venerdì 23 novembre 2018

Il dente








Ti guardo.

Sei lì, appoggiato sul davanzale di marmo.
Sul marmo, come un corpo morto.

E, in effetti, sei morto, illuminato dalla luce fredda che entra dalla finestra.
Bagnato da saliva e qualche goccia di sangue. Dal mio sangue.

Ti guardo immobile su quel marmo e immobile resto anch'io mentre premo una busta con del ghiaccio, sulla guancia sinistra.
Ma tu sei immobile e morto mentre io sono qui. Fa male e il dolore mi tiene vivo.

Ho dovuto strapparti, estirparti, eliminati. A guardarti sembri perfetto, smalto bianco, lucido e intatto. Troppo perfetto.
Il nero è dentro, il marcio è all'interno.
E da lì avrebbe invaso, infettato tutto il corpo. Da quel dente si sarebbe propagato il veleno che mi avrebbe indebolito, corrotto e alla fine ucciso.

Mi alzo e vado in bagno a sputare nel lavandino. Osservo gli schizzi rossi e mi chiedo quanti globuli sto perdendo per colpa tua.

Per un momento ho la certezza che, tornando in camera, troverò il davanzale di marmo vuoto, bagnato solo dall'umido della saliva. In qualche modo non eri morto e sei fuggito. Cerco conferme, passo la lingua che trova un vuoto dal gusto acre dove prima c’era il dolore. So che d’ora in poi passerò spesso la lingua su quel vuoto a cercarti, quasi a rimpiangere quando c’eri, anche se facevi male.
Mi avvicino al davanzale e sei lì, immobile e morto.
Ma non importa perché non sei più dentro di me, non sei più una parte del mio corpo.

Fai parte del passato e non importa quanto sei marcio dentro, tanto non mi farai più male e appena le mie gengive saranno capaci di elaborare il lutto e smetteranno di piangere, la pulsazione sorda che mi stordisce sarà solo un ricordo.

Così come sono un ricordo tutte le persone che ho lasciato indietro. Che ho estirpato dalla mia vita.
Come io sono un ricordo per tutte le persone da cui sono stato lasciato dietro e che mi hanno estirpato dalle loro vite.

Perché tutto quello che eravamo capaci di fare era disseminare i nostri corpi di veleno e lasciarci, era l'unica cura possibile.


Ecco perché  ti guardo e aspetto, dente.

Aspetto che il sangue si fermi, che il dolore si attenui e che l'amore possa di nuovo sgorgare dalla mia bocca.




Aspetto con le labbra sporche di sangue e la guancia gonfia e mentre aspetto un sorriso perfetto si apre sulla mia faccia.







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