domenica 30 aprile 2017
luoghi insoliti: Ricordi in bianco e nero
luoghi insoliti: Ricordi in bianco e nero: Chissà come era fredda l’acqua del Ticino. Chissà se lo hai sentito quel freddo, chissà se eri cosciente, se pensavi a qualcos...
Ricordi in bianco e nero
Chissà come era fredda
l’acqua del Ticino.
Chissà se lo hai
sentito quel freddo, chissà se eri cosciente, se pensavi a qualcosa mentre il
mulinello del fiume ti tirava giù verso il buio.
Chissà se hai sentito
lo strattone e il dolore, la mano che ti afferrava per i capelli e ti tirava su
verso l’aria, se hai sentito parlare quell’omone tedesco che ti restituiva alla
vita e ti adagiava sulla riva pietrosa del fiume.
Chissà se poi era
davvero un tedesco.
Chissà se hai avuto
memoria di tutti i particolari, oppure il racconto, che ascoltavamo da bambini
un po’ annoiati, era frutto di memorie altrui, di particolari che ti avevano
riferito dopo la disavventura, quando ti eri ormai ripreso.
E chissà quali sogni, quali
speranze e progetti avevi, giovanissimo da poco emigrato al nord, con un lavoro
nuovo di zecca e per la prima volta qualche soldo in tasca da potersi
permettere una scommessa sportiva sul risultato di una partita di calcio, un
bottiglione di vino in palio con i colleghi, quasi tutti veneti.
Qualche soldo in tasca
da potersi permettere una trasferta in corriera allo stadio di San Siro per
guardare il derby (e tifare il Milan) con gli amici, da potersi permettere una
scampagnata al Ticino e un bagno nel fiume, lido improvvisato per gente comune.
Chissà se hai pensato,
mentre l’acqua gelida ti avvolgeva, che avresti potuto perdere quello che avevi
e soprattutto quello che avresti avuto in futuro, una vita di lavoro ma anche
cose buone, vacanze, una famiglia, dei figli.
Non lo so, non so tutto
questo, il racconto che ascoltavamo era per noi come quelle foto in bianco e
nero che ritraevano la tua gioventù, un mondo perduto che apparteneva a un’altra
realtà per noi poco o nulla reale.
E quelle storie
ripetute all’infinito sulla miseria di un’infanzia fatta di povera scuola,
lavoro duro e poco da mangiare, si ascoltavano con fatica perché mettevano
tristezza e nessuno vuole ascoltare che il proprio padre ha patito e sofferto,
anche se è una cosa passata.
Ma ora avrei voglia di
riascoltare, di sentire la tua voce che dice: una volta ho rischiato di annegare nel Ticino, avrei voglia di
assaporare quelle storie in bianco e nero che ogni tanto a tavola ci propinavi,
puntando la nostra attenzione sulle cose che avevamo e su quanto eravamo
fortunati.
Ora non so cosa darei
per tornare bambino e poterti ascoltare senza capire che quei tuoi ricordi in
bianco e nero sarebbero diventati un giorno lontano nel futuro, il tesoro della
tua memoria.
La memoria di te.
domenica 23 aprile 2017
Piccoli innocui soprannomi
Oggi narriamo la storia
di Albertina Fabiana Bertolacci Tomassoni.
Fin dagli anni delle
scuole elementari Albertina Fabiana non ebbe vita facile.
La sua maestra si
dilettava a inventare soprannomi e nomignoli per i propri scolari e finché si
trattava di diminutivi o vezzeggiativi, i vari Luisella, Gigetto, Antonino e
Lauretta erano felici e contenti.
Quando venne il turno
della nostra Albertina Fabiana Bertolacci Tomassoni, la fatidica maestra ebbe un’intuizione
diabolica piuttosto che geniale.
La chiamò ALFABETO!
Cosa che cambiò il corso degli eventi.
Si prese la briga di
sprecare mezz’ora buona di lezione per illustrare alla lavagna le ragioni della
sua trovata ai bambini increduli.
Albertina Fabiana
Bertolacci Tomassoni aveva un nome e cognome troppo lungo per l’appello
quotidiano, quindi l’ingegnosa signorina aveva deciso di semplificarlo come un’equazione,
facendolo prima diventare ALbertina FAbiana BErtolacci TOmassoni, poi
AL-FA-BE-TO!
La piccola, benché
facesse la terza elementare e tanto piccola non era più, non riusciva a credere
alle proprie orecchie, diventò così per tutti Alfabeto, e le più perfide
compagne di classe arrivarono a chiamarla addirittura ABICI’!
Alfabeto crebbe e allo stesso tempo crebbero i lazzi e gli scherzi dei compagni e l’acredine e l’isolamento propri.
L’infelice scelta della
maestra condizionò in qualche modo tutta la sua vita in avvenire.
Alfabeto era una
bambina intelligente e reattiva ma poco portata alla socializzazione e il
soprannome affibbiatole dalla maestra non fece che bloccare sul nascere ogni
possibilità di allacciare normali rapporti amichevoli.
Questo problema però le
regalò tanto tempo libero e lei impiegò i lunghi e solitari pomeriggi per
studiare, superando uno dopo l’altro con estrema semplicità gli ostacoli che la
dividevano tra la scuola elementare e il diploma di maturità liceale. Non provò
neppure una volta a cambiare il suo soprannome, nemmeno cercò di essere
chiamata col suo vero nome. Lei era per tutti Alfabeto e tale intendeva
rimanere!
Quando venne il momento
di scegliere una strada, Alfabeto non ebbe dubbi, si sarebbe laureata in
fisica.
I suoi genitori non
provarono neppure a farle cambiare idea, i suoi compagni di liceo non si
stupirono e tanto non interessava loro minimamente cosa avesse fatto della sua
vita quella compagna strana e a volte scomoda, dal nome così improbabile.
Alfabeto affrontò uno
dopo l’altro gli esami come un rullo compressore, gli altri studenti non la
videro quasi, arrivava alle lezioni e agli esami senza dare confidenza a
nessuno, sempre preparatissima, faceva la sua parte e tornava a casa con un voto
positivo e il suo soprannome pesante come al solito.
La laurea in fisica non
venne festeggiata, per Alfabeto fu una semplice tappa della sua vita di studi.
Nel frattempo lei aveva già deciso di iscriversi a medicina.
Così fra i frequentanti
e i fuoricorso di medicina nacque il mito della dottoressa Alfabeto.
Tra le universitarie
era, manco a dirlo, la studentessa dalla media voto più alta.
Non ebbe mai un
cedimento, nemmeno quando le matricole furono invitate ad assistere alla fatidica autopsia e
ad alcuni studenti cedettero le gambe.
Alfabeto era magra e
ossuta, la natura era stata avara di curve con lei ma sotto quest’aspetto
emaciato si celava una forza, di fisica e mentale, incredibile.
Poco prima di discutere
la tesi, Alfabeto decise di provare a studiare al parco.
Stupendo familiari e
chi la conosceva bene, prese a passare i pomeriggi su una panchina, che lei
ricopriva di testi medici, in riva al laghetto delle papere.
Un giorno la trovò
occupata. Un giovane più magro di lei stava gettando le briciole di un panino
ai piccioni.
Quando lui vide
Alfabeto arrivare e sedersi al suo solito posto, si fermò a salutare educato.
B-buon g-giorno,
si-signorina!
Poi arrossì e continuò
a gettare il suo pane.
La smetta!
C-come?
La smetta di nutrire i
piccioni. Sono animali immondi!
Lui ubbidiente si alzò
e andò a rovesciare quello che restava delle briciole nel laghetto dove i pesci
rossi banchettarono.
Poi tornò docile sulla
panca.
Cosa fa, non si
presenta?
M-mi chiamo Moreno,
c-come mio nonno.
Piacere, Alfabeto.
Lui restò immobile, non
era sicuro di aver capito. Quello che capiva era che quella donna riusciva ad
ammaliarlo completamente.
Appena Alfabeto fu
consapevole di questa cosa, affondò il colpo.
Ha anche un cognome?
S-semeraro. Mi chiamo
Moreno Semeraro.
Allora lei fu sicura.
Se vuole può
accompagnarmi a casa, siamo una bella coppia.
Ubbidiente Moreno la
accompagnò.
E da quel momento non si separarono più.
MOReno SEmeraro,
pensò lei, immaginando la vecchia lavagna.
Alfabeto + Morse.
Che coppia perfetta!
sabato 22 aprile 2017
Fake News!
Buongiorno gentili telespettatori e radioascoltatori!
E buongiorno a chi segue sul web questo canale di notizie.
Cominciamo subito con la politica interna:
Maggioranza e opposizione parlamentare hanno firmato oggi un accordo, mai
raggiunto in precedenza, che aumenta l’attenzione per le fasce deboli: saranno
varate misure per i disoccupati, che sono comunque al minimo storico e che
avranno a disposizione corsi di formazione gratuiti; per le fasce deboli che avranno a disposizione
un assegno mensile per i bisogni primari; per i malati che vedranno sparire tutti i
ticket ora presenti.
I fondi saranno a disposizione con effetto retroattivo poiché tutti i
membri hanno rinunciato ai loro compensi, indennità e vitalizi.
Il voto è stato così ripartito: il 99,9% per il si conto il restante 0,1% di
astenuti.
Veniamo ora alla politica estera.
Il presidente Statunitense ha deciso di abbattere muri e frontiere concedendo
d’ora in avanti la cittadinanza a chi ne farà richiesta, i tacos diverranno
“piatto nazionale” ha aggiunto mentre sfoggiava il nuovo look e pettinando i
baffi a manubrio.
Le due Coree festeggiano un mese dalla riunificazione! Organizzati festival
in ogni parte del nuovo paese.
Le principali potenze mondiali mostrano in un video in internet la
prosecuzione del disarmo nucleare, come testimoniano i volontari delle Onlus
giunti da tutto il mondo per dare un contributo nello smaltimento del plutonio.
Veniamo allo sport: non è ancora stata scelta la sede delle prossime
Olimpiadi dell’Amicizia.
I paesi europei hanno aperto un fondo di solidarietà a favore di nazioni Africane
che ne facessero domanda, per dare loro pari opportunità nella presentazione
della candidatura.
Alla notizia, l’America del nord ha fatto lo stesso gesto verso i paesi del
centro e del sud.
Torniamo alle news del paese:
Molte le autorità presenti alla commemorazione dei dieci anni dall’ultimo
sbarco di migranti sulle nostre coste. È stata inoltre posta l’attenzione sul
fatto che anche l’ultimo segreto di stato è stato recentemente reso pubblico,
chiarendo in modo definitivo ogni dubbio ai cittadini su stragi, rapimenti,
collusioni, malaffare e criminalità organizzata che ormai resta solo un pallido
ricordo!
Ora una notizia che aspettavano gli storici e gli appassionati d’arte:
È pressoché certo che Madonna Lisa Gherardini soffriva di un’infezione
delle vie urinarie. Questo nel 1505 quando Leonardo da Vinci si apprestava a
terminare il celebre dipinto, disturbo che le impedì di sorridere pienamente e
che le donò lo sguardo enigmatico e un poco sofferente che tanta gloria rese!
Il momento delle notizie è terminato.
Ringraziamo tutti quelli che ci hanno seguito come di consueto e che come
sempre credono fedelmente alla veridicità delle nostre notizie.
Continuate a credere in noi, non sarete delusi!
sabato 15 aprile 2017
si può ancora avere un sogno
La prima cosa che voglio fare è catturare quel coccodrillo!
La voce dello Smilzo è tremolante ma lo sguardo è fiero e sicuro.
Gli altri due si guardano straniti.
Poi Ciccio chiede: Ma di quale coccodrillo vai parlando?
Non li leggete i giornali?
C’è un coccodrillo che è risalito lungo il fiume e sta facendo strage di cani e
animali domestici, ieri ha attaccato un ragazzino che si è salvato per
miracolo!
E tu come pensi di catturare un coccodrillo? Risponde il Brutto.
Io, da giovane ero esperto di caccia grossa e ho visto come si cattura un
alligatore.
Ma non avevi detto che era un coccodrillo? Interviene provocatorio Ciccio.
Ma è uguale! Sbuffa il Brutto.
No che non è uguale! S’inalbera Ciccio. C’è una differenza enorme!
Il Secco guarda fuori dalla finestra, osservando il sole che si avvicina
all’orizzonte.
Fa l’offeso mentre gli altri due soffocano risolini.
Dai Secco, si scherzava.
Lo sappiamo che da giovane hai viaggiato molto e sei stato un cacciatore ma
ora giovane non lo sei più. Prova, il Brutto a rabbonire l’amico, conoscendone
la permalosità.
Infatti, il Secco ci mette cinque minuti buoni per aprire la bocca.
Voi che ne sapete, si possono fare buoni piani per una cattura anche alla
mia età.
Non occorre solo la forza fisica e poi si può ancora avere un
sogno.
I due non sanno cosa rispondere. Il Brutto e Ciccio si guardano in
silenzio.
Si può ancora avere un sogno.
Al Brutto scende una lacrima, dei tre è quello che si è sempre commosso
prima.
Ciccio, che si è pentito, prova a consolare l’amico: Ma certo che si può,
anzi sai che ti dico? Che ti aiutiamo, ti si da una mano e il coccodrillo lo
catturiamo insieme!
Ora Secco non è più offeso.
Guarda fuori dalla finestra, il sole è quasi scomparso e gli altri possono
vedere il riflesso del suo sorriso sulla finestra.
Quindi lo facciamo domani?
Prova a intervenire il Brutto più che altro per vincere il momento di
fragilità.
Secco e Ciccio lo guardano male!
Non ho ancora elaborato un piano e come vedi al momento, sono
impossibilitato. Fa brusco Secco.
E anche noi dobbiamo ancora risolvere qualche problemino, prima di metterci
a fare la caccia grossa, non credi Brutto? Quasi urla Ciccio.
Nella stanza cala il silenzio.
Ora nessuno pensa più al coccodrillo che forse è un alligatore. Ora tutti
pensano ai propri problemini.
Attirata dal vociare, una solerte signorina si affaccia alla porta.
Avete bisogno di qualcosa? Mi è sembrato che qualcuno gridasse.
Grazie infermiera, è già ora del mio antidolorifico? Approfitta il Secco.
Ho la sacca del catetere da vuotare, sta scoppiando! Rilancia Ciccio.
Potrei avere un altro cuscino?
Rincara il Brutto.
L’infermiera fa un sorriso lieve e professionale e risponde: Torno subito.
Poi richiude la porta.
E poi domani è Pasqua e il primario non ci sarà. Puntualizza Brutto.
E il dottorino di turno non ci firmerebbe mai un permesso. Precisa
Ciccio.
Dunque rimandiamo. Termina Secco.
Ma non dimentichiamo amici, fra qualche giorno staremo meglio e lasceremo
questa stanza.
Nel frattempo avremo il nostro piano.
Quel coccodrillo ha le ore contate.
Ricordate, si può ancora avere un sogno.
venerdì 7 aprile 2017
luoghi insoliti: al ritmo del respiro
luoghi insoliti: al ritmo del respiro: Passano due ragazzi. Fotocamera compatta a tracolla uno, sacca leggera sulla spalla il secondo. Il primo parla inglese, ogni ...
al ritmo del respiro
Passano due ragazzi.
Fotocamera compatta a tracolla uno, sacca leggera sulla spalla il secondo.
Il primo parla inglese, ogni tanto ride.
L’altro sorride e annuisce. Chissà se capisce?
Sembrano amici o forse si sono appena conosciuti.
Oltrepassano la mia panchina, poi scompaiono alla vista.
Il cinguettio dei passeri è quasi continuo, di sottofondo. Ogni tanto si
sente il gracchiare di un corvo. O forse si tratta di una cornacchia, non
saprei.
Passa una coppia, lui parla di acquistare un regalo, magari un I-pad, la
ragazza sembra ridere felice. Forse il regalo è per lei.
Poi per dieci lunghi minuti non passa nessuno.
Da lontano, saranno due, trecento metri in linea d’aria, arrivano radi i
rumori metallici di uno stabilimento.
Ma questo non fa parte dello scenario e anche i suoni che giungono sembrano
arrivare da un altro mondo.
Odo un vociare distante, donne e uomini in visita ma fortunatamente sono
lontani e concentrandomi sul ronzio degli insetti non li sento più.
Ora i viali sterrati che circondano la vasca d’acqua e che si allungano per
un paio di chilometri, sembrano deserti.
Guardo a sinistra: nessuno. Mi volto verso destra: un gruppo si muove,
forse una classe.
Sembrano formiche.
La luce del sole sbatte sulla facciata bianca della Reggia e fa quasi male
agli occhi.
Non credevo si potesse provare una simile pace senza per forza scalare una
vetta.
Ora tutto è silenzio.
Il mondo procede al lento ritmo del mio respiro.
Poi tre persone sbucano parlottando da un vialetto laterale.
Mi vedono scrivere e subito si allontanano in silenzio con un misto di
pudore e imbarazzo.
Ma l’incanto è terminato.
È giusto così, le cose belle sono brevi.
Mi alzo, lascio a malincuore la mia panchina pensando che tornerò presto.
Un bimbo molto piccolo, dal suo passeggino, mi fissa mentre passo.
Gli sorrido.
Lui chissà, forse non pensa a niente.
mercoledì 5 aprile 2017
luoghi insoliti: Ritorno al futuro?
luoghi insoliti: Ritorno al futuro?: Quando ne ho l’opportunità e il tempo frequento musei. Sono troppo vecchio per calcare i campi di calcetto e troppo giovane come...
Ritorno al futuro?
Quando ne ho l’opportunità e il tempo frequento musei.
Sono troppo vecchio per calcare i campi di calcetto e troppo giovane come
spettatore davanti ai cantieri.
Penso che i musei vadano bene.
Nei musei sono persone di tutte le età, inoltre le scolaresche chiassose
abbassano la media.
Insomma ci si sta bene.
Ci sto bene.
Frequento musei anche per un altro motivo.
Mi piace l’arte.
Sono attratto dal bello e senza falsa modestia, pur in assenza di una
minima preparazione in materia, penso di possedere un discreto senso estetico.
Dopo tutto siamo in tanti a possederlo e questo è chiaro, considerato il
successo di pubblico che hanno in media i musei e monumenti Italiani.
Non occorre essere Sgarbi per restare ammirati davanti a un dipinto o a un
affresco.
Non devo essere un esperto per restare estasiato e rapito davanti alla rara
bellezza della Venere del Botticelli oppure per contemplare incredulo una
scultura come il David di Michelangelo.
I dipinti del Tiziano, la genialità a tutto campo di Leonardo mi lasciano
senza fiato.
Mi
commuovono.
Ecco perché frequento musei.
Purtroppo per raggiungere questi affascinanti luoghi devo attraversare
città.
E vedere altre forme d’arte contemporanea.
I muri dei condomini imbrattati da scritte e segni osceni.
Monumenti sfregiati da disegni volgari raffiguranti apparati riproduttivi
con particolari sproporzionati.
Enormi falli (disegnati così forse per invidia) sui segnali stradali e
sulle saracinesche.
Panchine divelte, bidoni bruciati.
Insomma mi sono spiegato.
Certo, le strade non sono posto dove l’arte possa esprimere se stessa ma lo
spettacolo è comunque lo specchio dei tempi.
Mi guardo attorno, ascolto le notizie, branchi che uccidono a mani nude e
senza motivo, donne e bambini vittime di atti folli.
La gente cammina di fretta con la testa tuffata in uno schermo.
Nessuno sorride anzi sono tutti imbronciati, pochi salutano e molti
sembrano pronti a sbranarti al primo movimento.
Tanti chiedono di potersi armare per proteggere la proprietà e molti lo
avranno già fatto.
Se il mio vicino avrà un’arma per difendersi dai ladri allora io ne procurerò
una per difendermi da lui!
Vedete come anche il mio pensiero, da alto e illuminato nelle prime righe,
subisce, al solo ricordare le brutture che ci circondano, una regressione quasi
animalesca?
Allora mi rendo conto che per rivivere un nuovo rinascimento dobbiamo prima
sprofondare nel più oscuro e violento basso medioevo.
Forse ci vorranno decenni, magari un secolo ma la strada è imboccata.
Stiamo tornando al passato.
Il lavoro è tanto.
Diamoci da fare.
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