sabato 28 marzo 2020

luoghi insoliti: Gordias Papadoupoulos

luoghi insoliti: Gordias Papadoupoulos: Gordias Papadoupoulos è un trentenne che vive da sempre in un ameno, piccolo paesino nato, per buona sorte dei suoi abit...

Gordias Papadoupoulos










Gordias Papadoupoulos è un trentenne che vive da sempre in un ameno, piccolo paesino nato, per buona sorte dei suoi abitanti, sul versante di un dolce pendio e che scende a bagnare i piedi nell’antico mare della Grecia. 

Una spruzzata di bianche case sullo sfondo verde degli ulivi e un piccolo porticciolo di pescatori non ancora contaminato dai turisti. 

Gordias ha negli occhi azzurri lo sguardo trasparente di chi non è mai stato veramente bambino e di chi non sarà mai un vecchio. 

Un perenne ragazzo che ha sempre quella candida luce sul viso, la stessa che solo i sognatori (o i folli) hanno. 

Gordias non è un folle ma un sognatore, questo sì. 

E’ figlio unico, i suoi genitori decisero di non volere altri bambini dopo di lui. Era già molto faticoso crescere il piccolo Gordi e non avevano grandi risorse da permettersi altre bocche da sfamare. 

Gordias è un tipo benevolo, sempre sorridente, sempre pronto a dare una mano. Giù al porto si aggira tra le barche fin dalle prime ore del giorno a gustarsi i raggi timidi del sole all’alba, e se vede un pescatore in difficoltà con le reti, non esita a sporcarsi le mani e aiutare a sciogliere i nodi e staccare i granchi morti, nemmeno potrebbe fare diversamente, stando al suo nome, e non chiede niente in cambio. Raramente accetta un cartoccio di alici o un sacchetto di vongole o una cernia se il pescatore insiste. 

Gordias lo fa per buon cuore e quasi si imbarazza di portare il pesce a casa ma sua madre gli sorride e il padre scende in cantina a prendere una bottiglia di vino bianco, tenuto in fresco per le occasioni, così lui capisce che ha fatto una cosa buona e non deve vergognarsene. 

Gordias ha braccia e tronco robusti e il lavoro non l’ha mai spaventato. Passa ore a curare l’orto, un appezzamento lungo duecento metri che si arrampica da dietro casa verso la sommità della collina. 

Zappa la terra quando è ora, spande il concime, strappa le erbacce e si china amorevole a carezzare foglie e ortaggi come se le sue carezze li aiutassero a crescere sani. E forse è proprio così perché Gordias potrebbe cavare qualunque cosa da quella terra asciutta e dura. 

La madre lo guarda con infinito amore, mentre gli spreme arance e limone per dissetarlo e lo chiama forte per farlo interrompere. Suo padre lo osserva dalla finestra, con un velo di tristezza sugli occhi, avrebbe sperato un futuro diverso per quel figlio ma il Signore o il destino avevano scelto differentemente. Non si era mai sentito vicino a questo figlio, il solo parlargli gli mette una profonda malinconia e finisce per essere sempre troppo brusco. 

Ma questo a Gordias non importa, lui ama i suoi genitori, li avrebbe serviti e rispettati tutti i giorni della sua e della loro vita e niente avrebbe potuto cambiare questo fatto. 

Al richiamo della madre si solleva dalla terra e si volta, come al solito non capisce limitandosi ad alzare un braccio in segno di saluto. 





In paese lo conoscono tutti. 

Al suo passaggio ogni fronte si solleva, ogni mano si scuote in un saluto e ogni bocca si apre in un sorriso. I pochi giovani seduti al bar chiamano Gordias per un bicchiere e gli danno amichevoli pacche sulle spalle forti ma lui rifiuta, è astemio e tutto ciò che accetta è un bicchiere di latte di mattino oppure un succo di frutta la sera. Sono bravi ragazzi e gli vogliono bene, saggiamente cresciuti dall’unica maestra del paese, la stessa che ha istruito quattro generazioni di bambini. 

L’isola è piccola e si può girare tutta, con una bici, dall’alba al tramonto. 

In questo periodo i traghetti sono annullati e gli abitanti sono contenti di questa quarantena forzata. Hanno tutto ciò che serve e non sono obbligati a scendere sulla terraferma dove tutti devono indossare una mascherina e mantenere la distanza dalle altre persone per evitare di ammalarsi di qualcosa per cui non c’è cura. Il resto del mondo è impazzito e il paese sembra un porto riparato, dove restare durante la tempesta. 

Gli abitanti si sentono al sicuro e a nessuno verrebbe mai in mente di prendere una barca e partire per la terraferma. 

Tantomeno a Gordias, che non ha mai pensato di lasciare il suo paese e di più ora che di quello che sta capitando fuori non ci ha capito un gran che. 

E quando arriva la sera, Gordias scende al porto a guardare il mare, con quella candida luce sul viso, la stessa che solo i sognatori hanno. 

E l’azzurro del mare si riflette nei suoi occhi azzurri, un colore quasi trasparente, lo sguardo di chi non è mai stato veramente bambino e di chi non sarà mai un vecchio. 










lunedì 16 marzo 2020

luoghi insoliti: Facciamo qualcosa?

luoghi insoliti: Facciamo qualcosa?: Domenica pomeriggio.  Quiete intorno.  Strade vuote e silenziose.  Nessuno in giro e niente da fare.  Ogni ta...

Facciamo qualcosa?











Domenica pomeriggio. 

Quiete intorno. 

Strade vuote e silenziose. 

Nessuno in giro e niente da fare. 

Ogni tanto giunge la voce di mia figlia dall’altra stanza che si lamenta con un: “facciamo qualcosa?” 

Mi è stato suggerito da una collega di “prendere appunti” perché il clima è tale da poter ispirare una grande storia, che sia drammatica, di fantascienza o sovrannaturale. 

Ci penso e credo che sia vero. 

Ma non voglio e non lo farò. 

Trovo che i titoli editi questo mese a tema pandemie e misure sanitarie, siano un tipo di sciacallaggio intellettuale basato sulla paura della gente, una forma di guadagno facile e mi vergogno a nome degli autori e degli editori coinvolti. 

Guardo fuori. 

L’atmosfera è innaturale e surreale, nemmeno fossimo dentro un film di Kubrik, basta affacciarsi al balcone, anche perché uscire senza motivo, non è permesso. 

Vengono in mente le immagini di vecchi film di fantascienza, dove le persone sono uccise e sostituite da alieni nati in mostruosi baccelli. Film in cui torme di zombie, resi tali da un misterioso germe, vagano alla ricerca di nutrimento vivo. Pellicole in cui eroi romantici vagano soli tra mille perigli, attraversando lande abbandonate, alla ricerca di altri esseri umani. 

Tornano alla mente le pagine di vecchi romanzi letti, al sicuro sul divano di casa o sotto un ombrellone, tra le cui righe si disfaceva il rassicurante mondo, quello che conosciamo, per lasciare il posto a uno scenario sterile e inumano in cui gli unici esseri a vedere il futuro sono quelli a sei zampe e con un carapace. 

Se abbiamo un motivo valido, possiamo uscire da casa. 

Mi sono visto, riflesso sul vetro delle auto parcheggiate, muovere come un diafano fantasma con la mascherina, per strade semideserte in cui il contatto sociale è sconsigliato, ho visto me stesso e altri attraversare la strada per non incrociare i rari passanti. Ho visto occhi spaventati e colpevoli e sguardi accusatori e diffidenti. 

Quello che sta succedendo ha accelerato un processo avviato da qualche tempo, contatti umani via via scomparire sostituiti dalla vita virtuale, vissuta su display di migliaia di smartphone. 

Vi racconto una cosa triste? 

Quando torno a casa dal lavoro non abbraccio né bacio più mia moglie, non per mancanza di amore, ma per la paura di farle del male, per il terrore di portarle la malattia. 

Una forma odiosa di prevenzione, di rispetto. 

L’assenza di contatto umano è una delle cose peggiori e scopriamo ora quanto sia necessario per sopravvivere, e noi che credevamo che fossero le scorte di cibo. 

Arriva sera. 

E’ stato strano vedere tutti nella via, affacciarsi al balcone di casa con una fonte luminosa in mano, come a rendere onore a una processione invisibile. Quel gesto ci ha fatto sentire meno isolati, legati dallo stesso destino e pronti a illuminare la speranza che tutto passi presto. 

E quando tutto passerà, ritorneranno la voglia di incontrarci per strada, sorridere e parlarci a vicenda, senza maschere, stringerci la mano e toccarci senza più paure. 

Tutto sarà di nuovo possibile. 

Tornare a casa dal lavoro e abbracciare mariti e mogli e figli e genitori e stringersi e baciarsi. 

Tornare a vivere nelle strade e guardare i balconi dal basso. 

Passare una domenica pomeriggio in casa a fare niente ascoltando una voce dall’altra stanza che dice: facciamo qualcosa? 

E finalmente, farla!










sabato 7 marzo 2020

luoghi insoliti: Tutto bene

luoghi insoliti: Tutto bene: Poso il disco sul piatto e aziono il braccio. Il disco parte a girare. Né troppo piano né troppo veloce, giusto a tre...

Tutto bene











Poso il disco sul piatto e aziono il braccio.

Il disco parte a girare. Né troppo piano né troppo veloce, giusto a trentatré giri e un terzo al minuto.

La puntina sfrigola un attimo e incontra il suo solco e presto il fruscio sparisce perché coperto dalla musica.

Tutto sembra girare, oggi più che mai, in un vorticoso tornado che tutti trascina e scuote, strappa e lacera, e non si ferma nemmeno quando siamo ridotti in bruscolini che volano impazziti nel vento.

E tutto gira senza posa mentre la gente ammattisce perché non riesce a controllare la propria coscienza, sporca come sono sporche le cose mal lavate.

Tutto gira e non si ferma, così i giorni, indifferenti alla nostra angoscia e alle nostre preoccupazioni, giorni che si susseguono tramonto dopo tramonto, alba dopo alba in un’alternanza di chiaroscuri che non vediamo perché resi ciechi dal nostro ego ferito.

Gira il disco sul piatto e la musica che esce dalle casse è un balsamo per l’anima mentre sullo sfondo un tg recita il quotidiano rosario di morti e sciagure. La musica non cancella il dramma ma è un goccio d’acqua fresca per uno che si è smarrito nel deserto.

Gira il disco e tutto sembra girare più veloce attorno, il lavoro che ci trascina alla sera stanchi, gli orrori che siamo costretti a vedere e toccare con mani tremanti, le voci alte e nervose che si stagliano in vuoti sermoni, inutili comizi di chi non ha capito niente ma vuole comunque essere ascoltato e l’unico argomento che ha è il proprio volume.

Girano le giornate e le settimane e molti sperano che questo sia l’unico rimedio, il tempo guarirà tutto e tutti, basta aspettare e andrà tutto bene ed io penso che forse sia una buona idea perché tanto che scelta abbiamo…

La musica lentamente mi porta con sé e mentre il tornado continua a vorticare, raggiungo il centro, dove tutto sembra immobile e calmo, dove ci si potrebbe sentire al sicuro mentre, in realtà si è solo intrappolati in una prigione di vento da cui nessuno può fuggire.

E mentre intorno si cerca di continuare una parvenza di vita normale e felice facendo ripartire il paese dove tutti sono ammutoliti ed esterrefatti, se perfino gli spettacoli sono cessati, il bello e l’arte sono frazionati come lo era il pane durante la guerra e noi a questo non eravamo abituati, cerchiamo di dare un significato a questo vorticare raggiungendo un centro d’equilibrio immobile.

Guardo il vinile sul piatto e capisco che l’unico modo per simulare uno stato di calma è girare con lui, alla stessa velocità, creando così l’illusione ottica dell’immobilità.
Né troppo piano né troppo veloce, giusto a trentatré giri e un terzo al minuto.


Mentre tutto il resto gira.

E gira.

E gira.






mercoledì 4 marzo 2020

luoghi insoliti: Quello che ci manca

luoghi insoliti: Quello che ci manca: Giuseppe non è mai stato un uomo invidioso. Nella sua semplicità, trova piacere in quello che fa per vivere e nelle cose che può pe...

Quello che ci manca










Giuseppe non è mai stato un uomo invidioso. Nella sua semplicità, trova piacere in quello che fa per vivere e nelle cose che può permettersi. Tanto gli basta.

Il lavoro durante la settimana, la famiglia e la spesa il sabato, la messa e il pranzo dai genitori la domenica.

Che cosa potrebbe chiedere di più dalla vita?

Eppure qualcosa c’è.

Giuseppe era stato un appassionato di motori e di velocità. Aveva studiato meccanica e sistemi di propulsione a scuola e da ragazzo non si era mai perso un salone dell’auto.

Ora che un vicino si è comprato un bellissimo coupé, motore da duecento cavalli, elettronica all’ultimo grido, sistemi di sicurezza degni di un modulo destinato all’allunaggio, non può fare a meno di ammirarla, lucidarla con gli occhi, gustarne le linee e immaginarne la spinta.

Un giorno vide il proprietario salire a bordo del bolide e allungò il passo per sentire il rombo di quel motore. Un’auto che non avrebbe mai potuto permettersi, eppure Giuseppe pensava di poter fare qualunque cosa pur di guidarla.

Di poter sacrificare  qualunque cosa.

Gabriele è un uomo di successo, ricopre un posto di responsabilità nella sua società. Con la crisi in atto ha dovuto prendere pesanti e amare decisioni, ha tagliato molte teste, lasciato a casa lavoratori considerati un surplus dall’azienda. Per fare il suo lavoro ci vuole coraggio, decisione e un pizzico di cinismo. Gabriele ha tutto questo, vive bene e dorme anche meglio. Niente di personale nel rovinare altri, sono solo affari. Veste sempre completi molto eleganti e guida una fuoriserie costosissima che può permettersi perché guadagna molto. Un uomo così dovrebbe essere felice ma Gabriele è roso dalla sua ambizione. Lui vuole essere il top e occupare il posto del suo capo e magari diventare socio dell’amministratore delegato. Questo è il suo pensiero fisso, per ottenere questo sacrificherebbe molto, sarebbe pronto a tutto.

Farebbe qualunque cosa.

Gianna ha due splendide bambine. Le gemelle frequentano l’ultimo anno alla scuola materna e sono le più corteggiate e le più ricercate tra i bambini della scuola. Le bimbe di Gianna sono invitate a mille feste di compleanno, hanno una vita sociale che farebbe invidia a quella della famiglia reale.

Gianna ha tutti i pomeriggi impegnati ed è molto invidiata dalle altre mamme. Lei è una madre moderna e attiva, va in palestra e si tiene in forma ma fare pilates due volte la settimana non le basta.

Ricorda che, prima della gravidanza, era stata una precoce promessa dello sci, aveva vinto diverse gare e da ragazza la chiamavano: la saetta della neve! Ricorda quanto era stata veloce sugli sci, ricorda l’adrenalina e l’emozione che provava sia nello sfrecciare sul pendio bianco sia nel salire sul podio a ritirare l’ennesima medaglia. Gianna ama le sue figlie e si sente felice della vita che dedica loro, ma non ha più provato quella sensazione che le davano le gare. Spesso ripensa a quell’adrenalina e a cosa sarebbe disposta pur di riprovarne il gusto.

A cosa sarebbe disposta per tornare a mettere gli sci ai piedi, cosa sacrificherebbe per avere la possibilità di cimentarsi in una gara.

Per assaggiare di nuovo il sapore dell’adrenalina.

Giulia è bellissima. Non per niente fa la modella.

E’ un talento naturale nel calcare le passerelle, possiede un’eleganza innata e un fisico perfetto.

Il suo lavoro le fa girare il mondo e le permette di frequentare i posti più eleganti e conoscere le persone più interessanti.

Giulia incontra politici importanti, attori e attrici di fama, uomini potenti e influenti. Lei stessa è spesso sulle copertine dei tabloid ed è riconosciuta ovunque.

Certo che fare una vita così è pesante, è dura quando ti controllano cosa hai e quanto pesa il cibo nel tuo piatto o con chi parli e con chi ti vedi.

Giulia ha avuto qualche breve relazione, altre solo inventate da giornalisti con molta fantasia, ma non è ancora riuscita a trovare il vero amore. Le persone che la avvicinano sono troppo finte o solo molto intimorite. A volte pensa a quanto sarebbe bello non essere famosa, poter passeggiare da sola e magari prendere una bibita in un bar della città e fare due chiacchiere col barista.

Quanto sarebbe bello poter avvicinare qualcuno e scambiare un sorriso, due parole, e poter avere un appuntamento come qualunque ragazza e magari innamorarsi.

Giulia pensa spesso a cosa potrebbe sacrificare, a quanto sarebbe disposta a pagare per avere una volta questa possibilità.



Giulia, Gianna, Gabriele, Giuseppe. Quante persone così ho visto in passato, quante ne vedo oggi e quante ne vedrò in futuro. Quante ne ho avvicinate, a milioni, e quante ne ho accontentate. Tutti loro avevano desiderato qualcosa e la stragrande maggioranza di loro ha, col mio aiuto, concordato un prezzo da pagare.

Ogni uomo ha un prezzo, per quanto alto. Ogni uomo è disposto a rinunciare a qualcosa per ottenere ciò che vuole, realizzare il suo personale sogno.

Sono un essere antico e maligno ma faccio solo ciò che va fatto.

Io stabilisco il prezzo, il sacrificio.



Quello che si dice in giro è vero, state attenti a ciò che desiderate… un giorno potrebbe avverarsi.