mercoledì 23 settembre 2020

luoghi insoliti: Sono già stato qui

luoghi insoliti: Sono già stato qui:   Sono a casa, finalmente!  Chiudo la porta sbattendola, lascio cadere lo zaino sul pavimento e lancio il giaccone sul letto.  Il cane mi gu...

Sono già stato qui

 










Sono a casa, finalmente! 

Chiudo la porta sbattendola, lascio cadere lo zaino sul pavimento e lancio il giaccone sul letto. 

Il cane mi guarda senza avvicinarsi, forse riesce a sentire l’odore della follia. 

Così devo apparire, un pazzo scappato dal manicomio, sudo, tremo e mi muovo a scatti. 

Non mi sento bene e corro in cucina a bere un bicchiere d’acqua, sperando di calmarmi ma ne rovescio metà sul pavimento. Billy è scappato a nascondersi sotto il letto, non lo faceva da quando era cucciolo. 

Entro in bagno a lavarmi la faccia, apro il rubinetto e aspetto che l'acqua sia gelida. La sferzata sembra funzionare. Mi osservo allo specchio, mi sembra di vedere un estraneo, un tipo pallido e sudato con gli occhi fuori dalle orbite, uno che non vorrei incontrare all’uscita di un sottopasso buio o in una strada poco frequentata. 

Faccio spavento, così inizio a contare, tenendo gli occhi chiusi e le mani appoggiate al lavandino. Il respiro si fa via via più lento e quando arrivo a cento, mi sento strano quanto prima ma notevolmente più calmo. 

Che cosa è successo da ridurmi in questo stato? Tra poco proverò a spiegare, prima, però devo scendere in cantina a cercare una cosa, è fondamentale che la trovi se voglio preservare un briciolo di sanità mentale. 

Eccomi, missione compiuta, ho trovato ciò che cercavo. 

Sono maniacale in questo, conservo gli oggetti in scatole di cartone con anno e contenuto scritto col pennarello, quindi se cerco un diario scolastico di terza superiore, mi basta individuare la scatola giusta e il gioco è fatto. 

Questo mi sembra tante cose, tutto, tranne che un gioco. 

Forse ora è meglio che vi racconti cosa è successo questo pomeriggio. 



Oggi sono andato a leggere il giornale nel parco. Sono andato in bici, lo faccio da una vita. 

Percorro circa cinque chilometri di viali alberati, scelgo una panca vicino ai tavoli di legno e, se non ha piovuto e questi sono asciutti, dispiego il quotidiano e mi concedo un’ora di silenzio. 

In autunno qui è bellissimo, un’esplosione di colori, le foglie e le piante incendiano il panorama. 

Certo, non è più come una volta, quando ci venivo a correre, una volta i casolari erano abitati e i recinti pieni di cavalli, era tutto un trafficare di persone che potavano gli alberi, un via vai di trattori che trasportavano carri carichi di fieno. 

Qui ci venivo da studente, a far finta di studiare, perché le ragazze della scuola facevano su e giù tra i viali e si poteva provare a rimorchiare o almeno a guardare loro le gambe. 

Sono passati molti anni, ora nel parco sono cambiate tante cose, non ci vive nessuno e tutta l’attività legata a allevamento ed equitazione è scomparsa. 

Ero li, a leggere il giornale rabbrividendo perché la temperatura era scesa all’improvviso, quando sento il rumore di ruote sulla ghiaia, un ragazzino si avvicina e si piazza al tavolo a circa dieci metri da dove sono io. Poggia la bici, il modello Graziella non lo vedevo in giro da un secolo, alla panca, toglie un libro dallo zainetto e si accomoda per leggere o studiare. Non riesco a vederlo bene in faccia, c’è un pioppo sulla linea visiva, ha una corporatura esile, più o meno sembra alto quanto me e nel complesso ha un’aria familiare. 

Mi dico, con un mezzo sorriso, che se avessi avuto un figlio sarebbe potuto essere proprio come quel ragazzo. 

Continuo a leggere il giornale ma sono distratto, attratto senza un perché dall’attività del ragazzino, mi piacerebbe sapere cosa sta studiando, perché non è a scuola, da quanto tempo frequenta il grande parco, cosa si prova a essere così giovani, con una lunga vita davanti, ma so che non sono affari miei e mi guardo bene dal distogliere gli occhi dalle pagine che il vento gira in autonomia senza aspettare che abbia finito l’articolo. 

Ho la sensazione che anche il ragazzo sia distratto dalla mia presenza e che ogni tanto alzi lo sguardo dal libro per spiare i miei movimenti. Mi sento osservato. 

Poi è successa una cosa. 

Un corvo si è venuto a posare sul bordo del tavolo facendomi sobbalzare dallo spavento, d’istinto ho fatto uno scatto in dietro urlando, ho sbattuto la gamba sul legno con dolore e l’ho scacciato col giornale. Nel saltare ho urtato con l’anca il manubrio della bici che si è schiantata a terra con un frastuono di ferraglia e per finire ci stavo cascando sopra. 

Ho sempre avuto la fobia di quei pennuti e l’incidente mi ha raggelato il sangue. 

Mentre tiravo su la bicicletta, ho sentito il suono distante di una leggera risata e mi sono vergognato. 

Il ragazzo, forse appagato dallo spettacolo e perché in quel posto non era riuscito a trovare la pace adatta a leggere il suo libro, ha inforcato la sua Graziella e pedalando come un forsennato si è allontanato veloce come un razzo. 

Io, che almeno quarant’anni prima, avevo avuto una Graziella blu, uguale a quella, ho deciso che appena fosse passato il tremore alle gambe, sarei tornato a casa, a cercare una cosa in cantina. 

Il corvo mi aveva fatto una gran paura ma il tremore era qualcosa di peggio, lo sgomento di aver perso la ragione. 



Il diario di terza superiore. 

Certo che scrivevo male, quasi non comprendo alcune parole. 

Ma l’abitudine di annotare frasi e pensieri era già radicata. 

Il piacere di scrivere, di appuntare ricordi e sensazioni l’ho sempre avuta e usavo il diario poco per le cose di scuola e molto di più per la scrittura creativa. 

Il ricordo mi doleva nella mente come sale su una ferita e quando lo trovai, nero su bianco, sulle pagine del diario scolastico, per la seconda volta quel giorno le gambe non ressero. 

Sulla pagina del ventitré settembre, anno scolastico millenovecentottantadue/ottantatré avevo scritto: 

“Oggi niente scuola, sciopero insegnanti! FIGO!!! Sono andato al parco per leggere un po’ e stare al sole ma d’improvviso ha fatto un gran freddo. Poi sentite questa, c’era un tipo anziano seduto a un tavolo poco lontano ed è stato AGGREDITO da un corvo, ha lanciato un urletto stridulo e per poco non si ammazza da solo cadendo sulla sua bici. Morire dal RIDERE… Sono dovuto andare via perché non volevo ridergli in faccia e poi quel tipo aveva qualcosa di INQUIETANTE, come se da un momento all’altro volesse dirmi qualcosa, meglio pedalare e raggiungere i compagni al biliardo!”. 

Sotto: “Micaela 0109366521” 



Io e la mia mania di non buttare via niente. 

Di andare al parco, di pedalare, di scrivere. 

Basta! Meglio non scrivere più, meglio dimenticare. Come avevo dimenticato Micaela, come avevo scordato il corvo… 

Forse è meglio bere un tè e prenotare una visita dal dottore, ma cosa posso raccontargli? Penserà che abbia le allucinazioni nel migliore dei casi o che mi stia venendo l’Alzheimer… 

Il freddo ora si è attenuato ma il tremore è rimasto, lo sento dentro, parte dalla pancia, scende alle gambe per poi tornare su. Sfoglio il vecchio diario consumato, nella mano, con le firme degli amici e gli scarabocchi e i disegni osceni che ci lasciavamo a vicenda per scherzo. Mi strappano un sorriso ma dentro non rido. 

Sono atterrito. 

Oggi, dopotutto, quando ho pedalato nel parco e ho poggiato la bici alla panca, lo avevo pensato: 

Sono già stato qui tante altre volte. Già. 

Sono già stato qui.







lunedì 14 settembre 2020

luoghi insoliti: Lo scemo del villaggio

luoghi insoliti: Lo scemo del villaggio:   Questo è il mio paese.  Quattro case attorno a una piazza ovale sono il centro storico, la movida, lo struscio, la piazza del mercato, il ...

Lo scemo del villaggio

 







Questo è il mio paese. 

Quattro case attorno a una piazza ovale sono il centro storico, la movida, lo struscio, la piazza del mercato, il concentrato di boutique alla moda, l'ufficio informazioni… tutto questo insieme, quando va bene e niente di questo quando va male. Una manciata di case sghembe, qualche cascina e altre costruzioni indefinibili buttate a caso sulla collina, fa da contorno. 

Il responsabile all’urbanistica è da trent’anni, il ragionier Francesco Colico da tutti conosciuto come Ciccio Alcolico, amante della grappa barricata e fautore di rettilinei che sono più dritti i tornanti della cima Coppi al giro d’Italia. 

Il mio paese lo guardo, la domenica mattina, seduto ai tavolini del bar della piazza, con le mattonelle di porfido arroventate dal sole, tanto che una mattina Gina la panettiera, avendo rotto le infradito ha attraversato la piazza come una lepre inseguita dai cani, sembrava la cugina di Mennea. 

Ecco che passa Don Lurio, il parroco del paese. Lo chiamiamo così perché ama il ballo, una volta ha proposto di sostituire la veglia di Natale con una serata danzante ma le vecchie della parrocchia hanno tentato di strangolarlo con un rosario e così lui ha capito che non era il caso di insistere. Don Lurio non è cattivo ma un po’ vendicativo sì, perché da quel Natale fa accompagnare il coro delle zitelle da Springsteen. Non quello vero, ovvio, ma quello paesano, un ragazzone di novanta chili, pieno di brufoli e con mani enormi più adatte alla vanga che alla Fender Stratocaster, tanto più che il ragazzo conosce solo il giro di Do e anche il barrè non gli riesce troppo bene e ogni tanto prende delle stecche che in chiesa volano bestemmioni mai uditi nemmeno sui campi di calcio toscani. E poi Springsteen non toglie mai lo Stetson da vaccaro, nemmeno in chiesa ma don Lurio tanto lo perdona. 

Sta passando Attilio Tordolo. Non lo chiamate Tontolo, per carità… una volta ha rotto tre angurie sulla testa di chi ci aveva provato, sostenendo che le prime due non avevano prodotto un bel suono. Attilio è il classico contadino per niente fedele al celebre detto, anche se porta il quarantasei di piede. Una volta scrisse su un cartone: ATENTI AL CANE, NON ABBAGLIA, MORDE! Il cartone fece bella mostra per anni sulla cancellata della sua proprietà, venivano i turisti a fotografarlo e lui scagliava dietro questi il cane, Chicco, un botolo dolce e mansueto che andava in giro per le strade del paese, scappando dalla cancellata. Una volta dei buontemponi costruirono un collare artigianale, con incollati tanti specchietti e gli legarono alla coda un foglio con la scritta: Chicco il cane abbagliante! Attilio non la prese bene ma il cartello rimase al suo posto incurante di grammatica e intemperie. 

Ecco che arriva, elegante come uno spaventapasseri col frac, Pier Giacomo Galosso dei Roveri, chiamato in paese per brevità l'Imprenditore. Il doppiopetto blu gli cade largo e comincia a essere consumato ai gomiti e sulle cuciture. Vive sulla collina in una specie di maniero, dice lui, in realtà è un casermone orrido in cui avrebbe paura a dormirci anche il conte Vlad. Galosso dei Roveri (qui più conosciuto anche come Balosso dei poveri) aveva fatto fortuna brevettando uno smalto per unghie al sapore di cioccolato, prodotto poi commercializzato con grande successo. Migliaia di ragazzine potevano finalmente continuare a sfogare le proprie ansie e allo stesso tempo fare merenda. 

Il guaio era stato cercare altri colori, il verde pistacchio era uscito con un gusto a metà tra il gorgonzola e la gomma bruciata, il rosso carminio sapeva di peperone di Carmagnola, non era stato possibile migliorare le caratteristiche e le azioni della ditta erano state smangiucchiate come unghie. La moglie dell'Imprenditore era fuggita col maestro di tennis svedese e lui si era riciclato nelle televendite e si era rinchiuso nel mausoleo a meditare. 

Oggi vende oggetti vari su canali televisivi che trasmettono alle quattro del mattino, odia le ragazze con lo smalto sulle unghie e ogni tanto scende in paese a offrire un caffè a noi mortali seduti ai tavolini del bar. 



Potevano mancare i teppistelli locali? Quattro scanzonati e disoccupati che sono la vergogna delle loro mamme, rigorosamente abbigliati con giubbino di pelle anni settanta, sembrano usciti da un film con John Travolta… riconosco Porchis dalle occhiaie profonde e scure come trincee, che ha una collezione di fumetti osé ereditata dal nonno, una volta rifiutò due milioni di lire offerti da un turista per tutti i numeri, diceva che quei giornaletti sconci sarebbero stati seppelliti con lui. C'è Sesto, che è figlio unico ma ha un babbo ottimista che aveva il sogno di chiamare i figli come un conto alla rovescia, vedo Verme che ha la passione per la pesca ma il più delle volte aggroviglia la lenza e spesso cade in acqua e il pesce lo compra surgelato al supermercato, infine Forchetta, un ragazzino di quaranta chili che gira sempre con una forchetta in tasca. Si dice che ci sappia far di tutto, da riparare una macchina da scrivere a sostituire un hard disk, restaurare una cassettiera del settecento e smontare un sottomarino atomico. Non so mai se crederci ma una volta ha aiutato una coppia di tedeschi in pensione che aveva fuso il motore del camper proprio in questa piazza, lui tirò fuori la sua forchetta e nel giro di un'ora i due erano ripartiti in un coro di Danke! 

Essendo teppisti ogni tanto devono sfogare i loro ormoni e scatenano una rissa. Niente di grave, lanciano qualche sedia, Forchetta essendo leggero solo quelle di plastica, rompono un paio di lampioni e fanno un poco di casino in piazza. Tutto questo provoca l'entrata in scena di Winchester, come chi è Winchester? Il maresciallo della stazione che ha una fissa per i Western e si è comprato un fucile che tiene appeso alla parete della sala. 

Si tratta di un vecchio Garand, residuato bellico, inceppato nel ’46 che non ha più sparato un colpo e alcuni armaioli hanno dichiarato impossibile da riparare (anche se non è ancora stato interpellato Forchetta), ma il commissario si ostina a oliare e spolverare. 

Il soprannome non si riferisce all’arma ma proprio al commissario Winchester, il personaggio dei Simpson del quale riassume tutte le caratteristiche di rotondezza ventrale e golosità ciambellare. 

Il commissario non fa paura a nessuno ma è una brava persona e anche i malviventi si sentono obbligati a seguire il suo esempio evitando, quanto più possibile, di delinquere. 

Non si può dire uno stakanovista, il suo intervento più clamoroso degli ultimi anni è stato multare i due turisti tedeschi col camper fuso, per divieto di sosta. 



Ecco il mio paese, sempre uguale e sempre diverso. 

Ci sono anche tanti altri abitanti ma ve li presenterò un'altra volta. 



Un ultima cosa: qui non abbiamo uno scemo del villaggio ma ci siamo organizzati. 

Lo facciamo a turno…