sabato 27 gennaio 2024

Il mare in burrasca

 





Una volta ho letto da qualche parte che ogni barca, su acque tranquille, ha un buon capitano.

Non ricordo chi l’ha detto o scritto ma è chiaro cosa intendesse.

Navigo sulla mia barca da tanti, forse troppi anni e di posti ne abbiamo visitati.

Porti tranquilli, con lavoro da sbrigare, carico e scarico, manutenzione e altre normali attività. La sera una bevuta di vino scadente nella taverna più vicina e via, senza ricordare cosa si è fatto, cosa si è visto.

Luoghi più bizzarri e affascinanti, dai profumi forti e i colori accesi, posti con uccelli dalle piume variopinte e predatori letali, posti che ammaliano. Qualcuno ci si è perso, inghiottito nei vicoli chiassosi tra giocatori di carte o tra le braccia di qualche avvenente ragazza dagli occhi verdi.

Posti pericolosi, in cui appena messo piede sulla terraferma, sai che sta per succedere qualcosa di brutto. Posti dove è meglio non camminare soli, in cui nelle locande avete tutti gli occhi addosso e il taverniere è perennemente impegnato a lucidare la lama del suo coltellaccio, posti su cui è meglio non indagare, non addentrarsi, dove è più prudente passare la notte sulla branda della barca o nella stiva, posti in cui non ci si addormenta facilmente e il consumo di alcool è indispensabile al sonno.

Ho viaggiato tanto su questa vecchia imbarcazione e qualche volta non ce la siamo vista bene. Giornate fiacche, senza vento e notti in cui scendeva una nebbia spessa e le onde nere sembravano muri di una fortezza. Notti in cui ci sembrava di tornare in dietro al punto di partenza e di navigare in tondo.

Ho fatto viaggi che sembravano non finire mai, con la sensazione di perdere continuamente la rotta e di avere tutte le bussole fuori uso. Viaggi in cui il capitano era ubriaco quasi tutti i giorni e quando non lo era se ne stava rintanato in cabina a smaltire i postumi. Viaggi che abbiamo portato a termine solo grazie all’esperienza di uomini di mare, alla forza di volontà di qualcuno e, perché no, anche grazie alla disperazione.

Non è facile vivere su una nave, vi assicuro, non per la nausea che il mare grosso vi ficca nelle viscere col suo muoversi su e giù, a quella ci si può abituare, non perché avete visto il mozzo finire in acqua per un’onda improvvisa e sparire per sempre in quel nero gelido, dopo un po’ ci si abitua anche ai funerali, non è mai facile ma sapere che si è governati da qualcuno che è sempre ubriaco, a volte corrotto, spesso fuori controllo, questo è peggio.

Fa paura lasciare un porto sicuro e dirigere la prua in mare aperto, non sapendo cosa ci sarà ad aspettarci nella notte.

Si è costretti a fidarsi, perché non c’è scelta, fidarsi degli altri marinai, dell’onestà di qualcuno, della scaltrezza di altri, dell’esperienza di tutti, perché è quella che vi salverà.

Una notte, eravamo stati svegliati dalla campana della vedetta, all’arrivo di una bufera e in meno di cinque minuti la barca era stata presa a schiaffi da un mare arrabbiato e cattivo che avrebbe voluto rovesciare quel vecchio guscio e spingerlo in profondità, nell’abisso. Così, in piena notte, schiaffeggiati da una pioggia fredda e dura, sballottati da onde maligne, eravamo stati costretti a governare una nave che per poco non era stata spezzata dalla violenza della natura, tutti urlavano per farsi sentire ma il ruggito del mare era più forte e spaventoso, il capitano lanciava insulti e sputava bestemmie ma era chiaro che non riusciva a comprendere quale fosse in problema da affrontare, qualcuno gli ruppe una bottiglia sulla testa e questo fu il momento in cui tutti cominciarono a fare le cose giuste. Mi trovai al centro di quella specie di ammutinamento, in tanti mi chiedevano consenso a fare ciò che già sapevano fare, fui continuamente cercato, con le voci, con le braccia e con gli sguardi. I marinai avevano bisogno di un riferimento ed io trovai naturale prestarmi a quella necessità.

Certo era che anch’io morivo dalla paura di non farcela. Nessuna nave dovrebbe cambiare timoniere durante una bufera, certe cose vanno pianificate, ma a volte se vuoi salvarti, devi fare delle scelte e devi farle veloce.

Quella notte la nostra velocità di pensiero e di azione ci salvò la vita e al mattino guidai la nave verso il porto più vicino. Il capitano aveva una vistosa ferita alla testa e diceva di non ricordare niente. Si chiuse in cabina e uscì solo quando eravamo sbarcati tutti. Non si fece più vedere e questo fu un bene per noi tutti ma soprattutto per lui.

Quanto a me, continuo a navigare, non saprei fare altro, e affronto a testa alta la brezza profumata del mattino e il vento di tifone con lo stesso animo sereno. Perché è questo ciò che i marinai si aspettano, non la paura, non l’incertezza, ma sapere la rotta che percorreremo e specchiarsi in uno sguardo fermo e sicuro.

So che non sarà mai facile, che le tempeste arrivano senza invito ma quello che cercherò di fare è governare quest’imbarcazione meglio che posso e condurla ogni volta in un porto tranquillo.