In piazza dei Sogni c’è
spesso vento.
Ma il vento è una cosa
buona.
Sposta le foglie sui
cubetti di porfido, gira le pagine dei libri dimenticati sulle panchine, trasporta
i sogni delle persone che passano e si riflettono sulle vetrine dei negozi.
Il vento non da
fastidio, qui, in piazza dei Sogni.
Preparo le sedie
pieghevoli, davanti alla piccola libreria. Cinque file con quattro sedie da un
lato, altri venti posti dall’altro e in mezzo un corridoio immaginario.
Sedie bianche, di
legno, che andrebbero bene per un ricevimento di nozze in un giardino privato o su una spiaggia.
Credo che basteranno, quaranta posti sono più che sufficienti davanti una
libreria che ospita talvolta, autori che non conosce nessuno, salvo i propri
parenti.
Oggi è il turno di una
poetessa, una donna semplice e limpida che scrive versi brevi, a volte pungenti,
che vanno dritto al cuore. Li ho letti.
Leggo sempre le opere
degli autori che ospito, non si sa mai.
I titoli possono trarre
in inganno e le copertine sanno essere illusorie, così curate e variopinte.
Quello che importa è il contenuto ma spesso oltre al titolo roboante e all’immagine
affascinante, il contenuto manca. Meri elenchi di frasi. Nomi, verbi,
aggettivi, articoli e preposizioni, quando va meglio, come oggi, qualche
azzardo a similitudini, timide metafore e discreti ossimori.
Le figure retoriche
utilizzate dalla poetessa sono educate e gentili, come lei. E’ una persona garbata,
che non vuole invadere lo spazio altrui, sono sicuro che stabilire di
presentare il suo libretto in pubblico sia stata una decisione sofferta.
Lo spazio davanti alla
libreria è esiguo e immagino che faccia
gola al gestore del bar di fronte, raddoppierebbe i tavolini del dehor ma la
vita non è fatta solo di caffè e aperitivi.
Mentre termino di sistemare
le sedie, entrano due potenziali clienti. Faccio loro cenno di essere a
disposizione e li lascio liberi.
Il cliente di una
libreria non gradisce pressioni, preferisce girovagare tra i generi, sfogliare
i tomi più pesanti, leggere quante più possibili quarte di copertina, dare
anche una sbirciata al prezzo, se si tratta di un regalo, perché questo sia
proporzionato al destinatario… quando è trascorso il giusto tempo, allora entro
e mi sistemo discreto, dietro alla cassa. Loro apprezzano la libertà concessa e
ricambiano comprando due tascabili in offerta. Li invito alla presentazione che
si terrà nel pomeriggio e mi rispondono che forse verranno. Non so se li
rivedrò ma almeno sono stati gentili.
La mia poetessa avrà il
suo pubblico, se la sua famiglia si dimostrerà magnanima. Del resto è risaputo
che nel nostro paese sono in molti a scrivere ma non legge quasi più nessuno.
Forse venderà qualche
copia ma sono certo che non le importi.
Avrà il suo posto in
vetrina, per qualche tempo, poi tornerà a scrivere nella penombra anonima della
sua camera.
Ho scelto Trieste ma
avrei potuto finire in qualsiasi altra cittadina. Non c’è un motivo se non il
caso. Per quanti anni ho sognato un posto così.
Una piccola libreria,
un negozio modesto che basta appena a coprire le proprie spese. Ma quanto ho
sognato di essere libero, chiuso in una cella buia, e questo sogno mi ha
mantenuto in vita.
Mi sento fortunato. Ho
i miei libri, viaggi tascabili, contenitori di universi e scrigni pieni di
magie.
Ho questo angolo
ventoso e il sole che sbatte sulle sedie bianche.
Ho una poetessa che
verrà a leggere i suoi versi.
C’è spesso il vento in
piazza dei Sogni.
Un vento che ha il
dolce gusto della libertà.