venerdì 30 novembre 2018

luoghi insoliti: Il fantasma del Natale recuperato

luoghi insoliti: Il fantasma del Natale recuperato: -Mamma, perché quell’uomo piange? -Ssshhhhhht! Risponde la mamma, alzando un inequivocabile indice davanti al naso. M...

Il fantasma del Natale recuperato











-Mamma, perché quell’uomo piange?

-Ssshhhhhht! Risponde la mamma, alzando un inequivocabile indice davanti al naso.

Ma il bambino, insiste, a cinque anni si è curiosi e insistenti.

La mamma lo trascina via per un braccio. 

-Ah, guarda, stanno montando l’albero di Natale, andiamo a vedere!



L’uomo sorride, divertito dalla scena e dall’imbarazzo della donna. Tira fuori un fazzoletto, si asciuga le lacrime e si gira per tornare a casa.

Ricorda, per un momento quando da giovane tirava di boxe, qualche pugno lo aveva dato e tanti ne aveva presi ma nessuno, nessuno lo aveva fatto stare male come ora.

Fa freddo, ci vorrebbero i guanti per uscire, ma lui è sempre troppo di fretta o solo troppo distratto per prepararsi come si deve. Appena entra nell’appartamento semibuio, gli si appannano gli occhiali e si ritrova immerso nella nebbia.

Gli occhi non hanno smesso di lacrimare, si dice per il freddo, non credendoci nemmeno lui.

-Non puoi stare tutto il giorno fuori!

L’uomo non risponde ma nella sua mente si forma un pensiero, è che non riesco a stare in casa dove ogni muro, ogni angolo mi parla di te.

-Guardati, cerca di avere più cura di te.

Lui entra in bagno e accende la luce dello specchio. Gli occhi sono rossi e segnati, la barba di tre giorni grigia e ispida gli conferisce un aspetto da vecchio malato. E forse è proprio così. Un vecchio solo e malato 

E a peggiorare le cose, le feste imminenti.

-Non ti servirà a niente compatirti e compiangerti. Non interessa a nessuno la tua solitudine, sei tu che hai scelto di vivere in questo modo!

La voce che giunge dalla stanza da letto ha preso un tono che non gli piace, stridulo e arrabbiato, gli mette paura.

Pensa, non è così che doveva andare. 

Ma non va mai come si era sognato da ragazzi, come si era fantasticato, non è vero?

Non dovevo farti andare via.

-Non avresti potuto trattenermi nemmeno con la forza. E non puoi incolparti di come sono andate le cose tra di noi.

Lui si siede sul gabinetto senza avere intenzione di usarlo veramente, con la testa tra le mani callose. Non avrei dovuto colpirti ma non potevo controllare quegli attacchi di rabbia.

-Smettila! Non mi hai colpito. Ti sei rotto le nocche contro il frigo, ecco com’è andata. Ed io sarei andata via comunque, era una decisione presa.

L’uomo urina qualche goccia, si sciacqua le mani al lavandino e va in cucina a versarsi un bicchiere di vino. Non accende la luce, ogni cosa è lì, dove sta sempre e lui trova tutto nella penombra.

Mentre beve, ripensa a quando aveva saputo della malattia di sua moglie, un anno dopo che lei se n’era andata. Non era stato capace di andare a trovarla perché così era lui, un paralitico di fronte alle emozioni. 

-Ogni anno la stessa storia, arrivano le feste e tu cosa fai? Bevi e te ne stai da solo in queste due stanze puzzolenti.

La voce ha parlato a volume basso, quasi un sussurro nell’orecchio, ma traspare la forza. Una forza spaventosa.

All’uomo sfugge il bicchiere di mano, finisce in mille pezzi sul pavimento. Trema e ci mette parecchio a trovare l’interruttore. Anche al funerale restò così, come un paralitico, in fondo alla chiesa, incapace di muoversi e parlare con nessuno.

Poi prende la scopa e si mette a pulire.

-Chiamalo!

Era un imperativo. Lui fissa il telefono da parete. Un oggetto che era stato lì, su quel muro, quando loro ancora non si conoscevano. Quando il pugno non era ancora partito.

Non so se ci riesco, pensa il vecchio.

-Chiamalo e smettila di essere così cocciuto! O me ne andrò via di nuovo e stavolta per sempre…

Lui ha paura. Non sarebbe sopravvissuto.

Ma cosa avrebbe potuto dire a suo figlio? Non ci parlava da quanto… troppo tempo.

-Chiama ora! Urlò la voce.

L’uomo si versa un altro bicchiere, questa volta pieno d’acqua e lo tracanna.

Poi prende un respiro profondo e mette una mano sulla cornetta grigia.

-Pronto?

-Sono io…

-Papà? Papà, sei tu? Come… stai bene? E’ successo qualcosa?

-No, no. Sto bene… è solo che, è passato così tanto, mi dispiace…

I suoi occhi riprendono a lacrimare.

-Senti papà, lo sai cosa facciamo? Quest’anno le feste le passi con noi, stiamo preparando già, non accetto rifiuti…

Lui non sa cosa rispondere, nelle sue orecchie sente ancora la voce che minaccia: andrò via di nuovo e stavolta per sempre…

-papà? Sei ancora li?

-Si, scusa… sono qui.

-Anzi no, meglio ancora, tra mezz’ora esco dal lavoro e passo da te. Stasera mangi con noi così programmiamo assieme! Preparati, a più tardi…

Non può deludere ancora quel ragazzo, così entusiasta, così per bene. Quel giovane uomo che mai, neppure una volta lo aveva accusato, mai gli aveva puntato il dito come ci si sarebbe potuto aspettare.

E adesso cosa faccio, è al momento il pensiero che lo assilla.

-Preparati, cambiati, fatti la barba e renditi presentabile. Andrà tutto bene. 

Gli dice, forte e chiaro, sua moglie dalla camera da letto.

Andrà tutto bene. 

Lui si fida. Va in bagno, questa volta accende tutte le luci. Avrebbe passato le feste col suo ragazzo e con la famiglia. Andrà tutto bene, si…

Attende che si calmi il tremore delle mani, prende il pennello e la schiuma e inizia a trafficare con cautela passando il rasoio piano.

Appena ha finito, si lava la faccia e si pettina, dimostra cinque anni di meno.

Quando suona il campanello, mette il cappotto e esce da casa.

Si fida.

Andrà tutto bene.

La voce non dice nulla, forse sorride.









lunedì 26 novembre 2018

luoghi insoliti: La magia dietro un vetro

luoghi insoliti: La magia dietro un vetro: La classica triste e piovosa mattina di fine novembre. Valentina passa due dita sul vetro della finestra e, togliendo l...

La magia dietro un vetro









La classica triste e piovosa mattina di fine novembre.

Valentina passa due dita sul vetro della finestra e, togliendo la condensa, si diverte a sentire il tipico suono utilizzato per la pubblicità dei detergenti per piatti.

BRRRRRRRRRRRRRRR

Valentina guarda fuori. Il tempo è così da quasi una settimana. 
Il cielo è una pesante coperta grigia, gonfia d’acqua e tutto appare dello stesso colore delle vecchie foto di famiglia, scattate tanti anni fa.
Valentina è stanca di leggere il suo libro, ancora di più di guardare programmi tv vuoti, con personaggi vuoti il cui unico scopo è mantenere vuota anche la mente.
Seduta alla finestra non può fare altro che osservare il prato sempre più zuppo d’acqua e ascoltare l’ipnotico gocciolio della grondaia spiovente, all’ingresso.

Plink, plink, plink!

Ogni tanto, sulla strada poco distante dalla casa, passa un’auto sollevando un’ondata d’acqua.

Scroshhhhhhhhh

Valentina è rapita e tutto quello che fa, è passare ogni tanto due dita sul vetro per continuare a guardare fuori.

Valentina osserva la pioggia scendere come lacrime sul vetro e una leggera malinconia le pesa sulle palpebre come un sonno leggero, poi si accorge che le gocce hanno smesso di picchiettare sulla finestra.

Plik... plik... plik……...

É il momento di uscire, pensa.

L'erba bagnata le solletica i piedi nudi e le trasmette una magnifica sensazione di freddo. La lunga camicia da notte si sporcherà e chissà se sua madre la prenderà bene, ma ora non importa.
Il prato è lucido e scivoloso e il riverbero della luce sulla strada bagnata le ferisce per un momento gli occhi.
Valentina ha un brivido ma i suoi passi non si arrestano.
Il prato davanti casa è cosparso di fiori e a poco meno di un metro dal viso della ragazzina, una farfalla si posa su uno di questi.
Fiori in novembre? Si chiede Valentina. Ma la farfalla è così bella, ha ali rosso ruggine screziate di nero e sembrano velluto. Non le permettono altri pensieri.
Poco oltre un piccolo bruco verde sta risalendo il ramo di un cespuglio. Chissà se è imparentato con la farfalla, che nel frattempo è volata via. Valentina non ha grande conoscenza di entomologia ma è felice dell'universo pieno di vita che esiste a pochi passi, fuori dalla sua porta.

Si guarda i piedi e le gambe bagnate e schizzate di fango. Le viene da ridere.

La pioggia ricomincia leggera e la ragazzina alza il viso per accoglierla. Poi apre gli occhi e si accorge che si è formato un arcobaleno dietro alla collina al fondo del paese.
Come mi piacerebbe andare a vedere dove finisce quell’arco colorato e se davvero c'è una pentola d'oro sepolta, pensa Valentina e non riesce a spostare gli occhi da quel miracolo della natura.
La pioggia aumenta d'intensità e Valentina decide che è arrivato il momento di rientrare in casa.

Peccato, la sensazione di freddo solletico che le da l'erba sotto le piante dei piedi, tra le dita e sulle caviglie nude è meravigliosa ma adesso Valentina è scossa dai brividi. Rientra con il viso e i capelli bagnati d'acqua e il cuore gonfio di felicità. 

Poco dopo è dietro la finestra, al suo posto.

Osserva la pioggia che è tornata a suonare il suo ritmo sul vetro.
Lei accompagna una musica immaginaria battendo a tempo due dita sullo stipite. Poi guarda in basso. 

Si accorge che il piede destro è scivolato giù dal predellino e ora penzola come un'inutile appendice. La ciabatta è fuori dalla sua portata ma ci penserà come sempre la sua mamma quando rientrerà. 

Si afferra con entrambe le mani, la gamba insensibile e la rimette a posto.

Poi Valentina risistema meglio la sua sedia a rotelle e torna a guardare fuori.








venerdì 23 novembre 2018

luoghi insoliti: Il dente

luoghi insoliti: Il dente: Ti guardo. Sei lì, appoggiato sul davanzale di marmo. Sul marmo, come un corpo morto. E, in effetti, sei morto, illuminato dalla luce...

Il dente








Ti guardo.

Sei lì, appoggiato sul davanzale di marmo.
Sul marmo, come un corpo morto.

E, in effetti, sei morto, illuminato dalla luce fredda che entra dalla finestra.
Bagnato da saliva e qualche goccia di sangue. Dal mio sangue.

Ti guardo immobile su quel marmo e immobile resto anch'io mentre premo una busta con del ghiaccio, sulla guancia sinistra.
Ma tu sei immobile e morto mentre io sono qui. Fa male e il dolore mi tiene vivo.

Ho dovuto strapparti, estirparti, eliminati. A guardarti sembri perfetto, smalto bianco, lucido e intatto. Troppo perfetto.
Il nero è dentro, il marcio è all'interno.
E da lì avrebbe invaso, infettato tutto il corpo. Da quel dente si sarebbe propagato il veleno che mi avrebbe indebolito, corrotto e alla fine ucciso.

Mi alzo e vado in bagno a sputare nel lavandino. Osservo gli schizzi rossi e mi chiedo quanti globuli sto perdendo per colpa tua.

Per un momento ho la certezza che, tornando in camera, troverò il davanzale di marmo vuoto, bagnato solo dall'umido della saliva. In qualche modo non eri morto e sei fuggito. Cerco conferme, passo la lingua che trova un vuoto dal gusto acre dove prima c’era il dolore. So che d’ora in poi passerò spesso la lingua su quel vuoto a cercarti, quasi a rimpiangere quando c’eri, anche se facevi male.
Mi avvicino al davanzale e sei lì, immobile e morto.
Ma non importa perché non sei più dentro di me, non sei più una parte del mio corpo.

Fai parte del passato e non importa quanto sei marcio dentro, tanto non mi farai più male e appena le mie gengive saranno capaci di elaborare il lutto e smetteranno di piangere, la pulsazione sorda che mi stordisce sarà solo un ricordo.

Così come sono un ricordo tutte le persone che ho lasciato indietro. Che ho estirpato dalla mia vita.
Come io sono un ricordo per tutte le persone da cui sono stato lasciato dietro e che mi hanno estirpato dalle loro vite.

Perché tutto quello che eravamo capaci di fare era disseminare i nostri corpi di veleno e lasciarci, era l'unica cura possibile.


Ecco perché  ti guardo e aspetto, dente.

Aspetto che il sangue si fermi, che il dolore si attenui e che l'amore possa di nuovo sgorgare dalla mia bocca.




Aspetto con le labbra sporche di sangue e la guancia gonfia e mentre aspetto un sorriso perfetto si apre sulla mia faccia.







domenica 18 novembre 2018

luoghi insoliti: La cena

luoghi insoliti: La cena: LA RIMPATRIATA  Eccoci qua.  Dopo quanto, almeno trent’anni, a qualcuno è venuta questa fantastica idea.  Il pensiero...

La cena








LA RIMPATRIATA 


Eccoci qua. 

Dopo quanto, almeno trent’anni, a qualcuno è venuta questa fantastica idea. 

Il pensiero di Camillo si era manifestato pochi secondi dopo un altro, ricorrente degli ultimi giorni: ci vado oppure no, seguito dal più recente: faccio bene a presentarmi o do loro buca? Alla fine aveva deciso e si era presentato, dopotutto che male c’era a partecipare a una cena organizzata da alcuni compagni delle medie, quattro chiacchiere superficiali, una fetta di pizza e tutti a casa a rituffarsi nelle proprie vite e a dimenticarsi di nuovo degli altri. 

Dopo aver deciso di presentarsi, aveva perso tempo per scegliere cosa indossare, mettere un completo buono e magari fare la figura dello snob oppure restare casual e sembrare un pezzente? Preferì una via di mezzo, come sempre, per cercare di tenere un profilo basso e non farsi notare troppo, almeno questo sarebbe stato nelle sue intenzioni ma sfortunatamente era capitata la cosa che più detestava: Camillo era arrivato in ritardo a causa di un ingorgo in tangenziale! 

Sarebbe stato contento di arrivare per tempo, acclimatarsi e scambiare due parole in intimità con i pochi arrivati ma fu così costretto a una specie di passerella lungo la tavolata già completa, subendo i saluti corali dei presenti che avevano già cominciato a bere e schiamazzare. Al centro dell’attenzione, pensò con amarezza Camillo, cominciamo bene. 



E’ arrivato camomillo… la risata sguaiata e inconfondibile di quel cretino di… come si chiama… Girardi, già, ci mancava anche lui, pensò Camillo, al centro dell’attenzione e si ricordano pure il mio soprannome, si comincia proprio bene si disse una seconda volta, poi si sedette alla fine del lungo tavolo, salutando il vicino alla sua sinistra e la donna seduta di fronte. 

Mentre cercava di richiamare i nomi di questi due, alla memoria, pensò, almeno non ho nessuno a destra! 


IL PISCIONE 


La cena non era così male come se l’era aspettata. 

Antipasti scelti con cura, pasta fresca, funghi buonissimi e un filetto che si scioglieva sulla lingua, e vino, un andirivieni di rossi, Barolo, Pinot nero, Cabernet Sauvignon, Camillo pensò che al momento del conto sarebbero stati loro stessi “cotti” a dovere, ma almeno il vino rendeva più facile le chiacchiere e più leggera l’atmosfera. 

A un certo punto, a metà tavolata si alzò Vecchi Salvatore, quello dell’ultima fila con l’attenzione sempre alla finestra. Disse qualcosa del tipo, se non corro in bagno con tutto quello che ho bevuto, me la faccio addosso. Nemmeno un secondo ci mise Girardi a ricordare a tutti che Vecchi era famoso a scuola come “il piscione”. 

Salvatore non la prese bene, mandò uno sguardo velenoso e alzò il medio verso Girardi mentre correva ai servizi. 

Girardi approfittò della sua assenza per ricordare agli ex compagni, l’episodio in palestra, Vecchi era stato colpito da una palla medica sul plesso solare, era svenuto e prima di riprendere i sensi, i pantaloncini, il pavimento della palestra e le scarpe del prof. di ginnastica erano zuppi d’urina. 

Roba preziosa per i bulli della scuola, che non mancarono di innaffiare con le bottigliette d’acqua, i calzoni del povero Vecchi ogni volta che ne avevano occasione fino alla fine dell’anno. 

Quando tornò a sedere, Vecchi Salvatore smise di sorridere e non parlò più con nessuno per il resto della cena, limitandosi a guardare, ogni tanto, quel cretino del Girardi. 


IL VECCHIO AMORE 


Camillo era pensieroso quando si sentì chiamare. 

Caterina! 
Come dici, scusa? Ma Camillo non era bravo a recitare. 
Il mio nome, sono Caterina, Caty, ti stavo davanti in terza, lo so che cercavi di ricordare il mio nome. 
Lei sorrideva. 
A Camillo per poco non andò di traverso un pezzo di porcino. 
Come aveva fatto a dimenticare il nome di Caty! 

Sono cambiata così tanto? Volle sapere Caty, ma Camillo non seppe cosa rispondere limitandosi a tossire con violenza. Come aveva fatto a non riconoscerla, si rimproverò Camillo ma gli bastò una seconda occhiata per capire. 

In terza media c'era, seduta in prima fila, una ragazzina magra e vivace, con lunghe trecce biondo chiaro e tante efelidi sul naso. 

Caty era spesso richiamata dagli insegnanti perché stava girata a rimirare il suo bello. Aveva un debole per Camillo, alto, carino e con lo sguardo maturo. Ma com'è ovvio lui non se n'era accorto e dopo settimane di vana attesa lei si era sfogata piangendo sulla spalla di Mariarita, la sua migliore amica. 

Mariarita alla prima occasione riempì d’insulti e parolacce un inconsapevole Camillo, colpevole solo di ottusità sentimentale. Tutte le ragazze della classe avevano intuito il dramma, i maschi seguitarono, nella loro beata ignoranza, una vita condita da ormoni e calcio. 

Ora Camillo si trovava davanti una signora profumata di quasi cinquant'anni, un po’ troppo appesantita, ben vestita e con capelli curati, molto corti, gioielli costosi e un trucco pesante. 

Tranquillo, lo volle rassicurare lei, comprendo di essere cambiata… ma lo sai che in terza mi piacevi? Avevo una cotta per lo spilungone seduto nella fila dietro…, lei lo confessò dando una veloce carezza sulla mano di Camillo, ma non farti illusioni, ora sono felicemente sposata e mio marito è un uomo molto forte e di successo! 

Camillo, che continuava a sentirsi ottuso, si chiese perché la donna si fosse sentita in dovere di rivelare tutti quei particolari non richiesti, soprattutto quella precisazione sul marito… poi, benché ottuso, siccome ci vedeva bene, notò un’ombra sullo zigomo destro che sembrava un’occhiaia, nascosta dal trucco e con poca discrezione, le chiese se si fosse fatta male indicando l'occhio con l’indice. 

Lei disse di aver battuto contro uno stipite al buio e per il resto della cena rimase piuttosto mutacica. 

Camillo capì che se la cotta c’era stata non aveva lasciato nessuna traccia. 


PARTICOLARI 


Camillo, come abbiamo visto, era un buon osservatore ma non aveva a portata tutti i partecipanti alla cena, per questo si perse molti particolari. 

Girardi, per esempio non aveva perso l’attitudine a bullizzare i vecchi compagni. Interveniva in ogni discorso, s’intrometteva in qualunque dialogo, sempre con un volume troppo alto di voce e un tono poco appropriato alle regole di civile convivenza. Dopotutto lui era il classico tuttologo che poco tollera le opinioni altrui. Ben presto, non spaventando più nessuno, fu lasciato solo a parlare col proprio cellulare. 

Vecchi era rimasto timido e introverso ma, restando con i pantaloni asciutti, dimostrava di essere a suo agio tra persone che non si erano viste da quasi tre decenni. 

Lombardi Attilio, che a scuola millantava di avere una famiglia ricchissima, si era presentato con un macchinone, un automobile d’epoca che gli era stata prestata dall’amico carrozziere, ma il colletto della camicia era liso e vissuto e il Daytona al polso destro era un falso neppure fatto tanto bene. 

Il sorriso del piacione Giovannini, quello che a scuola era stato sospeso perché si divertiva a raccontare storielle razziste e non proprio “politically correct” era falso tanto quanto il Rolex di Lombardi. Durante la cena pochi ebbero voglia di ascoltare le sue vecchie storielle e nessuno lo incoraggiò a raccontarle. 

Lombardi e Girardi litigarono al momento del conto perché a dire del primo qualcuno, si era scolata da solo qualche bottiglia molto costosa e avrebbe dovuto pagarla in proprio. 

Camillo riuscì a mandare un cenno a Vecchi e quest’ultimo gli mostrò il pollice, non avevano avuto tempo di parlarsi molto ma forse ora ci sarebbe stata un’altra occasione. 


TORNANDO A CASA 


Molti particolari non sono raccontati per mancanza di tempo ma ciò che rimase a Camillo mentre passeggiava verso casa e cercava di tenere a bada un principio di pirosi gastrica, fu la sensazione che nessuno di loro fosse cresciuto veramente. 

Gli intelligenti si erano confermati e gli stolti erano peggiorati. 

Forse il fatto di diventare saggi invecchiando, era tutto un mito! 

Camillo pensò chiaramente che gli anziani saggi fossero così già da giovani mentre ai cretini non rimaneva altro che invecchiare cretini. 

Non appena a casa prese un antiacido, si mise a letto e si addormentò pensando alle trecce bionde della ragazzina della prima fila. 






domenica 11 novembre 2018

luoghi insoliti: Felix

luoghi insoliti: Felix: Felix è nero come il carbone. La notte, a volte, sembra di veder vagare per le stanze due puntini luminosi a pochi centimetri dal pavim...

Felix







Felix è nero come il carbone.

La notte, a volte, sembra di veder vagare per le stanze due puntini luminosi a pochi centimetri dal pavimento.

Felix ha quasi un anno ma in contrasto col suo colore, ha già le idee chiare.

Mangia qualsiasi cosa rimanga nel mio piatto e disdegna le prelibate scatolette che ho presto smesso di comprare.

Ho trovato Felix, anzi lui ha trovato me, lasciandosi scoprire accucciato sulla ruota anteriore della mia vecchia auto, parcheggiata in cortile.

Felix mi osserva come se avesse bisogno di me mentre sono io ad avere bisogno di lui.

Amo guardarlo mentre fissa instancabile un muro, come se ci vedesse attraverso, anzi come se ci potesse guardare dentro. Da quando Felix vive qui, le pareti non si spostano più, e i bisbigli, quelli notturni, sono quasi spariti del tutto.

Negli ultimi tempi le cose non vanno troppo bene.

Il mio dottore dice che sto migliorando, che vedo le cose con più distacco e obiettività e mi ha abbassato i dosaggi delle terapie.

Sembra anche a me che vada meglio, anche se stanno succedendo delle cose.

Non parlo dell’ansia che può migliorare con qualche tipo di benzodiazepina e nemmeno dei brutti pensieri che si possono dissipare col litio.

Quattro settimane fa ho dovuto chiamare l'ambulanza per mio padre. È caduto e si è rotto il femore. Non possono dimetterlo perché pare sia sopraggiunta un’infezione.

C'è di buono che non ricorda quasi niente, la demenza in questo aiuta.

In un momento di lucidità mi ha raccontato di aver visto uno strano tipo che lo spiava dalla finestra. Un uomo alto col naso lungo e appuntito e dagli occhi gialli.

Dopo di che il babbo è corso via perché squillava il telefono e così è caduto.

Quando sono rientrato, il mio vecchio era a terra privo di sensi e il gatto soffiava e fischiava dei versi orribili in direzione della finestra.

Poi, una settimana fa rispondo al telefono e Felix inizia a fare il matto. La linea è disturbata e sento solo scariche elettrostatiche e mentre chiedo: chi parla? mi sentite? Felix salta sul tavolino e cerca di mordere il filo e quando provo a mandarlo via, mi graffia sotto l'occhio destro, facendomi sanguinare.

Non l'aveva mai fatto prima.

La cosa peggiore è capitata ieri.

Tempo addietro avevo pensato di mettere in vendita la casa.

Anche il dottore sosteneva che poteva essere una buona idea lasciarsi alle spalle i ricordi e i traumi, io volevo solo un posto più bello, dove stare.

É successo di ricevere delle visite da parte di operatori per la vendita e di potenziali clienti.

Per questo mi è sembrato normale che mi chiamasse un tizio dall'agenzia per concordare un appuntamento.

Quello che si è presentato era un uomo anziano, molto magro e di statura notevole, sopra il metro e novanta. Indossava un cappotto nero e aveva modi cortesi e educati.

Sorrideva, certo ma i suoi occhi marrone chiaro, quasi gialli, non mi piacevano per niente.

Dal nulla è spuntato fuori Felix e senza spiegazione si è messo a soffiare contro l'uomo.

Lui ha tentato di cacciarlo via con una pedata e prima che io potessi protestare, Felix è saltato sul collo del tipo ficcandogli le unghie nella carne.

Per un attimo ho creduto di vedere gli occhi del vecchio diventare rossi, poi lui si è scrollato di dosso il gatto facendolo volare dall'altra parte della stanza. È uscito dalla casa come un fulmine ed io sono corso a soccorrere Felix ma il gattino stava bene perché era già sulle zampe, col pelo irto a soffiare verso la porta rimasta spalancata.

Io non so cosa volesse da me quell’uomo e neppure chi fosse.

Non vorrei più pensarci, come mi capita la notte quando non posso dormire.

Non vorrei nemmeno tornare a riprendere tutti quei farmaci.

Tutto quello che so, è che sono convinto che Felix mi abbia salvato.

Quel gattino è venuto da me per guarirmi.

Solo mi dispiace quando mi fissa per lunghi minuti.

Quanto vorrei parlare la sua lingua.



giovedì 1 novembre 2018

luoghi insoliti: La festa patronale

luoghi insoliti: La festa patronale: Il quartiere è in fibrillazione.  Nastri colorati e bandierine rappresentative attraversano il cielo tra un edificio e l&#3...

La festa patronale







Il quartiere è in fibrillazione. 


Nastri colorati e bandierine rappresentative attraversano il cielo tra un edificio e l'altro. Alla fine del mese ci sarà la ricorrenza del Santo patrono e i festeggiamenti incombono.

Nando è stato eletto presidente di circoscrizione e per la prima volta si occuperà dell'organizzazione degli eventi. 

La signora Nina lo incontra mentre si sta recando dal macellaio. La signora Nina, che non esce mai senza il suo immancabile carrello per la spesa, abita in fondo alla via e conosce orari, abitudini e movimenti di tutto il vicinato, compresi quelli di Nando. 

-Quale onore, il signor Nando, il nostro presidente! Che bella la sua camicia bianca! Come procede la preparazione della festa? 

-Procede, un po’ a rilento ma procede. Oggi dovrei scrivere un discorsetto introduttivo ma sono stanco morto e non so se ce la farò. 

-Ormai manca poco, non dovrebbe rimandare… ribatte lei con tono secco della direttrice. 

-Lo so, signora Nina, ma vede, oggi devo recarmi a fare visita al cimitero. Quando torno a casa, mi rimetto al lavoro. 

Lui la lascia prima che l'acida donna abbia tempo di replicare. Non ha né tempo né voglia di stare a sentire le lamentele e i rimproveri della vecchia. 

É tardi e il cimitero chiuderà tra un’ora. Nando allunga il passo pensando a cosa potrà scrivere più tardi come discorso, non ha nessuna idea ma intanto si è lasciato alle spalle la signora Nina e questo per il momento gli basta. 

La signora Nina invece a Nando ci pensa. 

Dal macellaio, lei incontra le sorelle Nella e Nicoletta, due gemelle di settantotto anni, ancora arzille, dalle gambe buone e dalla lingua lunga. 

-Quest'anno i festeggiamenti lasceranno a desiderare… quel Nando non mi convince per niente… deve ancora scrivere il discorso, deve ancora organizzare tutto… dice di essere stanco morto e poi perde tempo per andare al cimitero! 

-Già, già Nina, che vuoi fare, la buonanima di tuo marito si che ci sapeva fare, quanti anni è stato il direttore della festa? Dieci, mi pare, prima che ci lasciasse… il Santo patrono poi, oggi non se lo fila più nessuno… soprattutto i giovani! 

Mentre Nina procede con la sua spesa, le sorelle proseguono il loro consueto giro. Strada facendo, davanti al negozio di fiori, incrociano Norma, una maestra elementare in pensione e un poco sorda dopo decenni passati tra i bambini urlanti. 

Nicoletta si ferma a parlare con la maestra in pensione mentre la sorella entra dalla fioraia. 

-Sai Norma, abbiamo appena parlato con Nina la quale ci ha detto che il signor Nando sta scrivendo, ma non il discorso per la festa del Santo Patrono, forse scrive altro, non abbiamo capito… 

Nella osserva la fioraia Nives mentre prepara una corona mortuaria e gli viene in mente ciò che ha detto quella pettegola della Nina a proposito del sig. Nando, così commenta ad alta voce: 

-Nando non era proprio la persona adatta per organizzare la festa del Santo Patrono, poverino… altro che scrivere il discorso, oggi è andato a finire dove andrà quella corona… 

Nives non commenta, è abituata a lasciar parlare le clienti chiacchierone mentre si dedica a pettinare foglie e recidere gambi. Così vende a Nella il solito mazzolino di margherite e la lascia andare via, tornando alle tante incombenze del negozio. 

Lo stesso pomeriggio, al negozio arriva, con il furgone pieno di tulipani, Nanni, il marito di Nives la fioraia. Parlano raramente di lavoro e, infatti, a confermare quest’abitudine neanche oggi lo fanno. Lei sembra ricordare qualcosa e all’improvviso racconta al marito: 

-Ho saputo che è morto, come si chiama… ah sì, quel Nando, quello che doveva organizzare la festa del Santo Patrono. 

-Non ci posso credere… l’ho incontrato non più di una settimana fa... mi era sembrato che avesse l’aria stanca! 

Dopo di questo, tornano ognuno alle proprie questioni. 

L’ex maestra Norma passeggia ogni giorno per tutto il quartiere, la sua cardiologa le ha detto di farlo, che le fa bene e lei, ligia, esegue. Così facendo, Norma approfitta per salutare i tanti conoscenti, spesso ex alunni, che le sono passati davanti per quasi quattro decenni. 

Quando incontra Nadia, è felice, hanno sempre qualche argomento e tante passioni in comune. 

-Nadia ti devo dire una cosa… 

Hai presente quel Nando, quello che è stato eletto presidente di circoscrizione? Ebbene mi hanno appena rivelato che sta scrivendo qualcosa, forse un libro, non saprei se si tratti di un saggio o di un romanzo… 

Nadia è interessata alla novità, non conosce personalmente quel Nando ma lei ha una passione smodata per i romanzi e avere uno scrittore nel quartiere le da uno strano brivido d’eccitazione. Con questa sensazione saluta la sua ex insegnante e torna a casa. 

Quando termina i giri col furgone, Nanni va spesso al bar per un caffè corretto, giusto per togliersi dal naso quel fastidioso odore di fiori e spesso il caffè lo prende in compagnia. Oggi al banco incontra Nazzareno e i due non perdono l’occasione di bere in compagnia e scambiare due chiacchiere. 

Quando Nadia vede tornare a casa suo marito Nazzareno, gli racconta subito la novità, è felice di poter conoscere di persona qualcuno che scriva libri. 

Nazzareno si rabbuia ma da bravo marito non vuole lasciare sua moglie all’oscuro. 

-Il tuo scrittore non pubblicherà più niente, almeno in questa vita… mi hanno appena detto che è morto! 

Nadia si lascia cadere sul divano, nemmeno fosse un suo parente. 

Non vuole credere, le hanno appena parlato di una persona importante del quartiere, non è possibile che sia morta, adesso cosa ne sarà del libro? che ne sarà del quartiere? che ne sarà della festa patronale? 

Quel pomeriggio Nadia convince il marito ad accompagnarla al cimitero, quantomeno per leggere i manifesti, Nanni deve consegnare le corone e Nives subodora nuovi affari e decide di accompagnarlo, l’ex maestra Norma stabilisce di allungare la camminata fino al cimitero che si trova appena fuori quartiere su un’altura, le sorelle Nella e Nicoletta pensano di fare una visita ai defunti e la signora Nina, col suo inseparabile carrello, si ricorda di andare a raccontare al suo defunto marito, quanto sia inetto l’uomo che dovrebbe sostituirlo nell’organizzazione della loro bellissima festa patronale. 

Il paese è piccolo e la gente… si ritrova al cimitero. 

Una piccola folla si raduna al cancello d’ingresso, qualcuno si ferma a leggere i nomi sulle epigrafi più recenti. Una donna arriva col carrello della spesa. Il furgone della fioraia parcheggia, come al solito, al posto riservato agli invalidi. 

Qualcuno si scambia un saluto, altri s’ignorano. La signora Nina li supera e sta per entrare quando la ruota del suo carrellino s’incastra nel cancello metallico. 

Come fosse appena tornato dal regno dei morti, un uomo alto in camicia bianca si china, sgancia il carrello e saluta con gentilezza la signora. Si tratta di Nando che ha appena terminato la sua visita e vorrebbe tornare a casa perché ha appena avuto l’idea geniale per il discorso della festa patronale. 

Nina ringrazia irritata. 

Nella si tiene alla sorella, stupefatta. 

Nicoletta si regge alla gemella, perplessa. 

Norma saluta con la mano, senza riuscire a sentire i commenti. 

Nives fa un salto e si nasconde dietro il marito. 

Nanni lascia cadere tre corone, che si sfasciano al suolo e corre dietro il furgone. 

Nadia impallidisce e le gambe le cedono. 

Nazzareno lancia un urlo ma non riesce a scappare perché la moglie gli è piombata addosso. 


E Nando? 

Nando torna a casa pensando che rinuncerà all’incarico di organizzare la festa del Santo Patrono, nel quartiere vive gente troppo strana ma l’idea per il discorso è troppo intrigante e potrebbe utilizzarla per un racconto lungo o forse addirittura per un romanzo. 

Lui non ha mai scritto un libro prima d’ora ma si sa, finché c’è vita c’è speranza!