domenica 19 settembre 2021

Sogno o son desto?

 





Sogno o son mesto?

 

Come mi piacerebbe fantasticare di stare sognando. Immaginare di dormire e vivere un incubo che cesserà appena aperti gli occhi. Ma so che non è così. Sono sveglio. E sono circondato da esseri che non credono alle evidenze. Non solo. Nemmeno accettano che ci sia una moltitudine che, a differenza loro, alle evidenze sa di poter credere e, contro quella moltitudine, reagiscono con violenza ottenendo solo un muro contro muro.

Come vorrei essere addormentato, invece sono sveglio e questo mi precipita nella mestizia.

 

Sogno o son lesto? 

 

Ogni mattina ti svegli e sai che devi correre, e questo ormai è noto non solo in Africa. Perché c'è sempre qualcuno già sveglio che con opportunismo sta lavorando per avere vantaggi e benefici, ben consapevole che il prezzo da pagare lo lascerà a te. Meglio essere lesti e reattivi se non vogliamo accontentarci delle briciole.

 

Sogno o son pesto?

 

Ma quando non si è abbastanza rapidi con cervello e parole, si rischia di battere i denti, di prendere tante di quelle bastonate, non sempre metaforiche, che davvero sarebbe meglio non uscire dal letto la mattina. E nonostante tutto, pur essendo un tipo mattiniero, resto umano e le bastonate le prendo ugualmente, così mi ritrovo certe sere livido e pesto.

 

Sogno o son questo? 

 

Saremo fatti della sostanza dei sogni, come scriveva il drammaturgo inglese, ma siamo anche di carne e sangue. I lividi fanno male e anche certe persone. Sarà che mi perdo in mondi fantastici, sarà che mi piace sognare ma quando sono sveglio, reagisco alla mestizia, sono veloce quanto basta e all'occorrenza so piazzare un colpo efficace. So fare male, non ho imparato da un tutorial ma dalla vita, che toglie e dà in un continuo turbinio privo di logica o giustizia.

 

 E quando non sogno, resto vigile e lavoro duramente per mantenere tutto in equilibrio.

Questo sono.

 

Con amore.

 

 

 





sabato 11 settembre 2021

Let’s rock!

 





Vorrei iniziare con un aneddoto.

Una sera, prima di un concerto, il cantante solista nonché leader di una celebre rock-band, si mise a girare per i corridoi dei camerini, urlando: “Dov’è il mio batterista, dove si è cacciato!”

Andò a picchiare contro la porta di Charlie ma non ottenne risposta.

Si narra che il batterista ignorò di proposito il chiassoso richiamo, finì di prepararsi, poi uscì dal camerino, raggiunse quello di Mick, si fece aprire la porta e gli sferrò un gran cazzotto in piena faccia, dicendo poi:

“Non sono io il tuo f*** batterista, caso mai sei tu il mio cantante!”

I due musicisti in questione erano Charlie Watts e Mick Jagger.

Dopodiché andarono sul palco e fecero il loro concerto.

 

C’è chi dice che si sia trattato di uno scherzo, chi racconta che sia successo di notte, chi scrive che si tratta di una leggenda, come leggendari sono diventati i protagonisti della nostra storia.

Stiamo parlando dei Rolling Stones e non faccio fatica a credere che gente del loro calibro avesse, oltre al talento straordinario, un carattere da vendere.

Ma non siamo tutti Rolling Stones!

Quello che vorrei dire è che i due, a parte i loro screzi e disaccordi, a patto che ne abbiano avuti davvero, facevano musica e per suonare davanti alle folle occorre essere in sincronia, andare a tempo ed essere intonati, quindi, cazzotto o no, erano cavalli di razza che sapevano galoppare assieme sul palco.

Per stare bene assieme, oltre a suonare la stessa musica, non si dovrebbe arrivare a darsi pugni in faccia, almeno questo è quello che ci auguriamo tutti, ma spesso occorre dichiarare e chiarire la propria posizione. Se il cantante pensa di essere il proprietario della band (batterista compreso) qualcosa non va. Se il batterista si tiene dentro, represso, un sentimento di rancore verso il cantante, qualcosa non funzionerà. Andranno sul palco e steccheranno davanti a tutti.

Ovunque, quando non si è chiari su chi fa cosa e su quale obiettivo si voglia raggiungere, qualcosa prima o poi non funzionerà e non basterà una bella voce o una grande conoscenza dello strumento per salvare la faccia.

Una rock band è composta di pochi elementi che spesso vanno e vengono, ma un’organizzazione complessa è tutta un’altra cosa. Dunque evitiamo che a prendere il pugno in faccia sia il benessere lavorativo stesso, evitiamo di arrivare al momento in cui una primadonna si lasci andare in dichiarazioni da diva e qualcuno, giunto al limite della sopportazione, dia di matto e cerchi di colpire il viso del primo. I segnali ci sono e chi li ignora, pur vedendoli, è altrettanto colpevole.

Non siamo tutti Rolling Stones, dicevo prima, e questo non è completamente un male. Abbiamo bisogno anche di cori di montagna, musica popolare, orchestre, l’offerta deve essere più ampia possibile ma in ogni gruppo ci deve essere chiarezza sul ruolo e sulle competenze di ognuno.

E su chi ha il dovere di dirigere l’orchestra.

Fatto questo avremo almeno una base su cui lavorare, si potranno accordare gli strumenti e si potrà andare in scena.

Con il benestare di Mick e del compianto Charlie!