lunedì 31 ottobre 2022

limiti

 







Un limite che so di avere è l'avversione per il conflitto.

Non so mai come gestire l’ostilità, il litigio. Cerco di non averne, scegliendo o meglio preferendo tenere un atteggiamento cauto e moderato. Cerco di assumere posizioni da mediatore, prediligo la diplomazia.

Certe volte mi chiedo se non sia un atteggiamento pavido, se non sarebbe meglio discutere, alzare la voce, accettare il conflitto e gestire questo come momento di crescita. Altre volte, invece, vedo che la mia scelta è quella giusta e passato il momento "critico" le cose poi vanno bene, le questioni si risolvono.



Un limite esterno a me, sono certe decisioni che hanno una ricaduta sul nostro comportamento e sul nostro lavoro. Indicazioni di un dirigente, un capo, un direttore, che contrastano con quello che io reputo più giusto o più adatto. So superare questo limite (anche se non tollero l’incompetenza a certi livelli) e accettare queste disposizioni e riesco ad aspettare la giusta occasione di confronto, quando questa si presenta, con chi ha preso tali scelte così come posso accettare che qualcuno abbia un punto di vista diverso dal mio.



Un limite che subisco è quello di avere poco tempo per fare le cose che mi piace fare.

Sono tante, sia in ambito lavorativo sia nella vita privata e sono costretto a dosare i tempi dividendo e bilanciando ogni minuto, come farebbe un alchimista nel preparare una pozione.



Un limite che so di avere superato è ciò che faccio talvolta, condividendo e leggendo ad alta voce qualcosa di mio. Non mi è mai piaciuto leggere in pubblico, sebbene sia un lettore vorace, ora so di poterlo fare.



Accetto di non resistere in un luogo chiuso, cosa che ogni volta mi mozza il respiro.



Accetto, con dolore, di non poter rivedere le persone che mi sono mancate.



Accetto di andare avanti, nonostante le fatiche e le difficoltà.



Accetto, anche se dovrei lavorare di più sulla mimica facciale, di incontrare anche le persone che mi piacciono meno.



Accetto di non essere perfetto, anzi, di essere imperfetto.



Accetto i miei tanti limiti.



M’impongo di non avere limiti.





domenica 9 ottobre 2022

Nutella e convivenze

 






Piove.

Oggi è giornata da nutella.

 

Mangiata col cucchiaio da minestra, direttamente dal barattolo.

O con i grissini.

O con le dita.

Un chilo di nutella per addolcire la domenica.

 

Sono solo, mia moglie sfoga il suo trauma da cambiamento in corso, con il lavoro e sono giorni che pulisce e lustra tutto quello che le passa tra le mani, in tre case diverse.

Io scelgo la tastiera di questo tablet, anche se mi fa impazzire…

Per farmi ancora più male, metto sul piatto il vinile di Dalla, quello con "La sera dei miracoli" e presto mi accorgo che mi mette voglia di piangere. Così lo tolgo.

Perché dovrei piangere, mi dico, dopotutto sono felice. Cambiare casa è una svolta positiva, traslocare in un bell'appartamento, comprare mobili alla moda, moderni elettrodomestici, è quello che tutti sognano.

E andare a convivere col compagno che si è scelto, è il coronamento del sogno.

Convivere: vivere con.

Ecco, è chiaro il significato del termine. Ma implica un'altra cosa. Implica con chi non vivere più. E oggi tu sei uscita da casa, portando il tuo cuscino, per vivere col tuo compagno, sia chiaro, di questo sono contento ma da qualche parte del mio cuore una voce ripete con petulanza: da oggi tua figlia non vive più con te, da stasera non dorme più nella tua casa.

Per avere la certezza che la voce non stia mentendo, vado a vedere la cameretta e trovandola mezza vuota, capisco che è tutto vero.

Ci sono già passato, mi dico, non è così drammatico, la prima volta non è stata una passeggiata ma è andata bene. Col senno del poi sono sereno.

Dunque, perché questa inquietudine?

Sono contento, perché so che siete felici e la consapevolezza, in quest’attimo eterno di solitudine, mi conforta e mi rende salde le gambe.

Lo so che siete felici, non serve altro.

Allora mi asciugo l'angolo dell'occhio, ripongo tra gli altri il disco di Lucio Dalla, apro la dispensa e tiro fuori il barattolo.

 

Oggi piove e ci vuole la nutella.

 

Ce ne vuole tanta.

 

 




sabato 1 ottobre 2022

Time machine

 






Come vorrei…

Gioele ha lo sguardo alcolico, diretto all’orizzonte. Forse oltre.

Come vorrei, cosa? Che cosa vorresti? Chiede divertito e un po’ spazientito Luigi.

Come vorrei avere una macchina del tempo.

Gioele sgrana gli occhi e gli si dilatano le pupille. Come se avesse ricevuto un'illuminazione proprio in quel momento.

Luigi sa che quando l’amico è al terzo prosecco, diventa una fonte. Di idee geniali come di cazzate, ma il tempo per ascoltarle lo si trova sempre.

E cosa te ne faresti? Lo stuzzica, alzando la mano per attirare l’attenzione del cameriere.

Gioele resta in silenzio un momento, cercando forse di trovare le parole giuste.

Luigi tace. Sa che il cervello dell’amico ormai è in moto, basta aspettare.

Cos’altro ci puoi fare con una macchina del tempo, Luigi, mi sembra ovvio no? Tornerei indietro nel tempo, ogni volta che ne avrei bisogno.

Giusto, precisa Luigi, cos'altro ci puoi fare con una macchina del tempo…

Il cameriere arriva con due flûte di vino bianco perlato e anche lui pare annuire alla logicità dell’asserzione.

E quando ne avresti bisogno, se è lecito? Rincara Luigi, con sincera curiosità, mentre solleva il bicchiere per l’ennesimo giro.

Gioele beve un sorso, poi la sua espressione diventa triste e solenne.

Quando qualcuno mi abbandona. Quando qualcuno inizia a poter fare a meno di me. Di certo sarebbe qualcuno che consideravo un amico, per chi sennò. Tornerei immediatamente ai tempi d’oro, quando ci si divertiva insieme, quando non si faceva niente se non era coinvolto pure quell’altro. Tornerei a quei giorni e lo ammonirei… gli tirerei un pugno sul naso, non di quelli cattivi ma che fanno solo un po’male. Gli direi, sveglia imbecille, attento che questi giorni finiranno se non stiamo attenti, stai all’erta che le amicizie sono come certe piante delicate, se non dai acqua o se ne dai troppa, muoiono.

Ah, riesce solo a dire Luigi.

Gioele torna a guardare l’orizzonte ma stavolta attraverso il bicchiere di vino.

Poi prosegue.

E tornerei indietro ogni volta che una persona mi ferisce e mi delude. Tornerei al giorno prima e gli direi, attento che quello che hai intenzione di fare mi ferirà, e quello si stupirebbe che io sappia in anticipo le sue intenzioni. Allora gli direi, guarda che tu sei una persona preziosa per me, un tuo tradimento mi farebbe troppo male, non lo sopporterei…

La voce di Gioele sembra farsi più forte, nonostante il vino.

Perché hai notato? Chi è che ci ferisce e di delude meglio delle persone più care, non credi?

Luigi resta mutacico, non perché non sappia cosa dire ma perché ha sperimentato sulla sua pelle ciò che l’amico gli sta dicendo.

E quando scopro che qualcuno mi ha mentito o non mi ha detto tutta la verità, tornerei nel passato per dichiarare che io conosco come stanno le cose, che so bene quello che succede e che può risparmiarsi di spiegare. Passerei per il saputello di turno, certo. Ma eviterei all’altro di mentirmi. E io non sopporto quando qualcuno mi mente.

Luigi sente che nel tono dell’amico non c’è solo euforia o tristezza alcolica, ma un timbro malinconico che mai aveva percepito prima. Sente le lacrime salire verso la superficie degli occhi.

Ho perso amici, caro Luigi, e ho rotto rapporti importanti, per colpa di quella fottuta macchina del tempo che non esiste…

Luigi vorrebbe rincuorare l’amico e prova con la prima banalità che gli viene in mente. I rapporti si possono ricucire.

Certo che si possono ricucire ma tu hai mai visto un paio di pantaloni con una cucitura? è brutta da vedersi e comunque rimane una zona fragile, alla prima occasione si strappa di nuovo. Poi com’era quella storia del vaso rotto che si può incollare e che torna bello ma se lo guardi le crepe si vedono e sembrano delle cicatrici?

Si, mi sembra di averla sentita. Risponde Luigi.

Gioele prosegue. Vorrei tanto avere una macchina del tempo e tornare a quando il mio cuore non era un vaso rotto e pieno di segni.

Vuota il bicchiere, tira fuori un fazzoletto e si soffia il naso.

Luigi chiede il conto e non ha il coraggio di guardare Gioele negli occhi.

Poi si sforza e parla.

Gioele a me le cose le puoi dire anche dopo, finché non trovi la tua macchina del tempo, dimmi pure se ho sbagliato, se ti sembra che abbia mentito. Se ti ho deluso.

Gioele sembra non sentire, perso com’è nel suo delirio.

Anzi, continua a parlare.

E vorrei possedere una macchina del tempo per la cosa più fondamentale.

Luigi lo fissa attento.

Per tornare indietro dalle persone importanti che ho perso all’improvviso. Per correggere le ultime cose che ci siamo detti. Per dire quello che abbiamo taciuto. Perché non lo sappiamo, non sappiamo quando sarà l’ultima volta che abbiamo la possibilità di parlare con qualcuno. Ci salutiamo con poco interesse, ci scambiamo qualche sciocchezza. Se potessimo sapere che non ci sarà data un’altra occasione, ci diremmo ben altro.

Ecco a cosa servirebbe la macchina del tempo, ti è chiaro Luigi?

A dirci, ti voglio bene. Sei inestimabile per me. Anche se hai sbagliato le parole, le scelte, ti perdono. Sei una persona preziosa.

Poter tornare indietro per dire le cose non dette, sei convinto?

Ma Luigi non risponde.

Perché non c’è.

Gioele guarda il riflesso nella vetrina sporca di un bar chiuso da anni e ci vede sé stesso, solo, seduto a un tavolino arrugginito che nemmeno i ladri o i vandali prendono in considerazione.

Ritorna a guardare l’orizzonte. Si sta alzando un vento freddo, che punge.

Allora si alza e se ne va.