sabato 28 aprile 2018

luoghi insoliti: Bicchieri mezzi pieni...

luoghi insoliti: Bicchieri mezzi pieni...: Gigi l’ottimista rientra a casa, trafelato. Ha i minuti contati, deve fare una doccia, cambiarsi, uscire da casa, comprare dei ...

Bicchieri mezzi pieni...









Gigi l’ottimista rientra a casa, trafelato.
Ha i minuti contati, deve fare una doccia, cambiarsi, uscire da casa, comprare dei fiori e arrivare puntuale all'appuntamento.
Sa già che ci riuscirà, fedele al soprannome.
Apre l’acqua, prepara gli asciugamani, entra nel box e lancia un urlo degno di Tarzan della giungla!
Mi dimentico sempre di accendere lo scaldabagno elettrico… ma ormai non c’è tempo, meglio avrò una pelle migliore…

Esce dalla doccia e si asciuga in preda ai brividi.
Cerca la camicia bianca con i fiorellini, quella che gli cade così bene, non la trova. Rovista l’armadio, guarda nei cassetti ma niente. Poi tornando in bagno, scalzo, centra con il mignolo del piede destro il cesto della biancheria sporca e lo rovescia! Mentre ulula come un lupo scorticato è colto da un’illuminazione: la camicia usata è rotolata sul pavimento.
Zoppicando torna in camera e si cerca una più modesta maglietta, consapevole che così sembrerà meno vanitoso!

Torna in cucina sentendo un rumore sospetto. Si ricorda di avere lasciato le ultime venti pagine del manoscritto stampato sul tavolo. Gigi prova da anni a terminare un romanzo cominciato secoli prima e ora ha stampato un finale che gli sembra buono… ma non ha considerato l’amore che Billi ha sempre dimostrato verso la letteratura. Billi è un cocker incrociato con qualcos’altro a quattro zampe e fin da cucciolo ha sempre masticato volentieri la produzione letteraria a tiro di mandibole. Volumi rilegati ma anche manuali, dimostrando di essere democratico nelle preferenze e ingurgitando pesanti opere russe quanto sottili tascabili di fantascienza. Ora Billi, che si chiama come un certo drammaturgo Inglese, mastica felice i fogli che ha trovato sul tavolo e questo riempie Gigi di orgoglio.
Bene, scriverò un finale migliore ma non oggi.

Si sta facendo tardi, Gigi guarda l’orologio, le tre meno un quarto, sa che deve essere veloce.
Ha un appuntamento con l’impiegata del secondo piano, una contabile sempre seria, con spessi occhiali e una treccia tipo Pippi Calzelunghe, maniaca della matematica, dei numeri e della puntualità.
Esce di corsa e appena fuori si scontra con il meccanico che abita al piano terra, un tipaccio che ha un glorioso passato nelle patrie galere, uno con delle mani sempre unte di grasso e grandi come elenchi telefonici, che oggi deve essere di buon umore perché non lo uccide ma gli permette di continuare a vivere anche se con ditate di olio motore sulla guancia e con uno squarcio nei pantaloni!
Gigi si scusa balbettando qualcosa che l’orco in tuta da lavoro non capisce e mentre questi si acciglia, lui scappa via correndo.
Deve comprare dei fiori, non ci si presenta a un appuntamento senza fiori! Nel suo quartiere manca un fioraio, a due chilometri c’è la bancarella dell’ambulante davanti al cimitero, poi Gigi ha un'idea: il supermercato sul corso. Li hanno di sicuro dei fiori o una pianta.
Cinque minuti dopo è in coda alla cassa con un fascio di tulipani che sembrano di plastica, felice come un bambino.
La cassiera è stata assunta il giorno prima e non toglie la fascetta antitaccheggio e non consegna lo scontrino ma Gigi è troppo felice e troppo ottimista per farsi smontare da queste inezie.
Purtroppo, quando suona l’allarme, la guardia armata non la prende tanto bene e Gigi ci mette dieci minuti per convincerlo che si tratta di un errore. “Non si faccia più vedere qui dentro”, sono le parole che quella specie di Robocop gli tuona contro!
Peccato che il mazzo di fiori rimanga impigliato nella porta a vetro e metà dei tulipani è decapitata…
Effettivamente erano troppi, conclude Gigi buttando via alcuni gambi recisi.

Poi guarda l’orologio, le tre meno un quarto… mi sa che si è fermato, e si dirige a passo claudicante verso il luogo dell’appuntamento.
Per arrivare sul luogo convenuto Gigi ci arriva… zoppicante, la faccia sporca di olio motore, i pantaloni strappati, mezzo mazzo di tulipani freschi di supermercato. Guarda l’ora, le tre meno un quarto!
La contabile non c’è, Gigi pensa, poco male, non sembravamo una coppia molto affiatata.

Vorrebbe gettare i fiori nel cestino che ha visto dall’altra parte della strada.
Appena messo un piede in strada, una frenata stridula rompe il silenzio della sera.
Da un’auto sgangherata esce una tipa magra, con una maglietta unta di olio motore, la gonna strappata sul fianco, lei zoppica appena e balbetta verso Gigi delle scuse poco convinte. I suoi occhialetti sono adorabili. Dall’auto un cagnone non smette di abbaiare stringendo tra le zampe un volume masticato e semi digerito di tragedie di Shakespeare.
Lei si avvicina a Gigi, lo osserva e sussurra: Giornata difficile?
Lui si avvicina a lei, le sorride ottimista e risponde: Non abbastanza, potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.

E in questo momento il primo gocciolone di un temporale epocale, cade fra i loro piedi.



venerdì 20 aprile 2018

La donna che mostra il suo sorriso






Quando sei nata Ilaria, ti tenevo in braccio e pensavo che avrei potuto insegnarti tante cose e così era perché un bimbo piccolo è come una pagina bianca, ancora da riempire. Ma col passare degli anni già accompagnandoti all’asilo con la bici, ho compreso che ero io quello che avrebbe imparato tutto.

Quindi oggi sono io che ti sono grato. Per tutte le cose che ci hai insegnato. Perché, assieme a tua sorella, ci avete mostrato come si può crescere bene con passione, ambizione, speranze e sogni. E come si può fare tenendosi alla larga dai guai…

Perché ci hai aiutato a crescere e perché sei stata l’inizio di un progetto di famiglia che non solo sa cosa significhi scambiarsi segni d’amore ma che è in grado di trasmettere questo amore agli altri e dagli altri è ricambiata.

Quando termini una maratona leggi la parola “ARRIVO” sullo striscione sopra la tua testa ma appena, attraversato il sudato traguardo, ti giri pensando di leggere la scritta al contrario scopri che in realtà c’è una diversa frase che dice: "NUOVA PARTENZA"!

Ora sei pronta (anche se pronta tu lo sei stata sempre) a partire per nuovi traguardi.

Sei diventata ciò che mamma ed io abbiamo sempre sognato: una giovane donna che mostra il suo sorriso alla vita.

Grazie.

Grazie perché non sei una “candela nel vento" ma un robusto faro che illumina lontano e rende il nostro viaggiare più sicuro.








giovedì 19 aprile 2018

luoghi insoliti: Dissolvenza

luoghi insoliti: Dissolvenza: A volte, anzi spesso, sono indeciso su cosa fare. Di frequente non sono sicuro se sia meglio dire o tacere. In tante occasioni p...

Dissolvenza









A volte, anzi spesso, sono indeciso su cosa fare.

Di frequente non sono sicuro se sia meglio dire o tacere.



In tante occasioni preferisco restare zitto facendo, devo ammettere, una buona figura. Passo per essere un tipo riflessivo, uno che sa ascoltare, una persona calma che pensa prima di agire o di aprire bocca.

Per carità, non sono caratteristiche così lontane da ciò in cui credo. In realtà, a volte, sono solo uno che non ha ancora deciso.

Mi prendo il tempo che ci vuole, forse ho solo bisogno di questo.

A volte avrei bisogno d’altro.

Mi piacerebbe sentire un parere, confrontarmi.

Non che abbia mai molto ascoltato i pareri altrui ma anche solo parlare con qualcuno può essere utile per chiarirsi le idee.

Spiegare il proprio pensiero è un modo per capirlo meglio.



Mi ricordo quando ti parlavo, ti raccontavo le mie storie.

Non sapevo bene se le capivi, se le condividevi, ma serviva a me, a comprendere meglio io stesso.

Tante volte mi sono confidato già sapendo cosa avresti risposto, conoscendo in anticipo la tua reazione.

Mi serviva parlarti, perché sapevo che tu avresti sostenuto con forza la tua opinione, di solito opposta alla mia, ma mi avresti alla fine lasciato libero di decidere cosa fare.



Ora non posso più.

Ora che non ci sei, non ho l'opportunità di confidarmi, di chiedere un consiglio, di rivelarti il mio proposito.

Ora è diverso.



Non mi rimane che fissare i tuoi occhi che silenti mi scrutano dalla vecchia foto sul marmo.

E non mi resta altro che ascoltare l’eco dei miei pensieri che svanisce con una dissolvenza.


domenica 15 aprile 2018

luoghi insoliti: Il cubo

luoghi insoliti: Il cubo: Navigando tra le onde perigliose del web mi sono imbattuto per caso in una vecchia fotografia. Era ritratto un cubo. Mi s...

Il cubo











Navigando tra le onde perigliose del web mi sono imbattuto per caso in una vecchia fotografia.
Era ritratto un cubo.

Mi spiego meglio, per chi non avesse fatto il militare ai tempi in cui la leva era obbligatoria o non masticasse gergo da caserma, il cubo è un modo di governare il proprio posto letto, piegando in due il materasso sulla branda, riponendo in mezzo le lenzuola e il cuscino come fosse la farcitura di un tramezzino e bloccando infine il tutto con la coperta ripiegata.
Immagino che, ai più, debba risuonare strano questo sistema per rifare il letto il mattino ma tant'è che molte erano le cose strane e a volte incomprensibili che ci erano ordinate in questo lungo periodo della nostra vita.

Quest’immagine ha sollecitato la mia attenzione e riportato a galla vecchi ricordi che credevo perduti.
Quante volte ho fatto il cubo nei mattini di un freddo autunno in quel di Cuneo, quante volte ho spazzato la camerata, quante foglie ho accatastato nei cortili tra gli edifici bianchi che costituivano i nostri dormitori.
Quante ispezioni ho vissuto, nel timore di essere punito e di conseguenza non poter tornare a casa in licenza, per una disattenzione, una mancanza, magari solo perché il cubo non era ben fatto!

Perché parlo di questo?
Sento spesso dire, è quasi diventato un luogo comune, che ci vorrebbe più disciplina per i giovani d’oggi, che sarebbe utile tornare alla leva obbligatoria.
E quante volte in passato, senza fare un’analisi approfondita, mi sono visto assentire, mi sono dichiarato d’accordo.

Frasi come “i ragazzi mancano di disciplina”, “non sanno obbedire" oppure “non stanno più in riga”!
 Ripensando ora a questi discorsi vani e banali ripenso a tutti i miei coetanei che mal digerivano quel mondo fatto di regole assurde e di disciplina ferrea e di marce e quel mettersi sull’attenti e dover salutare i superiori e radersi tutti i giorni. Alcuni si fingevano malati o arrivavano a compiere atti di autolesionismo, ferirsi o procurarsi fratture pur di tornare a casa in convalescenza o essere addirittura esonerati dal servizio militare.

Tutto considerato non è che la leva facesse così bene, soprattutto a questi elementi.
Quindi a chi può servire oggi?
Questo non lo so, so che ripensando a quei giorni sono stato sorpreso da come mi fossi integrato in fretta con quel mondo, come poco lo avessi sofferto.
E ho capito una cosa, la propensione alla disciplina, l’attitudine all’ordine e alla pulizia, la capacità di essere autonomo, il senso del dovere, non mi sono stati inculcati dal caporale di giornata, erano cose che mi portavo dietro da casa mia, aspetti della mia personalità che avevo sviluppato durante la crescita grazie all’esempio ricevuto dalle persone per me importanti.

Oggi, a differenza di anni fa, penso che la leva obbligatoria non servirebbe a correggere problemi giovanili, né a sostituire un modello educativo carente.
Penso, molto semplicemente, che genitori e insegnanti non possano aspettarsi che sia un ente come l’esercito a dare un'educazione, a far crescere un ragazzo.

A vent’anni certi aspetti del carattere o li hai ricevuti o non li hai.






sabato 7 aprile 2018

luoghi insoliti: Le cose che contano

luoghi insoliti: Le cose che contano: Tutti noi, o quasi tutti, ci siamo chiesti almeno una volta cosa conti davvero nella vita. Qualcuno continua a chiederselo. A...

Le cose che contano






Tutti noi, o quasi tutti, ci siamo chiesti almeno una volta cosa conti davvero nella vita.

Qualcuno continua a chiederselo.
Altri hanno già tutte le risposte e non ne cercano nuove.
Molti non si pongono il problema.

Non conta quanto si guadagna, come non conta quanti soldi ci sono sul conto in banca.
Non può contare molto lo stile con cui ci atteggiamo né come ci vestiamo.
Non conta quanto siamo alti e belli o se abbiamo una folta chioma o una barba alla moda. Come non conta se siamo rasati come monaci Tibetani.
Non conta quanto siamo allenati, quanti addominali siamo in grado di ripetere, quante flessioni sopportiamo, quanti chilometri corriamo, quanto siamo forti.
Non conta l’auto che guidiamo, la marca del computer su cui scriviamo, la penna con cui firmiamo un contratto.

Perché, forse, è importante guadagnare bene solo se si usano intelligenza e onestà.
Forse perché esiste chi è capace di guardarci dentro, oltre l’apparenza di un’effimera bellezza fisica, oltre quella di un capo elegante.
Forse perché conta di più come funziona la nostra testa all’interno, qualunque sia la nostra pettinatura.
Forse perché al momento giusto occorrerà tirare fuori tutta la nostra forza interiore, il nostro carattere e i muscoli in quel frangente ci serviranno solo a stare in piedi.
Forse perché qualunque sia il mezzo di trasporto, non sarà questo a decidere la nostra meta. Come non saranno gli strumenti utilizzati a mettere qualità in ciò che produciamo.

Non conta, dunque, saper parlare, se quest’abilità può essere usata per confondere le idee di chi ascolta.
Non conta mettere una cravatta se sfruttiamo l’aspetto per imbrogliare qualcuno.
Non conta essere geni matematici se ci mettiamo a disposizione di poteri che lavorano per l’interesse di pochi, già troppo ricchi.
Non conta conoscere e parlare correttamente quattro lingue se poi non siamo sinceri nemmeno usando la nostra.
Non conta quanto abbiamo fatto di buono se lo abbiamo fatto calpestando diritti e precedenza di altre persone.
Che cosa conta dunque, davvero nella vita?
Non cercate qui una risposta, qui ci sono solo molte domande e molti dubbi e nessuno vi darà una risposta alla quale dobbiamo arrivare da soli.

Posso solo azzardare che non conta il numero di respiri che ho fatto dalla nascita a oggi quanto il numero di quelli che mi restano.
Non conta quello che ho agito fino ad ora quanto ciò che farò d’ora in avanti.

Conta se ciò che faccio possa far stare bene altre persone e quanto il loro bene riesca a far stare bene anche me.

E una cosa mi rende sereno.
Conta continuare la ricerca del senso.
Conta come il respiro.

È ciò che ci rende vivi.









lunedì 2 aprile 2018

luoghi insoliti: Colma è la misura

luoghi insoliti: Colma è la misura: La misura è colma, si dice quando se ne ha abbastanza di qualcosa. Di qualunque cosa, che sia allo stato solido, liquido o gass...

Colma è la misura









La misura è colma, si dice quando se ne ha abbastanza di qualcosa.
Di qualunque cosa, che sia allo stato solido, liquido o gassoso.
Ma come misurare quando un contenitore è colmo?
Come quantificare una sostanza?
Con che tipo di strumento? Con quale tecnica?

Da sempre ci si è posto il problema di come misurare le cose.
Io dico: dipende.

Se stiamo cucinando, per fare un esempio, possiamo quantificare il sale da usare in pizzichi!
Un pizzico di sale sulla cotoletta, due pizzichi nell’acqua della pasta e così via.
I più crederanno che si dica così perché sono usati pollici e indici, le stesse dita che usiamo per pizzicare ma non credo sia il vero motivo. Penso piuttosto che sia perché troppi pizzichi di sale fanno male alla salute così com’è doloroso un pizzico sulla natica, provare per credere.
Poi ancora attenti a fare le porzioni, potrebbero commentare che sono “dosi da cavallo".
Chissà quanti piatti è in grado di ingurgitare un equino!

Passando a citare un celebre film, lo prendereste sulla mascella un pugno di dollari?  Certo, non sono una gran cifra ma è sempre meglio che rimanere con un pugno di mosche.

È il palmo di naso? Sarà meglio non rimanerci… ma chi sa dire quanto è lungo?

È se vogliamo misurare il tempo ne vedremo delle belle.

Avete di certo sentito l’espressione, nell’arco di tempo… un arco è uno strumento flessibile e un’arma letale a saperlo maneggiare ma se è di tempo, quanto può durare?
Poi ci sono gli abusati Attimo e Attimino.
Di cosa è esattamente una frazione l’attimo? Fa parte della divisione del tempo in ore, minuti, secondi? E ancora, quanti attimi ci sono in un anno?
Già calcolare un attimo la vedo difficile, ma ci crederete che stia spingendo il passeggino dove se la dorme suo figlio, il paffutello Attimino… Non si può sentire!
Anche una manciata di secondi può sembrare un intervallo irrisorio ma è sempre relativo alla misura dei vostri guanti. Se il tempo concessiomi è una manciata di secondi, chiedo che la manciata in questione sia raccolta da un professionista della NBA di 2 metri e venti di statura e le mani come due pale…

Se devo cavarmela per un pelo allora spero che sia quello di un bue muschiato della Groenlandia, sperando che alla povera bestia non venga un raffreddore nel frattempo.

E se ho molta fretta e devo fare qualcosa in un amen spero che ci sia una chiesa aperta nei dintorni…

Tutto questo non è nulla se penso alla mia esperienza all’estero.
A chi mi chiedeva: Do you speak English? Ho sempre risposto: Just a little bit…

Sarà perché io l’inglese l’ho sempre misurato a morsi…