lunedì 19 dicembre 2022

Promozione: Dalla tastiera alla ribalta

 



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giovedì 15 dicembre 2022

Schröder e lo spirito del Natale

 




 

Schröder cammina con passo pesante e deciso. Non ha paura d’inciampare nonostante i suoi settanta anni. Non ha paura di scivolare, nonostante la neve copra il marciapiede sudicio.

Schröder ha solo un pensiero che lo angustia.

È dicembre.

Un bambino lo osserva dall’altra parte della strada e tira con la manina, la manica di sua madre. Lei non lo degna di attenzione, mentre continua a starnazzare al cellulare. La vetrina alle spalle dei due è piena d’inutile ciarpame. Paccottiglia dorata e luccicante, che sarà scartata da persone annoiate e andrà presto a prendere polvere sui ripiani delle cantine.

Schröder procede senza curarsi della gente che deve evitarlo per non esserne urtata, di quelli che si girano a guardarlo storto, degli insulti che ogni tanto giungono alle sue orecchie. Perché dovrebbe curarsene, in fondo sono sconosciuti e a lui non importa neanche dei parenti.

Oggi se ne sarebbe stato al caldo della sua stanza, sulla poltrona dalla stoffa lisa e puzzolente di antichi peti, a leggersi il giornale ma purtroppo è dicembre. Non che se ne sia scordato, lo sa già da un pezzo ma ormai siamo a metà del mese e non può più far finta di niente.

Per questo lo vediamo camminare col suo modo risoluto di fare le cose, tipico del vecchio acido qual è, a camminare, quasi a correre, sul marciapiede innevato di fresco.

La voce di suo figlio gli risuona ancora nella testa. “Lo sai che ci teniamo ad averti a casa, il giorno di Natale, anche Roberta, sicuro. Non è importante che porti un regalo, già la tua presenza lo sarà”.

Si ferma di botto! Per poco non si accorgeva del semaforo rosso e stava per attraversare l’incrocio, immerso nei suoi pensieri.

Certo, sarebbe stato un vero colpo di fortuna, pensa Schröder, farmi investire, battere la testa ed entrare in coma. Dormire per tutto il periodo delle feste e svegliarmi in pieno anno nuovo. Magari in primavera. Gli scappa mezza risata ad alta voce e una ragazzina lo guarda come si guardano i mentecatti.

Schröder si sta dirigendo al centro commerciale. Altro luogo che odia con tutte le sue forze. La sola cosa positiva è che le commesse sono troppo impegnate a passare i prodotti sul nastro e non si prendono la briga di guardare negli occhi i clienti. E poi basta una telefonata e gli consegnano la spesa a casa.

Schröder non ha tempo da perdere con l’internet o come diavolo si chiama quella roba li.

Così anche quest’anno gli toccherà di passare il pranzo di Natale con quell’inetto di suo figlio e quella sciacquetta della moglie, Roberta. Bella coppia. Li ha visti nemmeno tanto tempo prima, sarà stato fine settembre o ottobre. Ha dovuto firmare dei documenti della banca e Giacomo l’ha voluto accompagnare a tutti i costi.

È stato un pomeriggio impegnativo. Un taxi gli sarebbe costato di più ma sarebbe stato più piacevole. Giacomo era andato a prenderlo e gli aveva fatto la sorpresa della presenza di Roberta, quell’acciuga ossuta. Tutto il tempo aveva dovuto rintuzzare continui inviti a essere più presente nelle loro vite, a partecipare a qualche domenica gioiosa in famiglia, magari a giocare a carte.

A Schröder il gioco delle carte faceva schifo.

Ma più ancora, gli dava il voltastomaco passare un giorno con quei due e il padre di lei, Antonio, che non vedeva l’ora di fare l’amicone e di dargli sui nervi col suo sgradevole alito e le sue odiose pacche sulla schiena.

Che fosse Natale o meno.

Sentiva il duro del portadocumenti nella tasca interna del cappotto. Il libretto degli assegni avrebbe parlato per lui. Già si vedeva trattare con il confuso commesso, che non avrebbe capito il suo gioco al rialzo.

“Non avete qualcosa di più costoso?” il garzone avrebbe sgranato gli occhi e questo lo avrebbe fatto somigliare a una triglia. “Vorrei un articolo più ricercato, se non ne avete, andrò da un'altra parte”!

Nessuno si era mai fatto sfuggire un cliente come lui, anche se si ostinava a impiegare quell’antiquato sistema di pagamento.

L’anno prima era venuto a sapere che l’amicone del consuocero aveva acquistato come regalo di Natale per i ragazzi, un frullatore. Schröder aveva riso per un’ora, poi si era organizzato e aveva scelto, nel negozio più caro della città, una specie di mostro, un robot che cuoceva, impastava, friggeva, sminuzzava, omogeneizzava, pastorizzava, surgelava ogni tipo di alimento. Lo avevano solo alcuni ristoranti stellati e pochi chef lo sapevano usare. Certo era costato la sua cifretta ma il Natale era un gioco al massacro e Antonio avrebbe capito che non ci si mette contro Schröder, mai, nemmeno a Natale!

Quest’anno l’amicone si era impegnato e la sua scelta era caduta su un computer portatile, utile sul lavoro e in casa, Di certo aveva salassato il suo conto. Antonio aveva un difetto oltre all’alito orribile, amava chiacchierare e Schröder si era fatto confidare la notizia.

Non sapeva ancora cosa avrebbe acquistato in uno dei lussuosi negozi del centro commerciale ma di sicuro il suo regalo avrebbe fatto presto dimenticare l’utilità di un banale laptop.

Attraversò il parcheggio e nell’entrare non si accorse che aveva calpestato qualcosa. Un pezzo di cartone si era appiccicato alla suola bagnata.

Una debole voce protestava e lamentava la proprietà del cartone.

Schröder lo staccò dalla scarpa. Vi lesse una scritta.

 A ME BASTA UNA MONETINA. PER TE LA PREGHIERA PER UN NATALE SANTO.

Schröder guardò alle sue spalle.

Un omino segaligno quanto lui ma sporco e puzzolente, reclamava il suo messaggio sul cartone. Schröder si chiese come quell’essere avesse la supponenza, il coraggio di poter pregare per qualcuno.

Represse una smorfia di disgusto per l’odore di urina che proveniva dall’uomo e diede un calcio al cartone, poi un altro, fino a farlo finire in una grata del parcheggio sotterraneo.

Il barbone si girò con il capo chino e se ne tornò al suo posto, sugli stracci.

Aveva capito, pensò Schröder, che non era il caso di mettersi contro di lui.

Che fosse Natale o meno.