domenica 8 dicembre 2019

Diventare come bambini










Antonio prende lo spazzolone e colma il secchio d’acqua.

Ultimamente gli tocca lavare il pavimento anche due volte al giorno. 

Anche stasera l’ultimo boccone è stato fatale, pensa.

Non sa più come fare. Suo padre è sempre peggio, ora ha preso l’abitudine di tenere in bocca il cibo senza né masticare né deglutire, e capita che questo gli stimoli il vomito.

E puntuale, il babbo ha vomitato la cena, sporcando la tuta, la carrozzina e il pavimento.

Antonio fa un sospiro, schiude la finestra di due centimetri perché l’odore è tremendo, e si prepara al lavoro.

Qualche mese, anche solo qualche settimana prima, avrebbe gridato, avrebbe inveito contro il genitore, gli avrebbe urlato che così non si fa, non è giusto, così non si può andare avanti… ora Antonio ha capito che urlare e perdere la calma serve solo a spaventare il vecchio, a farlo arrabbiare, oppure a provocare una reazione peggiore.

Se c’è una cosa positiva, è che il padre di solito dorme come un ghiro e Antonio non può permettersi di sciupare quelle ore preziose, sgridando l’uomo e causando magari un’insonnia che pagherebbe lui in prima persona.

Sospira e passa lo straccio sul pavimento e ogni tanto lancia un’occhiata a suo padre che dalla sua sedia a rotelle, con la tuta sporca, gli rimanda uno sguardo innocente.

-Cosa hai combinato? gli chiede con un’ironia priva di cattiveria.

Il vecchio non risponde ma fa un sorriso senza denti che fa ridere Antonio.

Che malattia di merda, pensa mentre gli sfila la tuta con una smorfia di disgusto. Che vita di merda, si dice con poca pietà. Un uomo che non c’è più, una persona brillante e autorevole, attiva e impegnata in mille progetti, un uomo testardo e autoritario sparito, scomparso in pochi mesi, sostituito da un bambino imbecille che se la fa addosso e non ricorda niente e nessuno.

Antonio non si concede spesso il lusso di lamentarsi e di rimuginare sulla situazione ma ogni tanto cede e gli scappa un pensiero come questo.

Da anni non crede più a niente, non sa che fine abbia fatto la sua fede e a dire la verità non se ne preoccupa ma oggi vorrebbe poter credere per addossare la responsabilità a un dio malevolo e dispettoso piuttosto che a qualche migliaio di cellule nervose ridotte in poltiglia da un’emorragia capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Vorrebbe avere a disposizione un’Entità Superiore alla quale rivolgersi, con la quale prendersela ma sa che non è così e tutto ciò che gli resta da fare è passare lo spazzolone sul pavimento per rimuovere il vomito.



Suo padre approfitta della vicinanza di quell’uomo che lava il pavimento per allungare il braccio e dargli una carezza sulla testa.

Antonio lo sente e si blocca, non capisce da dove nasca quel residuo d’istinto paterno, forse è solo un ancestrale bisogno di contatto che hanno tutti gli esseri viventi, non solo le persone, e dopotutto suo padre è tornato a essere un Homo sapiens, fatto d’istinti di sopravvivenza, un uomo che non sa più nulla dell’economia nazionale, dei movimenti di rivoluzione, dei mercati, del prezzo della benzina, della scadenza dell’ICI e dei problemi della scuola e della sanità, degli Oscar del cinema e di internet ma che pensa solo a mettere qualcosa nello stomaco, a cagarsi addosso, a dormire e a stare al caldo. 

E ogni tanto a provare a dare e a ricevere una carezza.

Antonio attende dieci minuti e mentre il pavimento si sta asciugando, va a prendere un maglione pulito e cambia suo padre. Poi gli passa una salvietta profumata sulla pelle ruvida e secca pensando che è di nuovo ora di radergli la barba.

Da quando assiste suo padre, la sua vita è scandita da tempi altrui, l’ora della pappa frullata, l’ora di tirarlo su dal letto, l’ora del cambio del pannolone, l’ora della fisioterapia, l’ora dell’igiene… ogni tanto si guarda allo specchio e si ricorda che anche lui ha diritto ad avere delle ore personali ma queste sono meno pressanti, meno importanti.

Il vecchio si lascia infilare il maglione, ultimamente è diventato docile come un cagnolino e a parte un po’ di rigidità articolare, Antonio lo cambia senza difficoltà.

-Stai meglio adesso? Vuoi provare a mangiare un budino?

Il vecchio fa sì con la testa e torna a fare quel suo sorriso sdentato, un po’ come fanno anche i neonati per una volontà innata di piacere e di essere accettati, accuditi e amati.

All’improvviso ad Antonio torna in mente quando era bambino e andava al catechismo per fare la prima comunione. Ricorda che c’era stata una lettura che lo aveva fatto sorridere e lo aveva colpito. Secondo l’evangelista Matteo, Gesù aveva sostenuto che occorrerebbe tornare come bambini per accedere al regno dei cieli.

Senza motivo, mentre suo padre apriva la bocca come fa un uccellino per cibarsi, e ingoiava il suo budino, ad Antonio torna alla memoria quella frase, anzi gli lampeggia chiara nella mente come un’accecante insegna luminosa, e all’istante crede di capire.

Ecco cosa è successo a suo padre, l’uomo che teneva tutti sotto i suoi piedi, che aveva diretto la sua famiglia come si dirige un’impresa, era finalmente riuscito a ridiventare come un bambino.

Ecco, si dice Antonio, forse è tutto qua.

Suo padre ingoia un’altra cucchiaiata di budino, lo guarda con occhi vacui e dolci, poi torna a spalancare la bocca.











Nessun commento:

Posta un commento