venerdì 25 novembre 2016
luoghi insoliti: mezzogiorno di fuoco
luoghi insoliti: mezzogiorno di fuoco: La nota è lunga, ostinata e prolungata. Il suono è quello graffiante, quasi sgradevole, di una vecchia armonica mai pulita e da...
mezzogiorno di fuoco
La nota è lunga, ostinata e prolungata.
Il suono è quello graffiante, quasi sgradevole, di una vecchia armonica mai
pulita e dalle lame arrugginite.
Nella città non si muove niente. Solo la solita sterpaglia sferica è
portata su e giù a spasso da un refolo di vento.
Fa caldo, la strada di terra sembra screpolarsi in molte fenditure. Gocce
di sudore scorrono solleticando, sulle tempie.
***
Il brusio di milioni di insetti all'improvviso cala d'intensità.
L'umidità della notte rende l'erba scivolosa come un pavimento cerato.
Non bisogna guardare verso il cielo, i riflettori potrebbero
abbagliare e accecare!
Fa freddo, saremo poco sopra lo zero, il fiato disegna le nuvolette ma
nonostante sia in calzoncini non sento nulla.
Mi sembra solo di sentire migliaia di cuori che battono insieme mentre il
fiato viene trattenuto.
***
L'aula è enorme, fredda e bianca.
Una ventina di poltroncine per gli uditori, quasi tutte vuote tranne le
prime due file.
Dalle finestre entra la luce di un mondo lontano. Il tavolo sarà lungo più
di quattro metri. Dietro, quattro poltrone imbottite in similpelle nera.
Sembrano molto comode.
Da questo lato una sediola con esili gambe di alluminio e la seduta in
formica consumata.
Le persone nelle due file chiacchierano con leggerezza. Poi la porta si
apre e tutti alzano lo sguardo e ammutoliscono.
Entrano i membri della commissione.
***
Maledetta città. Avevo sentito odore di guai appena messo piede in Main Street.
Lo sceriffo si era avvicinato e mi aveva sussurrato all'orecchio un gentile
invito a rifornirmi, nutrire il cavallo e ripartire il prima possibile.
Ma io niente, sono un testardo, così due whisky al saloon, una parola tira
l'altra, mi sono beccato quattro cazzotti in faccia, ho dormito in cella, mi
hanno rubato il cavallo e ora mi trovo in mezzo a una strada, con di fronte un
brutto ceffo che probabilmente è il miglior pistolero della città e il becchino
che di sicuro ha già stimato le misure.
***
È il mio turno.
Quando il mister ha presentato la lista dei rigoristi all'arbitro non
sapevo ancora che ci fosse il mio nome.
È stato il capitano a dirmelo. È venuto vicino, mi ha preso la faccia tra
le mani, ha sussurrato: sei l'ultimo, buona fortuna! E mi ha stampato un bacio
sulla fronte.
Gli altri hanno già tirato tutti.
Siamo in perfetta parità.
Ora è il mio turno.
***
La commissione si è accomodata nelle comode poltrone senza degnare d'uno
sguardo nessuno dei presenti.
Hanno tirato fuori dalle costose borse di cuoio, fogli e fascicoli, penne e
matite.
Il membro più giovane, una signorina scheletrica, con occhiali spessi e la pelle
grassa alza lo sguardo su di me e con un gesto sprezzante della mano mi invita
ad accomodarmi sulla sedia.
Mi avvicino al tavolo.
***
Il pistolero ha la barba unta, un mozzicone di sigaro che gli pende dalla
bocca e gli occhi a fessura come nei peggiori film.
Il vento mi porta il suo olezzo di uomo che non ama il sapone e che si
mischia con la mia puzza, quella della paura.
Sembra sorridere, in realtà si prende gioco di me.
Carezza in maniera sensuale e morbosa il calcio delle pistole col dorso delle
mani.
Poi tutto precipita rapidamente.
***
Il pallone è bagnato e scivoloso.
Lo asciugo con la maglietta. Lo sistemo con cura sul dischetto come
un padre sistemerebbe il suo bimbo nella culla.
Conto quattro passi di rincorsa e mi giro verso l’arbitro. Evito di
guardare il portiere, sembra alto tre metri, sembra possedere le braccia di un
gorilla. Il fischio mi sorprende facendomi quasi sobbalzare.
Comincio a correre a testa bassa.
***
La sedia scricchiola in modo imbarazzante.
La donna che ho di fronte mi guarda male, come volesse rimproverarmi.
Poi continua a ignorarmi. Aspetto in silenzio.
Ha un espressione dura e astiosa, le labbra sono piegate verso il
basso.
Mi arriva un profumo dolce e nauseante.
Può cominciare!
Sono le sue uniche parole.
***
Non mi accorgo nemmeno
che la mia mano si muove ma lo fa e prima che chiunque possa capire qualcosa
dal mio revolver parte un unico, preciso, letale colpo.
***
Prima che questo gigante
possa provare a tuffarsi, il mio piedino sensibile ha già colpito la palla. So
già dove andrà questa e dove cadrà lui.
***
Prima che l’arpia possa
cambiare idea e fare una domanda di quelle cattive apro bocca e comincio a
parlare. Sarò io a guidare l’esame. Sarò io a stabilire le regole.
domenica 20 novembre 2016
luoghi insoliti: Tonio, il cane parlante
luoghi insoliti: Tonio, il cane parlante: Tonio, il cane parlante, sarà ospite, in prima serata, del più visto gioco a premi sulle reti nazionali! In prima pagina, su...
Tonio, il cane parlante
Tonio, il cane parlante, sarà ospite, in prima serata, del più visto gioco
a premi sulle reti nazionali!
In prima pagina, sui maggiori quotidiani, campeggia la foto del premier con
il fumetto di Tonio, il cane parlante, che fuoriesce dalla tasca.
Alla domanda di un giornalista, che gli chiedeva se fosse per i suoi figli,
il primo ministro ha risposto gioviale: no, no, questo lo leggo io nella pausa!
La grande star internazionale Scarlett Ziohansson sfila sul Red Carpet con
un peluche gigante di Tonio, il cane parlante sotto il braccio.
Ma chi o che cosa è Tonio, il cane parlante?
Ve lo dico io, Tonio, il cane parlante, è il più grande incubo di Billy.
Ovviamente Billy è un nome di fantasia.
Billy non ha nessuna voglia di mettere i suoi problemi in piazza, se ci
siamo capiti.
In realtà molti lo sanno benissimo chi sia Billy.
Quando, per la prima volta, ha disegnato il personaggio di Tonio, non sospettava
che avrebbe rimpianto amaramente quel momento.
Al contrario, Billy non vedeva l'ora che i suoi sforzi fossero premiati,
che uno dei suoi personaggi gli garantisse un contratto fisso, carriera, fama e
magari anche pecunia.
E quando Tonio fu scelto da un grande e importante editore nel campo dei
fumetti, Billy fu dapprima stupito, poi felice.
A dire la verità, Billy aveva lavorato duramente a tanti progetti, alcuni
personaggi molto ben riusciti, caratterizzazioni forti, un bellissimo incipit
per una storia a puntate. Tutti lavori in cui credeva.
Poi si mise a disegnare Tonio in un momento di noia, quasi a ridicolizzare
tutta la serietà che aveva messo negli altri lavori.
E quello sgorbio, quella parodia di cane, che metteva nella sua capacità di
parlare una sorta di spocchia volgare, che evidentemente faceva presa, si era
preso la rivincita balzando alla ribalta.
Il contratto fu corposo. Un fiume di soldi, una vera piena si riversò
nelle tasche di Billy.
Più di quanti lui fosse capace di spendere!
Lui ma non la sua famiglia.
I figli cominciarono a comprare l’ultimissimo modello di Iphon Plus e lo
sfoggiarono a scuola per ben due giorni, prima del furto.
Poi pretesero due monopattini elettrici, pieni di led che li facessero
sfilare veloci sul marciapiede. Questi li esibirono per un’intera
settimana, prima del secondo furto.
Poi vollero l’orologio intelligente, che poteva essere interconnesso con
tutti i computer. Li usarono cinque giorni fino all’ennesimo furto.
A quel punto la moglie di Billy pretese una scuola privata per i figli,
poiché non era più un problema economico.
Così i bambini di Billy cambiarono scuola.
A proposito della moglie.
Non ci pensò due volte a sostituire tutti i capi del guardaroba, sembrava una modella in
età avanzata, nessun gusto e perenne crisi d’identità.
Si fece tagliare i capelli a spazzola e li tinse biondo platino.
Un misto tra Madonna anni novanta e Brigitte Nielsen, nella sua fantasia. Più
uno scopettone di saggina, nella realtà.
Ma il taglio sembrò piacere molto all’agente dell’editore, un vissuto play
boy in disarmo che non risparmiava su occhiate, lusinghe e moine.
Così la moglie di Billy cambiò compagno.
Per la verità fu Billy a cambiare casa, abbandonando l’appartamento superlusso che aveva comprato ai
figli viziati e alla moglie modella con il suo nuovo marito.
Billy si ritrovò a
lavorare in un monolocale dove l’unico tavolo era anche il suo ufficio e il
letto usciva ogni sera dal logoro divano.
Il suo lavoro ne
risentì e l’editore lo relegò a occuparsi d’incarichi sempre più marginali.
Ma quel maledetto cane
continuava a vivere di vita propria, ne avevano tratto addirittura un
cortometraggio per la tv. Il suo linguaggio era, se possibile peggiorato,
farcito di parole sconce, volgarità e bassezze. Ma era quello che la gente
voleva. Era questo a piacere.
Almeno ci guadagnava
qualcosa, questa era la consolazione di Billy, e poteva dedicare il suo tempo a
cose più importanti.
Cose che non avrebbe
letto nessuno, che non avrebbe visto nessuno se non qualche amico, dopo una
birra, nel piccolo monolocale.
domenica 13 novembre 2016
luoghi insoliti: Le persone di successo
luoghi insoliti: Le persone di successo: Chi sono le persone di successo? Quelle che vediamo in TV? I protagonisti dei film? Calciatori ricchissimi che calcano i pra...
Le persone di successo
Chi sono le persone di
successo?
Quelle che vediamo in
TV?
I protagonisti dei film?
Calciatori ricchissimi
che calcano i prati di mezzo mondo?
Mi sembra evidente di
no.
Almeno non sono solo
queste.
Ne vediamo
continuamente, tutti i giorni. Siamo circondati da persone che hanno successo
nella vita professionale e privata.
Allora la domanda giusta
è un'altra.
Io sono realizzato? Sono
connesso col mondo?
Sono felice e
soddisfatto di ciò che faccio?
Se la risposta è sì
allora posso considerarmi una persona di successo.
Una persona di successo
sa, per definizione, esattamente dove sta andando. Conosce i propri obiettivi.
Un obiettivo deve essere
specifico, troppo facile scegliere obiettivi generici, come dirsi che da grandi
si vuole vivere ricchi e felici...
Deve essere misurabile,
deve essere attuabile, rilevante e temporizzato.
Non posso evidentemente
pormi come obiettivo il diventare astronauta se ho sessant’anni e sono
cardiopatico oppure scalare l’Everest se soffro di vertigini e patisco i
geloni.
Un obiettivo deve poi
anche essere ecologico cioè coerente con la cultura d’appartenenza e i propri
valori e possibilmente registrato in forma scritta.
Le persone di successo
sanno anche prendere decisioni.
Abbiamo questa capacità?
È necessario conoscere
le fasi che costituiscono il processo decisionale.
Fissare degli obiettivi,
individuare le possibilità disponibili, valutare le conseguenze che avranno le
decisioni prese e a questo punto scegliere!
Dopo queste fasi avviene
la cosa fondamentale, mettere in pratica la decisione!
Ma cosa interferisce nel
processo decisionale?
Le nostre emozioni, la
nostra pancia, le nostre paure.
Le persone di successo
potranno prendere decisioni critiche, cioè quando non si conoscono le
conseguenze che avrà la decisione presa ed è impossibile tornare indietro.
Prenderanno decisioni difficili, quando al contrario sappiamo cosa seguirà.
Produrranno decisioni
complesse che implicano grandi competenze e disponibilità alla sfida. Decisioni
estreme che richiedono grande forza e coraggio. Decisioni istintive prese
con emotività e impulso. Decisioni inevitabili determinate dalle
circostanze.
Per ogni tipo di
decisione bisogna essere pronti a sopportare le conseguenze.
Dopo il sapere occorre
il saper fare.
Quindi per essere
persone di successo oltre a saper risolvere problemi e comunicare efficacemente
è indispensabile gestire la paura.
Tutti abbiamo paura, il
coraggioso è chi ha imparato a gestirla.
Bisogna conoscere le
proprie paure, esplorarle, parlarci.
Per sentirsi persone di
successo occorre, via via che aumenti il nostro livello di capacità, innalzare
anche il livello di sfida.
Solo così si potrà
abbandonare per sempre il punto zero di apatia, allontanarsi da noia e
rilassamento, non incorrere in preoccupazione e ansia e raggiungere il punto
più alto, l’esperienza ottimale che costituisce il successo.
Chi suona su un palco di
un grandioso concerto, chi guida una monoposto di formula uno o chi gareggia
per l’oro alle Olimpiadi vive l’esperienza ottimale ma anche chi vive
quotidianamente le proprie fatiche professionali con gusto e gratificazione.
Ancora una cosa.
Spesso ci troviamo
davanti a problemi che sembrano irrisolvibili, che bloccano tutta
l’organizzazione.
Che sembrano rovinare la
nostra carriera.
Spesso la soluzione
esiste ma noi, troppo concentrati sul problema, ci rifiutiamo di vederla.
Proviamo a guardare le
cose da un'altra prospettiva, un’angolazione diversa.
Proviamo a sviluppare il
cosiddetto pensiero laterale.
Come una lampadina che
si accende arriverà la soluzione a scacciare le tenebre del fallimento.
E quella lampadina sarà
il simbolo del nostro successo!
Vorrei evidenziare che
quanto ho scritto finora non è farina del mio sacco ma il frutto di un attento
ascolto dei seminari dell’amico Ignazio Salmeri, abile coach e grande motivatore di persone.
Io mi limito a fare
tesoro delle sue lezioni cercando di sporcarmi il più possibile con la sua
sapiente farina.
giovedì 10 novembre 2016
domenica 6 novembre 2016
luoghi insoliti: L'appuntamento
luoghi insoliti: L'appuntamento: 1 Non è una domenica come le altre. Ha chiesto, ha implorato, ha supplicato, insomma ha sudato questo diciottenne a...
L'appuntamento
1
Non
è una domenica come le altre. Ha chiesto, ha implorato, ha supplicato, insomma
ha sudato questo diciottenne ancora un po' ingenuo e poco esperto sui fatti
della vita, per ottenere il permesso di usare l'auto genitoriale, una vecchia
128 Fiat (per la verità mica tanto vecchia dal momento che non avrà più di 3 o
4 anni ed è perennemente tirata a lucido dal papà dell'acerbo e innamorato
diciottenne in questione).
E
finalmente c'è riuscito, ha ottenuto il permesso. Nel pomeriggio potrà uscire
con l'auto, evento più unico che raro poiché ha la patente solo da qualche mese
e potrà finalmente andare... da chi e dove lo scopriamo tra poco…
2
Come
si prepara, quanto tempo impiega a pettinarsi, quanto a cercare di normalizzare
i battiti tumultuosi del suo cuore imponendosi di respirare più adagio non lo
sappiamo. Sappiamo che quando esce da casa, inseguito dalle solite
raccomandazioni dei genitori (stai attento a quello che fai, comportati bene,
sii educato, eccetera) con una piccola aggiunta straordinaria di
raccomandazioni che riguardano l’auto (guida con prudenza, occhio ai segnali…),
sappiamo, dicevo che il diciottenne ingenuo, inesperto e innamorato ha le
chiavi della vettura di suo padre in tasca e un cuore che gli fa le capriole
nel petto.
3
Il
nostro diciottenne, oramai è ora di dirlo, ha un appuntamento con una ragazza.
Questo è evidente, osservando il suo stato emotivo che rasenta l’euforia. Lei è
più giovane di lui, ha i capelli lunghi, anche se prima erano molto più lunghi
e dolci occhi scuri. Lui è colpito, incredulo che una sensazione così bella
possa capitargli, forse non ritiene di meritarla o semplicemente, data la sua
notoria inesperienza è solo confuso, sopraffatto da questa emozione nuova. Il
fatto è che vederla a scuola, di corsa nell’intervallo, baciarla furtivamente
nel cortile, tutte cose molto belle, molto sentite, non gli basta più ed oggi
ha l’occasione per stare assieme a lei tutto il pomeriggio. Non gli sembra ancora
possibile.
4
“I
peccator carnali che la ragion sommettono al talento” cita Dante nel quinto
canto dell’inferno.
Il
nostro diciottenne, che ignora tra le molte cose anche questo verso, se ne va in
tutta la bellezza della sua stolta e inconsapevole gioventù.
La
ragione l’ha persa senza capirlo, forse immerso nel profumo dei capelli e nella
profondità degli occhi della ragazza che si appresta a raggiungere.
Ma
la felicità che possiamo vedere o anche solo immaginare sul suo viso è come il
sale per la nostra storia e le dà un gusto tutto particolare.
Con
queste pennellate di felicità, appunto, va il nostro giovane verso il suo
appuntamento, verso il suo giovane amore appena sbocciato, verso quegli occhi
scuri in cui è dolcemente annegato. E con le chiavi in tasca va verso l’auto
parcheggiata nella via.
5
Ed
è a questo punto del racconto che ci apprestiamo a rivivere una piccola crepa,
perché chiamarlo colpo di scena sarebbe esagerato, piuttosto una lieve, veloce
nota stonata, che può oscurare la bellezza di una melodia per il resto
magistralmente eseguita.
Il
nostro giovane sale in auto e con la felicità nell’anima, ripassa mentalmente
le azioni atte a una partenza e una guida sicura e responsabile. Poi accende
l’autoradio e sebbene lui abbia già una musica nel cuore, ascolta volentieri i
successi del momento. Quell’anno va Sade con “Sweetest taboo” e soprattutto George
Michael che canta “Careless whisper”.
Chissà
perché certe cose si fissano nella memoria meglio di altre…
In
ogni caso il nostro rubacuori si sveglia dai suoi sogni musicali a causa di
quella nota stonata che dicevamo.
Più
che una nota è un rumore sordo e breve, come una vibrazione profonda o come,
diciamolo pure, una lamiera di carrozzeria che raschia contro un ostacolo,
contro un muro!
6
Quante
volte ha ripensato, l’uomo che è stato quel diciottenne e che ora ha già da
qualche anno numerosi fili bianchi tra i capelli, quante volte ha ripensato
dicevo, a quel rumore che lo riportò sulla terra in quella domenica primaverile
e soleggiata del 1985!
Certo
col senno del poi è molto facile o meglio, è molto diverso ragionarci e
giungere a conclusioni. Inoltre gli anni passati si depositano come strati di
polvere nella soffitta della memoria e certi ricordi sono nascosti e altri mitizzati.
Sarebbe
facile, oggi, affermare che quel piccolo, banale incidente cambiò per sempre le
storie, il futuro dei due giovani della nostra storia. Chi potrebbe sostenere
il contrario, dopotutto?
Di
fatto il nostro diciottenne imbranato, ingenuo, innamorato e impacciato si
fermò a controllare i danni, che con una svolta troppo affrettata ed eseguita
male, aveva provocato all’auto.
L’ammaccatura
era lì, sopra il parafango della ruota posteriore come la firma di un
conducente alle prime armi che oltre alla poca esperienza aveva da aggiungere
alle sue giustificazioni la bellissima emozione che stava vivendo e che gli offuscava
la vista.
7
Come
abbiamo già detto gli anni appannano i ricordi. Una cosa è rimasta, al
contrario, ben presente nella memoria del protagonista della nostra storia.
Come una fitta nebbia nasconde le superfici delle cose e i colori, rendendo
tutto opaco e lattiginoso, l’inquietudine, il senso di colpa e il timore per le
ripercussioni che il danno alla carrozzeria avrebbe avuto, velarono le cose
successe quel pomeriggio. Non volle dire niente il nostro diciottenne alla sua
altrettanto giovane ragazza, non volle rovinare l’umore allegro né la
prospettiva di un bel pomeriggio spensierato. Trovare la casa, presentarsi
degnamente a sua madre, conoscere la sorella, cercare di non fare brutte figure
e poi uscire tenendosi per mano furono le belle cose successe al giovane.
Dentro di lui si svolgeva una lotta per nascondere e tenere lontani i brutti pensieri
legati al piccolo incidente.
Quanto
influirono gli eventi sulle cose dette, sui gesti fatti, sulla piacevolezza del
tempo trascorso insieme non lo sappiamo, sappiamo solo che in qualche modo
influirono. Il pensiero, la ragione che il diciottenne aveva perduta tornava
alla carica togliendo parte dei sapori e dei colori che il cuore stava gustando.
8
Di
ciò che ricorda oggi l’ex diciottenne, dal momento che è passato qualche anno,
ci sono sprazzi della bella giornata, la strada fatta, il suono dolce della sua
voce, l’attenzione perché non si annoiasse, a che tornasse a casa sana e salva,
i sorrisi. Forse se chiediamo a lei, risponderà di avere un ricordo diverso o
di non averne per niente ma questa è la storia vista, vissuta e ricordata dal
punto di vista di lui e non potrebbe essere diversamente.
Per
dovere di cronaca possiamo dire che il giovane accompagnò a casa la ragazza e
rincasò a sua volta e tutto si svolse senza ulteriori traumi o incidenti. Il
suo cuore pavido, giacché si era fatto molto tardi e il genitore era andato a
dormire, si fece scudo dietro gli eventi e mostrò il suo vile lato rimandando
al giorno successivo il momento della confessione, del pentimento e
dell’espiazione.
9
E
il giorno dopo venne. Il nostro diciottenne si alzò e seppe che suo padre era
già andato al lavoro. Con l’auto. Avrebbe così scoperto il suo errore e non mi
riferisco al danno alla carrozzeria. Ciò che faceva male era la sua omissione,
il fatto di non avere dichiarato la verità subito, di non aver spiegato.
Andò
a scuola e questo lo faceva sentire bene, a scuola avrebbe rivisto lei, e al
momento era tutto ciò che contava. Ogni suo respiro era rivolto alla giovane
ragazza, alla nostra protagonista femminile. Ma anche nei confronti di lei, il
nostro diciottenne innamorato, imbranato, impaurito non si sentiva a posto.
Nemmeno con la sua ragazza non era stato capace di condividere quel suo piccolo
grande segreto. Si è chiesto, col passare degli anni, se anche questa cosa
possa aver influito sugli eventi futuri, sul fatto che questa bella storia è
andata via via consumandosi, come una candela ed è alla fine sparita
velocemente così come, velocemente, era nata.
Alla
fine il pomeriggio arrivò e il giovane si diresse verso casa con la morte nel
cuore.
10
Alla
fine entra in casa, il nostro diciottenne impacciato, innamorato, intimorito.
Alla
fine trova la forza di confessare e sua madre, che lo aspetta con il suo fare
un po’ severo, lo ascolta sentendo una storia che già conosce.
Poi
il nostro giovane si sente rispondere qualcosa che lo stupisce. È invitato ad
andare al bar all’angolo dove il genitore è solito prendere il caffè
pomeridiano e dove oggi lo sta aspettando. Il nostro protagonista si arrende e
va incontro a un rimprovero e a una punizione inevitabile ma al bar ci trova un
padre che lo sorprende e lo spiazza completamente e che gli rivolge un
inaspettato sorriso e che gli offre un caffè.
Questi
sono i semplici fatti. Questo è ciò che successe. Niente di ciò che si era
immaginato, che aveva fantasticato il ragazzo.
Quel
giorno il nostro diciottenne aveva appena ricevuto, senza saperlo una lezione.
Anche se era ancora lontano da capire come si comporta un fidanzato o un
marito, aveva imparato come agisce un padre.
E
quel giorno non l’ha più dimenticato.
Fine
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