mercoledì 11 settembre 2019

Il male dentro










Dove diavolo è finita?

Si sta chiedendo Nico, dove è andata a finire quella dannata vite?

Si alza non senza sentire una fitta alla natica, da settimane il nervo sciatico lo tortura. Ci mancava solo quella dannata vite, la devo trovare, non posso permettermi un paio di occhiali nuovi.

Nico si china di nuovo e così, a quattro zampe sul pavimento polveroso del suo monolocale, con la faccia appoggiata al pavimento, la vede e la raccatta.

In pochi attimi gli occhiali sono riparati. Finalmente una buona notizia.

Stamattina la buca delle lettere è vuota e questa è un’altra buona notizia.

Le buste gialle che da un paio di anni appaiono puntuali tra la sua posta non sono mai gradite. Ingiunzioni, richieste economiche, minacce, sembra che l’avvocato di sua moglie, anzi ex moglie, si diverta a torturarlo e a vederlo sul lastrico.

Solo una settimana prima, Nico aveva ricevuto l’ultima notifica in cui si chiedevano tre mesi arretrati di alimenti. Avrebbe riso forte se non fosse che lo avrebbero preso per pazzo e perché non c’era niente da ridere. Come fa uno che ha perso il lavoro a pagare gli alimenti all’ex moglie?

Certo, chiedere aiuto, i consigli si erano sprecati ma tutti dicevano e ripetevano la stessa cosa: non avere riserve a chiedere ciò che ti spetta, lo stato ti deve aiutare, non avere paura a chiedere aiuto.

E Nico aveva chiesto. Non si era risparmiato.

Si era registrato a mille siti online cerca lavoro, aveva girato tutte le agenzie interinali della città, aveva anche iniziato a distribuire il suo curriculum, inutilmente perché è un’epoca in cui il cartaceo non va e occorre presentare domande per via informatica. Aveva imparato a districarsi tra le pieghe del web ed era diventato bravo, ormai inviava e riceveva centinaia di mail e aveva fatto, grazie a questa competenza, anche alcuni colloqui. Poi i pochi mobili erano stati pignorati dall’ufficiale giudiziario e tra questi il vecchio computer. Fine della storia.

Nico era diventato un camminatore, aveva consumato le suole e non si era arreso, non era il tipo che si sarebbe tirato in dietro e non aveva paura a chiedere aiuto.

Qualcuno gli aveva procurato incarichi come vuotare cantine, pulire dei giardini, e lo aveva pagato in contanti e in nero. Ma i soldi non bastavano mai.

Al mattino la scelta era tra acquistare i biglietti dei mezzi pubblici o comprare sei uova e fare colazione.

Gli amici, quei pochi, si erano spaventati davanti a quella situazione ed erano fuggiti a gambe levate. A Nico non era dispiaciuto, meglio non avere amici che averceli finti, si diceva, e poi era contento di non farsi vedere in quelle condizioni, si sa che gli amici ti scrutano e ti giudicano.

Rimanere onesti, era ciò che gli rimaneva, com’era quella massima, la legge morale dentro di me, vero. E Nico si rendeva conto che ormai il confine tra rimanere onesto e cercare di sopravvivere si stava facendo sempre più sottile. Con la fantasia, durante le ore notturne passate sveglio per la depressione e il digiuno, si vedeva fare irruzione nello studio dell’avvocato, tirarlo a sè dalla camicia, prenderlo a schiaffi e riprendersi tutti i soldi che questo era riuscito a scucirgli nell’ultimo anno, per poi andarsene indisturbato a fare una bella mangiata al ristorante.

Ma le prime luci del mattino portavano via quel delirio, restituendogli, assieme alla fame, la sua lucidità, e la sua onestà.

Perché, si chiedeva, perché devo essere così onesto, sarebbe facile fare un giro nel quartiere giusto e trovare qualche incarico sporco, imbrogliare qualche anziano sprovveduto, basterebbe mettere la vecchia cravatta, dopotutto ho ancora un aspetto raccomandabile.

Col passare del tempo quei pensieri si facevano sempre più forti, Nico, vinto dal bisogno, sentiva il male dentro di lui spingere sempre più forte per venire fuori ed era terrorizzato perché sentiva che non sarebbe stato abbastanza forte da combatterlo per sempre.

A tutto questo Nico stava pensando, appoggiato al parapetto del ponte, con lo sguardo perso nel vuoto.

Al male che aveva dentro e che tutte le cose avevano congiurato perché uscisse.

A questo pensava, mentre la fame arretrata gli torceva dolorosamente lo stomaco e il pensiero tornava alla vite degli occhiali che ora aveva messo in tasca.

Dov'era finita la vite? Ma non era la domanda giusta, pensò ridendo, la questione era: dov'era finita la sua vita! 
Questa era la questione, come aveva fatto la sua vita a finire sul pavimento, tra la polvere.

Aveva chiesto aiuto e tutte le porte erano rimaste chiuse e ora il male spingeva sempre più forte.

Ne avrebbe commesso, avrebbe fatto male a molti e non si sarebbe pentito, era la sola strada che vedeva davanti a se, se voleva sopravvivere.

Ma una sua parte, la parte onesta non lo avrebbe permesso.

Non sarebbe diventato un agente del male.

A questo pensava mentre il vuoto lo inghiottiva, mentre il baratro si prendeva cura di lui e mentre gli occhiali gli scivolavano dalla tasca.

















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