sabato 23 gennaio 2021

Lo scemo del villaggio. Joker, Poker e Ambu!











Non è una vita comoda, quella che vivo. 

Potrebbe sembrare così ma così non è, ve lo assicuro. Anche se passare le mattine al tavolino del bar, nella piazza del paese, incontrare gente, parlare con tutti, presentarvi di tanto in tanto lo scemo di turno, aspettando di prendere la pensione alla fine del mese, potrebbe sembrare, a qualcuno, il paradiso. Avrei potuto scegliere un destino più semplice, quello preferito da tanti altri, andare a passeggio e valutare, osservare, giudicare i lavoratori dei cantieri. Fare l’Umarel è una predilezione, una vocazione ma non è la mia. Me ne sto qui, in apparenza senza far nulla, in realtà lavoro molto e sono molto impegnato. 

Stamattina, per esempio ho incontrato, dopo una vita che non li vedevo assieme, Joker e Poker. Sono due fratelli di quarant’anni. Non si sono sposati e vivono in una casa di due piani, pare che si siano giocati il diritto di abitare al piano superiore, durante un’infuocata notte di poker. Com’era prevedibile vinse Poker, cioè Paolo, giocatore semiprofessionista, che prima si divertì a illudere il fratello di avere qualche possibilità. Gianni, in altre parole Joker, era bravo a fare giochi di magia, illusionismo e altre cose con i mazzi di carte da gioco ma era una schiappa a giocarci. Non giravano mai assieme, divisi dalla soletta della casa e da un’innata rivalità. 

Al bar arrivò prima Joker, lo invitai a sedere e gli offrii un aperitivo. Mentre aspettavamo che Gigio il barista ci preparasse gli Spritz, Joker prese tre tovagliolini, fece tre minuscole palline e si mise a farle roteare in aria prima con due mani, poi con una mano sola. Le palline disegnavano un’ellisse perfetta che mi fece innervosire. Per fortuna a Joker basta chiedere di smettere e lui lo fa. Per la precisione non smette ma cambia intrattenimento. Così tirò fuori un mazzo di carte, prese due donne e un asso e li mise sul tavolino. 

-Trova l’asso, è facile. Poi girò le carte sul dorso e si mise a mescolarle alla velocità della luce. Una voce da dietro la colonna disse: - La carta al centro! 

Io girai la carta, che era effettivamente l’asso. Joker s’infuriò e apparve suo fratello Poker che evidentemente conosceva il trucco. Io cedetti il mio aperitivo a Poker, che si lagnò per non avere puntato soldi sull’asso, bevve d’un fiato e andò via senza ringraziare. 

Poi si alzò anche Joker lamentando che incontrare suo fratello gli rovinava sempre la giornata, poi lanciò in aria il cappello, lo riprese con una mano dietro la schiena e con un gesto elegante lo fece roteare fin sopra la sua testa. Mi salutò facendo l’occhiolino e andò per la sua strada. 

Pensai se potesse essere un’opzione che il ruolo di scemo del villaggio fosse assegnato per una volta ex aequo. 

Intanto mi toccava ordinare un altro aperitivo. 



E mentre Gigio il barista rientrava a preparare l’ordine, vidi arrivare un uomo in tuta arancione catarifrangente, che illuminava tutta la piazza con i raggi riflessi di luce. 

Era Ambu! Al suo arrivo tutti si sentono più sicuri. Quando c’è Ambu non c’è niente da temere. Il suo vero nome nessuno lo ricorda con precisione, potrebbe essere Dino ma non ci sono certezze. Ambu è autista volontario di ambulanze, da trent’anni. Ha cominciato conducendo il Fiat 238 quando era Alpino, nell’esercito e non ha mai smesso. Si prende i turni peggiori, la notte di Natale, il giorno di lunedì di Pasqua e così via. Gli altri volontari non sono tanto contenti di lavorare con lui, non perché non sia bravo a guidare, piuttosto perché ogni volta che si appresta a mettere qualcosa in bocca o avvicina le fauci a una tazzina di caffè, la radio gracchia una chiamata. Una volta organizzarono il pranzo di Natale in sede, appena Ambu infilzò il tacchino col coltello, arrivò la chiamata dalla centrale e partirono tutti dimenticandosi il tacchino ripieno sul tavolo. Quell’anno l’unico a festeggiare fu Billy, un botolo meticcio, mascotte della squadra, che però rimediò un’indigestione e dovettero chiamare anche il veterinario. 

- Ciao Ambu, lo vuoi un aperitivo? 

-Certo, grazie. Fu la sua cordiale risposta. Bella giornata per stare in piazza, vero? 

Effettivamente mi stavo godendo il tepore del sole. 

Ambu si sedette al tavolino. L’ambulanza brillava al sole, al fondo della piazza. 

Tutto era calmo e placido. 

E naturalmente, appena Ambu poggiò le labbra al bicchiere, gracchiò la radio delle chiamate. 
















domenica 17 gennaio 2021

Amore è volere














Amore è volere. 

L'amore non è solo un sentimento, è un muscolo. 

Va allenato ogni giorno altrimenti si atrofizza. 

Ogni giorno ripetizioni, scatti, allunghi. Occorre curare lo stretching altrimenti si va incontro a stiramenti e strappi. E come ogni muscolo che si sia stirato o infortunato e non può essere usato, poi non è in grado di amare, per lungo tempo. 



Amate ogni giorno. 

Allenatevi, dirigere, indirizzate la vostra volontà verso qualcuno o qualcosa e amatelo. Con forza, con dedizione, con ostinazione. 

Amate vostro marito o vostra moglie prima che ve lo chieda. Amate un parente lontano prima che costui (o costei) vi telefoni. 

Agite d'anticipo. 

Amate quello che fate perché vi verrà bene e se vi allenate, vi verrà sempre meglio. 

Ragazze, amate i difetti dei vostri fidanzati, perché a volte questi durano più della bellezza e della gioventù e ve li troverete, fra tanti anni più o meno invariati. Noi ci affezioniamo ai nostri difetti e ce ne distacchiamo con fatica. 

Giovani uomini, amate le madri delle vostre fidanzate, perché, qualunque cosa vi dicano, esse saranno sempre la donna che sarà loro guida e loro esempio. 

Amate il vostro lavoro, perché, anche quando vi riserva imprevisti e delusioni, rimane la cosa che vi dà da vivere e sostenta la vostra famiglia. E poi ricordate che sono le persone a deludere, non le attività. 

Amate la scuola e amate i libri, anche quando siete molto giovani e risulta difficile farlo. Perché la scuola v’insegna a leggere i libri e i libri v’insegnano a leggere la vita

Amate il vostro Dio, comunque lo chiamiate. Perché anche quando lo avrete abbandonato o vi sarete dimenticati di Lui, sarà per voi come un numero di telefono sempre libero, a qualunque ora del giorno o della notte. E potreste avere bisogno di quella telefonata. 

Amate quindi e metteteci tutta la volontà. 


Perché amore è volere. 

Credeteci, la volontà può tutto, si può volere anche il tempo e la forza per amare di più. 















domenica 3 gennaio 2021

La camera dello sfogo

 






Quando Marco me lo raccontò, non volevo crederci.

-E non costa nemmeno tanto, venti euro per quindici minuti!

-In quindici minuti, cosa puoi fare?

-Tutto quello che vuoi, ti dico. Spacchi tutto e quando esci sei bello sudato.

La camera dello sfogo, che idea. E nella mia città, un posto anonimo e grigio, dove non c’era niente d’interessante da fare. La camera dello sfogo, l’aveva chiamata così Marco ma io pensavo che il vero nome potesse essere un altro. Una stanza riservata e insonorizzata che prenotavi, e a quanto pare la lista d’attesa era parecchio lunga, e potevi entrarci e spaccare tutto quello che trovavi, soprammobili, vasi, piatti e bicchieri, vetrine con porcellane, televisori e computer. A disposizione una serie di oggetti all’uopo, mazze da baseball, bastoni metallici, cric per auto e ovviamente robuste visiere di protezione e guanti da lavoro. La sicurezza prima di tutto, pensai ridendo.

L’idea di passare quindici minuti in quella stanza a rompere tazze e bicchieri sulle pareti, spaccando monitor immaginando che fossero quelli dell’ufficio, rovesciando mobili era stuzzicante… secondo Marco era stata l’esperienza più esaltante che avesse provato durante quest’ultimo deprimente anno. –Ti sfoghi davvero e quando esci sei svuotato e felice! Il mio amico ne era certo, un’esperienza da fare!

Mi convinse, presi indirizzo e coraggio e andai a prenotare, perché la linea era sempre occupata. All’ingresso c’era una locandina che prometteva:

Risolvi i problemi, dimentica lo stress, sciogli l’ansia!

Dietro il banco di formica, anni settanta, un tipo magro con occhialetti rotondi alla Lennon, seminascosto da un pc datato, se ne stava serio a fissarmi con una sigaretta spenta, penzolante dalla bocca. Mi chiese se volevo la stanza, certo, ero lì proprio per quello, che cavolo, mi chiesi se era lui a girare le discariche per recuperare arredi e suppellettili da far distruggere a gente nervosa come me. Che poi nervoso ero sul serio, visto com’ero stato trattato sul lavoro e come girava la vita negli ultimi tempi. Il capo, un piccolo incapace, un yes man messo lì dai capoccioni, si era dimostrato un gran bastardo e dopo una breve luna di miele con noi sottoposti, aveva cominciato a trattarci come schiavi, calpestando ogni diritto, e lasciandoci senza prospettive di carriera a parte, ovvio, il solito paio di leccapiedi sempre presenti in ogni dove. A quel punto pensai che fosse stata una buona idea fare un giro in quel posto. Ne sentivo il bisogno, avrei usato bene ogni minuto per distruggere sistematicamente tutto quello che avrei trovato davanti. Il magrolino mi fissava come se potesse leggermi nella mente, poi smise e prese a sfogliare l’agenda. Girò pagine per una quindicina di giorni, poi disse: -Abbiamo un sacco di prenotati, ci sarà da aspettare, ma se si libera un posto prima, la chiamo, altrimenti ci sarebbe la prenotazione Premium… non so se può essere interessato…

Mi chiedevo cosa fosse, quando Lennon fece per la prima volta uno strano sorriso. –Si tratta di una prenotazione da un’agenda diversa, solo la sera tardi, ma costa un po’ di più…

-Quanto? Dal tono capii io stesso che avevo bisogno di quel trattamento, ne avevo urgenza.

-Mille.

-Ma scherziamo? La tariffa era venti euro, e lei mi chiede mille euro? Mi stavo arrabbiando.

Lui, con tono gentile mi spiegò che non si trattava dello stesso servizio ma se ero interessato, poteva spiegarmi.

Ero interessato. E lui spiegò.

Sarebbe stata “invitata” all’evento una persona di mia scelta, l’avrebbero bendata e condotta nella stanza. Adiacente all’edificio c’era un lussuoso Hotel che aveva un ingresso nella via parallela. L’invitato, con un pretesto, sarebbe stato accompagnato in Hotel, dove avrebbe trovato una camera piena di frutta e vino ad attenderlo, dopodiché ci sarebbe stata una festa in suo onore e sarebbe stato condotto da personale istruito, a sua insaputa e con un cappuccio sulla testa nella stanza di cui sopra. Insomma avrei avuto chi desideravo, per quindici minuti a mia disposizione nella stanza dello sfogo.

Mille euro.

Che cosa sono i soldi, pensai, mille euro sono tanti ma a volte vale la pena spendere e poi, si sa, si vive una volta sola.

Lennon mi fece compilare una scheda, dove scrissi il nome del fortunato vincitore e il suo indirizzo. Tra pochi giorni ci sarebbe stata una serata disponibile. Prenotai e promisi di pagare entro il giorno successivo, pena la nullità dell’accordo.

Mille euro li avevo sul conto e tra poco non li avrei avuti più, ma pensai al mio principale, a quanto sarebbe stato bello averlo stretto in una morsa anche solo per quindici minuti.

Ero stato un discreto battitore da ragazzo, mi piaceva roteate una mazza e non vedevo l’ora di maneggiarne una di nuovo.

Mentre ritiravo il contante in banca, osservai i manifesti sulla parete alle spalle dell’impiegato.

Erano pubblicità dei servizi bancari, offerte di prestiti a tassi vantaggiosi e mutui per la prima casa ma uno mi colpì.

Misi gli occhiali perché non credevo a ciò che vedevo.

Mi sembrava di leggere:

Risolvi i problemi, dimentica lo stress, sciogli l’ansia!

 

Proprio quello di cui avevo bisogno.