domenica 1 settembre 2019

Fotografie











Primo settembre.

Per molti una data triste.

Vacanze finite, si ricomincia a lavorare, incombe la scuola e così via. Un argomento troppo doloroso e, infatti, non parlerò di questo.

Tuttavia l’argomento vacanze mi riporta a una cosa. La fotografia.

Tutti noi abbiamo di certo, scattato centinaia o migliaia di foto, qualcuno con apparecchi fotografici più o meno professionali, la maggior parte delle persone col telefonino.

Quasi tutti abbiamo postato su tutti i social esistenti, le nostre immagini più intime, i nostri momenti più privati salvo poi lamentarci che in internet non c’è privacy, ma non temete, non è nemmeno di questo che voglio parlare.

Le foto.

Avete fatto attenzione alla tecnica usata? Avete fatto caso allo stile e al tipo di fotografia?

Mi spiego, a parte le immancabili foto dei panorami di città d’arte, di spiagge con annesso tramonto, di ariose vallate e maestose vette, immagini sempre belle se scattate con criterio e magari con la luce giusta, e a parte le tremende foto fatte alle portate di un ristorante come se un fritto misto di pesce avesse una qualche amena bellezza e un budino con la panna un misterioso fascino, e lasciando da parte (potendo anche evitare di farli, possibilmente) gli immancabili selfie, mi riferisco alle foto fatte alle persone, amici, parenti e compagni di viaggio.

Potrei, molto banalmente, dividere le foto scattate alle persone che amiamo e con cui ci piace condividere le giornate, in due categorie.

Le foto prese mettendo in posa le persone, cioè richiamando tutti all’attenzione del fotografo, mettendo impegno in modo che nessuno venga con gli occhi chiusi o con lo sguardo puntato sulla scollatura della vicina, che non sta bene, attraverso mille raccomandazioni, metti la mano così, guarda verso l’alto che nasconde il doppio mento, stai di profilo che non si vede la cicatrice, e altre attenzioni degne di un fotografo da prime comunioni e che di norma scocciano il gruppo che deve posare e, infatti, qualcuno puntualmente finisce per mandare a quel paese il fotografante che tanto si era impegnato e ci rimane male, col solo risultato che nella foto manca sempre qualcuno e nessuno sorride.

Oppure siete di quelli che, avendo il solo scopo di documentare la vita che passa (e con questa i momenti felici) e vi piace “rubare” lo scatto mentre il soggetto non vede, a volte creando un piccolo capolavoro anche senza essere McCurry davanti una ragazzina Afgana, oppure scatenando l’ira di qualche soggetto, spesso femminile, che a stento si trattiene dallo schiaffeggiarvi perché non dovevate permettervi di scattare una foto a sua insaputa perché: chissà che faccia mi è venuta, non ho messo il rimmel, stavo sfilettando la sogliola e poi DOVEVI avvisarmi…

Questo secondo modo di fare fotografia è di certo quello più pericoloso, intendiamoci al massimo vi chiederanno di cancellare lo scatto a meno di aver immortalato la mafia russa che sposta capitali, (in questo caso rischiate ben altro) ma lo preferisco perché ritrae la vita reale che passa sotto i nostri occhi e, soprattutto se siamo in vacanza e se nella foto c’è qualcuno che ride, siamo sicuri che ride davvero e non perché c’è uno che fa lo scemo dietro l’obiettivo, come faccio io quando fotografo qualche bambino.











Nessun commento:

Posta un commento