezzo la badante arriva puntuale, e come ogni mattino trova Ludovico seduto sulla sua poltrona, ma stamattina c’è qualcosa di diverso.

Nell'ingresso, sul pavimento, c’è un sacchetto con un vecchio libro di scuola. 
La poltrona è rivolta alla finestra.

Sulla poltrona il vecchio indossa delle consumate scarpe da corsa, ha la canottiera completamente sudata e sta dormendo.



E ha uno strano sorriso sulla faccia. 













domenica 15 settembre 2019

luoghi insoliti: We Have All The Time In The World

luoghi insoliti: We Have All The Time In The World: Abbiamo tutto il tempo del mondo. A volte lo trascorriamo in serenità, avvolti nelle personali routine.  Circon...

We Have All The Time In The World











Abbiamo tutto il tempo del mondo.

A volte lo trascorriamo in serenità, avvolti nelle personali routine. 
Circondati dalla banalità dei gesti quotidiani. 

Altre volte lo sprechiamo, facendoci una guerra inutile, consapevoli che non ci saranno né vinti né vincitori ma che le ferite bruceranno a lungo prima di guarire.

Ma non preoccuparti, abbiamo tutto il tempo del mondo, quindi viviamo liberi dalle paure perchè cos'è il tempo con te, se non un attimo eterno di infinito presente?

Così prendiamo la vita con leggerezza e amore e seguitiamo a prenderci in giro per le piccole cose, come quando stiri e ti chiedo quanti metri di camicia fai con un litro d'acqua, o tu mi ricordi quella volta che ci ho messo due ore per mettere un tassello e per farlo avevo bisogno di una candela...
ma prendiamoci in giro con tenerezza, perchè quello che si cerca non è l'umiliazione dell'altro ma solo rendere la vita più leggera e una vita in coppia non può che essere leggera se la si vuol far durare.

Quindi non aver paura, godiamoci la canzone e facciamo tutto lentamente, che di tempo ne abbiamo, abbiamo tutto il tempo del mondo e possiamo permetterci di fare le cose lentamente.

E perchè se ci amiamo lentamente, allora l'amore non finisce mai.







mercoledì 11 settembre 2019

luoghi insoliti: Il male dentro

luoghi insoliti: Il male dentro: Dove diavolo è finita? Si sta chiedendo Nico, dove è andata a finire quella dannata vite? Si alza non senza sentire una fitta alla n...

Il male dentro










Dove diavolo è finita?

Si sta chiedendo Nico, dove è andata a finire quella dannata vite?

Si alza non senza sentire una fitta alla natica, da settimane il nervo sciatico lo tortura. Ci mancava solo quella dannata vite, la devo trovare, non posso permettermi un paio di occhiali nuovi.

Nico si china di nuovo e così, a quattro zampe sul pavimento polveroso del suo monolocale, con la faccia appoggiata al pavimento, la vede e la raccatta.

In pochi attimi gli occhiali sono riparati. Finalmente una buona notizia.

Stamattina la buca delle lettere è vuota e questa è un’altra buona notizia.

Le buste gialle che da un paio di anni appaiono puntuali tra la sua posta non sono mai gradite. Ingiunzioni, richieste economiche, minacce, sembra che l’avvocato di sua moglie, anzi ex moglie, si diverta a torturarlo e a vederlo sul lastrico.

Solo una settimana prima, Nico aveva ricevuto l’ultima notifica in cui si chiedevano tre mesi arretrati di alimenti. Avrebbe riso forte se non fosse che lo avrebbero preso per pazzo e perché non c’era niente da ridere. Come fa uno che ha perso il lavoro a pagare gli alimenti all’ex moglie?

Certo, chiedere aiuto, i consigli si erano sprecati ma tutti dicevano e ripetevano la stessa cosa: non avere riserve a chiedere ciò che ti spetta, lo stato ti deve aiutare, non avere paura a chiedere aiuto.

E Nico aveva chiesto. Non si era risparmiato.

Si era registrato a mille siti online cerca lavoro, aveva girato tutte le agenzie interinali della città, aveva anche iniziato a distribuire il suo curriculum, inutilmente perché è un’epoca in cui il cartaceo non va e occorre presentare domande per via informatica. Aveva imparato a districarsi tra le pieghe del web ed era diventato bravo, ormai inviava e riceveva centinaia di mail e aveva fatto, grazie a questa competenza, anche alcuni colloqui. Poi i pochi mobili erano stati pignorati dall’ufficiale giudiziario e tra questi il vecchio computer. Fine della storia.

Nico era diventato un camminatore, aveva consumato le suole e non si era arreso, non era il tipo che si sarebbe tirato in dietro e non aveva paura a chiedere aiuto.

Qualcuno gli aveva procurato incarichi come vuotare cantine, pulire dei giardini, e lo aveva pagato in contanti e in nero. Ma i soldi non bastavano mai.

Al mattino la scelta era tra acquistare i biglietti dei mezzi pubblici o comprare sei uova e fare colazione.

Gli amici, quei pochi, si erano spaventati davanti a quella situazione ed erano fuggiti a gambe levate. A Nico non era dispiaciuto, meglio non avere amici che averceli finti, si diceva, e poi era contento di non farsi vedere in quelle condizioni, si sa che gli amici ti scrutano e ti giudicano.

Rimanere onesti, era ciò che gli rimaneva, com’era quella massima, la legge morale dentro di me, vero. E Nico si rendeva conto che ormai il confine tra rimanere onesto e cercare di sopravvivere si stava facendo sempre più sottile. Con la fantasia, durante le ore notturne passate sveglio per la depressione e il digiuno, si vedeva fare irruzione nello studio dell’avvocato, tirarlo a sè dalla camicia, prenderlo a schiaffi e riprendersi tutti i soldi che questo era riuscito a scucirgli nell’ultimo anno, per poi andarsene indisturbato a fare una bella mangiata al ristorante.

Ma le prime luci del mattino portavano via quel delirio, restituendogli, assieme alla fame, la sua lucidità, e la sua onestà.

Perché, si chiedeva, perché devo essere così onesto, sarebbe facile fare un giro nel quartiere giusto e trovare qualche incarico sporco, imbrogliare qualche anziano sprovveduto, basterebbe mettere la vecchia cravatta, dopotutto ho ancora un aspetto raccomandabile.

Col passare del tempo quei pensieri si facevano sempre più forti, Nico, vinto dal bisogno, sentiva il male dentro di lui spingere sempre più forte per venire fuori ed era terrorizzato perché sentiva che non sarebbe stato abbastanza forte da combatterlo per sempre.

A tutto questo Nico stava pensando, appoggiato al parapetto del ponte, con lo sguardo perso nel vuoto.

Al male che aveva dentro e che tutte le cose avevano congiurato perché uscisse.

A questo pensava, mentre la fame arretrata gli torceva dolorosamente lo stomaco e il pensiero tornava alla vite degli occhiali che ora aveva messo in tasca.

Dov'era finita la vite? Ma non era la domanda giusta, pensò ridendo, la questione era: dov'era finita la sua vita! 
Questa era la questione, come aveva fatto la sua vita a finire sul pavimento, tra la polvere.

Aveva chiesto aiuto e tutte le porte erano rimaste chiuse e ora il male spingeva sempre più forte.

Ne avrebbe commesso, avrebbe fatto male a molti e non si sarebbe pentito, era la sola strada che vedeva davanti a se, se voleva sopravvivere.

Ma una sua parte, la parte onesta non lo avrebbe permesso.

Non sarebbe diventato un agente del male.

A questo pensava mentre il vuoto lo inghiottiva, mentre il baratro si prendeva cura di lui e mentre gli occhiali gli scivolavano dalla tasca.

















domenica 1 settembre 2019

luoghi insoliti: Fotografie

luoghi insoliti: Fotografie: Primo settembre. Per molti una data triste. Vacanze finite, si ricomincia a lavorare, incombe la scuola e così via. Un argomento tro...

Fotografie











Primo settembre.

Per molti una data triste.

Vacanze finite, si ricomincia a lavorare, incombe la scuola e così via. Un argomento troppo doloroso e, infatti, non parlerò di questo.

Tuttavia l’argomento vacanze mi riporta a una cosa. La fotografia.

Tutti noi abbiamo di certo, scattato centinaia o migliaia di foto, qualcuno con apparecchi fotografici più o meno professionali, la maggior parte delle persone col telefonino.

Quasi tutti abbiamo postato su tutti i social esistenti, le nostre immagini più intime, i nostri momenti più privati salvo poi lamentarci che in internet non c’è privacy, ma non temete, non è nemmeno di questo che voglio parlare.

Le foto.

Avete fatto attenzione alla tecnica usata? Avete fatto caso allo stile e al tipo di fotografia?

Mi spiego, a parte le immancabili foto dei panorami di città d’arte, di spiagge con annesso tramonto, di ariose vallate e maestose vette, immagini sempre belle se scattate con criterio e magari con la luce giusta, e a parte le tremende foto fatte alle portate di un ristorante come se un fritto misto di pesce avesse una qualche amena bellezza e un budino con la panna un misterioso fascino, e lasciando da parte (potendo anche evitare di farli, possibilmente) gli immancabili selfie, mi riferisco alle foto fatte alle persone, amici, parenti e compagni di viaggio.

Potrei, molto banalmente, dividere le foto scattate alle persone che amiamo e con cui ci piace condividere le giornate, in due categorie.

Le foto prese mettendo in posa le persone, cioè richiamando tutti all’attenzione del fotografo, mettendo impegno in modo che nessuno venga con gli occhi chiusi o con lo sguardo puntato sulla scollatura della vicina, che non sta bene, attraverso mille raccomandazioni, metti la mano così, guarda verso l’alto che nasconde il doppio mento, stai di profilo che non si vede la cicatrice, e altre attenzioni degne di un fotografo da prime comunioni e che di norma scocciano il gruppo che deve posare e, infatti, qualcuno puntualmente finisce per mandare a quel paese il fotografante che tanto si era impegnato e ci rimane male, col solo risultato che nella foto manca sempre qualcuno e nessuno sorride.

Oppure siete di quelli che, avendo il solo scopo di documentare la vita che passa (e con questa i momenti felici) e vi piace “rubare” lo scatto mentre il soggetto non vede, a volte creando un piccolo capolavoro anche senza essere McCurry davanti una ragazzina Afgana, oppure scatenando l’ira di qualche soggetto, spesso femminile, che a stento si trattiene dallo schiaffeggiarvi perché non dovevate permettervi di scattare una foto a sua insaputa perché: chissà che faccia mi è venuta, non ho messo il rimmel, stavo sfilettando la sogliola e poi DOVEVI avvisarmi…

Questo secondo modo di fare fotografia è di certo quello più pericoloso, intendiamoci al massimo vi chiederanno di cancellare lo scatto a meno di aver immortalato la mafia russa che sposta capitali, (in questo caso rischiate ben altro) ma lo preferisco perché ritrae la vita reale che passa sotto i nostri occhi e, soprattutto se siamo in vacanza e se nella foto c’è qualcuno che ride, siamo sicuri che ride davvero e non perché c’è uno che fa lo scemo dietro l’obiettivo, come faccio io quando fotografo qualche bambino.