sabato 28 ottobre 2017

La vita è un cubo!






La vita è bella perché è varia.
Si può iniziare il post con un luogo comune più comune di questo?
Come vedete si può e comunque, come vedete, ormai è fatta.
Dunque, si parlava di vita, giusto? La vita è varia, su questo non ci sono dubbi.
La vita è bella, la vita è una sola, la vita è un sogno, la vita è una commedia, la vita è amare e non avere paura di morire, le frasi si sprecano, i più grandi pensatori, i poeti, gli artisti hanno prodotto una mole mastodontica di frasi, rime, citazioni sul tema.

La vita è come un cubo di Rubik, secondo me.
Io che non ho mai imparato a risolvere questo divertente rompicapo matematico, geometrico, sono giunto a questa conclusione.
Un cubo, figura tridimensionale tra le più semplici, con nuove quadrati colorati su ogni faccia, sei colori differenti.
Come vedete semplici piccoli numeri, dalle tante combinazioni.

Ci sono versioni con sedici quadrati per faccia, o venticinque quadrati. Non importa, il principio non cambia. Lo scopo del rompicapo è riportare ordine tra i colori, raffigurandone uno per ogni faccia del cubo.
Questo frenetico ruotare, incastrare, girare in senso orario prima e antiorario poi, verso l’alto o verso il basso, nella speranza di affiancare prima due quadrati gialli, dopo due blu, poi tre bianchi, magari quattro rossi e così via, cercando incessantemente di raggiungere un ordine talmente labile che basta un piccolo passo falso, un errore insignificante per rendere vani minuti di lavoro e concentrazione, ebbene questa frenesia mi sembra rappresenti bene lo sforzo del vivere.
Il nostro quotidiano tentare tecniche nuove, strategie e trucchi, il nostro incessante vorticare è teso a riordinare i colori della nostra giornata, della nostra esistenza. Perché solo l’illusione del raggiungimento dell’ordine nei colori, può darci la sensazione della felicità perfetta verso cui tendiamo,  cui speriamo di avvicinarci.
Anche ciò che ci capita influisce sul processo di ricerca dell’ordine.
Quando, per esempio, ci viene fatto un complimento, una critica positiva su un lavoro svolto, non soltanto nutriamo il nostro ego, aumentiamo la nostra autostima, ma riusciamo in un momento a trovare la strada per comporre tutta una facciata di un colore, magari  con gli angoli e gli spigoli pronti per le altre facce del cubo.
Allo stesso tempo è sufficiente un rimprovero, un ostacolo, qualcuno che ci chieda di fare qualcosa in cui non crediamo, mentendo sulle motivazioni, perché si perda il controllo sulle mosse da compiere e facendoci sbagliare tutti i passi col risultato di tornare indietro o di dover ricominciare tutto da zero!

Raggiungere il risultato finale, combinazione unica fra milioni, non è impossibile.
Molti ci riescono, molti hanno scritto saggi sulla tecnica da usare. Molti hanno vinto premi per la velocità con cui sapevano risolvere il rompicapo.
Bisogna avere intelligenza e memoria, certo. Ma anche possedere talento, genialità.
Non ci si deve smarrire tra le incertezze e le difficoltà. Non si deve rinunciare.

Io, come ho detto, non sono mai riuscito a mettere in ordine il famoso cubo.
Con la vita, beh…  ci sto ancora provando.

sabato 21 ottobre 2017

Il Che testimone








Primo dialogo


“Allora, perché siamo qui?”
Dice Aldo, con fare spiccio e la sua inseparabile Canon a tracolla.

“Intanto buona sera a tutti.”
Rispondo io, mostrando un po' di cortesia.
“Questa è Barbara, la mia amica. Professione editor presso una piccola casa editrice. Che cosa faccia un editor non lo sa nessuno, vero Barbara?”
“Io per prima non lo so ma mi pagano!” Risponde ridendo la giovane amica.
“Lei è Carla. Responsabile di una casa editrice concorrente… ma è stata gentile a rispondere all’invito.”
Carla sorride al gruppo e fa una specie d’inchino.
“Aldo si è presentato da solo, come vedete, è un fotografo”
Aldo imbarazzato per l’esordio brusco prova a rimediare: “Vi faccio un ritratto?” Dice afferrando la fotocamera.

L’atmosfera è più leggera.
“Cosa faccia il sottoscritto, lo sapete! Scrivo, leggo, studio, qualche volta imparo e quando ho l'occasione, cerco di insegnare.
E vi ringrazio per aver risposto al mio invito!”
“E riguardo alla domanda di Aldo, rispondo subito!”
Tiro fuori dalla tracolla un plico di fogli.

“Risolto il mistero: il nostro Dario ha scritto un libro!” si precipita Aldo.
“Lo faccia parlare!” Interviene un po’ seccata Carla, che ne ha abbastanza della poca disciplina dell’uomo con la fotocamera.
“Hai scritto un libro?” Interviene un po’ ingenua Barbara.

“Ora vi spiego, andiamo in ordine.” Rispondo io, che per prima cosa ho bisogno di fare ordine nella mia testa.

“Questi sono appunti e documenti che ho riordinato. In maggior parte lettere!”
“Lettere?” Incorreggibile Aldo, che ha sentito benissimo.
“Lettere scritte da chi, se è lecito chiedere?” Dice con educazione Carla.
“Più che lecito.” Mi affretto a rispondere.
“Ernesto Guevara.”
Barbara e Carlo sgranano gli occhi.
Carla mantiene uno sguardo enigmatico.
“Quel Guevara?” Fa Barbara.
“Il Che?!!!” Scimmiotta Aldo.
“Perché, ne conoscete altri?” Rispondo io, divertito.



Secondo dialogo

Perché, Che Guevara ha scritto delle lettere? Ma non era un combattente e un rivoluzionario? Dice Aldo, tirando fuori dalla casa un inalatore e portandolo alla bocca.
Io e l’editrice Carla ci guardiamo sconsolati.
Aldo scatta foto di eccezionale qualità, mi creda, e dispone di un archivio di tutto rispetto! Provo a salvare la faccia.
Lei sapeva che anche Guevara da giovane soffriva d’asma? Chiede Carla al mio amico fotografo.
E sapevi che era un medico? Infierisce la mia amica Barbara.

Certo che so che era laureato in medicina ma non ho mai approfondito ricerche sul personaggio. Risponde Aldo.

È proprio questo che mi spinge a lavorarci su. Che Guevara oggi è considerato un personaggio, quasi fosse un eroe di fantasia, un'icona da pubblicità, invece è stato un uomo in carne e ossa, una persona con passioni e sentimento. M’infervoro io.

Carla mi supporta: Che Guevara era un uomo pieno di dubbi e paure, non certo il rude assassino che qualcuno vorrebbe dipingere.

Interviene Barbara: Certo che la sua immagine dice un’altra cosa.

Insomma, prova ad argomentare Aldo piccato, ora la responsabilità della fama di Che Guevara ricade sul fotografo che l’ha ritratto come ora appare su tutte le magliette…

Korda! Interrompe Carla.

Cosa, corda? Chiede Aldo.

Alberto Korda, è il fotografo cubano che ha scattato quello che probabilmente è uno dei ritratti più celebri al mondo! Se gira con quella al collo, queste cose dovrebbe saperle! Irrompe Carla.

Il silenzio imbarazzato esige di essere rotto. Mi assumo io il compito.

Vorrei che leggeste una di queste lettere. Ascoltate la tenerezza, la passione che permeava le azioni di quest’uomo e non penserete più solo alla faccia delle magliette.





Terzo dialogo

L’uomo con barba rada e basco calato sulla testa, il celebre volto con lo sguardo intenso, concentrato… comincio io.

Determinato! M’interrompe Aldo, ma questa volta lo osservo benevolo.

Determinato, certo. Riprendo io. L’uomo che in quell’immagine sembra guardare in faccia al futuro, era costantemente in apprensione per ciò che succedeva ai suoi familiari, ai suoi cari.

Era preoccupato per qualunque cosa ingiusta potesse capitare a chiunque nel mondo. Precisa Barbara.

E non perdeva occasione per scrivere. Interviene a sorpresa Carla. Scriveva molto il dottor Guevara, resoconti, trattati, saggi sulla rivoluzione, sulla guerriglia ma anche saggi di filosofia e poesie e lettere, soprattutto lettere, vero?

Vero. Rispondo io. Ne ho raccolte tante e molte struggenti. E ho bisogno di te Barbara, per dare un ordine logico. Un ordine che crei una leggibilità, che renda il resoconto gradibile al lettore…

E io a cosa ti servo? Chiede importuno Aldo.

Vorrei dare al libro un linguaggio cromatico, iconico, delle immagini insomma, che possano distogliere dal lettore la celeberrima immagine di Guevara. Rispondo. E vorrei che mi aiutassi a scegliere immagini, foto poco famose, ritratti di scene poco conosciute, che rivelino una persona nuova, diversa da quella ovunque esistente nell’immaginario popolare.

Già. Scrollarci di dosso questa immagine ingombrante. Aggiunge Carla.

A dire il vero, aggiungo io, mi sembra che l’immagine di cui parliamo non sia più così ingombrante. Mi viene in mente la storiella umoristica...

La so anch’io, interrompe di nuovo Aldo. È quella dei ragazzini che si avvicinano a una bancarella di magliette con illustrazioni e disegni e dopo averci pensato per lunghi minuti davanti alla maglietta raffigurante Che Guevara chiedono al venditore: quanto costa quella con la faccia di Gesù?

Carla mi guarda.
Io guardo Barbara.
Barbara guarda Carla.

Poi tutti guardiamo Aldo e scoppiamo a ridere.





Quarto dialogo

Tornando alle cose serie. Riprendo il discorso. Vorrei presentare un profilo inedito di Ernesto Che Guevara, mostrarlo sotto il suo lato più personale.

Carla ora sorride: Questo si è capito, e devo riconoscere che il progetto è interessante. Poi sono curiosa di leggere queste lettere e vedere il materiale che ci proporrà questo nostro giovane amico con la fotocamera al collo.

Aldo fa per aprire la bocca ma è interrotto da Barbara.
Buono tu, hai avuto il tuo momento di gloria e lo hai sprecato con una barzelletta demenziale!

Aldo prova di nuovo a parlare ma ora lo blocco io.
Mi serviranno poche immagini, saranno le lettere a dipingere il personaggio.
Ho tanto di quel materiale…

Aldo tenta: Ma io…

Ma Barbara gli impedisce di proseguire: Faremo un lavoro metodico, saremo in contatto, i lettori vedranno l’uomo, il marito, il padre. Capiranno perché Che Guevara ha scelto di fare ciò che ha fatto! Vedranno perché ha scelto di stare da parte della rivoluzione!

Incalzo io: Descriveremo il suo modo di fare la rivoluzione.

Carla obietta: Non vorrei che si esagerasse col mitizzare la rivoluzione come metodo di risoluzione dei problemi sociali, trasformare Guevara in una specie di santo, un mistico che aveva trovato tutte le risposte. Sarebbe un'ingiustizia oltre che un falso storico!

Conferma Barbara: Ed enfatizzando il mito che già permea questo nome, non si corre il rischio che qualche testa calda, qualche gruppo deviato prenda ispirazione e voglia imitare azioni armate, azioni criminali, emulare pseudo rivoluzioni?

Improvvisamente Aldo riesce a proferire verbo: Non c’è questo pericolo.

Come fa a esserne così sicuro? Chiede Carla.

Già, ammetto io, come puoi sapere che qualcuno non si senta un moderno Che, che abbia voglia di finire sulle magliette a costo della sua vita, che s’inventi un attuale guerrigliero, un rivoluzionario?

Non si fanno le rivoluzioni con la pancia piena! Risponde timido Aldo.

Come dice Aldo? Fa Carla.

Cosa hai detto, Aldo? Ripeté Barbara

Come, Aldo? Insisto io.






N.d.A. Testo scritto per l'evento "Il Che testimone" inserito nel contesto libr@ria 2017, performance teatrale e musicale a cura de I Retroscena e Music Cuba Live presso la Biblioteca Civica  T. Milone, Venaria









domenica 15 ottobre 2017

Vorrei morire in primavera





“Non voglio morire…”
“Non morirà!”
“Non essere sciocco, tutti dobbiamo morire.”

Il vecchio trema come una foglia, nonostante questo pomeriggio autunnale sembri un’estensione delle calde giornate estive che ci hanno lasciato da un pezzo.

“Volevo dire, non morirà adesso, non oggi…”

Sono confuso, non so più cosa dire. Il pallore sembra peggiorato, e la chiazza di sangue sul suolo è più larga di prima.

Il vecchio sembra sofferente, non prova più ad alzarsi, forse non ce la fa… quando l’ho visto per terra e sono accorso era agitato, ho dovuto tenerlo fermo e coprirlo con la mia giacca, ora sembra non avere più forze.

“Vorrei morire in primavera.” Dice con voce leggera.

“Stia tranquillo, non pensi a morire, le fa male qualcosa?” Provo a interrogare.

“Allora giovanotto, lei non ascolta. E se non ascolta come può pensare di aiutarmi?”

Sono allibito! Mi ha appena rimproverato!
Poi chiude gli occhi, e sempre tremando riprende a parlare.

“Non vorrei morire adesso, siamo in autunno, mi sembrerebbe di morire alla fine del giorno, quando arriva il buio e la giornata non lascia ore alle cose ancora da fare. Mi sembrerebbe di fare un torto alle persone che abbandono perché le abbandono col buio e il buio fa paura.
Il buio aumenta la disperazione…”

Fa un sospiro, sembra molto stanco.
Io non capisco se si sia sentito male prima della caduta o se il delirio sia una conseguenza di questa. Cambierà qualcosa? Non ho saputo spiegarlo all’operatore del servizio di emergenza che comunque mi ha promesso un mezzo di soccorso.

“Stia tranquillo, adesso arriva un’ambulanza, la cureranno e non morirà…”

“Di nuovo questa ingenuità, lei è giovane, è normale che pensi di essere immortale. Ma io ho la mia età e alla morte ci penso spesso. Ogni occasione è buona, soprattutto ai funerali…”

Prova a sorridere ma si blocca a metà, deve soffrire molto.
Poi riprende a parlare.

“Vorrei morire in primavera. La primavera può essere il momento giusto. Magari di mattino. Quando i campi sono pieni di rugiada e tutto fiorisce. Quando un dolore si può lenire con la gioia della vita che riprende.”

“Non si stanchi adesso con questi discorsi…”

“Ma lei proprio non vuole capire! Mi parla di ambulanze e di cure quando io le sto spiegando di vita e di morte. Mi faccia un favore, prenda il mio telefono dalla tasca e chiami mio figlio. Andrete d'accordo voi due, anche lui è uno pratico, non vuole mai ascoltarmi quando faccio certi discorsi. Non vuole ascoltare. Dice che gli sembra di avere davanti un vecchio pazzo che vaneggia.”

Il tremore si è trasformato in scosse che lo fanno sussultare con violenza. Non ho altro da mettergli addosso.

“Vorrei morire in primavera, verso le otto del mattino, dopo una notte di riposo e sogni dolci. E lasciare a chi rimane il giorno per continuare a respirare il profumo dei fiori e la luce del sole che scaldi la tristezza.”

“Credo che lei abbia ragione…” provo a rispondere.

Funziona, perché il vecchio apre gli occhi e mi guarda. Il suo sguardo sembra un abbraccio carico di riconoscenza, di consolazione.

“Lei è un bravo giovane. Prenda il mio telefono e faccia ciò che le ho chiesto.”

Il suono della sirena si fa più forte. Il vecchio mi afferra un braccio, stringe forte, non credevo che potesse riuscirci.

“Non mi lasci solo.” Riesce a dire.

I soccorritori sono dei professionisti efficienti, non perdono tempo, lo imbragano e lo fissano alla lettiga.
Sento il bip ripetuto, ma una volta in vettura si fermano, qualcosa li blocca. Il suono sta rallentando. Io mi affaccio al mezzo e gli grido:

“Non abbia paura, oggi è una bellissima giornata. È una primavera perfetta!”

Un infermiere mi guarda come si guarda un mentecatto. Vedo il vecchio che alza la mano. Mi ha sentito!
Io non sento più il bip.
Riesco a chiedere la destinazione all’autista, mentre questo si tuffa sul sedile.
Poi il mezzo parte.

Resto in piedi sulla strada.
Mi accorgo di avere il telefono del vecchio in mano.
Ora chiamerò il figlio.

Mi chiedo come lo dirò, come lo convincerò che non siamo a ottobre.
Come affermerò che il suo anziano padre è andato via in un mattino profumato di fiori.






sabato 14 ottobre 2017

Nella misura in cui...







Ci rivolgiamo a tutti, oggi. 
Ci rivolgiamo a coloro i quali non hanno ancora deciso, non sanno cosa fare, cosa scegliere. Vorremmo dare una possibilità. Vorremmo incrementare la consapevolezza, migliorare le conoscenze, aumentare le competenze e per fare ciò ci serviamo di esperti che sappiano mettere a disposizione un sapere esperienziale che possa condividere un percorso didattico e cognitivo, nella misura in cui questo va a fondersi con il vissuto quotidiano e il sapere collettivo, che possa portare la conoscenza a livelli mai raggiunti prima.
Il nostro modo di agire si conforma ai principi ispirati al nostro ideale. La nostra mission è esplicitata e condivisa e per questo condivisibile e chiara. Il nostro movimento persegue fini e obiettivi misurabili che partono dal generale per finire al particolare, ci prendiamo cura del particolare per giungere alla meta generale.
Sappiamo che tutto non è perfetto ma perfettibile, per questo abbiamo il tempo che ci vuole, anche se siamo consapevoli che il tempo stringe.
Oggi abbiamo raggiunto degli obiettivi importanti, anche se molto è ancora da fare e ci poniamo fini sempre più incidenti, non ci poniamo limiti ma conosciamo il nostro limite odierno. 
Questa consapevolezza è la nostra forza e ci impegnamo a fare gioco di squadra, con la certezza di avere in squadra cavalli vincenti che garantiranno il raggiungimento di alti traguardi.
La nostra interpretazione della realtà saprà garantire il bene comune e potrà mantenere un livello di esperienza al top, puntando al futuro con audacia e mantenendo uno sguardo alla tradizione, l’efficacia del metodo andrà a combinarsi con l’efficienza del risultato. Il discordo formale sarà mantenuto al fine di dare un definito riscontro sostanziale.
Con questo auspichiamo di avere chiarito le incomprensioni del passato e ci auguriamo di poter guidare rettamente nelle scelte tutti coloro i quali non hanno ancora deciso, non sanno cosa fare.
Dopotutto la nostra forza è la chiarezza, il nostro motto è:
Nella misura in cui…





domenica 8 ottobre 2017

luoghi insoliti: Rap sgangherato

luoghi insoliti: Rap sgangherato: Buon giorno. Sono qui per presentare il mio pezzo. Sì, come ho detto al telefono, si tratta di un pezzo rap. Lo so che non è i...

Rap sgangherato








Buon giorno.
Sono qui per presentare il mio pezzo.
Sì, come ho detto al telefono, si tratta di un pezzo rap. Lo so che non è il genere che richiedete, ma vorrei farvelo sentire… ho portato la base al vostro tecnico.
Sì, si tratta di pochi minuti. Capisco… no, non vi ruberò molto tempo.
Ecco… io sono pronto, quando il tecnico vuole far partire la musica…

(parte un ritmo sincopato)
(attacca a rappare…)



Duro, scuro,
 faccia come il muro!
Non ti avvicinare
Non mi rovinare.
Non mi tradire, non lo devi dire.
Non mi giudicare, smettila di fare,
dire, baciare! Guarda che non gioco.
Prova a scherzare, rischia con il fuoco.
Scottati le dita, spellati la vita.
Piangi ma è tardi.
Fuggi dagli sguardi.

Duro scuro, faccia come un puro.
Latte versato, posto lasciato.
Resti precario, fuori dal binario.
Fuori dal seminato, sei stato seminato.
Lento, spento, soffiato dal vento.
Sbattuto, bagnato, sei stato rinnegato.
In piedi coraggio, rischiamo un linciaggio.
Ti lascio il mio messaggio, ritrova te stesso.
Sul trono o sopra il cesso!
Guardati allo specchio, diffida di chiunque.
Sono perplesso, io ti credo dunque,
su di te ho scommesso! Se perdo fa lo stesso.

Nudo e crudo.
Faccia come scudo.
Alludo a qualcosa, non bacio la sposa,
ma scappo con la sposa!
La sposa sull’altare, la spesa da pagare.
Mi sazio alla tua mensa, non voglio ricompensa!
Non sono stato buono ma lasciami il perdono.
E perdi tutto il resto.
Ma per gridare è presto
Lesto, mesto, un pranzo indigesto!
Qualcosa ti rimane, un casco di banane,
il pane di ieri, dei cocci ancora interi,
alcuni faccendieri.
E un sacco di misteri!


Grazie, si, ho finito.
Si, mi farete sapere… ho capito!
Come? No, non ho grande esperienza come imbianchino… avete bisogno? Quando? Subito???
Va bene, domani alle otto.
Grazie!

E poi dicono che in Italia non c’è lavoro!