giovedì 30 luglio 2015

luoghi insoliti: Ho rubato le caramelle a un bambino

luoghi insoliti: Ho rubato le caramelle a un bambino: Vieni. Vieni con me. Ti dico che é facile. Vieni che ti faccio vedere come si fa. Ma non ci credo che non sei capace. É da...

Ho rubato le caramelle a un bambino









Vieni.
Vieni con me. Ti dico che é facile.
Vieni che ti faccio vedere come si fa. Ma non ci credo che non sei capace. É davvero facile come dice il proverbio, i proverbi non mentono mai. É un'inezia. É una sciocchezza.
Sarebbe capace anche un bambino di rubare le caramelle a un bambino.
Vieni, ti dico, che ti faccio vedere.
Vedi quel bambino? Quello che esce dalla gelateria. Vedi che ha un sacchetto in mano? Sono caramelle. Questa gelateria ne ha di buonissime. Da quelle di gelatina alla frutta a quelle alla menta forte, da quelle effervescenti a quelle ripiene.
Ha poca importanza quali abbia scelto il bimbo, tanto mi piacciono tutte. E poi quelle rubate sono piú gustose.
In un attimo attraverso la strada, tolgo la busta di mano al bambino che rimane talmente incredulo da non avere neanche la forza di piangere e, senza dover ricorrere al minimo atto di violenza, nel giro di pochi secondi sono tornato dal mio amico che ha osservato tutto con ancora piú stupore della mia giovane vittima.
Cosa c'é da guardare, dico al mio amico, cos'é quella faccia sbigottita?
Non dirmi che tu non hai mai rubato qualche caramella a un bambino.
Non ci credo. Ho trovato uno che si crede innocente.
Mi scappa una rauca risata di amarezza.
Lo lasciò cosí, immobile sul marciapiede, con quella espressione ebete a bearsi della sua supposta innocenza.

Ma non capisce che é colpevole come tutti? Non sa di essere responsabile, ne piú ne meno di altri, di innumerevoli furti ai danni dei bambini?
Siamo tutti colpevoli.
Ogni volta che gettiamo una cartaccia o un mozzicone di sigaretta per la strada siamo colpevoli di furto nei confronti dei nostri bambini. Gli stiamo rubando il diritto a vivere in un mondo pulito.
Tutte le volte che parcheggiamo con le ruote sul marciapiede gli rubiamo spazio vitale.
Ogni volta che inquinano un fiume gli neghiamo la possibilità di tuffarsi in acque fresche e limpide. 
Ogni volta che avvelenano l'aria gli rubiamo la possibilità di respirare aria pulita.
Tutte le volte che ci comportiamo seguendo la nostra convenienza, tutte le volte che siamo cattivi, arroganti, violenti e i nostri bambini ci vedono, gli stiamo scippando l'innocenza.
Ogni volta che ci lagniamo, ci lamentiamo per i tanti problemi, che siamo pigri e imbruttiti e ci sentiamo vittime di qualcosa o di qualcuno, priviamo i bambini dell'occasione di diventare intelligenti, creativi solutori di problemi e ne facciamo futuri pigri imbruttiti e future vittime lamentose.
Tutte le volte che li poniamo su un piedistallo, li firmiamo da testa a piedi, gli facciamo tagliare i capelli in modo osceno pur di seguire l'ultima moda, rubiamo loro l'occasione di imparare l'umiltà necessaria ad affrontare la vita.
Ogni volta che non abbiamo tempo da dedicare loro, che non li ascoltiamo, che li mettiamo al secondo posto nella scala delle priorità, gli rubiamo la possibilità di crescere come adulti maturi e consapevoli, ogni volta che non ci sforziamo di essere buoni genitori gli togliamo molte possibilità di esserlo a loro volta e rubiamo tanto a loro quanto ai loro figli.
Ogni giorno rubiamo qualcosa ai bambini.
Neppure c'è ne accorgiamo. Neppure ci pensiamo.
Pensiamo di essere onnipotenti e immortali e cosí rubiamo loro anche l'importanza di essere vivi.
Gli rubiamo il futuro quando il futuro sono loro.

E allora, razza di perbenisti e buonisti da strapazzo, pensate bene a quello che fate e a cosa state rubando a un bambino, nel farlo. Non sarà la vostra buona fede a liberarvi dalla colpa.
Perché di sicuro state rubando qualcosa di importante a tanti bambini.
E non venite a rompere le scatole a me.
Dopotutto io mi sono fermato alle caramelle.




venerdì 17 luglio 2015

luoghi insoliti: I ricordi degli altri

luoghi insoliti: I ricordi degli altri: Allora Arturo, come va? Arturo mi guarda con i suoi profondi occhi dalle iridi blu mare, solleva i cespugliosi sopraccigli bi...

I ricordi degli altri






Allora Arturo, come va?
Arturo mi guarda con i suoi profondi occhi dalle iridi blu mare, solleva i cespugliosi sopraccigli bianchi e sospira.
E chi se lo ricorda come va, mi sembra bene ma devo chiedere all'infermiera.
Vado a trovare Arturo tutte le settimane e tutte le volte mi spiattella la stessa risposta.
Arturo ciabatta fino al fondo del corridoio di questa luminosa struttura. Una donna con la divisa azzurra lo guarda, gli sorride e gli sfiora un braccio, lui annuisce soddisfatto e torna verso me.
Ogni sabato si ripete lo stesso teatrino, io lo aspetto e quando arriva a portata di udito lo invito a sedersi nel giardinetto.
Allora, cosa é successo questa settimana?
Arturo tira fuori un notes sgualcito dal tascone laterale dei pantaloni logori, ci da un occhiata e poi parla. Martedì sono venuti i figli di Duilio ma hanno litigato.
Duilio é il vicino di stanza.
Non hanno litigato con Duilio ma tra di loro, precisa, io ero in camera per riposare e li ho visti, non ho sentito bene cosa si dicevano ma vedevo le loro facce scure e le loro espressioni imbruttite. Parlavano senza guardarsi. Poi sono andati via di fretta e Duilio senza farsi vedere ha pianto da sotto il lenzuolo.
Mi dispiace, gli dico io ma Arturo é già oltre e dopo una veloce sbirciata al notes ricomincia a parlare.
Poi mercoledì Marta ha perso la dentiera.
Arturo lo dice ridendo e quando ride non dimostra i suoi ottantotto anni. Sembra un ragazzino di quelli terribili, sempre pronti a combinare qualcosa. Sembra un malandrino.
Marta esce dalla sala da pranzo con i denti di sopra che penzolano per metà fuori dalla bocca, poi va in bagno e nessuno ci fa caso ma dopo in bagno non si é trovata nessuna dentiera e nemmeno nella bocca di Marta.
Deve essere stata una cosa spassosissima e di sicuro é spassosa l'espressione di Arturo mentre racconta l'episodio.
E poi li ha trovati?
Trovato cosa? Risponde Arturo, un po' confuso.
I denti. Faccio io, divertito.
Si, dopo che ha mangiato frullati per due giorni la sua compagna di camera li ha tirati fuori dalla borsetta dicendo: Che schifo, questi non sono miei.
Non ho mai riso tanto, confessa Arturo.
Io non gli credo. Le rughe sulla faccia di Arturo mi dicono che deve avere riso molto durante la sua vita, come anche deve avere pianto. Solo che non lo ricorda.

Già, la vita di Arturo, nessuno la ricorda.
Abitava, fino a qualche anno fa in fondo alla mia strada. Aveva gestito per lunghi anni prima della pensione, un piccolo negozio di frutta e verdura, di quelle botteghe dal sapore antico che c'erano una volta e che oggi sono scomparse.
Poi quando é scomparsa anche la moglie lui si era chiuso in casa e aveva tagliato i ponti col mondo.
Lo vedevo tutte le mattine, molto presto, io uscivo per recarmi al lavoro e lui rientrava con la piccola spesa del giorno. Nessun rapporto, un saluto frettoloso e un poco diffidente. Poi é scomparso, mai più visto in giro fino a quando una vicina mi ha detto che si trovava in questa casa per anziani.
Un bel posto, moderno e pulito. Di certo dignitoso ma senza passato.
Per uno come Arturo é come perdere il passato due volte.

Lo vedo tirare fuori ancora una volta il suo notes e prepararsi a raccontare un'altra cosa.
Lo sai cosa é successo ieri?
No. Gli rispondo. Ieri era venerdì e io lavoravo.
É morto Aldo, quello che stava sempre sulla sedia a rotelle nell'angolo del salone.
Chi quello grosso con i baffoni?
Si, proprio quello. Ma é stata una fortuna per lui, sempre acciaccato, sempre attaccato alla bombola dell'ossigeno... e poi...
Poi cosa?
E poi era sempre solo, nessuno che venisse mai a trovarlo.
Lo dice con leggerezza, Arturo, come trasmettere un dato di fatto, senza empatia.
La solitudine é una presenza costante, familiare in questi corridoi, tra queste stanze, come l'odore di urina e il suono del campanello.

Vado tutti i sabati a trovare Arturo...non lo so perché...vado perché mi sembra una bella persona, perché vedo che gli fa piacere, vado perché nella via si diceva che lui e la moglie non hanno parenti prossimi. Forse vado per me...non so come sarò da vecchio, chissà se perderò la memoria, chissà se avró ancora i miei ricordi o vivrò di quelli altrui.

Quando il giovane visitatore se ne torna alla sua vita Arturo tira fuori il notes e la matita e scarabocchia qualcosa prima che l'infermiera esca a chiamarlo per il pranzo.

Quando anche lui se ne andrà, qualora qualcuno avesse tempo e voglia di leggere gli appunti, leggerebbe questo:

Questa settimana é morto Aldo ma io sono sicuro che a lui non è dispiaciuto perché qui era sempre solo. Non come me, che ho mio figlio che viene a trovarmi tutte le settimane.
Un gran bravo ragazzo, mio figlio.




domenica 5 luglio 2015

luoghi insoliti: Il dramma dell'uomo invisibile

luoghi insoliti: Il dramma dell'uomo invisibile: Un tempo viveva in una città poco lontana un tizio di nome Ivo. Ve ne parlo sebbene io non sia mai venuto a incrociare la v...

Il dramma dell'uomo invisibile







Un tempo viveva in una città poco lontana un tizio di nome Ivo.
Ve ne parlo sebbene io non sia mai venuto a incrociare la vita di questo tale, ve ne parlo perché qualcuno mi ha raccontato un giorno questa drammatica storia, ve ne parlo perché penso che qualcuno debba farlo.
Ivo fu un bambino schivo, timido, chiuso.
A scuola non parlava mai con nessuno e talvolta anche quando la maestra lo interrogava, lui faceva scena muta.
Di molti bambini, gli insegnanti andavano ripetendo a genitori rassegnati, come una consumata tiritera, la stessa frase: "è un bimbo intelligente ma non si applica" ma ai genitori di Ivo veniva omessa questa formula, lui non si applicava ma nemmeno mostrava segni di qualche intelligenza. Semplicemente non lo capivano e dopo pochi anni tutti i docenti smisero anche di provarci.
Ivo a casa faceva lo stesso, ai genitori si rivolgeva a monosillabi, pochi e forzati gli abbracci e i segni di affetto, insomma un figlio di quelli che non ti accorgi e infatti spesso babbo e mamma uscivano lasciandolo chiuso nella sua stanza, col naso nei libri, si accorgevano della sua assenza solo sulla via del ritorno. Naturalmente lo ritrovavano come lo avevano lasciato e anche lui non dava segno di essersi accorto della loro assenza.
A Ivo interessavano i libri e i fumetti, faceva in modo di accaparrarsene ogni volta che poteva, arrivava a scambiare giochi e regali con i fortunati compagni di scuola che gli propinavano vecchi libri e giornaletti rubati in casa in cambio di giocattoli nuovi e colorati.
Un giorno, non so come fu, si ritrovò a leggere le avventure dell'uomo invisibile.
L'uomo invisibile divenne il suo personaggio preferito, poi il suo idolo, in seguito la sua follia.
Ivo decise che lui sarebbe diventato come l'uomo invisibile e per quanto ne so, per quanto mi è stato raccontato, ci deve essere riuscito.
Crescendo Ivo capì che a scuola avrebbe dovuto rispondere, almeno durante le interrogazioni, e così fece, raggiungendo facilmente voti positivi ma senza mai approfondire il dialogo aggiungendo elementi personali. Ogni volta che gli veniva chiesto della sua vita o della sua famiglia lui glissava e se ne usciva con frasi fatte. All'intervallo nessuno sapeva dove andasse e, dopotutto, nessuno lo cercava, al suono della campanella spariva come vapore sopra una pentola.
Ivo finì gli studi, con stupore di alcuni professori e disappunto di altri che fraintendevano il suo voler essere invisibile con un atteggiamento di alterigia e superbia.
A Ivo l'opinione degli insegnanti non interessava, a lui interessava soltanto essere dimenticato. E tutti, compagni di studi e corpo docenti, in poco tempo lo accontentarono.

La carriera lavorativa di Ivo non dovette essere molto dissimile da quella scolastica.

Nessun collega interpellato mostrava di ricordare particolari, aneddoti, dettagli della persona di questo taciturno e modesto contabile. Lui si era scelto il posto di lavoro più anonimo, all'interno della ditta più grande, voleva essere un numero come tanti al contrario dei suoi collaboratori che invece non facevano altro che farsi le scarpe e circondare i dirigenti come tanti cagnolini scodinzolanti, per fare carriera.
Ivo non era tipo da alzare la voce e se chiedeva qualcosa spesso non veniva ascoltato. Non aveva mai partecipato a una festa o a una cena aziendale.
Quando andò in pensione nessuno se ne accorse. I vicini di ufficio pensarono che fosse in ferie, poi non lo videro rientrare e si sparse la voce che forse era malato ma nessuno si preoccupò di verificare.
Ivo era diventato il perfetto uomo invisibile, mai una spesa nei piccoli negozietti dove la commessa ti conosce e sa tutto di te, lui preferiva posare le derrate su di un nastro di qualche grande rivendita e sporgere il bancomat a una cassiera sempre diversa che raramente alzava lo sguardo dal display.

Perché parlare di Ivo, allora?

Perché il mondo è pieno di uomini e donne invisibili, gente che incrociamo al bar, che ci sta davanti nella fila in banca, che compra la frutta nello stesso negozio in cui ci serviamo noi. Gente che incrocia la nostra vita perchè magari sbrighiamo una pratica, gli vendiamo un auto, gli pratichiamo un iniezione e subito dopo ce ne dimentichiamo, perchè sono persone comuni, normali, anonime. Perché non ci toccano, non ci coinvolgono, perchè sono persone invisibili, appunto.

Ivo, dopo essere stato un uomo invisibile per tutta la vita, è apparso, suo malgrado, sul giornale.

I vicini di casa chiamarono i vigili del fuoco dopo che il cattivo odore si era sentito in tutta la scala.
Portarono via le sue spoglie e il suo appartamento fu venduto ad un asta dal tribunale.

Sarebbe bello, qualche volta, poter ricordare anche le persone invisibili.