mercoledì 11 dicembre 2019

Il gattopardo furioso










"I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti. 

La loro vanità è più forte della loro miseria, ogni intromissione di estranei sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla. 

Calpestati da una diecina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che dà loro diritto a funerali sontuosi. 

Crede davvero lei, Chevalley, di essere il primo a sperare di incanalare la Sicilia nel flusso della storia universale?" 


Così scrisse Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo capolavoro "Il gattopardo ". 

Non ce ne vogliano i nativi di terra di Trinacria ma è nero su bianco, gli scettici vadano pure a leggere. 

Conosciamo un tizio che con tale realtà ci convive da tempo immemore e alla fine è dovuto scendere a patti anzi è stato scottato come una persona dalla pelle pallida si ustiona restando sotto il solleone per tante, troppe ore. 

Chi siamo noi e, se ci permettete, chi è costui, quindi, per confutare tali tesi, soprattutto poiché la sua personale esperienza rafforza la condizione sopra descritta e da tale descrizione ne è rinforzata la sua opinione? 

Lui non può e non vuole cercare di mitigare il severo giudizio espresso dal celebre autore di cui sopra e noi ci limitiamo a riportarlo. 

Certo, essendo la sua pelle (e il suo animo) ustionati, non è la persona più adatta, quella che può emettere un giudizio a cuore leggero, non potrebbe esprimere opinione a mente serena e lucida. 

Egli è stato intaccato, nel momento della convivenza, dal corrosivo acido dell’acredine e del malessere, causato da una situazione di bisogno che da momento temporaneo di difficoltà si è trasformata in emergenza assoluta e prolungata. 

E senza via d’uscita è stato catapultato, insieme ai suoi beni e ai suoi cari, in un tunnel tetro e buio in cui non riusciva a respirare liberamente né a vedere la luce dell’alba. 

Ed è stato vittima e prigioniero di chi con aggressività verbale e isteria l’ha circondato, con personalità paranoide e alterata affettività l’ha sedotto, con fastidiosa ecolalia e rigida inflessibilità l’ha imbrigliato. 

Tutto inutilmente nascosto da un’iperbole gastronomica fastosa quanto indigesta. 

E ha dovuto stringere e digrignare i denti sopportando la pesante presenza di una personalità antisociale, affetta da un’idea alterata di perfezionismo, tipici del disturbo ossessivo e compulsivo. Ha dovuto dividere le sue giornate e convivere con una presenza irritabile, caratterizzata da una stereotipia verbale, una figura dall’autostima ipertrofica degna della definizione data dal principe Tomasi e sopra riportata. 

Notti insonni e lunghe e torride giornate condite da personaggi gattopardeschi, affastellata da alterazioni e oscillazioni d’umore, difficoltà di relazione e complicata dalla ridotta capacità decisionale. 

Ridotto al mutismo da una sovrastante e altrui eccessiva loquacità, il nostro tizio ha passato lunghi pomeriggi ed eterne sere a osservare questa persona affetta da ingigantito amor proprio, pronta a mordere per qualunque commento considerato eccessivo o fuori luogo o anche solo incompreso dato che a volte non è il significato reale del discorso a offendere ma solo ciò che il nostro limitato intelletto ne estrae. 

La persona vittima di questo increscioso incidente, comprende di essere unicamente responsabile di ciò che dice e di non esserlo per ciò che gli altri, a causa del loro stesso limite, capiscono, ma sa anche bene che le uniche cose che non potranno essere fraintese sono il silenzio e l’oblio. 

Anzi, a ben pensarci anche il silenzio potrà essere frainteso e lo sarà senz’altro da una mente così definitivamente contorta e raffinata e avvezza a vedere ovunque il male. 

Rimane l’oblio che il nostro uomo ci chiede per se e per chiunque sia stato a conoscenza e in contatto con gli eventi descritti. E l'amore per una terra poco conosciuta ma molto apprezzata che egli sa essere incolpevole di quanto accaduto.

Unico riparo e consolazione, ci rimane, il costatare che la stessa terra diede natali a innumerevoli persone sagge e illuminate (non che Tomasi di Lampedusa non lo fosse, per carità) che con le loro quiete parole hanno saputo curare le ferite e lenire i dolori dell’incauta vittima di questa triste storia. 

E il pensiero che codeste calme parole e l’oblio desiderato abbiano contribuito a lenire e a guarire le dolorose ustioni. 



























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