domenica 25 aprile 2021

fratelli











“Stai abbassato, perdio, vuoi farci ammazzare?”

Piero mi mette una manona delle sue, sulla nuca, e preme fino a farmi assaggiare la terra, mi si riempie la bocca e per poco non vomito tra le primule. Non sono arrabbiato con lui, ha ragione! Se ci vedono, qui sdraiati nell’erba alta, mentre imbracciamo due fucili rubati a due tedeschi morti, ci piazzano con la schiena contro il primo muro e ci fucilano senza nemmeno pensarci. Mi chiedo se possa considerarsi furto, se sottraggo qualcosa a qualcuno che è già morto, a lui non serve altro che quello che riesce a portarsi nelle tasche dell’anima e per quel poco di catechismo che so, l’anima non ha mica le tasche. Fuori città avevano lasciato in terra un partigiano, tutto crivellato di colpi sulla camicia azzurra, avrà avuto trent’anni. Nelle sue tasche ho trovato due grossi pezzi di pane. Uno per Piero e uno per me. Era un po’ secco ma non avendo mangiato niente nelle ultime quarantotto ore, mi sembrava buonissimo. Peccato non avere avuto anche una fetta di Toma di Lanzo, di quelle che ci portava Eleonora, la figlia del fattore, un angelo di ragazza. Chissà se sta bene, Eleonora, non il fattore. Giuro che se sopravvivo, torno al suo paesino e me la sposo. Eleonora, che ci portava il formaggio quando eravamo nascosti nella loro stalla, e lo mangiavamo circondati dal puzzo del letame, mentre lei aveva una pelle così profumata… Lei e il suo babbo che hanno rischiato la vita solo perché ci hanno scoperti, nascosti nella loro stalla e non ci hanno denunciati. Certo che Piero ed io non facciamo una bella vita, siamo diventati due montanari ma qua fa ancora freddo, nonostante sia primavera, e con le scarpe bucate, non si cammina mica tanto bene, sapete?

Piero è più forte di me, ha ammazzato non so quanti nemici mentre io sono riuscito solo a tirare qualche colpo in aria, che di ammazzare qualcuno non lo so se ne sono capace. Poi, adesso, il nemico non si sa più chi sia, quelli in divisa che parlano in tedesco sono facili da riconoscere ma se devo sparare addosso ai soldati italiani, proprio non ci riesco che sono pur sempre fratelli nostri anche se continuano a obbedire ai nemici, ma Piero non vuole sentire questi discorsi e mi dice di stare zitto e non farci sentire, se ci tengo a rivedere l’Eleonora. Ha ragione, lo so che ci fucilano ma si era sparsa la voce che i tedeschi stanno tornando a casa loro e le città sono piene di code di camion, che caricano le truppe e se ne partono e dovevamo scendere a vedere.

Aprile sta finendo e forse, se Dio vuole, sta finendo anche questa guerra, l’esercito regolare non si fa vedere e sono contento perché così non devo fare finta di sparare mentre dall’altra parte mi sparano per davvero. Piero mi guarda e mi abbraccia, e mi sembra strano perché nell’ultimo anno non ha mai fatto una cosa del genere e a me viene da piangere, perché ho capito che è tutto vero.

Il nemico parte e se ne va e c’è gente, i più temerari, che esce nelle strade e spara colpi di fucile in aria, per festeggiare e le donne escono e sparano anche loro ma con più convinzione, forse per ricordare i loro uomini uccisi.

Io resto nell’erba, a guardare il cielo azzurro di aprile, a pensare al profumo della pelle di Eleonora e al fatto che non dovrò più sparare addosso ai nemici e nemmeno contro i miei fratelli.










lunedì 12 aprile 2021

Dialogo con un felino e altre considerazioni

 






-Cos'hai da guardare?

-Niente, passavo da qui, tu cosa fai in terrazzo?

-Ho visto le nuvole, sono uscito a ritirare la roba stesa, prima che piova e sono rimasto fuori a pensare.

Mi piace osservare il cielo nuvoloso e annusare l’odore della pioggia che arriva lento e fa abbassare la temperatura. Ma dubito che lei sappia cosa penso.

-Io so molte cose.

Lo dice dando l’impressione che sappia leggere nella mia mente. E forse è davvero quello che fa. Da sempre. Poi si accovaccia e inizia a passarsi la lingua con metodo e precisione, lucidando il pelo della schiena. Resto sempre sorpreso della capacità dei gatti di ruotare la testa quasi completamente. Questo, assieme a due grandi occhi rotondi, fa assomigliare la mia a un gufo.

Anche i gufi sono animali meravigliosi ma volete mettere un gatto?

Guardo le nuvole farsi sempre più vicine e gonfie. Mi sbrigo a togliere dalle corde gli ultimi capi, quasi tutti calzini e mutande, per metterli al sicuro dall’imminente precipitazione.

-Appena in tempo. Sussurro.

-Tanto non piove, non stasera, almeno.

-E tu come lo sai, piccolo esserino peloso?

Mi piace inventare nuovi appellativi per la mia micia.

Lei ignora la domanda, si stira ben bene, corredando il suo interesse per i miei discorsi con uno straordinario sbadiglio.

Invece la gatta riprende, dove avevamo lasciato:

-Lo so sempre quando sta per piovere o quando sta arrivando un temporale…

Questo è vero, quando il tempo peggiora, la gatta sparisce e la ritrovo nascosta sotto il copriletto, a formare una gobba sferica, giusto al centro del letto. Ora è tranquilla, sul terrazzo, a farmi compagnia mentre guardo le nuvole. Per un po' non penso a niente, poi mi giro a guardare la micia. Trovo ipnotico il suo fissare immobile qualcosa che non c’è o forse qualcosa che io solo non posso vedere.

Poi d'improvviso si scuote, insegue rapida un minuscolo insetto che cerca la fuga tra le piastrelle, lo punta, lo cattura e con due rapidi movimenti del collo, lo ingoia.

-Che schifo! Dico io.

-Perché? Miagola lei, annoiata.

-Come se non ti dessi da mangiare...

Ora tocca a me ignorare la sua domanda.

-Ti compro scatolette costose al salmone che tu ti limiti a leccare con sufficienza e tu mangi i moscerini che trovi sul pavimento…

-Sono un gatto, cosa credi, non posso farne a meno.

Ha ragione, quest’essere di sei chili scarsi ha ragione da vendere. Tutti seguiamo il nostro istinto, non possiamo impedircelo, da quando nasciamo a quando smettiamo di respirare. Non possiamo fare altro, a volte proviamo a inseguire dei sogni, e qualcuno riesce anche ad afferrarli, ma questo non cambia, restiamo quello che siamo.

 La gatta si limita a guardare dall'altra parte, forse non trovando interessante ciò che penso.

Mi sbaglio, come sempre.

-Cosa sono io lo so benissimo, mangio le crocchette e lecco il salmone ma anche i moscerini e i topolini non sono male. Quello che non so è cosa sei tu.

Ora sono io a non avere niente da dire, nemmeno noi, penso, a volte sappiamo quello che siamo. Poi faccio una considerazione ad alta voce:

-Ma poi perché me ne sto qui, sul terrazzo, a discorrere con te, che sei solo un gatto?

-Se ritiri il “solo" ti rispondo.

-OK, scusa.

-Scuse accettate. Con chi altri puoi parlare, primo: sei solo, la tua donna si è data alla fuga…

A questo gatto non sfugge niente!

-Secondo, hai dimenticato di prendere le gocce questa settimana!

Lo dice proprio come farebbe qualunque gatto: privo di tono accusatorio.

Sono contento che il mio dottore non sappia parlare con gli animali. O almeno, che non ci provi. Chissà quante altre cose imparerebbe su di me e quante gliene potrebbe rivelare questa gattina.

E poi questo gatto è fenomenale. Soprattutto per annunciarmi le condizioni meteo.

Questa sera non scenderà una goccia d'acqua.

E se lo dice lei, fidatevi.

 

 





domenica 4 aprile 2021

I ricordi perduti di Angelo

 




Angelo, Angelo… cosa mi stai combinando?

Nella nostra struttura per anziani i rapporti sono informali, ci incoraggiano a trattare amichevolmente, a dare del tu.

Angelo ha settant’anni e una demenza galoppante. È un simpaticone e nei giorni buoni gli piacciono gli scherzi. Legge molto, sempre nei giorni buoni, ha tanti libri nella sua stanza, anche se ora quei giorni capitano di meno.

In questo momento sta tagliuzzando un pannolone in mille pezzi, producendo simpatici coriandoli che hanno riempito ogni angolo della stanza. Meglio di Elio, il novantenne della camera di fronte, che fa lo stesso ma utilizzando i pannoloni usati…

Angelo, da te non me lo aspettavo, lui sogghigna in un modo irresistibile. Mi sembra impossibile che una persona brillante come lui, non abbia quasi visite.

Vedi, mi raccontò un giorno, veniva a trovarmi un ex vicino di casa, si chiamava… come si chiamava? l’ho perso, no, ecco, Mario, veniva anche spesso, e mi portava quelle caramelle dure come pietre, alla liquirizia.

E quindi? Faccio io. Ma lui riprende subito.

Quindi: io sono senza denti e la liquirizia mi fa schifo, così con la scusa della demenza, così ha diagnosticato il dottore no? un pomeriggio ho aspettato che lui mi, come si dice… l’ho persa, no, ecco, mi ammolla una di quelle caramelle odiose, poi ho finto di fissare il vuoto e con la bava che mi colava sul mento, ho iniziato a raccontare che qualche anno prima mi ero fatto la signora Clementina sul tavolo della sua cucina, un pomeriggio che ero rientrato prima dal lavoro…

Ma Angelo, che volgarità…

Fammi finire, giovanotto. Devi sapere due cose, io la signora Clementina non l'ho ma sfiorata, nemmeno mi piaceva…

E poi?

Poi cosa?

La seconda cosa! Dico io spazientito, dimenticando che la demenza ce l'ha davvero.

Ah, già! L’avevo persa! La seconda cosa era che Clementina era sua moglie. Quel giorno Mario ha dato di matto, voleva uccidermi con l’ombrello e il dottore l’ha messo alla porta vietandogli di tornare…

Bravo Angelo, bella furbata!

Almeno non ho più dovuto sorbirmi quelle caramelle schifose!

Angelo ride facendo un suono liquido, un po' disgustoso.

Oltre al tuo ex vicino, avevi altri conoscenti?

Angelo ci pensa e sulla sua faccia passa un’ombra e compaiono mille rughe profonde.

Avevo un amico, un vecchio amico, ci facevamo tante di quelle risate, era uno, come si dice… ah sì, uno spasso…

Lo lascio continuare, anche se mi sembra che soffra un poco. Lui fa una lunga pausa e mi tocca incoraggiarlo… Poi cosa è successo?

L'ho perso durante la pandemia del venti, te la ricordi?

Certo che ricordo, io avevo sette anni, ricordo che non ci permettevano di andare a scuola e a me piaceva stare in casa con mia madre, però ricordo anche che morirono i miei nonni, uno dopo l'altro, e non fu più così bello restare a casa con la mamma, che piangeva continuamente. Ricordo che lentamente ci vaccinarono tutti, almeno i sopravvissuti e la vita continuò. Sono passati quindici anni e tante ferite sono ancora aperte ma taccio, ora è il momento di Angelo e dei suoi ricordi.

Così il tuo amico è morto durante la pandemia, mi dispiace.

Ma quale morto! Angelo mi guarda come si guardano i matti… Non è mica morto, ti ho detto che l'ho perso durante la pandemia, ascolta bene, ragazzo!

Mi sento uno scemo, Angelo continua…

Durante i primi lunghi mesi non si poteva uscire da casa e tantomeno spostarsi dal comune, così tutti smettemmo di frequentare parenti e amici e quando non ci si vede spesso, le facce sbiadiscono, ci si vuole meno bene. Lui aveva preso l'abitudine di pubblicare frasi, opinioni e commenti e questo fece venire a galla una specie di delirio mistico, negazionista e complottista. Cose tipo che la malattia non esisteva, poi che non era grave come si voleva far credere, che le mascherine, allora obbligatorie erano un, come si chiama… l’ho perso… no, ecco, un bavaglio, che eravamo un gregge di pecoroni, e altre cazzate simili…

Angelo, che modi sono, ti ricordo che il turpiloquio è vietato dalla direzione.

Lui riprende a raccontare, indifferente.

All'ennesimo commento delirante, decisi che non era più il caso di continuare a frequentarci e di coltivare quell'amicizia. Così l'ho perso, come ho perso altra gente, anche se con altri ho sofferto di meno.

Ho capito, mi dispiace. Sono sincero.

Non mi dispiace per l’amico di Angelo, nemmeno so chi fosse. Mi dispiace che lui abbia perso cose come la capacità di perdonare, di accettare gli errori degli altri, ben prima di iniziare a perdere anche la memoria…

Angelo ritorna a sminuzzare il pannolone e diventa taciturno, forse, negli anni l’ha capito anche lui.

Poi alza lo  sguardo, sembra divertito.

Cos'altro c’è?

Quel vecchio amico è morto tre anni fa, l’ha investito un tipo che guidava ubriaco.

Che sfortuna, commento io.

Chissà se credeva ai danni dell'alcol…

So che vorrebbe farmi credere di stare ridendo ma sul viso di Angelo compare una pennellata di malinconia. E i fantasmi degli amici passati e ormai persi.

Non so cosa passi nella testa di quel vecchio, di certo molta confusione, ma anche molti ricordi.

E non tutti spensierati.

Ciao Angelo, tra poco spegniamo le luci.

Lui alza una mano per salutarmi e con la stessa si asciuga una lacrima.

Io prendo la scopa e inizio a pulire.