Il bar è affollato come
solo nei fine settimana o nelle serate di Champions League.
Infatti, questo
mercoledì il colore predominante è il verde e gli avventori sono già carichi con
due pinte a testa di media, prima ancora che la partita cominci.
Elsa pensa che non ci
sia differenza tra i tifosi delle varie fazioni, tantomeno di diversi paesi.
Tutti uguali, cambiano solo i colori delle casacche, delle bandiere, delle
sciarpe.
Ma va bene così, il bar
è pieno e Sharpe, il boss, fa avanti e indietro a sostituire i fusti della
birra alla spina, senza nascondere un sorriso interessato.
Sharpe simpatizza per
la rivale cittadina della squadra impegnata questa sera contro una tedesca, ma l’ha
rivelato solo a pochi intimi in un momento di fragilità alcolica e si guarda
bene dal dichiararsi ai clienti della serata. Ha accettato che gli mettessero
al collo una sciarpa biancoverde e lui non fa troppo lo schizzinoso quando si
tratta di vendere qualche birra in più. Molta birra per la verità.
In Irlanda la birra è
buona e lo sa anche Elsa, che un tempo beveva solo coca-cola.
La partita è noiosa, i
locali sono in vantaggio di una rete e questo ha raddoppiato la sete dei tifosi
presenti, Elsa non ha pause.
Spillare, servire,
raccogliere monete, riempire la cassa. Distribuire boccali e sorrisi, sopportare
complimenti, allusioni e intascare qualche mancia. Una serata generosa anche
per lei che il calcio non l’ha mai seguito.
In fondo non è un
brutto lavoro, non il peggiore che ha trovato da quando è in questo paese.
Meglio di quando faceva la babysitter a tempo pieno e il genitore non aveva
trovato meglio da fare che palparle il sedere. Meglio di quando era operaia
nell’impresa di pulizie e grattava i pavimenti di palestre e scuole. Meglio che
fare la lavapiatti del finto ristorante Italiano, dove non sapevano
friggere neanche una patatina e lei finiva per stare con le mani nell’acqua fino
alle due di notte.
Meglio di ciò che si
è lasciata alle spalle.
Qui la gente le piace.
La trova più genuina. Meglio degli inglesi. E lei piace alla gente, con il suo
accento esotico, con il suo taglio di capelli estremo, quasi bianchi, rasati quasi
a zero, col suo tatuaggio sul collo, da motociclista. Una rosa dai petali sanguinanti.
Sharpe l’ha presa al
Pub senza farle domande, senza chiedere nulla del suo passato. A lei va
benissimo così.
La partita finisce. Lo Shamrock
Rovers Football Club ha vinto, le sembra due a zero, non è sicura ma vede la
gioia e l’allegria sulle facce delle persone. Qualcuno cambia canale e sulla
televisione appare una foto con la scritta MISSING in sovraimpressione.
Scorrono date e nomi, una ragazza di vent’anni scomparsa da un paesino poco
lontano. Molti si voltano a guardare, uno si vanta di conoscere la famiglia e
sostiene che la ragazza sia stata uccisa e nascosta nei boschi. Qualcuno ordina
un altro giro di birra. La serata è ancora giovane.
Elsa si ferma un momento
per riposare, esce dal bancone e osserva lo schermo. Si accorge che la
trasmissione parla di persone scomparse e sa che manderanno in onda le foto di
decine di persone. Hanno anche una sezione per i casi esteri.
Vorrebbe spegnere ma
qualcuno pare interessato, compreso Sharpe che non si perde una puntata e
studia morbosamente i ritratti di quella gente, perché sostiene che qualcuno
potrebbe entrare nel suo pub. Elsa si sente chiamare a gran voce da Sharpe e ha
un sussulto.
“Elsa, guarda! Quell’italiana
potrebbe essere tua sorella per quanto ti somiglia!” Poi ride di gusto alla sua
battuta e tracanna la sua mezza pinta.
Sullo schermo appare il
nome. Elena Della Casa, Elena age 25,Italian,
missing since March 17, 2020. La
giovane ha capelli neri e lunghi e sembra davvero la sua gemella.
Elsa non ride alla
battuta di Sharpe, anzi, distoglie lo sguardo. Sotto il tavolo stringe le mani
e aspetta che il tremore le passi. Poi si affretta a raccogliere dei boccali
vuoti dai tavolini e torna dietro al bancone riprendendo a lavorare.
Sullo schermo ora
appare il viso di un uomo di mezz’età. Elsa si chiede quanto ci metteranno a
rintracciarla, poiché le ricerche si sono spinte fino lì. Non vorrebbe di nuovo
cambiare paese ma sa che alla fine non avrà scelta.
Sente un uomo dire,
chissà come stanno le famiglie di questi spariti, come soffrono, e che pena non
sapere se i loro cari sono vivi o morti…
Lei capisce quanto
dolore può esserci in seno a una famiglia.
Non sempre però il
dolore nasce da una scomparsa, pensa, a volte è necessario svanire per placare
il dolore. A volte è necessario scappare via lontano, non lasciare tracce e non
dare la possibilità di essere ritrovati. Vorrebbe dirlo ma si trattiene.
Sa che per ora, quella
ragazza dal nome italiano sta bene, non le manca niente della sua famiglia e
del suo paese, non le mancano le botte e le privazioni, non le mancano i lunghi
capelli neri, non le mancano le violenze e il sangue.
Elsa trova il
telecomando e spegne.
Davanti a qualche mugugno
di protesta prende a spillare nuova fresca birra scura.
“Bisogna festeggiare,
il giro lo offro io”.
Sharpe la lascia fare,
le piace quella ragazza, non gli importa non sapere niente del suo passato.
Ci sa fare con la gente
e questo gli basta.
Tutti dimenticano le
facce degli scomparsi, si festeggia.
Dopotutto la loro
squadra ha vinto, giusto?