mercoledì 29 giugno 2022

This is a man's world

 





"This is a man's world"


Questo è un mondo di uomini, sembra un grido di disperazione, ma la voce di James Brown, proveniente dal 1966, non è mai stata così graffiante, così attuale!


Perché è vero, baby, questo è un mondo di uomini.

Con buona pace dei perbenisti, degli inclusivi, dei moderati.


Questo è il mondo che ci siamo costruiti, il mondo in cui gli uomini creano e distruggono. Stringono patti e fanno guerre.

Il mondo in cui uomini fanno i soldi stipulando affari con altri uomini, sordi alle voci indignate e agli slogan, ciechi alle marce ai femminismi.

Indifferenti al dolore e assuefatti alle violenze e ai soprusi.


Da “Non è un paese per vecchi”, il romanzo di McCarthy allo stereotipo non è un gioco per signorine! il passo è breve e ci riporta indietro di decenni, nemmeno tanto lontano, quando alle donne era concesso di parlare solo dopo il consenso del padre o del marito!


E dunque?

Questo è il mondo che vogliamo?

Lo ripeto, è veramente questo il mondo che vogliamo?


Siamo del 2022 o negli anni venti del ventesimo secolo?

E’ in questo mondo che vogliamo far vivere le nostre mogli e le nostre sorelle?

E’ davvero questa l’inaccettabile eredità che vogliamo lasciare alle nostre figlie?

Lasciamo che James Brown canti forte dal passato, perché lo fa con maestria e anche perché lui aveva già trovato la risposta:


But it wouldn't be nothing, nothing, not one little thing, without a woman or a girl…


anche questo mondo non sarebbe niente, niente, non una piccola cosa, senza una donna o una ragazza da amare.


E dalla quale essere amati.








domenica 19 giugno 2022

la corda

 





L'uomo si muove con gesti nervosi e rapidi.

Il sottotetto è buio e sporco. Cerca confusamente qualcosa ribaltando oggetti e sollevando batuffoli di polvere.

Alla fine apre il cassetto di una vecchia credenza piena di tarli e trova quello che sta cercando. Una vecchia e robusta corda appare nella sua mano, in primo piano.

Le immagini proiettate nella sala riunioni sono state riprese in bianco e nero per dare un tocco di realismo, forse.

L'attore non è un professionista e ci mancherebbe, col budget da rispettare, ma sembra convincente e fa bene la sua parte.

 Tutti i presenti rimangono in silenzio, l'attenzione è alta e anche la tensione. La scena riprende. Ora l'uomo che si è sbottonato il colletto e ha la camicia appiccicata di sudore alla schiena, trasmette un senso di ansia. Cerca un posto adatto, si volta e vede una trave di legno spessa abbastanza. Lancia l'estremità della corda e la tira giù dall'altra parte. Poi esegue un nodo e per verificare che questa non si spezzi si aggrappa alla corda e tira su le gambe, lasciandosi penzolare.

Funziona. La corda terrà. Primo piano del nodo. Primo piano della faccia stravolta e lucida di sudore dell’uomo.

Nella sala qualcuno esprime disagio spostando rumorosamente il grosso deretano sulla sedia. Qualcun altro trattiene il respiro. Una donna, forse una segretaria d'amministrazione si copre la bocca con la mano. Il direttore marketing ha la faccia di uno che sta per esser costretto a ingoiare escrementi di cane dal bullo della scuola. Il presidente mantiene uno sguardo imperscrutabile.  Nessuno fiata.

Dell'appartamento al piano di sotto giunge una voce cristallina. Una bimbetta sui tre anni chiama il suo papà. L'uomo lavora frenetico ai nodi, sembra non avere più tempo. Ora cerca qualcos'altro. Uno sgabello o un seggiolino.

La segretaria in sala vorrebbe evitare di guardare ma non può, sposta la mano davanti agli occhi come fanno i ragazzini davanti a un film horror.

L'uomo trova una seggiolina per bambini, è perfetta, la afferra e si volta verso la corda. Gli ultimi istanti del video non lo inquadrano, si vede una botola aprirsi e una testolina bionda spuntare.

Papà?  Dice la vocina.

La schiena dell'uomo copre tutto il campo. Poi lui si volta e sorride alla bimba.

Papà, cosa fai in soffitta?

 Lui la prende in braccio e le mostra.

Vieni su, proviamo un gioco.

La ripresa finale inquadra un’altalena artigianale ma non priva di un fascino arcaico. E la bimba che dondola felice.

I presenti sono come impietriti. La segretaria si lascia andare in un applauso nervoso che non è accompagnato da nessun altro. È evidente che si tratti di un gesto isterico.

Ok, grazie a tutti, s’impone il direttore marketing, la riunione è conclusa. Oggi comunicheremo le decisioni.

Tutti si affrettano a lasciare il tavolo e a dirigersi, con sollievo, verso il rinfresco al fondo della sala per versare enormi tazze di caffè.

Sullo schermo rimane il fermo immagine di una bambina seduta su un’altalena.

 

Mezz'ora dopo nell’ufficio dell'amministrazione delegato l'aria è ancora rovente e irrespirabile. Si sono sentiti fin dal primo piano.

Si lo so che si tratta di un demo, mal registrato e mal recitato! Ma non è questo il punto! Il dirigente parla sputacchiando saliva come un boxer con la rabbia.

Non possiamo usarlo, non possiamo…

Avremo tutti contro, associazioni di mamme, medici pediatri, avvocati, società di sostegno alla vita, la chiesa… sembra un’istigazione!

Il dirigente ha ragione, sa che salterà la sua testa per questo, anche se l’amministratore delegato non ha proferito una parola che sia una. Anzi, è proprio questo che lo terrorizza.

Prima che salti mi toglierò la soddisfazione di prendere a calci nel culo questo piccolo bastardo, pensa. Scende le scale con l’espressione di uno squalo davanti al sangue. Entra nel piccolo ufficio del responsabile di tutto quel casino. Il giovane creativo, che non è così sprovveduto, lo stava aspettando. Ha passato gli ultimi trenta minuti a salutare colleghi e amici che sono atterriti. Non si spiegano quello che sta capitando, si poteva evitare, si poteva fare meglio…

Il dirigente gli vomita addosso una serie infinita d’insulti e maledizioni che dovrebbero bastare a coprire anche la sua discendenza per almeno tre generazioni. Lui raccoglie le sue cose in uno scatolo di cartone, proprio come ha visto fare in un sacco di film dozzinali, e se ne va, imboccando le scale.

Uscirà dalla porta a vetri per non tornare più.

Mike, questo è il nome del giovane, torna a casa. Non ha altri posti dove andare. Poggia la scatola sui gradini ed esce sul retro. La casa è vuota, sua moglie tornerà solo tra un paio d’ore, subito dopo essere passata a prendere il piccolo alla scuola materna. C’è tutto il tempo.

Nel giardino dietro casa c’è una vecchia quercia, mezza malata, che i condomini volevano far abbattere ma che finora ha resistito in piedi. Dovrebbe tenere.

Mike entra in casa, va nel ripostiglio, dove conserva la sua attrezzatura sportiva, tira fuori la sua corda per arrampicare, esce e si mette al lavoro. Nel caldo pomeriggio nessuno lo può vedere, dietro casa mentre armeggia con i nodi.

Se qualcuno lo vedesse, di certo chiamerebbe la polizia.

Un uomo disperato, direbbero i vicini, appena licenziato anzi sbattuto fuori dal capo in persona, una vergogna inaccettabile…

Quando sua moglie e il suo bimbo rientrano, la casa è immersa nel silenzio. Lei esce sul retro e il bimbo si affaccia con un’espressione colma di stupore e felicità che solo i bambini possono mostrare.

Papi, mi hai costruito un’altalena! E corre in braccio a suo papà, che lo accoglie appagato e subito lo sistema sul sedile fornito di cuscino.

Mentre spinge suo figlio, ignora una lacrima che gli solletica, molesta, la guancia.

Il suo bimbo grida felice e gli ricorda che la vita può essere bella.

Con poco, basta una corda.