domenica 25 settembre 2016
luoghi insoliti: Il corvo
luoghi insoliti: Il corvo: Adamo aveva sempre avuto la fobia dei pennuti. Fin da piccolo si era tenuto alla larga dai piccioni nelle piazze, aveva evitato d...
Il corvo
Adamo aveva sempre avuto la fobia dei pennuti.
Fin da piccolo si era tenuto alla larga dai piccioni nelle piazze, aveva
evitato di toccare galline e pulcini e non aveva mai voluto canarini o
pappagallini da curare nella gabbietta.
I suoi amici, nel periodo "selvatico" della preadolescenza,
giravano armati di fionda, a caccia di passerotti e altri volatili, ma lui era
sempre riuscito a declinare queste battute di caccia, con mille scuse.
L'idea di tenere in mano un piccolo e leggero esserino, dotato di penne e
ali, lo faceva rabbrividire e piangere di rabbia impotente.
Una volta adulto non aveva più dato peso a questa sua paura, anzi aveva
dimenticato di soffrirne.
Fino al giorno in cui incontrò il corvo.
Un giorno Adamo, che era un vero sportivo, sul sentiero dove si allenava
alla mezza maratona, vide un corvo.
Un enorme corvo, dalle lucide piume nere, che sembrava fissarlo con piccoli
maligni puntini neri come occhi.
Adamo si spaventò e smise immediatamente di correre, cominciò a battere i
piedi sul suolo, alzando un sacco di polvere ma niente, il corvo non accennava
ad andarsene.
Adamo provò a gridare e agitare le braccia, arrivò ad avvicinarsi di
qualche passo, il corvo becchettò per terra e tornò a guardare l'uomo.
Adamo era angosciato, non sapeva cosa fare, aveva paura che arrivasse
qualcuno e si vergognava del suo comportamento.
Tutto ciò che seppe fare fu di tornare sui suoi passi e ripercorrere il
tragitto al contrario allungando di un ora l'allenamento!
Maledetto uccello, pensò ma una volta a casa non disse niente a nessuno.
Adamo dimenticò subito il contrattempo accaduto durante l'allenamento.
Ma dopo una settimana uscì da casa per andare al lavoro, si avviò verso la
fermata coperta del tram e vide qualcosa sul tetto della pensilina. Un grosso
corvo se ne stava appollaiato a lisciarsi le penne.
Era enorme, Adamo ne era affascinato e allo stesso tempo terrorizzato.
Nemmeno sotto minaccia di un'arma si sarebbe avvicinato a quella fermata,
così attraversò l'isolato e andò a prendere l'auto parcheggiata al solito in
strada, sperando che nessuno se ne accorgesse.
Al lavoro Adamo non riusciva a concentrarsi, non poteva credere che quello
alla fermata fosse lo stesso volatile che aveva visto sulla pista. Ma cos'era? Un’invasione
di corvi?
Eppure non ne aveva visti di altri in giro.
Fece una ricerca su internet ma non venne a capo di niente.
La sera cercò di non pensarci e di rilassarsi e contrariamente a quanto si
aspettava riuscì ad addormentarsi senza problemi.
Il mattino successivo, durante la pausa al bar dell'ufficio, Adamo prese a
sfogliare il quotidiano. Alla cronaca cittadina lesse un trafiletto che lo fece
sbiancare. Un albero secolare, ormai malato, era caduto di fianco alla
pensilina del tram ferendo seriamente due persone in attesa.
Era la sua fermata.
Adamo non dormì bene quella sera.
Ma la settimana dopo andò peggio.
Adamo usciva da casa verso le otto del mattino. Gli altri condomini, con
bimbi al seguito da accompagnare a scuola, normalmente a quell'ora erano già
fuori. Come sua moglie.
Si trovò, come sempre, nell'androne vuoto del palazzo.
Dalla vetrata l'uccello, fermo sul marciapiede, lo fissava con i suoi
minuscoli puntini neri.
Adamo si bloccò paralizzato, non aveva dubbi. Era lo stesso corvo delle
volte precedenti e ce l'aveva con lui. Ma perché?
Adamo, sudato e tremante, non ce la fece nemmeno ad avvicinarsi al portoncino
di vetro, nelle sue fantasie il corvo era in grado di bucare il vetro con
possenti beccate e di saltargli alla gola e di strappargli gli occhi come nei
peggiori film, quindi, senza verificare se le fantasie potevano realizzarsi,
girò i tacchi e tornò all'appartamento.
Poi chiamò l'ufficio dicendo che stava male e sarebbe al massimo arrivato
più tardi.
Adamo non ce la fece a uscire da casa quel giorno.
Passati pochi minuti dal suo ingresso in casa sentì rumore come di petardi
in strada.
Al TG regionale dissero della rapina nella banca della sua strada, i
rapinatori fuggiti in moto avevano esploso alcuni colpi di pistola contro le
guardie armate ed erano rimasti feriti due passanti.
Adamo passò tutto il fine settimana senza chiudere occhio se non per più di
venti minuti di fila.
I due mesi successivi andarono bene.
Venne l'estate e fu calda. Adamo e sua moglie trascorsero un periodo al
mare e fecero progetti per il futuro.
Adamo amava l'acqua salata e i pesci. Persino le meduse.
Riuscì a dormire bene e si dimenticò dei pennuti e della sua fobia.
Poi l'estate finì e arrivò l'autunno.
E assieme all'autunno tornò anche il corvo.
Un pomeriggio Adamo era fuori sede per lavoro quando la moglie gli
telefonò.
Lei era soggetta a malori e cefalee ricorrenti e quel giorno stava talmente
male da non potersi trattenere dal chiamarlo.
Adamo la rassicurò dicendole che sarebbe tornato da lei nel più breve tempo
possibile.
Si mise in macchina sconvolto, evitò di raggiungere l'autostrada ma si mise
sulla statale perché era il percorso più breve.
Dopo qualche chilometro, all'improvviso, un enorme corvo nero volò radente
all'auto, approfittò della frenata per aggrapparsi con gli artigli ai
tergicristalli e aprì le lunghe e ripugnanti ali spiegandole sul parabrezza.
Adamo urlò, perse il controllo e l'auto finì fuori strada, nel fossato per
l'irrigazione con le due ruote sulla fiancata sinistra a girare a vuoto
nell'aria.
Adamo si svegliò in un letto con le sponde. Aveva elettrodi collegati sul
torace che finivano in un monitor dove scorreva incessante il ritmo della sua
circolazione.
Un infermiere entrava e usciva dalla stanza.
Il dolore gli faceva compagnia il giorno e soprattutto la notte. Qualcuno
gli fece visita ma la morfina gli rendeva la memoria confusa.
Poi una notte il solito infermiere gli disse che era un miracolato. Aveva
saputo dalla polizia stradale che sul luogo del sinistro una tragedia era stata
evitata per un soffio. Solo cinquanta metri più avanti era passato un treno ad
alta velocità e per un problema tecnico il passaggio a livello era rimasto
alzato.
Se l'auto di Adamo avesse proseguito senza uscire di strada, si sarebbe
trovata sui binari e l'esito sarebbe stato drammatico.
Adamo ringraziò il cielo per essere ancora vivo. Dal suo letto poteva
vedere fuori. La sua camera d'ospedale aveva un balconcino, probabilmente usato
dai ricoverati per uscire a fumare.
Una sera Adamo vide un corvo appollaiato sulla ringhiera.
Teneva la testa ripiegata all'indietro come a guardare all'interno della
stanza.
Adamo si addormentò.
Non vide più l'uccello.
Da piccolo, gli avevano spiegato che ogni essere umano è protetto da un
personale angelo custode.
Non aveva mai creduto a quella storia.
Adamo aveva solo e sempre avuto la fobia dei pennuti.
Ora non faceva fatica a credere nell'angelo custode.
Utilizzando la poca fantasia che aveva, lo vedeva facilmente, seduto alle sue spalle, bellissimo e con grandi ali aperte, piene di scintillanti e lucide piume nere.
venerdì 23 settembre 2016
luoghi insoliti: Ho comprato l'autoradio
luoghi insoliti: Ho comprato l'autoradio: Guido un’auto presa d'occasione. Guido un’auto con le gomme lisce e le pastiglie consumate. L'ho pagata poco e mangia ...
Ho comprato l'autoradio
Guido un’auto presa d'occasione.
Guido un’auto con le gomme lisce e le pastiglie consumate.
L'ho pagata poco e mangia molto olio.
Guido un’auto che fa tanto fumo.
Alla prima occasione farò un tagliando.
Ma ora no.
Ho speso tutti i risparmi per farmi un regalo.
Ho comprato l'autoradio!
Non so nemmeno se si possa chiamare così.
Legge tutto: CD, DVD, Blu Ray disc, i formati wave, midi, aac, mp3, mp4!
Ha connessioni Bluetooth, un lettore multimediale, la porta usb, quella aux,
gli slot d’ingresso per la scheda SD, è compatibile IPod, IPhone, Android!
Potenza 100 W, funzione megaBass, controllo vocale, comandi al volante!
Kit vivavoce integrato, microfono in remoto, telecomando wi fi.
Mi è costata un occhio e con un piccolo supplemento mi sono concesso il
modello superiore, Display lcd, dieci pollici, colori intensi, definizione HD,
touch screen, memory card con ottanta film technicolor stereo, fornito di
navigatore con mappa mondiale aggiornabile grazie a sistema GPS, connessione
satellitare!
Sistema radio digitale per un suono perfetto in movimento, addio alle
scariche e alla ricerca delle frequenze!
Mi sono comprato l'autoradio!
Quando la accendo, tremano i vetri e il serbatoio si svuota.
Viaggio sempre in riserva.
Quando la accendo il quartiere è in festa, sembra carnevale, la gente
scende per le strade e cominciano le processioni.
Quando faccio partire un film i mocciosi mi s’incollano al finestrino e non
mi fanno andare avanti.
Mi hanno dedicato un parcheggio al centro della piazza cittadina e posso
uscire solo in seconda serata!
Ho comprato l'autoradio ed è uno spettacolo.
Solo, non fatevi vedere col cellulare alla guida.
Sapete che è vietato!
martedì 20 settembre 2016
luoghi insoliti: Sii Felice
luoghi insoliti: Sii Felice: Felice vorrebbe suonare la chitarra come Jimi Hendrix. Quando ascolta la radio le sue dita scorrono veloci su di una tastiera ...
Sii Felice
Felice vorrebbe suonare la chitarra come Jimi Hendrix.
Quando ascolta la
radio le sue dita scorrono veloci su di una tastiera immaginaria.
Anche Mark Knopfler non gli dispiace.
A Felice piace molto la musica.
Immagina anche di suonare le percussioni o la batteria.
Si vede seduto
sullo sgabello come Phil Collins a tenere il tempo ai concerti dei Genesis.
Felice non era un genio a scuola, non è mai stato il primo della classe.
Il suo grosso rimpianto è di non capire la matematica. Vorrebbe poter
ragionare con mente matematica, gli piacerebbe poter pensare come pensava
Pitagora oppure come Alan Turing.
E sogna anche di comprendere l'universo come Stephen Hawking oppure come Albert
Einstein.
Sarebbe bello, pensa Felice, capire cosa c'è dietro il mistero dei buchi
neri o poter immaginare la vastità dello spazio-tempo.
Felice da bambino ha frequentato il catechismo ma sente di avere le idee
confuse.
Quanto gli piacerebbe avere la preparazione di Benedetto Sedicesimo. Di
certo avrebbe materiale per argomentare su molti discorsi cui partecipa
rimanendo in silenzio.
Potrebbe avere un’opinione e non avere paura di tirarla fuori.
Oltre a tutto questo Felice è un amante dello sport, lo segue continuamente
in TV.
Predilige il tennis e il calcio.
Sogna di muoversi con la racchetta in mano
come Roger Federer o di fare le finte di Cristiano Ronaldo davanti al portiere
avversario.
Purtroppo questo è ciò che vorrebbe.
Invece Felice gioca a calcio come Benedetto Sedicesimo, si muove sul campo
da tennis come Phil Collins, ha la preparazione teologica di Jimi Hendrix, la
conoscenza dell'universo di Federer, la mente matematica di Cristiano Ronaldo,
suona la batteria come Albert Einstein e la chitarra elettrica come la
suonerebbe Pitagora.
Ma non importa.
Perché il nostro Felice, felice lo è davvero.
Perché Felice sa amare.
E sa amare come se stesso.
Con tutto se stesso.
Mettetelo alla prova.
sabato 17 settembre 2016
luoghi insoliti: Non spaventarti
luoghi insoliti: Non spaventarti: Non essere spaventato. Non sono la porta che scricchiola nel cuore della notte mentre cerchi di dormire nella casa vuota. ...
Non spaventarti
Non essere spaventato.
Non sono la porta che scricchiola nel cuore della notte mentre cerchi di
dormire nella casa vuota.
Non sono il cancello arrugginito e cigolante di un vecchio cimitero di
campagna, visitato da adolescenti in cerca di avventura.
Non spaventarti.
Non sono il clown nascosto in un tombino e pronto a strapparti un braccio
se ti avvicini.
Non sono un vampiro librato a mezz'aria, venuto a bussare alla tua finestra
nel cuore di una notte invernale.
Non sono un essere marcescente che si avvicina inesorabile per staccare la
tua carne a morsi.
Non essere spaventato, non sono un Sanbernardo di ottanta chili, idrofobo e
con le fauci schiumanti, che ti tiene prigioniero nell'auto.
Non tremare, non sono l'ombra uscita da un quadro, che come un ladro nella
notte ti avvicina per fare del male.
Non sono l'essere che vive sotto il tuo letto, pronto ad afferrarti la
gamba appena scivola dal materasso.
Non spaventarti. Non sono un truce assassino e squartatore di prostitute.
Non temere, non sono un fantasma che non trova pace nel suo mondo ed è
costretto a togliere la pace nel tuo.
Non sono un demone pronto a possedere il tuo corpo fino a che questo non
sia straziato dalla devastazione.
Non sono la pazzia che può penetrare la tua mente fino a renderti un essere
inerme e sofferente, dalla bocca semiaperta e sbavante, con gli occhi sbarrati.
Non essere spaventato, ti dico.
Non sono un crudele alieno, distruttore di mondi, sceso sul tuo pianeta per
bruciarlo e giocare come un bambino gioca a uccidere le formiche con la lente
d'ingrandimento.
Tanto meno sono un lupo mannaro che incontri in una notte di luna piena e
capisci che sarà il tuo assassino.
Non spaventarti, non sono la mostruosa entità che vive nel buio e ti
raggiungerà appena spegni la luce.
Non avere paura, non sono provvisto di artigli affilati, di lunghe zanne
appuntite e di un’atavica fame di carne umana.
Il mio corpo non è una massa scheletrica, guizzante di muscoli e pieno di
peli, non ho orbite vuote e nere capaci di ipnotizzarti.
Non spaventarti ti ripeto.
Perché non sono tutto questo.
Come vedi sono solo un uomo.
Un uomo.
Già, adesso capisco.
Ora so perché sei così spaventato!
domenica 11 settembre 2016
luoghi insoliti: Dico grazie
luoghi insoliti: Dico grazie: Dico spesso grazie. Mi piace ringraziare. Non è solo questione di educazione. Trovo che dire grazie faccia stare bene me stesso, prima a...
Dico grazie
Dico spesso grazie.
Mi piace ringraziare.
Non è solo questione di educazione.
Trovo che dire grazie faccia stare bene me stesso, prima ancora di colui che mi ascolta.
Dico grazie ogni volta che posso, ogni occasione è imperdibile.
E’ facile però dire grazie a qualcuno se riceviamo un favore, se ci offrono un pasticcino, un calice di vino fresco.
Spesso, al contrario, ci sembra superfluo ringraziare quando riteniamo dovuto quanto riceviamo.
Quando riceviamo quanto ci spetta, l’esatta misura che è nel nostro diritto ricevere, ci sembra che ringraziare sia superfluo. Perché dobbiamo ringraziare per la roba nostra? Perché devo dire grazie a chi mi restituisce semplicemente ciò che è mio?
Perché?
Ci provo, perché non c'è niente che sia mio.
Tutto quello che ho, i miei vestiti, i miei libri, i dischi ma anche la mia famiglia, i miei amici, il mio lavoro... non c'è niente di mio. Tutto ciò che ho mi è stato donato, mi è stato regalato.
La mia vita stessa è un dono.
Ecco perché mi sembra giusto ringraziare.
Quindi dico grazie con gioia per ogni respiro che faccio, per ogni sorriso che ricevo, per ogni persona che incontro.
Grazie per le cose belle di cui è costellata la mia vita, per le prove più difficili da superare, per i momenti duri.
Grazie per l'arte che circonda le nostre città, per i capolavori della pittura, per la meraviglia della musica. Per l’amore che ci riscalda, per gli abbracci degli amici.
Anche questa mattina, durante la solita corsa, mi sentivo di ringraziare per la bella giornata di sole, per il bel panorama, per il silenzio che mi cullava, per il fiume che scorreva placido e mi faceva compagnia.
Ho ringraziato il Signore per tutto questo.
Poi ho guardato il sentiero, le cartacce, l'immondizia, l’auto parcheggiata sul marciapiede, i mozziconi sulla strada, la fontana rotta e con un sorriso sbilenco ho mormorato fra i denti anche un grazie alla madre dei cretini che, come dice il proverbio, essendo sempre gravida, non manca mai di privarci dell'esercito ignorante dei suoi figli.
giovedì 1 settembre 2016
luoghi insoliti: luoghi insoliti: Dividiamo i compiti
luoghi insoliti: luoghi insoliti: Dividiamo i compiti: luoghi insoliti: Dividiamo i compiti : Odio vedere l'anima di cartone sul porta carta igienica. Può restarci per giorni e giorni. Al...
Giallo shock
Anche se oggi fa molto
caldo, vado a correre.
E’ una giornata troppo
bella per sprecarla sul divano del soggiorno.
Il percorso è il
solito, la pista ciclabile accanto al parco, un nastro di asfalto lungo quasi
tre chilometri da consumare avanti e indietro quante volte si vuole (o quante
volte il fiato e le gambe lo permettono).
Attraverso il viale, mi
lascio alle spalle la città, mi appresto a percorrere la lieve salita che porta
alla pista quando un tipo, con l’aria del runner, stanco e sudato mi si
avvicina e mi dice qualcosa. Vedo che sorride.
Accosto, tolgo le
cuffiette dall’orecchio destro e lui mi ripete:
-
Non c’è una fontana da queste parti?
Sorrido a mia volta, mi
giro e indico un punto alle mie spalle.
-
Lì c’è una fontana ma sono mesi che è
stata chiusa, danneggiata dai vandali.
Mi guarda rammaricato e
fa spallucce.
-
Pazienza, scusa per l’interruzione,
ciao.
Ma ho già infilato la
cuffietta nell’orecchio. Lo saluto con un cenno della mano, mi giro e riprendo
il mio ritmo.
Aveva una faccia strana
quel tipo, gli occhi vagamente spiritati ma sarà stato l’effetto
dell’adrenalina. Dopotutto noi sportivi siamo tutti un poco strani nella trance
agonistica.
Mentre corro, mi
vengono in mente due curiosità. Il tipo aveva il mio stesso taglio di capelli,
più che taglio una massa informe, una zazzera di ricci che mi ostino a lasciare
lunghi come fossi un ragazzino. Inoltre aveva la stessa maglietta sportiva di
un turchese violento, comprata in un centro commerciale più che popolare.
Solo nella nostra
provincia ce l’avranno in diecimila…
Inoltre il tizio
assetato aveva le braccia sporche, coperte da polvere biancastra, come se
facesse il fornaio e aveva un’altra cosa curiosa che sul momento mi è sfuggita.
Continuo a correre.
Presto il caldo e la fatica m’impediscono di pensare.
C’è solo strada da
bruciare e sole da cui essere bruciati.
Al secondo chilometro
sotto il sole, il calore si fa insopportabile. Ho l’impressione che anche le
suole di gomma, al contatto col cemento bollente, si stiano surriscaldando.
Avrei dovuto bagnare la
testa, penso…
Comincio ad avere anche
le allucinazioni. Vedo una macchia scura immobile al centro della pista.
Sapete, quando corro
non porto gli occhiali e spesso dimentico di indossare le lenti per la miopia.
Comunque la macchia
scura e immobile non è un cane o un cumulo di stracci come mi erano sembrati a
tutta prima.
Si tratta di un uomo.
Un vecchio buttato per
terra e la sua bicicletta poco più indietro.
Il cuore mi prende a
calci dal centro del torace.
Penso, è stato male. Si
è sentito male per il caldo. Le gambe mi tremano per l’emozione ma mi portano
vicino al vecchio.
Devo fare qualcosa.
Oddio, che spettacolo
orrendo!
Il pensionato è steso
sulla schiena con gli occhi aperti.
Sembra che stia
osservando il cielo allo zenith.
Chissà se vede le
nuvole o se a quest’ora è già arrivato sopra quelle nuvole. A me sembra giusta
la seconda ipotesi.
Ha una zona incavata al
centro della fronte, sporca e bluastra e sotto la nuca si sta allargando una
pozzanghera purpurea. Attorno al corpo polvere bianca come farina.
Gli do un calcetto con
la punta del piede ma è inutile, gli occhi chiari e opachi non perdono il contatto con
il cielo.
E’ proprio morto. Le
mani mi tremano mentre cerco di sfilare il cellulare dalla tasca dei
pantaloncini. S’impiglia il cavetto delle cuffie, mi cade il telefono nella
pozza di sangue. Non è il momento di fare lo schizzinoso.
Con le dita appiccicose
e tremanti compongo il 112 e mi ascolto dire:
-
C’è un vecchio morto sulla ciclabile.
Poi l’operatore in
linea mi dà le opportune istruzioni e mi tranquillizza.
Riesco a rispondere
alle domande con calma e la comunicazione è presto chiusa.
Sotto la bici del
vecchio c’è una copia di un quotidiano. Lui indossa pantaloni ascellari, mi
ricorda un po’ Fantozzi, poi penso che questo poveraccio, Fantozzi, non lo vedrà
mai più.
Cinque minuti sembrano
eterni.
Non penso più al sole,
alla corsa, il respiro si è calmato, il battito ha rallentato la sua frequenza.
Non riesco a staccare
gli occhi dal vecchio.
Chissà se aveva
qualcuno a casa ad aspettarlo. Soprattutto chissà com’è morto.
Il segno sulla fronte è
strano, non mi torna. Sembra più un colpo, una sassata che una caduta dalla
bici. Ma non sono affari che mi riguardano.
Arriva tutto un circo, un’ambulanza
che non so a che serva visto che il morto è ormai morto, due pattuglie di
carabinieri, un maresciallo comincia a scattare foto, un barelliere mi chiede
se sto bene.
Sono confuso, stanco e
assetato. Chiedo se posso andare a casa. Mi rispondono di no, per il momento
non è possibile, si deve aspettare il giudice.
Qualcuno ha messo un
lenzuolo bianco sul vecchio e mi chiedo come farà adesso che non può più
guardare le sue nuvole.
Il giudice arriva,
sembra un ragazzino di nemmeno trent’anni.
Ha la voce stridula,
insopportabile.
Dice che devono
trasferirmi da qualche parte, penso per il verbale.
Poi il maresciallo gli
si avvicina all’orecchio e sussurra qualcosa indicando le case popolari che in
linea d’aria saranno a meno di cinquanta metri.
Chiedo di nuovo se
posso andare e il giudice ragazzino mi guarda malissimo. Chiede se conosco il morto.
Poi manda due
carabinieri verso la casa popolare, pare che nel palazzo ci siano testimoni oculari dell’accaduto.
Accaduto, già ma cosa è
accaduto, mi chiedo.
Mi guardo le scarpe, le
mie leggere e tecnologiche scarpe da running.
Hanno le suole
macchiate di rosso.
Poi mi torna in mente
la stortura che avevo percepito poco prima.
Il tizio, il runner che
mi chiedeva della fontana, quello con lo sguardo alterato e la maglietta
identica alla mia, calzava delle scarpe pesanti, da lavoro.
Un carabiniere di
quelli che hanno sentito i testimoni finalmente torna.
Si avvicina e mi chiede
gentilmente di salire in auto.
Non sta sorridendo.
Mi sa che per un po’
non correrò.
Sono fregato.
luoghi insoliti: Dividiamo i compiti
luoghi insoliti: Dividiamo i compiti: Odio vedere l'anima di cartone sul porta carta igienica. Può restarci per giorni e giorni. Almeno finché non mi decido a ...
luoghi insoliti: Dividiamo i compiti
luoghi insoliti: Dividiamo i compiti: Odio vedere l'anima di cartone sul porta carta igienica. Può restarci per giorni e giorni. Almeno finché non mi decido a ...
Dividiamo i compiti
Odio vedere l'anima di cartone sul porta carta igienica.
Può restarci per giorni e giorni.
Almeno finché non mi decido a sostituirlo con un rotolo nuovo.
Puoi trovare rotoli ovunque, sul davanzale, sul mobiletto, sul pavimento.
Ma nessuno che pensi a infilare un dannato rotolo di carta igienica nel porta
rotolo.
Perché è semplicemente compito mio!
Fate sparire quel
sorrisetto dalla faccia, non c'è niente da ridere.
Altra cosa, ho fatto il caffè.
Prendo la zuccheriera. Vuota!
Non ci credo.
Questo non tocca a me.
Già. Perché è tutta una questione di divisione dei compiti, di
organizzazione.
C'è chi cucina, chi prepara la tavola. Chi spazza il pavimento e chi porta
giù l'immondizia.
Chi ripara il rubinetto che perde e chi attacca i quadri.
E c'è chi riempie la zuccheriera e chi rifornisce il bagno di rotoli di
carta igienica.
Ecco ricomparso il
sorrisetto!
Per convivere senza problemi è necessario essere organizzati, essere
coordinati, in famiglia e allo stesso modo in una grande azienda.
Allora ci si dividono le incombenze e le attività in base alle proprie
competenze, alle proprie attitudini, alle inclinazioni.
Ovunque ci siano più persone, di qualunque natura sia l'organizzazione, è
indispensabile che tutti si vada nella stessa direzione, senza ostacolarsi per
non rallentare il cammino, per non allontanare l'obiettivo!
Allo stesso tempo è importante essere intercambiabili, (quando si è alla
guida di un mezzo e si ha sonno, sarà opportuno mettere al volante qualcuno più
sveglio) e si dimostra intelligente chi dà prova di flessibilità!
Un proverbio (che mi piace poco) recita: "Tutti sono utili ma nessuno
è indispensabile".
Mi è stato più volte citato da dirigenti che si ritenevano all'altezza del
loro compito.
Io direi piuttosto che tutti sono utili e allo stesso tempo tutti sono
indispensabili!
Ma chi sono io per coniare nuovi proverbi, io che dimentico anche di
ripristinare il rotolo finito della carta igienica...
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