lunedì 25 aprile 2016

luoghi insoliti: Vivere o vivacchiare?

luoghi insoliti: Vivere o vivacchiare?: Vivere o vivacchiare? Lo so che non suona come: essere o non essere. Mai preteso di scrivere come Shakespeare. Cosa vuole dire ...

Vivere o vivacchiare?









Vivere o vivacchiare?
Lo so che non suona come: essere o non essere.
Mai preteso di scrivere come Shakespeare.
Cosa vuole dire vivacchiare e soprattutto cosa significa vivere?
Ad ascoltare, a osservare, a chiedere in giro ci si accorge che molti, moltissimi sono quelli che ignorando il significato di quest'ultima parola non hanno di meglio da fare che praticare la prima.
Persone senza entusiasmo, senza energie, che l'energia la prosciugano anche a chi gli sta di fianco.
Persone che non sanno cosa sia la curiosità, che pensano di integrarsi solo con l'omologazione, che hanno come ideali quelli proposti da programmi televisivi dove i protagonisti sono cafoni senza nessun talento che dicono cose senza alcun senso.
Vite vuote, senza significati se non quelli atti alla nutrizione e alla riproduzione, cose che riescono più eleganti alle bestie perché le bestie non hanno vincoli come quelli delle mode o dell'apparire.
Vite consumate alla ricerca di potere e di ricchezza, a tutti i costi e di qualsiasi entità.
Vite passate a calpestare i diritti altrui, perché troppo impegnati a far rispettare i propri.

Vite senza memoria, né personale né storica.
Persone alle quali non interessa fare tesoro degli errori commessi per costruire un comportamento virtuoso. Gente che non sa niente di ciò che hanno passato i propri e gli altrui nonni e bisnonni perché tutti noi potessimo avere le libertà che abbiamo e vivere una vita come questa che ci è concessa.
Vite di persone che credono di essere esperte in qualsiasi campo, perché tutto si può trovare in internet ma in realtà non sanno neanche interpretare una lettera della banca.
Vite di gente che trova sempre una scorciatoia o una scappatoia, gente per cui le leggi sono valide solo per gli altri, e di questo se ne vantano.
Persone noiose, che anche a circondarsene sembra sempre di vivere un universo privo di forme di vita.

Oggi è il 25 aprile, anniversario della liberazione.
Penso ai martiri, ai giovani che sono stati uccisi per inseguire degli ideali di libertà e di bellezza.
Penso e mi chiedo quale tipo di mondo del futuro immaginassero, quando sono stati catturati, quando sono stati trucidati.
Non questo.
Non un mondo in cui le persone si limitano a vivacchiare.

giovedì 21 aprile 2016

luoghi insoliti: IL PRIMO INGREDIENTE

luoghi insoliti: IL PRIMO INGREDIENTE: Eccoci di nuovo in linea col grande chef Piero, amici ascoltatori. La voce del conduttore è gradevole e chiara, meno limpida que...

IL PRIMO INGREDIENTE






Eccoci di nuovo in linea col grande chef Piero, amici ascoltatori.
La voce del conduttore è gradevole e chiara, meno limpida quella dello chef che è stato raggiunto telefonicamente nel suo celebre Relais Stella Alpina, sulle dolomiti.
Ci stava dicendo delle sue famose pappardelle...
Certo, è molto importante che il burro sia di alta qualità e che non superi la temperatura massima, insomma abbiamo già elencato tutti gli ingredienti necessari e le dosi ma...
Vada avanti chef, la seguiamo, gli ascoltatori ci stanno tempestando di messaggi...
Purtroppo la linea è pessima e la voce di chef Piero va e viene a singhiozzo.
Dicevo, degli ingredienti di questo piatto semplice ma prelibato si è ampiamente discusso, ne manca solo uno, quello più importante, quello principale...
Chef, pronto chef...
Non si sente nulla, va bene proseguiamo col programma, ora un pezzo musicale mentre cerchiamo di ricollegarci con chef Piero, scrivete e continuate ad ascoltare radio Magister sulle solite frequenze e ora anche in digitale...


***


Il giovane non aveva mai sudato tanto rimanendo seduto su una comoda poltrona.
Nemmeno dal dentista!
L'esame non finiva mai. L'auto, un’Alfa rossa fiammante, era nuova e molto lussuosa. Certamente sprecata per essere utilizzata a quello scopo.
L'esaminatrice, seduta sul sedile posteriore, aveva una pessima reputazione tra gli iscritti alla scuola guida, da spietata mangiatrice di esaminandi e l'aria beata di chi si diverte un mondo a fare il proprio lavoro.
Dunque, abbiamo fatto l'inversione a U, il parcheggio in retromarcia, siamo stati in tangenziale, bene, accosti a destra, abbiamo quasi finito.
Il giovane mette la freccia con le dita scivolose, controlla in tutti gli specchietti e accosta in modo impeccabile.
L'istruttore al suo fianco non dice una parola ma sembra soddisfatto.
L'esaminatrice, dal sedile posteriore, si sbilancia. Bene giovanotto. Si rilassi. Ha guidato in maniera soddisfacente. Ora le faccio ancora una domanda di teoria e se mi risponde bene, avrà la sua patente di guida.
Mi ascolti, mentre percorre un’isolata strada di campagna, si accorge di avere bucato. Cosa le occorre e come si comporta?
Il giovane accenna a un incerto sorriso. È preparato, elenca alla perfezione tutto il materiale necessario e spiega la corretta procedura per il cambio della gomma bucata.
L'esaminatrice sembra abbastanza contenta.
Bene, è corretto, certo... ma...
Il giovane impallidisce. C'è un ma...
Sì, mi ha detto del giubbotto catarifrangente, sì, non manca nulla, il procedimento è giusto... avrà la sua patente... io però avrei aggiunto qualcos'altro, una cosa importante, forse la principale.
Il giovane e il suo istruttore scendono dall'Alfa e si guardano increduli.
 L'uomo guarda il ragazzo come per dire, lascia stare l'esame è passato...



***


Il piccolo Chicco consuma una marea di pennarelli.
Ama disegnare e colorare le proprie opere, costringe i genitori a esporle per tutta la casa, infatti, le pareti delle stanze e gli sportelli dei mobili ne sono pieni.
Chicco ha solo due anni e mezzo ma non vuole più andare all'asilo nido, lui vorrebbe frequentare la scuola materna, come il fratello più grande del suo amichetto, perché lui si sente più grande degli altri bimbi, che non sanno ancora disegnare.
Mami ho fatto un disegno!
La mamma di Chicco fa un sospiro, poi sorride dicendo: un altro, tesoro!
Sì, mami. Ho fatto un disegno, guadda...
Sul foglio è riprodotta una casetta col tetto rosso e graziose finestrelle ornate da tendine, circondata da un prato di erba alta, verde brillante, da cui spuntano variopinti fiori e funghi multicolori.
La ricchezza di particolari non manca, come sempre, di colpire la mamma.
Ma sulla tua casetta piove? Chiede mamma.
Ti, pove!  Chicco indica col ditino le nuvole gonfie da cui partono sottili linee oblique e grigie.
Perfetto, nemmeno fosse in seconda elementare.
Guadda mami, quetta nuvola è metà gialla e metà grigia.
Mamma lo aveva giudicato un errore, anche se insolito per il suo cucciolo.
Non mi tono sbagliato, risponde il bimbo come le avesse letto nel pensiero, volevo fare il sole ma poi il pennarello giallo è finito e ho pensato di cambiare il tempo.
Ho fatto bene, mami?
Mamma è commossa da questa dimostrazione di elasticità e intelligenza, quasi spaventata, ma cerca di non darlo a vedere.
Hai fatto bene, tesoro.
Poi, mentre Chicco si allontana felice col foglio in mano, aggiunge:
Anche questa volta hai aggiunto al tuo disegno un ingrediente magico.
 Oltre ai pennarelli colorati hai messo la testa e soprattutto hai usato il cuore.
Bravo Chicco, continua così!





venerdì 15 aprile 2016

luoghi insoliti: Amen fratello, ALLELUYAH!

luoghi insoliti: Amen fratello, ALLELUYAH!: Teo non vedeva l'ora di fare questo viaggio negli States. I mitici U.S.A. erano stati da sempre nei suoi sogni e oggi il so...

Amen fratello, ALLELUYAH!









Teo non vedeva l'ora di fare questo viaggio negli States.
I mitici U.S.A. erano stati da sempre nei suoi sogni e oggi il sogno si avvera.
Un viaggio programmato da tempo, un viaggio poco convenzionale, un viaggio nella reale trama del tessuto americano.
Teo ha deciso di fermarsi e cambiare mezzo di trasporto. Ora siede finalmente in una vecchia Buik Skylark del '75, motore a sei cilindri con carburatore doppio corpo, noleggiata a Baltimora, dopo avere guidato per sei ore un’auto giapponese.
Ha avuto i suoi problemi col cambio automatico ma presto il potente motore diventa docile e si lascia domare. E poi guidare non è più una pena dolorosa ora che non deve cambiare marcia con l'avambraccio destro che da anni urla di dolore a ogni movimento.
Auto così ne aveva viste solo nei film e l'aveva voluta a tutti i costi nonostante l'incredulità dell'agente dell'autonoleggio che spingeva per un'altra più moderna e affidabile Toyota.
Ha una mappa con tutte le indicazioni più importanti, come i posti dove mangiare e i motel in cui passare la notte.
Viaggia da solo, non è preoccupato o impaurito. Cerca l'avventura, si gusta l'imprevisto, è pronto alle novità. Teo ha quasi ventotto anni, si sente maturo ed è felice che questo viaggio sia giunto a questo punto della sua vita.
È atterrato due giorni fa all'aeroporto J.F.K. di New York e da quel momento non si è ancora fermato.
Per la notte ha in programma di sostare in uno degli innumerevoli motel che illuminano la statale ogni manciata di chilometri, anzi di miglia.
Vede il cartello di una deviazione, a sei miglia si trova la cittadina di Spiritville!
Decide che il nome è troppo pittoresco perché sia ignorato e senza pensarci troppo sterza e imbocca la rampa di uscita dalla statale.
Non ha paura di perdersi, non gli è mai capitato in vita sua.

È deciso, passerà la serata a Spiritville e se il posto si rivelerà ospitale, potrà pernottare e ripartire al mattino.
Spiritville si mostra, almeno dalle prime case, come una cittadina rurale, campi sterminati dietro ogni costruzione, capannoni per attrezzature agricole e silos.
Pochi pedoni si girano intuendo, forse a fiuto, la presenza di un’auto forestiera.
Ma l'atmosfera non è ostile, al contrario tutti sembrano gioviali, qualcuno gli fa perfino un saluto alzando il braccio.
Teo percorre la main street su cui si affacciano bassi edifici bianchi, negozi e almeno due officine.
Poi la strada si allarga formando uno spiazzo, sul lato destro un grande parcheggio e dietro il parcheggio poco distante, un grande telone bianco, come quello di un circo.
Il parcheggio è quasi completamente occupato da pick up infangati e dal lungo cassone pieno di attrezzi, pale, rastrelli e forconi. Non mancano trattori e rimorchi.
Un fiume di gente percorre la sterrata che porta dal parcheggio al tendone. Il percorso è costellato da bancarelle che vendono cibo, odori di zucchero, pastelle, fritture, carne alla brace. Teo decide di dare retta alla sua acquolina e di fermarsi.
Vede un posto vuoto, parcheggia la Skylark, scende e si stiracchia la schiena.
Subito tre donne afroamericane e un bambino lo fissano per poi tirare dritto. Il bimbetto però cammina continuando a guardare dietro, verso di lui e tirando la mamma per la gonna.
Teo indossa un paio di jeans consumati, stivali a punta e una camicia a scacchi verde, gli manca solo una fetta di Apple Pie in una mano e la bandiera a stelle e strisce nell'altra e non potrebbe sembrare più americano ma nonostante questo, ogni volta è guardato e riconosciuto come straniero.
Anche questa volta un uomo gli si avvicina e sussurra "are you Italian?"
Teo fa cenno di sì con la testa, chiedendosi come avrà fatto, poi la fame lo spinge verso le bancarelle.
Trangugia un hot dog in pochi secondi, non si era accorto di avere così fame, infatti, ne mangia subito un secondo sotto lo sguardo soddisfatto del cuoco, un omone alto quasi due metri. Teo pensa che non direbbe mai una cosa del tipo "I don't like" a un peso massimo tale, poi compra un enorme e soffice pretzel e lo addenta perdendosi in elucubrazioni inutili del tipo: ma per non essere offensivo dovrei dire uomo di colore, black, afroamericano o cos'altro... ma che cosa ne so, accidenti quant'è buono questo dolce...
Teo si accorge, infatti, che tra la numerosa folla che va verso il tendone e che nell'attesa dello spettacolo che verrà, si ciba presso le bancarelle, ci sono pochi " bianchi" come lui. Pensa: per questo forse mi guardano tutti.

Il cuoco, un omone sorridente che sembra proprio John Coffey, si avvicina a Teo, gli picchietta l'indice sulla spalla e per poco non gli fa andare di traverso l'ultimo boccone di dolce.
Teo parla un inglese scolastico ma efficace e capisce che l'uomo non ha per fortuna intenzioni bellicose. Gli da, al contrario, indicazioni su ciò che si terrà nel tendone fra poco. É arrivato in città un reverendo, famoso in tutti gli stati del sud, che terrà sermoni in molte città durante tutto il mese.
L'uomo invita Teo a non perdersi lo spettacolo, qualunque sia il suo credo. Il predicatore è una forza della natura, di sicuro rinforzerà la sua fede!
Teo ringrazia il gigante e lo rassicura: mai si perderebbe questa fortunata opportunità!


Sarà bravo questo reverendo, pensa Teo senza dirlo, ma quanto a rinforzare la mia fede la vedo difficile. Tuttavia il gigantesco cuoco ha un sorriso così amichevole e delle mani e dei bicipiti così enormi che non gli sembra il caso di contrariarlo.
Teo non avrà mai perso la strada ma la fede quella sì, un brutto pomeriggio di circa dieci anni prima.

Eleonora aveva fatto tutto il percorso religioso con lui, dalla prima elementare fino alla terza superiore, preparazione alla prima comunione, cresima, ritiri spirituali, gruppi, soggiorni estivi, pomeriggi all'oratorio, insomma tutto il pacchetto. Erano passati dall'essere due bimbetti al catechismo, al fare gli animatori e avere la responsabilità di squadre di scalmanati adolescenti lasciati pascolare all'ombra del campanile da famiglie esauste.
Teo faceva tutto molto volentieri, soprattutto quando era in compagnia di Ele. Lui non lo avrebbe mai ammesso ma tutti vedevano che ne era follemente innamorato.
Eleonora aveva improvvisamente smesso di farsi vedere all'oratorio quando qualcosa nel suo sangue si era guastato, e il guasto se l'era portata via nel giro di due mesi. Teo aveva ricevuto la notizia dal viceparroco e tutto ciò che aveva potuto fare, era stato correre nella chiesa vuota e urlare la sua rabbia impotente a un crocifisso ligneo e sordo.
Era stata la sua ultima presenza in una chiesa.
Quello che era successo dopo era stato altrettanto traumatico e orribile, un salto da una finestra nel tentativo disperato di scappare da tutto e tutti o forse chissà, di farla finita, una brutta frattura scomposta al braccio destro e una ferita che si era infettata. L'infezione aveva raggiunto l'osso, Teo era stato sottoposto a tre interventi chirurgici e si era fatto sei mesi di antibiotici endovena e sedute dallo psicologo.
Così era terminata la sua vita religiosa.
Avevano entrambi diciotto anni.

Ora, entrando nel tendone da circo di quella sperduta cittadina nel cuore degli Stati Uniti, mischiato a una folla di bifolchi neri, di colore, black o come diavolo si dice, Teo non prova niente, non avverte sensazioni o emozioni, sotto gli odori di sudore, tabacco, di carne grigliata, zucchero e pane caldo, non annusa altro e la sua fede è sempre allo stesso punto raggiunto negli ultimi dieci anni, pressoché al livello zero.
L'unica cosa di cui è consapevole sono le centinaia di occhi puntati addosso e il solito dolore bruciante all'avambraccio destro.

Al centro del tendone c'è una piccola arena di terra battuta, dove è stato sistemato un altarino con sopra un crocifisso, davanti a questo un leggio con sopra un'enorme Bibbia, e davanti ancora un’asta con un microfono.
Dietro, in disparte, un’orchestrina accorda gli strumenti, ovunque enormi altoparlanti e nell'aria un brusio tutt'altro che sommesso.
Poi le luci sono spente, la gente spinge e geme, un faro illumina l'Arena e il reverendo è in piedi, davanti all’altarino, con una lunga tunica bianca e l'espressione di Morgan Freeman, com’era prevedibile, pensa Teo.
La musica parte fortissima, il reverendo esibisce una fantastica voce da basso, profonda e penetrante e comincia a distribuire benedizioni a destra e a sinistra, camminando tra la gente che comincia quasi subito a ballare e a battere le mani. Il predicatore avanza tra la gente sempre cantando frasi fatte come God Loves You oppure Say Amen My Brother, Say Alleluyah.
Teo pensa, che spettacolino scontato, ho visto di meglio in The Blues Brothers, ma qualcosa inizia a turbarlo.
Subito non capisce, la gente sembra impazzita, il reverendo continua a camminare e i fedeli si aprono come il mar Rosso davanti a Mosè.
Poi Teo si accorge di una cosa e capisce cosa lo turbava.
Il reverendo lo sta fissando.
Ci sono almeno dieci file di persone davanti ma Teo è sicuro che quel predicatore di campagna, quel cantante di Blues, quell'uomo vestito da una ridicola tunica stia fissando davvero lui e mentre avanza e grida in nome del Signore, avanza proprio verso di lui.

Il reverendo parla così veloce che Teo si perde il significato ma la gente sembra apprezzare perché non smette di battere il tempo con mani e piedi e di fare segno di sì con la testa.
Il caos aumenta, il reverendo è quasi davanti Teo, in tanti allungano le mani, vogliono toccare il predicatore o la sua tunica, qualcuno canta, qualcuno piange, Teo non capisce cosa sta succedendo e quando l'uomo gli arriva davanti la gente attorno capisce che non deve interferire e arretra, il reverendo continua a cantare le sue frasi, Believe, Believe in God, God Loves You e Say Amen My Brother, Say Alleluyah!

Ora che il reverendo gli sta di fronte non ci sono più dubbi, Teo sente una spinta da dietro e sono faccia a faccia, il reverendo somiglia proprio a James Brown ma a Teo la voglia di scherzare è passata.
Il reverendo, che non smette di cantare, afferra il braccio destro di Teo, lo guarda fisso negli occhi e lo incita. Say Amen My Brother, Say Alleluyah.
Alleluyah, Amen, non è possibile, lo sto facendo, pensa Teo, Alleluyah, AMEN!
Non lo pensa realmente, lo prova nell'inconscio ma in verità Teo non pensa più a nulla, non sente il dolore nonostante il predicatore stringa con forza l'avambraccio bianco dell'italiano, ma Teo è trasportato, non si accorge nemmeno che sta cantando assieme alla gente estatica, Alleluyah, Amen.
Alleluyah, Amen.


Poi il reverendo si volta e passa da un’altra persona, Teo sente un sibilo acuto, forse gli altoparlanti, la testa sembra scoppiare e deve farsi largo tra le persone per raggiungere l'uscita e calmarsi nella tiepida aria serale.

Non ha capito nulla di ciò che è successo.
Poi guarda il braccio scoperto dalla camicia arrotolata e si accorge di una cosa. Non vede nessuna cicatrice. Si passa la mano sinistra sulle vene, sulla sottile peluria bionda, non è possibile, pensa, non sente dolore e non vede i segni che deturpavano la pelle.
Poi, si gira verso il tendone da cui escono ancora voci, suoni e canti e pensa che dentro di lui deve essersi aggiustato qualcosa.
Forse lui si era voluto dimenticare di Dio ma forse Dio non si era dimenticato di lui.
Toccandosi l'avambraccio si dirige verso la Buik.
Nelle orecchie ronza ancora un suono e continuerà così tutta la notte.

Say Amen My Brother, Say Alleluyah!






sabato 2 aprile 2016

luoghi insoliti: COLTIVARE UNA ROSA

luoghi insoliti: COLTIVARE UNA ROSA: Gli amici sono una cosa rara. Gli amici, merce preziosa, sono il più pregiato dei tesori. I proverbi non sbagliano mai, anche ...

COLTIVARE UNA ROSA









Gli amici sono una cosa rara.

Gli amici, merce preziosa, sono il più pregiato dei tesori. I proverbi non sbagliano mai, anche quelli pieni di luoghi comuni. Soprattutto quelli.

Gli amici sono come una rosa.

Fragili, bellissimi, ornati da petali profumati e da dolorose spine.

Se si prendono dal lato sbagliato fanno male.

Fanno sanguinare.

La spina conficcata nella nostra carne potrà uscire, prima o dopo, ma il dolore rimarrà.

Se accolti dal lato giusto ci doneranno uno spettacolo unico e un profumo meraviglioso.

Gli amici vanno coltivati, come una rosa hanno bisogno di acqua.

Se dimenticati appassiranno.

Se rispettati si ravviveranno.

Non è giusto esserne gelosi, come una rosa non deve essere tenuta nascosta in una stanza buia, un amico non deve essere negato agli altri.

Un amico, se legato stretto a noi, avvizzirà come una rosa recisa, se lasciato libero tornerà da noi con gioia.

Il giardino della nostra vita sarebbe terra arida e sterile senza queste rose e quando saremo vecchi il ricordo delle bellissime rose che vi sono cresciute, e dell'amore che abbiamo provato vedendole sarà il senso di quello che ci sarà dato di avere.

Anche noi possiamo essere una rosa per i nostri amici.

A noi la scelta se usare le spine o offrire petali vellutati.

E quando i petali uno a uno cadranno, sarà grande la ricompensa per l'amore donato oppure la pena per le nostre spine che hanno punto.



Gli amici sono come una rosa.
Non abbiamo bisogno d'altro.


Che della loro bellezza.