domenica 30 maggio 2021

vivere nel medioevo

 





-Vile, scendi dal tuo ronzino e ingaggia nobile tenzone!

-Fellone, scenderei dalla cavalcatura, ma troppo tardi arriverei alla destinazione assegnatami dal mio signore. A occasioni future, destinerò il duello.

-Baggianate, troppo codardo il tuo agire…

-La menzogna spunta dalla tua bocca! Sono io che ti sfido…

-Dunque trovasti il coraggio di dichiararti, scegli il testimone che racconterà la tua sconfitta!

-Mai sarò battuto, trovasti sulla tua strada un fiero campione!

-Si, un campione alla giostra del paese, forte con i covoni di paglia…

-Vedremo, mascalzone, maledetta la semenza dei tuoi avi…

-Povero stolto che s’imbarcò per la guerra lasciando alla moglie le chiavi della cintura di castità…

-Illuso, buono a niente, non vali l’asino che trasporterà il tuo cadavere…

I due si allontanano ma facendolo trovano occasione per indirizzarsi reciproci, gentili auguri.

-Possano marcire i pochi denti che ti rimangono…

-Possano le cornacchie cibarsi con la tua lingua…

Ecco, questo sopra un ipotetico dialogo tra due concittadini non abbastanza ricchi e nobili da avere una carrozza, nemmeno troppo garbati verso i propri simili, due che litigano per chi debba arrestarsi e concedere il passo all’altro, cosa che farebbero due perfetti gentiluomini.

Siamo nei pressi di un florido Comune del centro della penisola italica, circa nel milletrecento.

E ora saliamo sulla time-machine e torniamo ai giorni nostri.

Eccoci arrivati in una qualsiasi città, davanti ad un incrocio stradale qualunque.

-Brutto scemo, così dai la precedenza?

-Ma che dici, idiota! Ti ho visto su quella moto ridicola, eri dietro e ci passavo benissimo.

-Come mi hai chiamato? Scendi da quel baraccone!

-Ti chiamo come mi pare e ringrazia che devo fare una consegna!

-Te la fai addosso, eh str***! Ti gonfio.

-Quando vuoi e dove vuoi, figlio di ***! E quella moto buttala, che non vale un c***…

-Fai schifo tu e il tuo furgone di m***!

-Ma vai a f***, brutto st***!

Il furgone parte, facendo fischiare le gomme e lasciando una nuvola nera di carburante bruciato male ma prima, il conducente augura al motociclista di morire sotto un treno. Il motociclista lo sorpassa andando contromano e superando l’incrocio a centosettanta chilometri orari, non senza alzare il braccio, esponendo così il dito medio.

Sono trascorsi sette secoli, un mucchio di tempo, l’umanità ha vissuto rinascimento, scoperte scientifiche, grandi artisti, illuminismo, rivoluzione industriale, crollo d’imperi, guerre mondiali, conquista dello spazio, sbarchi sulla luna e sonde su Marte, farmaci miracolosi, scoperta del genoma e molto, molto altro.

Forse qualcuno non si è accorto di tutto questo perché a parte il linguaggio imbarbarito e il consumo d’idrocarburi che inquinano l’aria che respiriamo, non notiamo grandi differenze, noi, piccoli osservatori neutrali, agli incroci delle strade.

Nel medioevo come oggi.

Penso che distruggerò la macchina del tempo.

O smetterò di osservare gli incroci.

Meglio un cantiere…






sabato 22 maggio 2021

Quanti di noi?

 






Quanti di noi rincorrono il passato?

Quanti sentono la nostalgia di qualcosa?

Quanti hanno ricordi bellissimi? Chi tra noi, per esempio, ha avuto un amore segreto a dodici anni?

Chi ricorda la ragazzina che non lo guardava, anzi, non lo vedeva.

Non sapeva nemmeno della sua esistenza!

Quanti ricordano quanto struggente, dolce e terribile fosse quel sentimento? Sono sicuro che molti abbiano alzato la mano, o hanno solamente sorriso, pensando, io sì, ho amato una bambina che non sapeva niente di me, e non lo avrebbe mai saputo e ho sofferto per quell’amore non corrisposto, nemmeno conosciuto.

Quanti tra noi hanno continuato a inseguire quest’amore languido e impossibile, per tutta la vita senza trovarlo mai più?

Alcuni di noi, i più fortunati ne hanno trovato una riproduzione da adulti, un amore forte, concreto, necessario. Un amore vero, che si continua negli anni e permette una vita felice e a volte la creazione di una famiglia solida.

Ma sanno anche che quell’amore, nato e cresciuto nel segreto della fanciullezza, quel sentimento sconosciuto, strano e complicato, che faceva soffrire e gioire, che faceva cantare a squarciagola e subito dopo piangere lacrime disperate, che si appiccicava addosso come gelato sciolto che cola sulla mano, era e sarà sempre irripetibile.

Quanti di noi ricordano il passato e una ragazzina incontrata tra i banchi di scuola, o su una spiaggia dalla sabbia rovente, o sul vialetto della stazione, dove ti fermavi a mangiare un ghiacciolo, e si chiedono come sia possibile che quel passato sia evaporato come nebbia che scompare e lascia il posto al sole, come fosse appartenuto a un’altra persona.

Perché è questo che fa il tempo, farci credere che quello che ci è successo sia capitato a un'altra persona, o peggio cancellare dai ricordi quanto vissuto.

Ma chi ricorda è fortunato e la cosa bella è che può condividere i ricordi e far riemergere quelli degli altri.

Quindi la domanda è sempre la stessa:

Quanti di noi?

 





venerdì 7 maggio 2021

Lo scemo del villaggio: Qui si suona e canta!

 






Questo non è un paese per savi.

Non a caso, noi non abbiamo lo scemo del villaggio come in altri posti.

Nessuno si offenda, lo sappiamo bene che ovunque c’è uno scemo del villaggio, che sia l’omino che va in giro tutte le stagioni con il medesimo abito, oppure il poverino colpito da una sventura sul più bello della crescita cognitiva, o a volte il vecchio frequentatore di osterie e taverne, il cui fegato ha acquistato un biglietto di sola andata per un volo verso i mari del sud, ha salutato tutti e non si è mai più fatto vedere, nemmeno una cartolina…

Ovunque esiste una persona che riscuote, al solo passaggio, mormorii di derisione e ispira repulsione, pena o tenerezza a seconda che siate persone schizzinose, misericordiose o tenere.

Non e così, qui da noi.

Questo è un paese di bizzarri personaggi pirandelliani, di macchiette da avanspettacolo, di artisti nati da un sogno Felliniano. O da un incubo Kinghiano, a volte.

Qui da noi, il più normale da bambino ha ingoiato una rana viva, il più saggio cammina per le colline con una muta da sub, perché si sa che da noi la nebbia morde le giunture e ti penetra nelle ossa come acqua nella sabbia. Da noi il più colto ha imparato a malapena la tabellina del cinque e recita il poema “mattina” di Ungaretti quasi a memoria. Il più puntuale arriva all'ora giusta ma un giorno prima o quello dopo.

 

Da noi tutti hanno un talento e sono disposti a farvene dono, per questo non abbiamo uno scemo del villaggio ma lo facciamo a rotazione.

Come ogni primavera stiamo allestendo il nostro festival canoro, una sorta di Festival di Sanremo ma molto più stonato.

Naturalmente per iscriversi basta segnarsi a penna sul manifesto affisso nella piazza, qui siamo stati davvero bravi ad abbattere le barriere della burocrazia.

I nomi sono quelli di ogni anno.

Il primo iscritto è Frank e qualcuno ha aggiunto col pennarello: Zappa.  Non pensate subito: si comincia col botto, ospiti internazionali!

Franco è indigeno, paesano da quattro generazioni. Suona una chitarra scordata e di mestiere fa il contadino. Possiede ettari coltivati a patate che si ostina a lavorare con la sola forza delle braccia. L'anno scorso si è rotta la corda del la, ma lui è andato avanti imperterrito, poiché non imbocca un accordo ma non se ne accorge e alla fine sorrideva a  bocca aperta e sguardo vacuo.  Di certo ci sa fare piuttosto bene con la sua zappa nei campi, da qui il suo nome d’arte. Che suona proprio come un imperativo, Frank: zappa!

In paese vive anche un signore di sessant’anni di nome Lelio, come Lelio Luttazzi. Canta indubbiamente bene, ma si circonda da strumentisti attempati e distratti, che inciampano, cadono, sbattono contro porte e spigoli tanto da ferirsi continuamente e provocarsi traumi, lividi e lesioni. Il solito pennarello anonimo ha corretto sul manifesto il nome della band in Lelio e le storie lese! Penso che sarà la nascita di una Star.

Abbiamo anche Andrea l’allevatore. che ha una gran voce da tenore e che di sicuro iscriverà il suo nome sul manifesto. Allevando pressoché suini in giro lo chiamano Andrea Porcelli e lui lo sa ma fa finta di niente…

Naturalmente aspettiamo tra qualche giorno, quando sul manifesto arriveranno, immancabili, le iscrizioni di altri personaggi più o meno noti da queste parti, gente che tutto l’anno si allena duramente nella nobile arte del canto e che non vede l’ora di salire sul palco e fare una figuraccia colossale, come Lucio Palla, uno pseudo-cantautore sovrappeso, Claudio Maglioni, un quarantenne che vive ancora con la madre appassionata di uncinetto, i cugini di campagna nel senso che sono davvero cugini e vivono tra le vigne e sono troppo pigri per scegliersi un nome.

Non vediamo l’ora che arrivi la fine di maggio e si svolga il nostro Festival.

Non di certo perché odiamo la musica e ci piace vederla massacrare, ma solo per stare assieme, farci quattro risate e magari scegliere, comodamente, il prossimo scemo del villaggio.

Quello in carica ha chiesto il cambio.