Le avventure del signor Tomatis




Monsu’ Tomatis e il suo singhiozzo incoercibile





Venaria è una ridente cittadina di recente nota per il suo centro storico e la sua Reggia. Da qualche anno, infatti, il centro non è mai stato così al centro e la Reggia non è mai apparsa così Regale. 
Il signor Tomatis, nato e cresciuto nella ridente è felice di questo e sente di coglierne anche lui tutti i benefici. Si sente fortunato, alla sua età, di vivere nella stessa cittadina che lo ha visto in fasce ed è orgoglioso di averne percepito, respirato tutti i cambiamenti degli ultimi anni. 


Il signor Tomatis, al secolo Tomatis Luigi di fu Giuseppe è da tutti chiamato Monsu' Tomatis, se non da tutti almeno dagli amici del bar che è solito frequentare, a causa delle sue millantate origini francesi, ed un giorno che mostrò un vecchio e logoro biglietto da visita, residuo dei tempi in cui i biglietti da visita avevano ancora un senso, qualcuno ci aveva letto “Monsieur Luigi Tomatis”, e da quel momento il nostro è diventato per tutti Monsu' Tomatis. 
Questa mattina cotta a fuoco lento dal sole estivo il Tomatis decide che dopo una frugale colazione a base di pane integrale tostato, marmellata di fichi, succo di frutta, cornetto alla cioccolata e caffè nero andrà a godersi la luminosa mattinata passeggiando nei giardini della Reggia della sua cittadina a lui tanto cara. Non fa in tempo ad uscire di casa che...HIC... improvvisamente una violenta contrazione dei muscoli addominali lo fa sobbalzare all'indietro. Fa per riprendersi il nostro amico...HIC.... ma lo spasmo si ripete con la stessa violenza inaspettata di pochi secondi prima. Non ha...HIC... ancora realizzato il Tomatis che si tratta di un classico caso di singhiozzo...HIC... anche se lo capirà ahilui molto presto che...HIC.... già si spaventa per l'ennesima contrazione. Tutti i gusti disparati...HIC... dei vari cibi che ha ingurgitato gli ritornano...HIC... a vorticare in bocca lasciandogli un'espressione incredula e...HIC... dolorante. Cosa può fare, Monsu' Tomatis che...HIC...oramai ha capito di cosa si tratta, che sa che...HIC... la cosa potrà andare per le lunghe e che dovrà...HIC... armarsi di santa pazienza, cosa può fare dicevamo, se non...HIC... vestirsi di tutto punto, come è...HIC... solito fare ed uscire di casa mantenendosi fermo...HIC... se non nella pancia almeno nelle...HIC... intenzioni! 
In quelle condizioni...HIC... però non è in grado di salutare la signora del primo...HIC...piano che puntuale si affaccia sul pianerottolo ogni qualvolta...HIC... si sente transitare qualcuno per le scale. Non...HIC... può conversare col giornalaio di fiducia perché nonostante sia un...HIC... fedele abbonato sceglie di passare di persona a ritirare il quotidiano. Non potrà...HIC... salutare educatamente tutte le persone da lui incrociate sul marciapiede come è da sempre...HIC... avvezzo fare. 
Caparbio, anzi testardo nei...HIC...suoi propositi si dirige verso il centro storico, fermo..HIC... molto più nelle convinzioni che nell'addome, e camminando pensa che...HIC... presto svanirà questa tortura, così come è...HIC...arrivata. 
Quando giunge...HIC...nella bellissima piazza barocca, Monsu' Tomatis è ...HIC... stremato dall'intenso lavoro muscolare del suo...HIC... diaframma. Pensa allora di riposare su di una...HIC...panchina ed è così che ha una visione. Non si...HIC...tratta di una visione mistica o di un’allucinazione ma del ...HIC... molto più modesto nosocomio cittadino. Pensa allora che...HIC... li potranno curarlo, somministrargli un ...HIC... rimedio che gli risolva il problema che oramai ha...HIC...invaso anche i suoi pensieri! 
Nella sala d'attesa...HIC... non c'è nessuno...HIC... e di questo si meraviglia monsu'...HIC... Tomatis. Suona il campanello del punto di Soccorso ed attende. La porta si spalanca e lui subito...HIC! 
L'infermiera lo guarda con interesse, non chiede nulla ma lo fa sedere indicando una sedia, poi scompare. Il...HIC... nostro amico Tomatis la vede ricomparire poco dopo con un ...HIC...mazzo di fogli in mano ed una...HIC... biro nell'altra. Una serie di domande incrociate, un complicato algoritmo ed una lista di codici colore gli indicano che dovrà...HIC... aspettare per un tempo indefinito, dopotutto per qualche...HIC... non è mai morto nessuno, si consola il povero Monsù Tomatis. 
Nemmeno lui…HIC… muore ovvio, semmai di noia ad…HIC… aspettare quasi due ore che gli passino…HIC… davanti dita tagliate di sbucciatori di cipolle inesperti, ginocchi…HIC… sbucciati di ciclisti della domenica, allergici e non punti da…HIC… vespe, tafani, calabroni, zanzare, pulci e…HIC… quant’altro. 
Alla fine…HIC… viene il suo turno ed un giovane medico parlottando…HIC… con l’infermiera dice di praticare un vagolitico, magari ad azione antidopaminergica, un cinetico ad azione antiemetica…HIC… lui si impressiona, forse non ha…HIC…capito bene ma quando intuisce che…HIC… si tratta di una comune iniezione scopre le…HIC… terga, sollevato. 
Gli dicono di restare un paio d’ore in osservazione ma gentilmente, perché Monsu’ Tomatis è sempre molto gentile con tutti, rifiuta e decide di firmare per una dimissione anticipata contro la volontà dei sanitari, dei quali ha molta fiducia e sa che la cura scelta e praticata sarà a breve efficace. 
Monsu’ Tomatis riprende con qualche ora di ritardo la sua passeggiata in direzione della Reggia cittadina, presenta la sua tessera abbonamento alla cassa, scambia due parole cordiali con l’addetto all’ingresso e solo allora si accorge che qualcosa è cambiato. Già ma cosa. Pensa e ripensa Tomatis ed osserva ma tutto gli sembra a posto, i quadri, le stanze, le tende, il sole che entra dalle finestre… tira un profondo sospiro di sollievo e solo allora comprende che ciò che è cambiato non sta nella Reggia bensì in lui. E’ uscito da meno di un’ora dal pronto soccorso e non si è nemmeno accorto di non stare più singhiozzando! Felice riprende il suo tour, esce nei giardini, sotto il sole estivo quasi correndo, rientra nell’ombreggiata frescura delle sale semivuote. All’improvviso sul pavimento di una stanza in penombra si accorge che c’è qualcosa, un oggetto. Guarda meglio monsu’ Tomatis e resta stupito, incredulo: si tratta di una scarpa, una scarpa femminile, di quelle col tacco alto. Si avvicina immaginando la sua novella Cenerentola, una giovane donna che vaga saltellando per le stanze della Reggia alla ricerca della scarpa smarrita, una donna che lo incanterà col suo smagliante sorriso. Si avvicina, la raccoglie, qualcosa non quadra, la gira, legge il numero appena visibile tra il tacco e la suola consunti e rovinati:45 e mezzo! 
Con la sua fervida immaginazione la vede e si sente sovrastato dalla di lei immensità lui piccolo e gracile, lei matrona piena di energie ed improvvisamente…HIC… ecco l’incanto svanire e lasciare incoercibilmente il posto a…HIC! 







Monsù Tomatis e l’uovo di Fabergè 





L’illustre cittadino della Venaria Reale Luigi Tomatis, conosciuto da amici e non con l’appellativo di “Monsù Tomatis” mi racconta un fatto gustoso. Ha conosciuto, l’illustre, non molto tempo fa una concittadina, una giovane signora nubile e di bell’aspetto, caratteristiche queste che hanno mosso l’attenzione del nostro protagonista altrimenti sempre un po’ distratto e poco incline alle avventure galanti, dicevamo, ha conosciuto questa donna che lavora instancabilmente in un’impresa di pulizie per mandare avanti casa e per crescere un figlio frutto della sua gioventù ingenua ed imprudente. 

Qualche caffè, si sono concessi i due, al massimo una pasta fresca alla pasticceria nel corso, proprio come si usava una volta, sono il massimo delle libertà che si sono presi il Tomatis e la giovane signora della quale il Monsù, preda di una folle gelosia non ha voluto rivelare il nome. Quello che invece mi ha rivelato è che con questa signora si sente giovane e bello, ha sempre voglia di cantare e di regalarle fiori e poesie, non smetterebbe mai di parlare e soprattutto di ascoltare. Infatti, la storia gustosa che vi annunciavo è il risultato di pomeriggi di passeggiate e di ascolto del Tomatis…. 



Il ragazzo, del quale non conosco il nome grazie alla proverbiale discrezione di Monsù Tomatis, un bel giorno torna dalla scuola e tutto felice racconta alla madre di avere per compito un lavoro manuale. Dovete sapere che il ragazzino possiede a soli otto anni una manualità da artista, un gusto da pittore ed una pazienza certosina. La maestra che da poco ha portato la classe a visitare la Reggia, ha chiesto ai discenti di riprodurre un uovo di pasqua della collezione orafa di Fabergè, uguale o anche solo simile a quelli ammirati alla mostra esposta alla Reggia. Il ragazzino è proprio felice, è consapevole del proprio talento artistico e sa che guadagnerà oltre che un bel voto anche i complimenti della maestra. 

Chiede aiuto alla madre, si fa cuocere un bell’uovo, di quelli grandi, e dopo averlo fatto freddare lo dipinge magistralmente, gli incolla delle perline, gli applica decorazioni, gli passa uno smalto lucido, insomma ci lavora quasi una settimana ed alla fine il risultato è stupefacente. Le perle sembrano vere, così come gli altri brillantini colorati, non si nota alcun sbuffo di colla o imperfezione ed i ritocchi dorati sembrano fatti con vernice d’oro zecchino. La madre ne rimane incredula ed estasiata. 

Ed è in quell’istante che a lei viene un’idea che sembra, al momento, buona. 



La signora che lavora, come detto, in un’impresa di pulizie, è impiegata attualmente al turno serale presso i locali pubblici della città. Con le sue colleghe ruota a turno nelle stanze del municipio, nelle scuole, puliscono le sale della biblioteca pubblica ed a volte anche le maestose sale della Reggia. Il turno comincia piuttosto tardi e quest’orario le permette di seguire il proprio figlio nei compiti. 



L’idea è semplice e geniale. Confondere l’uovo creato dal figliolo tra quelli della collezione esposta e portare Monsù Tomatis alla mostra decantando la bellezza, la delicatezza e la precisione delle opere esposte, magari calcando la mano con i complimenti su un oggetto in particolare, ed osservare la reazione ed il commento di Tomatis davanti all’uovo creato da un ragazzino di otto anni… 

C’è un briciolo di cattiveria nello scherzo ideato dalla donna, suona come una specie di trappola, di prova che l’inconsapevole Monsù Tomatis dovrà necessariamente superare per entrare nelle grazie della giovane famiglia ma chi l’ha ideata l’ha fatto in buona fede, con il solo scopo di farci due risate assieme, di mostrare il talento del suo amato ragazzo. 

E così succede che la giovane signora una sera porta l’uovo nella borsa ed approfittando del fatto che durante le pulizie il sistema di antifurto viene temporaneamente interrotto, poggia il falso facendo largo tra due creazioni di dimensioni simili ed osserva compiaciuta quanto questo sia fatto bene e quando non sfiguri tra gli altri. Resiste alla tentazione di far vedere tanta bellezza alla collega impegnata nella sala adiacente, deve rimanere un segreto, finisce di spolverare e passa alla sala successiva. Quando finisce il turno, tornando a casa pensa un po’ preoccupata a ciò che sta facendo, poi si rilassa, non fa del male a nessuno, si tratta di un innocente scherzo ed appena Tomatis ci sarà cascato toglierà l’opera creata dal figlio che così potrà portarla a scuola. 

La domenica il nostro Monsù è tutto allegro e felice, si rade accuratamente, dà una spuntatina a baffi e basette, mette il dopobarba migliore e prima di uscire lucida perfettamente le scarpe. Tutte operazioni che esegue senza mai smettere di fischiettare. Non sa di essere l’oggetto di un esperimento. 

Escono, lui e la giovane signora, in un clima di insolita allegria, non si avverte quel latente imbarazzo che invece appariva nelle prime brevi sortite della coppia, lei ride spesso e la sua voce argentina allieta le orecchie di lui. 

La meta è la Reggia e come ovvio, la mostra delle uova di Fabergè. Monsù Tomatis sa poco o niente di arte orafa Russa, ha letto un trafiletto sulla mostra tra le righe del quotidiano e tanto gli basta. A lui basta passare un pomeriggio con quella incantevole signora che oggi chissà perché, ha un’incredibile voglia di ridere. 

Affascinati da tanta bellezza i due osservano con attenzione oggetti costruiti con oro, diamanti, rubini, platino, acquamarina e velluto da artigiani vissuti più di un secolo prima ma che sono ancora oggi in grado di lasciare a bocca aperta chi si delizia lo sguardo ammirando la bellezza delle opere esposte. Le parole più belle Monsù le riserva per un piccolo ma delicato oggetto di fattura assai pregiata che spicca tra gli altri per gusto, fantasia e fattura e che, forse per questo, attira più degli altri l’attenzione della donna… 



Proprio così, mi ripete Tomatis per l’ennesima volta, proprio così mi ha detto, volevo scherzare, non volevo fare del male a nessuno, ora mio figlio piange e tu sei arrabbiato… aveva capito, la giovane madre, di averla combinata grossa quando era stata trasferita sul lavoro ad altri locali e la mostra era stata chiusa e di conseguenza tutti i manufatti imballati e spediti chissà dove. Era stata costretta a confessare il suo innocente segreto proprio alla vittima dello scherzo. Monsù Tomatis non era mai stato in uomo spiritoso e non aveva preso bene la storia, detestava aver fatto la figura del boccalone, quello che ammira un’opera d’arte fatta da un bambino, e credendoci si riempie la bocca di elogi, lodi ed esaltazioni per quell’arte sublime. Non ci poteva credere, Luigi Tomatis, che figura aveva fatto proprio per mano della giovane signora della quale si era invaghito. E come era triste per quel fanciullo che vedeva così sparire il frutto delle sue fatiche, un uovo che non gli sarebbe venuto uno uguale neanche fra mille anni. 

No, non aveva più voglia di vedere la donna che lo aveva scherzato così in malo modo, non aveva voglia nemmeno di uscire di casa, Monsù Tomatis, che se la vedesse da sola la giovane madre, che se la vedesse col proprio figlio anch’egli arrabbiato ed imbronciato. Ma si sa, un figlio è sempre pronto a perdonare la madre e forse a quest’ora l’avrà già fatto. 

Quanto a Tomatis no, lui è adulto, lui sa tenere le distanze, sa coltivare un rancore anche se le labbra serrate gli si piegano verso l’alto al solo pensiero delle prossime mostre con le uova di Fabergè e delle migliaia di turisti ammirati e rapiti davanti alle opere dell’abile orafo russo e del suo giovane emulo Venariese………. 





 

Monsù Tomatis e la memoria del Natale

 




L’illustre cittadino della Venaria Reale Luigi Tomatis, conosciuto da amici e non con l’appellativo di “Monsù Tomatis” da sempre sente molto le Feste comandate. Soprattutto il Natale che, da quando era bambino, è sempre stata la sua preferita. 

Quest’anno ha un motivo di più per festeggiare. Ha incontrato e avuto modo di conoscere una donna, molto bella, madre di un simpatico ragazzino, con la quale ha intrecciato un delicato ma quanto mai complesso rapporto. Ultimamente ci sono stati alcuni problemi per una strana storia di uova* ma il Tomatis, dopo aver a lungo meditato, è deciso a riprendere le fila della relazione. 

Il Natale, si diceva, è una festa molto sentita dal Tomatis ed è per questo che lui comincia a comprare i regali alla fine di settembre. Cose semplici, di poco conto, compatibili con la crisi che stiamo vivendo ma che servono a rendere l’idea di cura e amore che monsù Tomatis mette nelle relazioni con parenti e amici così come in tutte le cose che fa. Ma quest’anno il nostro è in grave ritardo e non ha ancora provveduto a trovare un regalo per la sua bella signora e per il suo bambino, peggio non ha ancora avuto un’idea… 

Ed ecco che si aggira per negozi e centri commerciali sempre più pieni di persone affamate di compere, in preda a deliri natalizi, con gli occhi pieni solo di nastri da regalo, palline dorate, vischio rosso ma per nulla disposte a baciarvi se passate loro davanti. Ecco il Tomatis indugiare davanti vetrine, mentre il pomeriggio si trasforma rapido in notte e il gelo gli rende insensibili le dita e gli imbianca i baffi. Ecco il Tomatis che sta per prendere una decisione ma proprio sulla soglia, la mano sul pomello, torna sui suoi passi e si ripiazza davanti alla vetrina pensando che no, ciò che stava per comprare non va bene, meglio forse un’altra cosa. 

Dopo alcune settimane passate a tormentarsi nell’indecisione e nel freddo ormai Monsù Tomatis è nel marasma più completo, vorrebbe trovare il regalo perfetto, qualcosa che gli faccia fare bella figura, di più, che gli faccia riconquistare l’amicizia del ragazzo e l’affetto della signora. 

Rischia grosso Monsù Tomatis quest’anno. Lui che non ha mai mancato di festeggiare il Natale. Ormai manca quasi una settimana e ancora lui non ha trovato il regalo giusto quando improvvisa l’idea arriva come puntuale arriva la sera. Decide di regalare alla signora una bella cornice d’argento, magari un po’ retrò dove conservare chissà, la vecchia foto dei genitori o meglio una foto che ritrae lei proprio con lui (gli sembra un’idea molto romantica) e per il giovane ragazzo una cornice digitale, di quelle che si usano adesso e che fanno anche la presentazione animata di molte foto contenute in una memoria usb, usms… dhm… non capisce bene Tomatis ciò che gli spiega il commesso ma vuole fare la figura dell’uomo moderno, di chi sa stare al passo con i tempi e allora sorride, annuisce e alla fine compra una cornice che a giudicare dal prezzo deve essere di qualità. Ma c’è un problema, gli dicono quando ha già pagato, l’articolo acquistato sarà disponibile solo al prossimo passaggio del corriere, ossia il 23 dicembre! Ecco Monsù Tomatis che non impreca e non bestemmia perché ha rispetto della santa festività prossima ma anche perché non è nelle sue corde, non sarebbe da lui comportarsi in tale umana e bassa maniera. 

Tornerà rassegnato a pochi giorni, poche ore dal Natale a ritirare il gioiello tecnologico che farà magicamente felice un bimbo… 

Ma, ahimè, quando egli torna al negozio il fato avverso si materializza nei cristalli di ghiaccio sul gradino dell’ingresso e Tomatis che ha un baricentro mutevole come il suo umore scivola, non tiene l’assetto e cade pesantemente sul suolo battendo il capo e attirando la solita folla di curiosi e bramosi di sangue e di umane tragedie. Non sente la folla, né la sirena dell’ambulanza, né il cigolio delle ruote della barella, né le voci del personale che si affanna cercando di spostarlo al fine nel letto che gli è stato assegnato. 

Ciò che sente, ciò che dirada la nebbia scura che lo avvolgeva è la bella voce di donna appena rotta dall’emozione che gli ripete: “Questo è il più bel regalo, il più bel dono che abbia ricevuto oggi, il tuo risveglio, la tua ripresa…”. 

Tutto quello che riesce a rispondere Monsù Tomatis che non aveva mai dimenticato di onorare un Natale, appena apre del tutto gli occhi, con la voce impastata dai farmaci è: 



“Buon giorno signora, potrebbe dirmi come si chiama e saprebbe dirmi per caso che giorno è oggi?” 




*vedi “MONSÙ TOMATIS E L’UOVO DI FABERGÈ”








Monsù Tomatis e lo scherzo di carnevale. 







Si è da poco ripreso Luigi Tomatis dal piccolo incidente Natalizio* che gli ha regalato una lieve commozione cerebrale, qualche giorno di ricovero durante le feste e che lo sta costringendo a una solitaria convalescenza ma che non gli ha tolto la voglia di scherzare. 

E’ così, infatti, il nostro monsù Tomatis è in realtà un burlone. E spesso paga in prima persona questa sua goliardica e pericolosa inclinazione. 

Come quando si fece prestare le vecchie stampelle da un suo amico e attraversò il corso più lento di una lumaca e non appena toccato il marciapiede opposto le lanciò in strada verso gli innervositi automobilisti che pazientemente avevano aspettato, gridando “miracolo, miracolo” e uno di quelli in coda scese dall’auto e cominciò a schiaffeggiarlo sotto lo sguardo divertito dell’amico invalido al balcone… Come quando viveva con lui un vecchio compagno di studi appena lasciato dalla moglie, persona estremamente ordinata, pulita e con uno stile di vita regolarissimo e il nostro Monsù aveva approfittato di questo per nascondere un dado da brodo smontando la doccetta, per vedere l’amico uscirne unto e appiccicoso e allo stesso amico che era da sempre astemio aveva ripetutamente vuotato la bottiglia d’acqua facendogli tracannare della grappa a sua insaputa fino a costringerlo a trovare un'altra sistemazione… 

E poi sale nei caffè, zucchero nelle minestre, pepe nei tovaglioli, lassativi per caramelle, inchiostro sulle panchine e pesci d’aprile a tutta la compagnia di amici e frequentatori di Luigi Tomatis che si era trovata ad alternare ruolo tra ignare vittime e divertiti complici spettatori. 

Ma Monsù Tomatis era sempre pronto allo scherzo ed alla burla, alle storielle spiritose ed alle compagnie allegre nonostante tutto ciò gli avesse portato un’innumerevole serie di problemi. 

Per questo motivo appena ripresosi dalla botta presa alla testa, ben sveglio e lucido ma ancora ricoverato, aveva deciso di scherzare con una donna che gli si era da tempo affezionata e che era preoccupata per la sua salute facendole credere di non riconoscerla, di aver perso la memoria di lei e del Natale… e la burla era durata tutto un giorno, per questo quando un dottore aveva spiegato alla donna che Tomatis non soffriva di alcuna amnesia questa gli aveva piantato una scenataccia davanti agli altri ricoverati e lo aveva abbandonato seduta stante lasciandolo solo sotto lo sguardo di disapprovazione dei sanitari presenti. 

Nell’ultimo mese Tomatis era rimasto solo a casa a riprendersi ma lei non si era fatta sentire, ancora evidentemente offesa dallo scherzo che lui aveva ideato. Come riavvicinarsi allora, come farsi perdonare? 

E come resistere a quello che per Monsù Tomatis era il periodo più prolifico per gli scherzi di tutto l’anno: il carnevale? 



Ma basta! Si era alfine detto Luigi Tomatis, è arrivato il momento di crescere, di dimostrare un poco di saggezza. Doveva essere pazzo per aver messo a repentaglio l’affetto e la dolce compagnia di quella donna gentile che era stata in pena per la sua salute, per la sua sorte. E per non aver saputo resistere alla tentazione di farle credere di aver perso la memoria solo per vedere la sua faccia, la reazione che avrebbe avuto… Ma ora era il momento di chiedere perdono, di essere serio, di dimostrare che qualcosa si poteva salvare. 



Non si era fatto vedere, Monsù Tomatis, in giro per la città, dagli amici del circolo né da altri da almeno qualche giorno perché voleva essere accettato prima dalla sua amica che per il momento non rispondeva al telefono e non manifestava intenzioni amichevoli… 

Aveva bussato alla sua porta per tre giorni di fila e alla fine lei lo aveva fatto entrare, senza dire una parola, gli aveva preparato un caffè amaro e gli aveva indicato una sedia. 

Lui stava per attaccare un confuso discorso di scuse che si era preparato a casa nelle ultime settimane quando con un gesto brusco e inequivocabile lei lo aveva zittito e gli aveva intimato di non muoversi da casa sua per nessuna ragione, lei sarebbe uscita per una cosa urgente e se davvero voleva rivederla, lo avrebbe dovuto trovare lì sulla sedia che gli aveva indicato poco prima. 

Tomatis non era stato capace di reazione, intimorito dall’atteggiamento della donna, era rimasto seduto a fissare la parete per qualche ora finché lei non era tornata e avevano preso a parlare, a spiegarsi come sperato. Ciò che colpiva Monsù era la facilità con cui lei sembrava averlo perdonato, l’indulgente tono quasi dimesso che lei mostrava. Dopo la dura accoglienza si era aspettato fuoco e fiamme e invece niente… Quando era tornato a casa era molto tardi, nessuno per strada, solo un randagio che lo aveva fissato senza interesse. 

Il mattino era giunto dopo una notte popolata da strani sogni inquieti e lo aveva destato con fastidiosi rumori sotto, nell’androne. Sembrava che qualcuno stesse facendo un trasloco ma questo ovviamente non era possibile, lo avrebbe saputo, eppure da un furgone stravano scaricando qualcosa… 



Curioso Monsù scende le scale così com’è, in ciabatte e il mozzicone di sigaro che gli penzolava tra le labbra gli cade d’improvviso bruciacchiandogli un piede. L’androne è stato tappezzato con un lungo drappo viola, dal furgone hanno scaricato dei mazzi di fiori ed hanno montato una grossa corona funebre su di un trespolo. Si avvicina per leggere Monsù e mentre dei singulti isterici gli stanno salendo su dalla gola, riconosce con un brivido freddo il suo nome. Sulla corona campeggia la poco fantasiosa scritta: “Al caro Luigi Tomatis, dagli amici del circolo in perenne ricordo” e mentre il ragazzo scarica altri fiori dal furgone, lo guarda inebetito senza sapere se piangere o se ridere… 

A carnevale… se lo era voluto. Era stato giocato da una mente superiore, aveva voluto scherzare ed era stato scherzato alla grande. 

Aveva finto di aver perso la memoria e la geniale donna aveva convinto i suoi amici che di Monsù Tomatis non era rimasta che la memoria… 

Almeno adesso erano pari, anzi considerava lei in vantaggio per l’enormità del suo scherzo, e ora non aveva più nemmeno il problema di essere perdonato. 

Semmai quello di tornare alla vita…. 







乔治· 





Monsù Tomatis e il ritorno alla vita 







Il nostro monsù Tomatis ha appena finito di litigare con l’addetto delle pompe funebri che, su segnalazione di qualche solerte amico, vuole a tutti i costi organizzargli un degno funerale. “Mi creda, ora mi sento molto meglio” si sente dire Luigi Tomatis alla cornetta e gli scappa da ridere. 

Sì, pensa, ora sto certamente meglio. Sarà che le giornate durano di più, sarà che comincia a fare più caldo, sarà che ha fatto una lunga passeggiata nei giardini della Reggia con Angela, la signora con bambino che lo ha magistralmente buggerato e di cui ha finalmente acconsentito a rivelare il nome. 

E’ raggiante, monsù, anche se hanno da poco ripulito il portone dalle corone funebri e dai manifesti riportanti il suo nome, nonostante conoscenti e amici chiamino ancora al telefono, timorosi che risponda qualcun altro e si sorprendano a sentire che Luigi Tomatis è ancora vivo! [1]

Durante la lunga, romantica, luminosa passeggiata, oltre ad ammirare fiori e siepi i due si sono raccontati, spiegati e rivelati tante cose e ora Tomatis sa cosa deve fare, da troppo tempo tergiversa, da troppo accampa scuse per non seguire ciò che il suo cuore ha capito da tempo. Questa donna è quella giusta e non vuole per nessuna ragione perderla. Non ha che da dimostrarlo, non ha che da dirglielo. 

Dal momento che non è molto esperto dell’universo femminile chiede consiglio al suo amico Valentino, che in realtà si chiama Gino ma è chiamato Valentino per le sue millantate capacità nell’arte amatoria. Valentino gli consiglia di mettersi a dieta, di cambiare pettinatura e di radersi i baffi, poi di mandare ad Angela ventiquattro/trentasei rose rosse e di invitarla per un esplosivo fine settimana in un cadente alberghetto sul lago, già teatro di alcune proprie esperienze giovanili. Tomatis obietta che non vuole un’avventura erotica, cioè sì, non sarebbe da escludere ma non solo quella, che non sente il bisogno di cambiare aspetto ma l’amico è irremovibile e lo costringe ad accettare in regalo un disgustoso dopobarba che Tomatis non userebbe nemmeno come repellente per gli insetti… 

Un altro amico gli consiglia di dare una mano di bianco all’appartamentino di lei per dimostrarle il suo affetto, idea poco sentimentale ma dalla praticità innegabile. 

Tomatis ha già deciso cosa fare, le comprerà un anello e le chiederà di sposarlo, e lo farà lì nei giardini della Reggia, che tante volte li hanno accolti, coccolati e avvolti e lo farà alla presenza di quell’adorabile ragazzino che ha sempre voglia di giocare con lui e che lo ha conquistato con la sua sveglia e inesauribile fantasia. 

Si reca dall’orefice di fiducia. Da anni Tomatis compra collane, braccialetti, medagliette per feste e ricorrenze sacre e profane dal suo amico gioielliere che lo consiglia e lo guida negli acquisti. Per l’occorrenza si serve di un catalogo speciale, per le grandi occasioni, mica vuoi comprare un anello dozzinale e sciatto, Monsù, occorre colpire nel segno, ammutolire la donna che lo riceve, sorprendere e dimostrare tanto amore, occorre in sostanza non badare a spese… 

Così scelgono un’opera d’arte, un anello con brillante che sarà fatto appositamente per l’occasione, che renderà la fortunata destinataria felice ed unica! 

Ci vorranno solo un paio di settimane…. Monsù Tomatis è deluso, vorrebbe farle il regalo prima possibile, tra i fiori appena sbocciati, appena prima del tramonto quando la luce è ambrata e prende una gradazione indefinibile. Aspetteremo, pensa, ormai è deciso. 

Dovete sapere che la bocciofila frequentata dagli amici del Tomatis è luogo di ritrovo per molte persone dalle attitudini e dalla salute variegata. 

Frequentatore assiduo e conoscente di monsù troviamo anche certo Jack Nicolson, al secolo Filippo, chiamato così per la sua teatralità e per i suoi trascorsi in vari ospedali e residenze psichiatriche. Nicolson, come altri, ha visto, passando davanti al portone dell’abitazione di Tomatis, le corone e le insegne funebri e ne è rimasto colpito, ma ora che gli hanno spiegato che si trattava di uno scherzo si è molto risentito perché non si fa così, stanno creando un disordine nell’universo che il buon Signore punirà certamente. Si forma lentamente nella sua testa l’idea di rimettere ordine e così una sera si procura una mazza di legno e aspetta Tomatis nascosto nell’ombra. La botta che Nicolson produce sulla testa di monsù Tomatis ha un che di cinematografica eleganza ma è infiacchita da anni di ripetuti grappini e non sortisce l’effetto voluto, il disordine rimane nell’universo e Tomatis rimane al suo posto sulla terra, anche se ne avrà per due settimane salvo complicazioni. I giorni passano tra l’ennesimo ricovero, le medicazioni (oramai Luigi Tomatis conosce per nome tutto il personale sanitario che si è preso cura della sua testa ferita) e i manicaretti che Angela gli prepara e gli porta a domicilio. Appena può uscire da casa monsù Tomatis, si reca dall’amico orefice per ritirare il meraviglioso anello da lui scelto ma trova ad attendere il negoziante con un’espressione funerea, c’è stata una rapina al portavalori che doveva consegnare l’oggetto prezioso. Tomatis non crede alle sue orecchie, qualcosa di sotterraneo e oscuro, una forza malvagia, una congiunzione astrale ostile lotta contro il loro fidanzamento! 

Monsù Tomatis ha un moto di ribellione, una nuova forza gli nasce dentro, un impulso irresistibile di contrastare gli eventi avversi… 

Compra il primo anello che gli capita di vedere nella vetrina, lo paga in contanti ed esce dal negozio quasi travolgendo una coppia di signori con barboncino al seguito. 

Esce dal negozio con l’anello in tasca, non se lo è fatto neanche incartare, non c’è tempo urla all’amico, una ventata calda lo investe e lo rigenera di nuova vita. La primavera è arrivata e si sente vivo come mai prima d’ora. 

Mio angelo sto arrivando e niente potrà fermarmi adesso. 

Monsù Tomatis è finalmente tornato alla vita. 






[1] Vedi il numero precedente “Monsù Tomatis e lo scherzo di carnevale” 










Monsù Tomatis e le malelingue pianificate. 







La vita di Luigi Tomatis, conosciuto nella volte ridente, a volte seriosa cittadina della Venaria è tornata pacifica, tranquilla, quasi routinaria. 

Tutto è ben organizzato, tutto pianificato. Mattino presto passeggiata igienica con Pippo, poi lavoro in ufficio tra carte, pratiche, timbri, inchiostro e fotocopie. Al pomeriggio una piccola spesa per la famigliola che ora è aumentata, rientro a casa, correzione di compiti del piccolo Marco e saluti affettuosi e scambio di coccole con Angela. Sera tra i fornelli a dare una mano perché si è scoperto che Monsù è portato, anzi è davvero dotato in cucina, non sbaglia mai la cottura al dente, non esagera una volta con i granelli di sale e non ha mai carbonizzato niente, anche se Angela è un’ottima cuoca e in realtà lo fa lavorare di rado. 

Cena tranquilla e serena con televisore rigorosamente spento per gustare meglio le voci e i risolini di questa nuova famiglia e lo sguardo vanamente implorante di Pippo che sembra sempre non mangi da un mese. 

Dopo cena le notizie e magari un film, la sera tardi nuova passeggiata igienica con Pippo e poi la nanna. 

Questa la tipica giornata di Monsù che non riesce a credere di avere raggiunto quest’equilibrio, questa serenità e realmente non desidera altro, come se non abbia mai desiderato altro. 

Un mattino un collega lo guarda in modo strano e insolito. Tomatis si chiede cosa voglia e dopo un po’ finalmente il collega si sbottona e gli chiede: gira voce che hai vinto alla lotteria, dimmi, è una cifra alta? 

Monsù Tomatis rimane di sasso mentre l’altro attacca: lo so che non vuoi dirlo, capisco che tu voglia tenere la cosa nascosta ma con me ti puoi confidare. Si vede sai che ultimamente sei felice, ti va tutto bene, non ti lagni più del lavoro, devi proprio aver ricevuto un bel gruzzolo… 

Che cosa può confidare Tomatis a quel collega dalla testa dura e dal comprendonio ancora più duro, semplicemente nulla, quindi lo lascia parlare si volta e se ne va. 

Qualche giorno più tardi, all’uscita dall’ufficio Monsù Tomatis incontra un vecchio amico del bar che lo ferma e lo guarda come si guarderebbe un fantasma. Ma Monsù, tu sei qui? 

Perché, dove mai dovrei essere? Risponde quasi stizzito Luigi Tomatis. 

Ma sai, mi avevano detto che la donna ti aveva lasciato e tu eri partito per l’estero ma nessuno sapeva dirmi dove eri finito, ti ho cercato anche su feisbuuc ma non sono stato capace di trovarti, e ora eccoti tornato… 

Ma tornato da dove che non sono mai partito! Risponde irritato Tomatis precisando che su facebook lui non si era mai registrato. 



Un altro giorno mentre Tomatis sta pranzando da solo al bar durante la pausa, gli si avvicina un signore, all’apparenza un perfetto estraneo che lo chiama a grandi gesti con un entusiasmo che non ha pari di chi incontra un vecchio compagno di scuola. 

L’uomo ha radi capelli grigi ed è in evidente sovrappeso, gli si avvicina e lo stringe in un abbraccio soffocante. Sono Gianni, il tuo compagno di banco alla prima superiore, ti ricordi? 

Tomatis fa un timido si con la testa perché non vuole deludere l’entusiasmo del signore e perché lui sta ricordando un capellone magro come un chiodo. 

In realtà ai tempi della scuola ero un capellone magro come un chiodo, fa quello gioviale. Allora Tomatis ricambia con più convinzione l’abbraccio perché quel capellone era un gran simpaticone e un ottimo compagno di scuola. 

Chiacchierano per svariati minuti snocciolando nomi e cognomi di gente persa per strada come fanno tutti i vecchi compagni di scuola. 

Poi Gianni ex capellone ed ex chiodo gli chiede una cosa: per caso stai con qualcuno? Che cosa vuol dire qualcuno, vuoi sapere se sono fidanzato o sposato? 

No sai, beh, non so come dire, io non mi sono spiegato… è imbarazzato l’ex compagno di banco, il fatto è che mi avevano detto che tu, beh, sai eri come dire… insomma ti piacevano gli uomini… 

Questa poi, fa Monsù Tomatis che non riesce a credere alle proprie orecchie, ma com’era potuto capitare, tutte le voci più disparate sulla sua esistenza gli tornavano all’improvviso tutte ravvicinate ma si erano messe d’accordo le malelingue della sua città, si erano per caso organizzate e avevano costruito attorno a lui una vita alternativa? 

Ma sì, pensò tornando sereno Monsù Tomatis, in fondo i pettegoli sono sempre esistiti ed io non ho nemmeno dovuto pagare il biglietto per avere in visione un’esistenza alternativa. 

Di sicuro, pensa Monsù, non sono partito per l’estero, non ho vinto alla lotteria un bel gruzzolo e non ho trovato nemmeno un fidanzato, anche se, sono spiacente per le malelingue, ho avuto comunque una vita interessante. 

Almeno ora ho la gioia e la felicità di tornare alla solita vita familiare, alla mia amata, pianificata routine. 







Monsù Tomatis diventa Messer Tomatis 







Nel mezzo di pensieri astratti e inconcludenti Monsù Tomatis improvvisamente torna alla realtà della sua stanza. 

Luigi Tomatis si affaccia alla finestra e osserva l’enorme cupola fatta di mattoni rossi. Data l’esiguità della sua camera, la grandezza del Duomo lo colpisce maggiormente. Poco distante sull’orizzonte la maestosa torre merlata conosciuta in tutto il mondo come uno dei simboli della città in cui si trova. Monsù Tomatis è soddisfatto della stanza che ha preso, è un buco e deve farsi quattro rampe di scale, che dopo di ciò che gli è capitato non sono il massimo ma da quella finestra si gode un panorama incredibile. 

Cosa è capitato a Monsù Tomatis, cosa ci fa da solo in una stanza di una pensione due stelle, non doveva sposarsi? 

E soprattutto, vi starete certamente chiedendo, cosa è venuto a fare in questa bellissima città che come avrete certamente capito fin dalla prima riga è Firenze! 

Bisogna che vi racconti tornando indietro di alcune settimane. Era tutto pronto ormai per il matrimonio, i vestiti, gli anelli, il sindaco allertato, il ricevimento, i fiori e gli inviti; a tutti i dettagli aveva sapientemente pensato Angela che sembrava non avere mai fatto altro nella vita che organizzare matrimoni. E con santa pazienza li aveva spiegati a un ottuso Luigi Tomatis che al contrario non c’era mai voluto entrare e non aveva mai appreso la misteriosa alchimia dell’unione coniugale… 

L’appuntamento nella sala del consiglio era al pomeriggio, tutto era pronto come vi dicevo, anche la sala del Municipio era piena di fiori e decorazioni. A Tomatis sarebbe piaciuto un matrimonio nelle maestose e regali sale della Reggia ma questo non era stato possibile ed era rimasto un suo sogno segreto. Proprio a questo piccolo rimpianto stava pensando Monsù quando aveva sentito un piccolo fruscio, una lieve quasi piacevole corrente attraversargli il corpo. Bello, un brivido d’amore, di eccitazione per il passo che stavano compiendo. Un’emozione nuova, il prologo ad una vita nuova piena di cose belle e di felicità. Gli era piaciuto quel brivido leggero, quella lieve scossa nel petto. 

Meno gli era piaciuta la seconda che più che una scossa sembrava una fitta, come un bruciore, un gorgo nei visceri che lascia un foro doloroso. E ancora meno la terza che più che una fitta era sembrato un dolore come di un lungo ago infilato al centro del petto e che si muove sgraziatamente alla ricerca di un obiettivo profondo. Finalmente dopo il terzo campanello d’allarme, poiché ora sentiva metà del proprio corpo intorpidito e respirava faticosamente Luigi Tomatis si era destato dal suo sogno d’amore ed aveva con un filo di voce chiesto aiuto. 

Questo in sostanza ciò che era successo. 

Poco in confronto a ciò che era successo dopo. 

In men che non si dica Tomatis, per tutti Monsù, si era trovato anziché davanti al sindaco nella sala consiliare del municipio, sotto le sapienti mani del cardiochirurgo in una lucida saletta dell’emodinamica, odorosa di disinfettante. 

A quella traumatica esperienza erano seguiti alcuni giorni di ricovero in reparto, perché si riprendesse, durante i quali Luigi Tomatis aveva vissuto il momento più drammatico della sua vita quando Angela gli dichiarò che aveva deciso di rimandare tutto, di annullare le nozze, di non essere ancora pronta. Ma si può prendere una decisione simile unilateralmente? Si chiedeva un affranto Monsù dal suo letto, sentendosi spiegare che il figlio di lei aveva subito un piccolo trauma dall’evento nefasto e lei sentiva di non doverlo esporre a tutto questo stress, così gli augurava di guarire bene, di prendersi una pausa di riflessione e di lasciare che lei a sua volta avesse una pausa per riflettere sulle cose della vita… 

Le infermiere del reparto che avevano presto saputo tutta la storia si erano intenerite dalla sfortuna di quell’ometto e con la complicità della parente di una di loro che lavorava in un’agenzia viaggi, avevano regalato al degente un biglietto con un buono ferroviario da consumare in Italia perché si potesse passare la convalescenza dalle pene del cuore visitando le bellezze delle città italiane. 

Appena possibile Tomatis era partito, senza quasi bagaglio tranne la biancheria per cambiarsi e lo spazzolino, fuggendo così i luoghi familiari e dolorosi che lo circondavano. 

Preferiva dormire in piccole pensioni oppure bed & breakfast, avrebbe dormito anche in motel autostradali e dormitori per poveri per quello che lo riguardava, ma presto il fascino dei monumenti, delle chiese, delle costruzioni medioevali e dei reperti più antichi lo aveva rapito e per la prima volta gli aveva fatto non pensare alle sue sventure. E alla terza tappa era giunto alla città del Sommo Poeta e questa gli aveva tolto il fiato. Aveva cominciato a visitare chiese e musei con la meticolosa dedizione di un turista giapponese, cominciava a pensare che sarebbe stato bello vivere in quei secoli bui, girare per i vicoli trafficati solo da carretti e persone e non avere i problemi della vita moderna e la mattina che aveva visitato la casa museo di Dante Alighieri era stato assolutamente folgorato, si era comprato il tascabile della Commedia ed aveva passato minuti beati a leggerla seduto su di una panca davanti al Duomo, fino a quando non era arrivato al quinto canto dell’inferno ed aveva letto le celeberrime tre terzine sull’amore tra Paolo e Francesca. Si disse che anche il poeta doveva avere sofferto molto per scrivere versi così belli e intensi e che da sempre gli uomini avevano sofferto per amore. Aveva ascoltato il ritmico battere nel suo petto aspettandosi un riacutizzarsi del dolore ma non aveva sentito niente. 

Era grato a quella città per avere dato al mondo tale poeta, per offrire alla sua vista opere di tale bellezza ed era contento, nonostante si sentisse così giù di corda, di riuscire ad apprezzare ancora così vividamente le cose belle che il mondo sapeva offrirgli. 



Questo momento della vita è per il Tomatis oscuro e coperto da uno spesso strato di nere nuvole ma lui sente che alla fine le nuvole si apriranno e gli permetteranno di tornare a guardare il sole e le altre stelle. 






[1] N.d.A. Dedicato agli amici di Firenze e alla loro città.

 






Monsù Tomatis e l’ordine ritrovato. 







Luigi Tomatis, conosciuto da sempre nella nostra ridente comunità come “Monsù” Tomatis, è da qualche tempo tornato a casa dal suo meraviglioso e appagante viaggio tra le bellezze e la cultura delle città d’arte italiane. Ha naturalmente ripreso le sue attività, il suo lavoro, la propria vita sociale. 

L’amico Mario l’ha invitato per una pastasciutta serale un poco scotta ma condita da amicizia sincera. Giorgio che non esce mai senza un libro sotto il braccio gli fa notare il segnalibro usato: la cartolina che Monsù gli ha spedito da Firenze. Alberto che non lo vede da mesi lo abbraccia così forte da fargli scappare un gemito d’aria espirata. Insomma tutti gli amici si son fatti sentire e l’hanno invitato a cene, aperitivi, passeggiate e visite alla biblioteca. A nessuno di loro Tomatis fa mancare una risposta positiva perché lo fa star bene e perché ha piacere di ricambiare quell’affetto ricevuto gratuitamente. 

Esce molto e vede amici, sorride e chiacchiera, mangia tanto e non resta mai senza qualcuno con cui scherzare. Frequenta posti affollati e gusta enormi gelati passeggiando per la via maestra. Non si ferma mai, a casa nel tempo libero ha dato il bianco in camera, ha svuotato la cantina buttando via tesori che avrebbero spopolato al mercatino delle pulci, ha riordinato libri e dischi anzi fa di più, legge i libri e ascolta i dischi. Non sembra essere inverno nella testa di Tomatis, giacché sta per terminare le pulizie di primavera quattro mesi in anticipo. 

Anche l’aspetto di Monsù Tomatis è cambiato, è diverso. Non ha nulla di Natalizio, Tomatis dal fisico asciutto e scattante, nerovestito, elegante, ben rasato con due nuove basette sottili e una riga appena accennata di baffi nerissimi e ben curati. Dimostra dieci anni in meno Tomatis, sembra più sicuro, più moderno, più deciso. Tutti gli amici l’hanno notato, perfino la dirimpettaia lo osserva con nuova malcelata curiosità. 

Si sente più giovane, lo è per certi versi, si sente rifiorito, vuole riprendere in mano la propria vita, capire dove sta andando e come ci sta andando. 

Ora che le strade sono illuminate da luci Natalizie (poche per la verità che c’è la crisi) e le vetrine sono allestite per ingolosire l’acquirente e rendere felici destinatari del regalo e negoziante, il Tomatis va più veloce, con passo sicuro e sguardo fermo. 

Ma dove è diretto lo sguardo del nuovo Monsù Tomatis, dove è rivolto? 



* * * 



Guardando meglio ci accorgiamo che è rivolto in basso, lo sguardo di Monsù Tomatis, verso il suolo, sul marciapiede alla sua destra. 

E osservando meglio vediamo anche a chi è rivolto ossia ad un meticcio di taglia piccola, impazzito di gioia, tutto pelo, lingua e occhi rivolti verso l’alto verso il suo nuovo padrone, che conosce da così poco ma che ama in maniera così smisurata ed incondizionata come solo un amore canino sa fare. 



Pippo è stato appena adottato dal canile da monsù Tomatis che, dopo averne a lungo parlato con chi di dovere, e dopo con chi di dovere essere stato sul luogo per vedere i candidati a quattro zampe ed essere stati scelti proprio da Pippo è appena tornato a casa con il nuovo arrivato nella famiglia. Non vede l’ora di salire le scale del suo appartamento ma si accorge che Angela e il piccolo Marco lo stanno ansiosamente aspettando sul balcone da dove lo hanno visto arrivare. Il botolo sembra avere annusato la gioia che pervade l’aria ed è ubriaco di felicità, non la smette di saltare e correre in tondo e riesce a far perdere l’equilibrio e a far cadere le chiavi di mano a Tomatis, che ride come mai aveva fatto prima. 

In realtà l’equilibrio di Monsù Tomatis non è mai stato tanto saldo né la sua vita così piacevole. Tante cose sono cambiate dal viaggio fatto qualche mese prima per le città d’arte Italiane ma Tomatis sa che il prossimo viaggio che farà non sarà solo, ci saranno tre bipedi e un peloso a quattro zampe. 

Nel caos del guinzaglio attorcigliato, delle risate di Marco, dell’abbraccio stretto di Angela, dell’abbaiare di Pippo e delle chiavi che gli cadono di nuovo Monsù Tomatis sorride e sa che la sua vita non è mai stata tanto ordinata. 











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