domenica 22 settembre 2019

Ludovico fa una corsa










Ludovico se ne sta seduto sulla sua poltrona in camera.

Il letto è ancora da sistemare, la stanza da riassettare. Lui resta seduto a fissare la parete. Un televisore spento riflette la sua immagine, come uno specchio.

Si guarda restare seduto, con i pantaloni del pigiama color caffelatte, quelli che non gli sono mai piaciuti e una logora canottiera bianca. I radi capelli bianchi gli penzolano ai lati della fronte come ragnatele. Ai piedi due ciabatte consumate.

Quando sono diventato così vecchio, si chiede. Quando è successo?

Deve essere successo all'improvviso, forse una notte mentre dormivo, oppure quando ero distratto.

Ludovico non sapeva rispondere alla domanda, e non avrebbe potuto chiedere a sua moglie.

Rita lo aveva lasciato solo, dieci anni prima, aveva raggiunto la Casa del Padre, come avrebbe detto lei, una donna molto credente e devota, oppure era arrivata alla radura alla fine del sentiero, come preferiva pensare lui che in tempi remoti amava studiare le usanze dei nativi americani e altri tipi di spiritualità.

Ad ogni modo oggi è solo, e se ne sta seduto sulla sua poltrona ad aspettare l’assistente, una donna di mezza età, severa col mondo intero e arrabbiata con la vita, ma che l’avrebbe aiutato a vestirsi, a lavare le stoviglie, la casa, a fare le compere e preparare il pranzo.

Com'è lungo il tempo, su quella poltrona, non passa mai.





Poi il telefono squillò.

Era Marco, suo nipote, la giovane voce suonava preoccupata e ansiosa.

Nonno, sono davanti alla scuola. Entrerò la seconda ora, nel frattempo potresti portarmi il libro di storia, l’ho lasciato, sul tavolo da te ieri, quando sono passato per studiare.

Ludovico ricorda vagamente che al nipote piace passare ogni tanto un pomeriggio a casa sua, per studiare e per fare due chiacchiere. Lo rilassa, dice, e Ludovico è felice di queste visite.

Il libro, già, ma dove ha detto di averlo messo?

Lo vede, non è sul tavolo ma sullo scaffale, un tomo polveroso e consumato dagli anni, con la copertina mezza strappata.

Di sicuro l’ha comprato usato per mettersi in tasca la differenza, quel briccone!

Ludovico mette il libro in un sacchetto di carta, prende le chiavi di casa ed esce.

Come al solito l’ascensore non arriva e lui non ha pazienza di aspettare così si fionda giù per le scale e si beve i tre piani che lo separano dalla strada.

Gira l’angolo e si dirige alla fermata del sessanta. L’autobus passa dopo tre minuti ma non si ferma, un ragazzino alla fermata comincia a imprecare e tra una parolaccia e una bestemmia trova il tempo di spiegargli che era fuori servizio.

Mio nipote ha bisogno del suo libro, pensa Ludovico, allora si mette a correre, prima con passo incerto e a velocità contenuta, poi sempre più veloce.

Le scarpette leggere e morbide sono quelle che tanti anni prima lo accompagnavano nelle gare. Attraversa un paio d’incroci, gli automobilisti che sopraggiungono non fanno molto per essere cortesi, suonano il clacson come pazzi e rallentano a malapena, ma Ludovico è diventato veloce, come quando da giovane partecipò alla mezza maratona e fece il tempo più basso della sua squadra.

Arrivato a piazza Italia, Ludovico incontra il suo vecchio amico, Arnaldo che lo ferma preoccupato.

Non dovresti correre così, alla tua età, rischi che ti venga un infarto, oppure di cadere e romperti un femore…

Ludovico sorride, gli risponde con calma di non preoccuparsi, il nipote ha bisogno del suo libro e non può fare tardi a scuola, la scuola media è in fondo al viale e la può raggiungere in pochi minuti, quindi riprende la sua corsa.

Arnaldo da dietro urla: ma tuo nipote non si è laureato l’anno passato?

Solo che Ludovico non lo ascolta più, sente solo il ritmo regolare dei suoi piedi e il respiro normale, forse solo un poco forzato, mentre scivola sul viale e presto è davanti alla scuola.

Il nipote non si vede. Deve essere entrato a scuola, pazienza, il libro lo prenderà oggi quando verrà a trovarmi.

Ora deve tornare a casa, sono tre chilometri. Aspettare il sessanta che non arriva mai o fare una corsa nell'altra direzione?

Se ci fosse sua moglie gli direbbe, vai ora, che aspetti, non avrai paura di farti una sgambata fino a casa?

Lui sente la cara voce della donna ed è come averla lì, così sorride e riprende a correre.

Così corre, Ludovico, corre e non si ferma, passa un incrocio col giallo, non si ferma quando rivede il vecchio amico, corre e non rallenta quando si accorge di non avere nessun sacchetto con un libro ma non importa, corre veloce e tutto funziona a meraviglia, anche la sua memoria adesso, e sa che Arnaldo ha ragione, suo nipote non va alle medie da tanti anni, anzi si è laureato e lui ha anche partecipato alla festa sentendosi un poco fuori luogo, ma non importa, ora ha le ali ai piedi e si sente una meraviglia e, quando giunge al suo stabile non ha bisogno di chiamare nessun ascensore perché i tre piani li beve in un sorso.

Ludovico è stupito di non avere il fiato grosso, né di sentire le gambe indolenzite.

Non vedo l’ora di dirlo all'assistente, tra poco dovrebbe arrivare.

Pensa di attendere in poltrona, dopo tutta quell'attività un poco di riposo se lo è meritato, in fondo.

Alle nove e mezzo la badante arriva puntuale, e come ogni mattino trova Ludovico seduto sulla sua poltrona, ma stamattina c’è qualcosa di diverso.

Nell'ingresso, sul pavimento, c’è un sacchetto con un vecchio libro di scuola. 
La poltrona è rivolta alla finestra.

Sulla poltrona il vecchio indossa delle consumate scarpe da corsa, ha la canottiera completamente sudata e sta dormendo.



E ha uno strano sorriso sulla faccia. 













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