sabato 30 dicembre 2017

luoghi insoliti: Astronomia biblica

luoghi insoliti: Astronomia biblica: Nella seconda lettera di Pietro (al capitolo tre, versetti dall’8 a 12 se volete cercarli) sono citate le seguenti affermazioni: ...

Astronomia biblica








Nella seconda lettera di Pietro (al capitolo tre, versetti dall’8 a 12 se volete cercarli) sono citate le seguenti affermazioni:
“i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta.”
E ancora:
“i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno!”

Non sono qui a voler spaventare nessuno, tranquilli!
Certo, è vero che la Bibbia non va letta come si legge un catalogo di acquisti online, e neppure come fosse un romanzo di formazione russo.

Mi sia concessa una riflessione.
Ho avuto, per un momento, l’impressione di essere davanti a un trattato scientifico che descrive, con dovizia di particolari, cosa accadrà quando la stella del nostro sistema solare, quella che noi chiamiamo sole, deciderà che è il momento di porre termine alla propria vita gassosa.

Se ho capito bene, l’idrogeno del nucleo si esaurirà, la stella diventerà una gigante rossa, aumentando le proprie dimensioni di circa duecento volte e provocando dapprima l’evaporazione di tutti gli oceani e immani incendi sulla crosta terrestre, per poi inglobare tutto il pianeta facendolo fondere ed evaporare!

Tranquilli, non succederà prima di cinque o sei miliardi di anni, non so dire se di mattina o di pomeriggio…
Certo è che già fra tre, quattro miliardi di anni il pianeta non sarà più abitabile, non che oggi lo sia molto di più… dirà qualcuno, tirando fuori una certa vis polemica!

Mi accorgo di divagare…
Mi sono chiesto, ma come faceva un ebreo vissuto nel primo secolo, di mestiere pescatore e che non poteva avere idea di cosa fosse non dico la volta celeste ma nemmeno un cannocchiale, con buona pace di Galileo, a conoscere e descrivere eventi così precisi?

A questo non so rispondere ma una cosa la so.
Noi abbiamo bisogno di profezie. Ci servono previsioni. Abbiamo necessità di sapere cosa succederà, quanto ci serve l’ossigeno per respirare.
Troviamo conforto quando qualcuno sa calcolare gli eventi, siamo più tranquilli se ci dicono cosa capiterà, riusciamo a credere agli oroscopi come fossero una scienza e ci facciamo allegramente spillare soldi da esperti di tarocchi e da chiromanti!
Tutto pur di non dover accettare il dubbio del domani.
Tutto pur di non dover sopportare il peso dell’incerto!

A noi non serve l’esattezza dell’evento. A noi è sufficiente una voce calda che ci rassicuri. Ci basta la previsione. Al mattino ascoltiamo speranzosi l’oroscopo alla radio, e ci tratteniamo a sentire se faremo un incontro interessante o se dovremo stare attenti a evitare acquisti incauti, senza poi la sera verificare se tutto ciò sia avvenuto o no, se Saturno sia uscito oppure entrato!

Ascoltiamo fedeli il meteo, ormai preciso al minuto, regolando abbigliamento e umore a ciò che racconta il conduttore.
Il nostro navigatore ci informa preventivamente sulle condizioni del traffico e possiamo decidere di cambiare percorso ancora prima di mettere in moto l’auto!

Tutto quindi è diretto verso una giornata già prevista, pianificata e organizzata. Tutto è diretto al raggiungimento di una vita piena di certezze, senza grosse sorprese.
Tutto è già stato previsto, i problemi già affrontati e risolti ancora prima che si presentino.

Ma essere così preparati e proattivi non ci servirà.
Perché quello che deve avvenire è per noi un mondo inviolabile.
Perché il futuro è un posto segreto e non serve affannarsi a cercare di conoscerlo ma solo prepararsi ad affrontarlo con coraggio e con la fronte alta, con la voglia e la capacità di accogliere tanto i successi quanto i fallimenti.
Senza ansia.
Senza fretta.

Tanto abbiamo ancora qualche miliardo di anni…




venerdì 22 dicembre 2017

luoghi insoliti: Cose da volere per Natale

luoghi insoliti: Cose da volere per Natale: Che cosa vorrei per Natale? Presto detto: Il profumo PakoRabanno, che una goccia si sente tutto un anno. La Domotica per l...

Cose da volere per Natale






Che cosa vorrei per Natale?

Presto detto:

Il profumo PakoRabanno, che una goccia si sente tutto un anno.
La Domotica per la casa che lava, stira, cucina e appena ti siedi, la sera ti massaggia anche i piedi.
La Lettiera elettronica per il gatto, che se ti lamenti, frigge all’istante le deiezioni e le vaporizza in deodorante per ambienti.
Lo Smartorologio che conosce tutti gli eventi della storia e ti fa fare bella figura alle interrogazioni oppure un normale orologio a cucù che alla storia non ci penso più.

Poi qualcosa di personale:

Una mia cellula criocongelata e pronta per la clonazione, per il bene della nazione.
Un soggiorno al centro benessere del Senato della Repubblica, dove senza farti male, rendono vispe trote anche gli stoccafissi sotto sale.
Una gita sulla Stazione Spaziale Internazionale della Nasa per girare in orbita sopra casa.

E ancora:

La Jaguar E-Type di Diabolik.
L’Aston Martin DBS V12 di James Bond.
La Lamborghini Aventador di CR7.
Due ammortizzatori nuovi per la mia vecchia Hyundai.

E alla fine:

La vista di un rapace.
La lungimiranza di Nostradamus.
La forza di Superman ma senza allergia alla Criptonite.
Essere la voce solista al prossimo tour dei Queen.
Vorrei non avere più capi tranne quelli nell’armadio.

Dopo tutte queste cose, se possibile, ancora qualcosa per gli altri:

Sale in zucca per gli insipidi.
Brio per i lenti.
Calma per gli agitati.
Speranza per i disperati.
Luce per gli oscuri.
Comprensione per gli inconsapevoli.
Energia per gli indolenti.

Amore per tutti quanti!



sabato 16 dicembre 2017

La solitudine nella folla








Siamo in tanti.
Troppi.

Tutti spingono, sento il fiato sul collo, il brusio delle voci che sale dalla gente graffia le orecchie come lo stridio dei freni di una vecchia motrice.
L’ingresso dista non più di cinque, sei metri ma sembra lontanissimo.
Basta, desisto.
Esco dalla coda, troppa gente isterica, troppi sguardi torvi e cattivi. Trovo incredibile che gente così grossolana sia tanto attirata da un museo e dall’arte che esso propone.
Saranno le feste, sarà che offrono ingressi a metà prezzo…
La mostra la vedremo un altro giorno.

Hanno aperto il villaggio di Babbo Natale, lo so che è una cosa pacchiana e preparata appositamente per i bambini ma dicono sia molto bello…
Giro l’angolo e rimango di sale, la coda arriva alla fine della strada!
Non è cosa. Lasciamo spazio ai bambini che urlano, piangono e si lamentano che fa freddo, hanno fame e poi perché devono aspettare tanto per vedere babbo Natale?
Forse, penso, perché è ancora metà dicembre e anche perché i vostri genitori non hanno prenotato l’ingresso online…
Niente villaggio di Babbo Natale.

Come impiegare allora questo prezioso e raro tempo libero? Anche di festa rimangono aperti i supermercati.
Presto fatto, sono dentro, più rassegnato che incredulo.
Tutto è un turbine di luci, colori e suoni.
Lo so che tutto ciò dovrebbe creare un clima di bontà, pace e festeggiamenti ma in realtà mi sento un poco inquieto.
Dal momento che sono entrato, approfitto per acquistare qualcosa da mettere in frigo e un paio di regalini.
Trovo tutto, scelta, qualità, convenienza, per forza, siamo in un supermercato in un giorno di festa… Mi accorgo che il brusio è aumentato, col passare dei minuti la presenza umana è più che raddoppiata. La mia inquietudine diventa ansia.
Raggiungo una cassa poco affollata, attendo ma una donna col pancione mi passa davanti scrutandomi minacciosa, guardo in alto e leggo: cassa prioritaria per gestanti.
Non mi ero accorto, mi scuso.
La mia ansia si tramuta in principio di panico.
Scelgo un'altra fila ma un tipaccio con due stampelle ne mette una di traverso impedendomi di avanzare. Cassa disabili.
Ok, ho capito!
Studio il contenuto del mio carrello: nulla d’indispensabile.
Penso: tenetevelo!
Torno a casa.

Ma quanti siamo? Non mi ero accorto che eravamo così tanti, neanche a ferragosto sulla spiaggia di Rimini!

Siamo in tanti, forse troppi. Una folla che spesso non basta a non far sentire la solitudine.
Siamo in tanti.

Molti pronti a preparare, organizzare, cucinare, addobbare, incartare, baciare, abbracciare, brindare, ballare, cantare, ubriacare, e così via.
Qualcuno pronto a spingere, alzare la voce, litigare, rovinare…

Chissà in quanti saremo davvero a festeggiare il Natale che verrà?







domenica 3 dicembre 2017

Dante aveva ragione







Dante aveva ragione.

Inferno, Purgatorio e Paradiso esistono eccome!
Solo che non sono come li ha descritti il sommo poeta.
Esistono e sono proprio qui, sulla terra, dove viviamo noi.

Ecco che qualcuno, più scettico, obietterà, noi non vediamo fiamme e fuoco agli angoli delle strade, diavoli rossi armati di forcone nelle piazze ma nemmeno angeli e cherubini nel parcheggio del supermercato, né putti con l’arpa su nuvolette vaganti!
Certo, lo so benissimo che non li vedete. Capisco che la gran parte delle persone non veda queste cose. Quanto a sentirle è un altro discorso.

Sono sicuro che abbiate percepito qualcosa ultimamente.

E Dante aveva anche ragione su un’altra cosa: la legge del contrappasso!

Quanti amano moltissimo fare uno sport, che so, sciare quand'è che, zack! Si rompe un crociato e addio discese. Chi passa il tempo a frequentare corsi per diventare sommelier e appena carpisce il segreto per diventare un esperto degustatore professionista ecco che gli si alzano le transaminasi e addio vino per sempre!
Per non parlare dei golosi che diventano diabetici insulinodipendenti e non possono nemmeno guardare la foto di una torta millefoglie…
Gli amanti della natura che sono costretti a lavorare quarant'anni in un ufficio con la luce artificiale, chi patisce la solitudine si ritrova a fare il guardiano del faro, chi soffre di labirintite cronica trova lavoro sulle navi, chi non sopporta la gente va a fare il cassiere al supermercato…
Insomma, una miriade di inferni privati e personalizzati, che non mancano di originalità e sadismo!

Ma anche il purgatorio di chi gira sei volte attorno all’isolato per poi parcheggiare a un chilometro e mezzo da casa e quando arriva al portoncino con le chiavi in mano vede il vicino antipatico che fa retromarcia e la mette sotto al balcone… il purgatorio di chi, in coda alla posta, riceve una telefonata che gli intima di tornare indietro dopo quaranta minuti di attesa, quando mancavano due numeri al proprio, dello sfortunato cui si rompono i tergicristalli e inizia a piovere davvero forte!
Di chi esce da casa in ritardo, gira l’angolo con l’auto e si ritrova, fermo in mezzo alla strada, il camion della nettezza urbana che svuota le campane del vetro in soli quattordici minuti…
Anche a purgatorio non scherziamo!

Ma il paradiso?
Certo che c’è.
Osservate bene, ricordate la giornata trascorsa.
Ci sarà stato un estraneo che vi ha salutato con cortesia, qualcuno che vi ha ringraziato per un aiuto inatteso, sarà passato un bimbo per mano alla mamma che vi ha guardato sorridendo curioso, una ragazzina che per gioco, vi saluta con la mano dal lunotto posteriore dell’auto di papà, avrete incontrato una persona che ha lavorato con impegno per dare una mano a voi o a chi vi sta a cuore, qualcuno che si è preso cura di voi…
Molte di queste persone giungono proprio da lì, anche se non hanno ali sulla schiena.

Inferni, Purgatori e Paradisi che si alternano in un vortice capriccioso e continuo nelle nostre vite, nelle nostre giornate…


Per quanto mi riguarda, sto in paradiso anche solo quando ho l’opportunità di poter vedere una di queste storie e di poterla raccogliere come si coglie un fiore e raccontarla a chi ha voglia di ascoltare.




sabato 11 novembre 2017

luoghi insoliti: Apollineo o Dionisiaco ovvero niente è mai come se...

luoghi insoliti: Apollineo o Dionisiaco ovvero niente è mai come se...: Stamattina, durante la consueta corsetta, ascoltavo la radio. Dopo una sequenza di piacevoli brani di autori stranieri, è annunciat...

Apollineo o Dionisiaco ovvero niente è mai come sembra











Stamattina, durante la consueta corsetta, ascoltavo la radio.

Dopo una sequenza di piacevoli brani di autori stranieri, è annunciato un pezzo di Paolo Nutini.

Penso con ingenua incompetenza, finalmente un cantante italiano…!

Appena parte il pezzo, un gradevole rhythm & blues, capisco qual è la verità, confermata col disannuncio dal conduttore. Si tratta, nonostante il nome italiano, di un giovane cantautore scozzese!

Paolo Nutini scozzese? Ma come?

È come se un certo Glenn MacDomhnail fosse di Alessandria!

Mi dico che niente è come sembra!

Mi dico anche: nessuno è come sembra.



Neppure io.



Ci sono giorni che passano leggeri, in cui tutti sembrano felici e se qualcuno lo sembra di meno, mi viene voglia di aiutare, di dare una mano. In quei giorni non mi pesa vedere che qualcuno ha voglia di passare davanti a tutti i costi, che c’è gente maleducata, poco onesta, al massimo, mi rincresce per questi sfortunati.

Altre volte sono più sensibile davanti alle ingiustizie, m’infastidiscono le cattiverie gratuite, non sopporto quelli che vanno i furbi, e non mancano mai, ve lo assicuro! Queste volte non mi trattengo, inveisco, rispondo per le rime, mi prudono le mani e mi farei volentieri passare il prurito a forza di schiaffi sulla faccia di certa gente.



Non capisco.

Faccio fatica a trovare il giusto modo, faccio fatica a restare in equilibrio.



Uno studioso di filosofia mi direbbe che devo decidere tra seguire l’impulso Apollineo o quello Dionisiaco!

Apollo, il dio dell’equilibrio e dell’armonia. Un impulso che ricerca l’ordine e la bellezza contrapposto a Dioniso, impulso che genera ebbrezza e che ci fa buttare a capofitto nel disordine e nel caos della vita, spingendo all’eccesso ogni occasione per goderne al massimo.



Uno studente di medicina mi spiegherebbe che potrei soffrire di un disturbo bipolare, ossia una sindrome maniaco-depressiva che mi spinge ogni volta verso un comportamento diverso davanti allo stimolo ambientale.

Essere un ciclotimico mi darebbe il vantaggio della giustificazione, si capisce, potrei anche tentare una terapia.



Un fan di Vasco Rossi mi canterebbe Sally: “... perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia!”



Dunque, cosa guida la mia coscienza, la mia etica, i miei valori?

Il caso, le condizioni meteo, la sorte, un angelo custode?

Cosa? Chi?



Aspetto di trovare una risposta, nel frattempo non smetto di farmi domande.



Con buona pace dello studioso di filosofia, di quello di medicina, del fan di Vasco Rossi, dello scozzese Paolo Nutini, e del mio amico di Alessandria, Glenn MacDomhnail!













sabato 4 novembre 2017

luoghi insoliti: Tre tipi

luoghi insoliti: Tre tipi: Anna non è cattiva, è solo che la dipingono così. Certo che non è arrivata dove si trova con la gentilezza. Ha dovuto usare u...

Tre tipi








Anna non è cattiva, è solo che la dipingono così.
Certo che non è arrivata dove si trova con la gentilezza. Ha dovuto usare unghie e denti, è stata costretta a lottare sempre perché nessuno le ha mai regalato niente.
E non sarebbe stata una cosa semplice.
Per regalare qualcosa a qualcuno bisogna prima poterci avvicinare. Ma Anna non è una che si lasci avvicinare.
La sua famiglia la sopporta, i figli la subiscono ma si sa, attraversano una di quelle fasi… con i figli c'è sempre una fase! Il marito ha smesso da un pezzo di sperare. Sa che le unghie di Anna fanno male e sono sempre pronte a graffiare.
I colleghi non la sopportano. Apprezzano la sua competenza e ammirano la competitività, ma anche chi cerca di vedere il lato positivo sa che se non è stato ancora aggredito dal carattere imprevedibile e iracondo della donna, è solo questione di tempo.


Bobo è un remissivo.
Piccolo di statura e mingherlino è sempre stato chiamato così, con un nomignolo da bimbo, anche oggi che ha quarant'anni. Bobo non alza mai la voce. Non ne è capace, anzi parla sempre con un tono dimesso, quasi disperi di essere ascoltato. A volte succede, Bobo è capace di aspettare invano appoggiato al bancone del bar con una banconota bene in vista, mentre tutti attorno sono serviti dei cappuccini, delle brioches e altre leccornie. Al massimo gli viene chiesto cosa vuole pagare senza che sia nemmeno riuscito a consumare un caffè.
Bobo è la classica persona priva anche solo di una briciola di carisma, chiunque lo voglia gli passa davanti nella fila, se comprasse un cane, è chiaro chi sarà il dominante fra i due.


Cosimo è sempre a dieta.
Da quando ha superato il quintale, non riesce più a mettersi in forma.
Certo, dovrebbe ripresentarsi in palestra, tornare a indossare i guantoni, ma è stato sbattuto fuori!
L’ultima rissa è stata fatale, aveva mandato in ospedale un tipo che pensava di batterlo sul ring, una cosa da poco, un naso rotto, qualche punto di sutura sull’arcata, forse una spalla lussata… poi questo era tornato e lo aveva insultato, portando un amico alto due metri. A Cosimo non era sembrato vero di riuscire a menare anche questo, non potendo sfogare la rabbia sull’infortunato. Nessuno era stato capace di dividerli e la palestra era diventata una bolgia dantesca.
Cosimo ha sempre indossato il ruolo del bullo, del picchiatore. Non ha mai avuto scelta, dopotutto. A scuola era tirato in mezzo alle risse, i piccoli malviventi in erba se lo contendevano, e a lui faceva comodo poter mangiare tutte le merende e i panini delle vittime di turno. A volte qualcuno più grande lo gonfiava di schiaffi, era un caso raro ma succedeva, ma lui a casa stava bene attento a non mostrare lividi e segni, sapeva che un padre violento e veloce di mano, avrebbe fatto più male di qualsiasi bullo di scuola.
Così era cresciuto Cosimo, alzava la voce alla guida, faceva questioni agli sportelli, spesso e volentieri picchiava i grossi pugni sui vetri e le scrivanie, terrorizzando impiegati e commessi. Semplicemente non aveva mai conosciuto altro modo di comunicare e non capiva quelli che non facevano come lui.

Cos’hanno in comune persone come Anna, Bobo e Cosimo?

Ovviamente niente.
Forse sono stati compagni di classe a scuola.
Forse Cosimo ha picchiato Bobo, costringendolo a tornare a casa in lacrime, con il naso gocciolante e gli occhiali rotti.
Forse Anna ha aggredito un incredulo Cosimo, che non avrebbe mai pensato di doversi difendere da una ragazzina con una linguaccia così tagliente.
Forse Bobo era segretamente innamorato di Anna, che aveva lunghe e bellissime trecce nere, ma non era mai riuscito a trovare il coraggio per vincere la sua aggressività e non era stato mai capace di parlarle.

Non sappiamo niente di tutto questo.

Sappiamo che ognuno di noi conosce qualcuno così.
Molte persone vivono così, prigionieri di un ruolo che hanno assunto fin da piccoli e non riescono a liberarsene, come una camicia di forza che nonostante il divincolarsi, si stringe sempre di più.
Di sicuro conosciamo qualcuno di questi tipi, forse noi stessi siamo come uno di loro.
Sappiamo che ogni sera che passa, vanno a dormire ripensando a quello che sono stati durante la giornata, che soffrono di questo e pregano per potersi svegliare il giorno successivo un poco diversi.

Un poco cambiati.




sabato 28 ottobre 2017

La vita è un cubo!






La vita è bella perché è varia.
Si può iniziare il post con un luogo comune più comune di questo?
Come vedete si può e comunque, come vedete, ormai è fatta.
Dunque, si parlava di vita, giusto? La vita è varia, su questo non ci sono dubbi.
La vita è bella, la vita è una sola, la vita è un sogno, la vita è una commedia, la vita è amare e non avere paura di morire, le frasi si sprecano, i più grandi pensatori, i poeti, gli artisti hanno prodotto una mole mastodontica di frasi, rime, citazioni sul tema.

La vita è come un cubo di Rubik, secondo me.
Io che non ho mai imparato a risolvere questo divertente rompicapo matematico, geometrico, sono giunto a questa conclusione.
Un cubo, figura tridimensionale tra le più semplici, con nuove quadrati colorati su ogni faccia, sei colori differenti.
Come vedete semplici piccoli numeri, dalle tante combinazioni.

Ci sono versioni con sedici quadrati per faccia, o venticinque quadrati. Non importa, il principio non cambia. Lo scopo del rompicapo è riportare ordine tra i colori, raffigurandone uno per ogni faccia del cubo.
Questo frenetico ruotare, incastrare, girare in senso orario prima e antiorario poi, verso l’alto o verso il basso, nella speranza di affiancare prima due quadrati gialli, dopo due blu, poi tre bianchi, magari quattro rossi e così via, cercando incessantemente di raggiungere un ordine talmente labile che basta un piccolo passo falso, un errore insignificante per rendere vani minuti di lavoro e concentrazione, ebbene questa frenesia mi sembra rappresenti bene lo sforzo del vivere.
Il nostro quotidiano tentare tecniche nuove, strategie e trucchi, il nostro incessante vorticare è teso a riordinare i colori della nostra giornata, della nostra esistenza. Perché solo l’illusione del raggiungimento dell’ordine nei colori, può darci la sensazione della felicità perfetta verso cui tendiamo,  cui speriamo di avvicinarci.
Anche ciò che ci capita influisce sul processo di ricerca dell’ordine.
Quando, per esempio, ci viene fatto un complimento, una critica positiva su un lavoro svolto, non soltanto nutriamo il nostro ego, aumentiamo la nostra autostima, ma riusciamo in un momento a trovare la strada per comporre tutta una facciata di un colore, magari  con gli angoli e gli spigoli pronti per le altre facce del cubo.
Allo stesso tempo è sufficiente un rimprovero, un ostacolo, qualcuno che ci chieda di fare qualcosa in cui non crediamo, mentendo sulle motivazioni, perché si perda il controllo sulle mosse da compiere e facendoci sbagliare tutti i passi col risultato di tornare indietro o di dover ricominciare tutto da zero!

Raggiungere il risultato finale, combinazione unica fra milioni, non è impossibile.
Molti ci riescono, molti hanno scritto saggi sulla tecnica da usare. Molti hanno vinto premi per la velocità con cui sapevano risolvere il rompicapo.
Bisogna avere intelligenza e memoria, certo. Ma anche possedere talento, genialità.
Non ci si deve smarrire tra le incertezze e le difficoltà. Non si deve rinunciare.

Io, come ho detto, non sono mai riuscito a mettere in ordine il famoso cubo.
Con la vita, beh…  ci sto ancora provando.

sabato 21 ottobre 2017

Il Che testimone








Primo dialogo


“Allora, perché siamo qui?”
Dice Aldo, con fare spiccio e la sua inseparabile Canon a tracolla.

“Intanto buona sera a tutti.”
Rispondo io, mostrando un po' di cortesia.
“Questa è Barbara, la mia amica. Professione editor presso una piccola casa editrice. Che cosa faccia un editor non lo sa nessuno, vero Barbara?”
“Io per prima non lo so ma mi pagano!” Risponde ridendo la giovane amica.
“Lei è Carla. Responsabile di una casa editrice concorrente… ma è stata gentile a rispondere all’invito.”
Carla sorride al gruppo e fa una specie d’inchino.
“Aldo si è presentato da solo, come vedete, è un fotografo”
Aldo imbarazzato per l’esordio brusco prova a rimediare: “Vi faccio un ritratto?” Dice afferrando la fotocamera.

L’atmosfera è più leggera.
“Cosa faccia il sottoscritto, lo sapete! Scrivo, leggo, studio, qualche volta imparo e quando ho l'occasione, cerco di insegnare.
E vi ringrazio per aver risposto al mio invito!”
“E riguardo alla domanda di Aldo, rispondo subito!”
Tiro fuori dalla tracolla un plico di fogli.

“Risolto il mistero: il nostro Dario ha scritto un libro!” si precipita Aldo.
“Lo faccia parlare!” Interviene un po’ seccata Carla, che ne ha abbastanza della poca disciplina dell’uomo con la fotocamera.
“Hai scritto un libro?” Interviene un po’ ingenua Barbara.

“Ora vi spiego, andiamo in ordine.” Rispondo io, che per prima cosa ho bisogno di fare ordine nella mia testa.

“Questi sono appunti e documenti che ho riordinato. In maggior parte lettere!”
“Lettere?” Incorreggibile Aldo, che ha sentito benissimo.
“Lettere scritte da chi, se è lecito chiedere?” Dice con educazione Carla.
“Più che lecito.” Mi affretto a rispondere.
“Ernesto Guevara.”
Barbara e Carlo sgranano gli occhi.
Carla mantiene uno sguardo enigmatico.
“Quel Guevara?” Fa Barbara.
“Il Che?!!!” Scimmiotta Aldo.
“Perché, ne conoscete altri?” Rispondo io, divertito.



Secondo dialogo

Perché, Che Guevara ha scritto delle lettere? Ma non era un combattente e un rivoluzionario? Dice Aldo, tirando fuori dalla casa un inalatore e portandolo alla bocca.
Io e l’editrice Carla ci guardiamo sconsolati.
Aldo scatta foto di eccezionale qualità, mi creda, e dispone di un archivio di tutto rispetto! Provo a salvare la faccia.
Lei sapeva che anche Guevara da giovane soffriva d’asma? Chiede Carla al mio amico fotografo.
E sapevi che era un medico? Infierisce la mia amica Barbara.

Certo che so che era laureato in medicina ma non ho mai approfondito ricerche sul personaggio. Risponde Aldo.

È proprio questo che mi spinge a lavorarci su. Che Guevara oggi è considerato un personaggio, quasi fosse un eroe di fantasia, un'icona da pubblicità, invece è stato un uomo in carne e ossa, una persona con passioni e sentimento. M’infervoro io.

Carla mi supporta: Che Guevara era un uomo pieno di dubbi e paure, non certo il rude assassino che qualcuno vorrebbe dipingere.

Interviene Barbara: Certo che la sua immagine dice un’altra cosa.

Insomma, prova ad argomentare Aldo piccato, ora la responsabilità della fama di Che Guevara ricade sul fotografo che l’ha ritratto come ora appare su tutte le magliette…

Korda! Interrompe Carla.

Cosa, corda? Chiede Aldo.

Alberto Korda, è il fotografo cubano che ha scattato quello che probabilmente è uno dei ritratti più celebri al mondo! Se gira con quella al collo, queste cose dovrebbe saperle! Irrompe Carla.

Il silenzio imbarazzato esige di essere rotto. Mi assumo io il compito.

Vorrei che leggeste una di queste lettere. Ascoltate la tenerezza, la passione che permeava le azioni di quest’uomo e non penserete più solo alla faccia delle magliette.





Terzo dialogo

L’uomo con barba rada e basco calato sulla testa, il celebre volto con lo sguardo intenso, concentrato… comincio io.

Determinato! M’interrompe Aldo, ma questa volta lo osservo benevolo.

Determinato, certo. Riprendo io. L’uomo che in quell’immagine sembra guardare in faccia al futuro, era costantemente in apprensione per ciò che succedeva ai suoi familiari, ai suoi cari.

Era preoccupato per qualunque cosa ingiusta potesse capitare a chiunque nel mondo. Precisa Barbara.

E non perdeva occasione per scrivere. Interviene a sorpresa Carla. Scriveva molto il dottor Guevara, resoconti, trattati, saggi sulla rivoluzione, sulla guerriglia ma anche saggi di filosofia e poesie e lettere, soprattutto lettere, vero?

Vero. Rispondo io. Ne ho raccolte tante e molte struggenti. E ho bisogno di te Barbara, per dare un ordine logico. Un ordine che crei una leggibilità, che renda il resoconto gradibile al lettore…

E io a cosa ti servo? Chiede importuno Aldo.

Vorrei dare al libro un linguaggio cromatico, iconico, delle immagini insomma, che possano distogliere dal lettore la celeberrima immagine di Guevara. Rispondo. E vorrei che mi aiutassi a scegliere immagini, foto poco famose, ritratti di scene poco conosciute, che rivelino una persona nuova, diversa da quella ovunque esistente nell’immaginario popolare.

Già. Scrollarci di dosso questa immagine ingombrante. Aggiunge Carla.

A dire il vero, aggiungo io, mi sembra che l’immagine di cui parliamo non sia più così ingombrante. Mi viene in mente la storiella umoristica...

La so anch’io, interrompe di nuovo Aldo. È quella dei ragazzini che si avvicinano a una bancarella di magliette con illustrazioni e disegni e dopo averci pensato per lunghi minuti davanti alla maglietta raffigurante Che Guevara chiedono al venditore: quanto costa quella con la faccia di Gesù?

Carla mi guarda.
Io guardo Barbara.
Barbara guarda Carla.

Poi tutti guardiamo Aldo e scoppiamo a ridere.





Quarto dialogo

Tornando alle cose serie. Riprendo il discorso. Vorrei presentare un profilo inedito di Ernesto Che Guevara, mostrarlo sotto il suo lato più personale.

Carla ora sorride: Questo si è capito, e devo riconoscere che il progetto è interessante. Poi sono curiosa di leggere queste lettere e vedere il materiale che ci proporrà questo nostro giovane amico con la fotocamera al collo.

Aldo fa per aprire la bocca ma è interrotto da Barbara.
Buono tu, hai avuto il tuo momento di gloria e lo hai sprecato con una barzelletta demenziale!

Aldo prova di nuovo a parlare ma ora lo blocco io.
Mi serviranno poche immagini, saranno le lettere a dipingere il personaggio.
Ho tanto di quel materiale…

Aldo tenta: Ma io…

Ma Barbara gli impedisce di proseguire: Faremo un lavoro metodico, saremo in contatto, i lettori vedranno l’uomo, il marito, il padre. Capiranno perché Che Guevara ha scelto di fare ciò che ha fatto! Vedranno perché ha scelto di stare da parte della rivoluzione!

Incalzo io: Descriveremo il suo modo di fare la rivoluzione.

Carla obietta: Non vorrei che si esagerasse col mitizzare la rivoluzione come metodo di risoluzione dei problemi sociali, trasformare Guevara in una specie di santo, un mistico che aveva trovato tutte le risposte. Sarebbe un'ingiustizia oltre che un falso storico!

Conferma Barbara: Ed enfatizzando il mito che già permea questo nome, non si corre il rischio che qualche testa calda, qualche gruppo deviato prenda ispirazione e voglia imitare azioni armate, azioni criminali, emulare pseudo rivoluzioni?

Improvvisamente Aldo riesce a proferire verbo: Non c’è questo pericolo.

Come fa a esserne così sicuro? Chiede Carla.

Già, ammetto io, come puoi sapere che qualcuno non si senta un moderno Che, che abbia voglia di finire sulle magliette a costo della sua vita, che s’inventi un attuale guerrigliero, un rivoluzionario?

Non si fanno le rivoluzioni con la pancia piena! Risponde timido Aldo.

Come dice Aldo? Fa Carla.

Cosa hai detto, Aldo? Ripeté Barbara

Come, Aldo? Insisto io.






N.d.A. Testo scritto per l'evento "Il Che testimone" inserito nel contesto libr@ria 2017, performance teatrale e musicale a cura de I Retroscena e Music Cuba Live presso la Biblioteca Civica  T. Milone, Venaria