Fiato grosso, dolore
alle articolazioni, sudorazione profusa.
No, non si tratta di
una nuova influenza, pensa Paolo, con la convinzione di essere ironico. Non è
convinto di essere felice di quella scarpinata in quota, come un uditorio
potrebbe non essere convinto di quella sua misera ironia.
Quando gli fu proposta,
lui accettò per fare qualcosa di diverso, una camminata tra i boschi aveva
immaginato, tutto tranne questo. Un’ora sempre in salita, con tratti dove si
era dovuto aiutare con le mani, aggrappandosi alle radici di radi, coraggiosi arbusti,
per continuare a salire, tanto la pendenza si era fatta ardua.
Ora che si sono fermati
in uno spiazzo, mentre cerca di dare dignità al proprio ritmo respiratorio e si
deterge il sudore della fronte con un gentile fazzoletto di cotone, da
cittadino, si volta indietro e guarda qualcosa d’imprevisto.
Qualche centinaio di
metri sotto di loro, la valle spazzata dal vento freddo, brilla come un
paesaggio marziano.
Paolo non ha mai visto
il luogo, in cui vive da una vita, così dall’alto.
La sua guida si
avvicina e apprezza lo stupore dell’uomo.
Sotto di loro il fiume
sembra una fettuccina pallida, che si dipana, dividendo in due parti, quasi
simmetriche, la valle. I tetti delle case sono minuscoli rettangolini rosso
scuro e l’autostrada è una linea retta grigia, che si perde in lontananza.
Sembra tutto finto, gli edifici, le fabbriche, le chiese… alla stregua dei
mattoncini del monopoli.
Paolo sa, che, mentre
lui guarda quei mattoncini dall’alto, al loro interno la vita continua a
scorrere, le persone cucinano, dormono, guardano la televisione, parlano al telefono,
litigano. Lui non le vede e non può sentirle ma è consapevole dell’esistenza
che fluisce e brulica. Immagina di avere i piedi sopra un enorme formicaio. Si
rende conto che, fino a qualche ora prima, era anche lui nel formicaio, dentro
uno di quei mattoncini a fare le cose che fanno tutti e ora è lassù e una
strana sensazione di onnipotenza lo invade.
-Come cambia la
prospettiva, vero?
Gli dice la guida,
leggendo nei suoi pensieri. Paolo è talmente assorto che quasi non lo sente.
Poi risponde:
-Proprio così, un altro
punto di vista.
Restano in silenzio e
Paolo approfitta di questo silenzio, rotto solo dal fischio del vento che
quassù è continuo. Gli è appena venuto alla mente un ricordo.
Sei mesi prima era
precipitato in un incubo, per lui, uomo d’affari, con la testa sempre al
lavoro, la costante attenzione alla produzione, alla precisione, al polso un
orologio preciso al millisecondo, in tasca uno smartphone costantemente
aggiornato con appuntamenti, scadenze, meeting, impegni. Tutto era iniziato con
qualche linea di febbre, poi una tosse dispettosa che gli spaccava il petto, si
era preso un paio di aspirine e non ci aveva voluto pensare. Più tardi, di notte,
quando accadono le cose più spaventose, lo aveva svegliato un macigno sul
petto, che non lo lasciava respirare e il dolore aveva ceduto il passo al
panico. Ricordava il suolo lugubre dell’ambulanza, dall’interno dell’automezzo
non lo aveva mai sentito e assomigliava a un canto molto triste. Il ricovero e
il freddo della barella metallica sulla pelle. Non ricordava molte cose, che
gli erano state spiegate dopo, ma molto sì e tra le cose che non avrebbe potuto
dimenticare c’erano le priorità. Quelle nuove e drammatiche, come respirare
aria fresca, far cessare quel terribile mal di testa e quei brividi che lo
spossavano. Quella di potersi, un giorno, recare al gabinetto con i suoi piedi
e non doverla fare nel contenitore di plastica e vergognarsi come un ladro.
Quei giorni si era dimenticato del suo orologio costoso, della sua attività, e
del suo cellulare troppo intelligente. Ricordava di avere pensato ai suoi
genitori anziani e di avere pianto per la paura di non poterli più abbracciare.
Ricordava di essere diventato di colpo fragile e impaurito, come un bambino
piccolo che ha paura di essere abbandonato dalla mamma.
Ricordava di avere
cambiato punto di vista sulla vita intera.
Oggi è felice di non
avere dimenticato quei momenti orrendi. Non vuole dimenticare.
Sarebbe tornato al suo
mattoncino e la vita non sarebbe più stata la stessa.
Mai più.
La guida vede le
lacrime sul volto di Paolo e si precipita a dire:
-Il vento le dà
fastidio, vero?
-Non si tratta del
vento. Risponde Paolo.
-E cosa?
-E’ solo il mutamento del
punto di vista.
Poi sorride e gli fa
cenno di proseguire.