venerdì 7 aprile 2017

al ritmo del respiro







Passano due ragazzi.
Fotocamera compatta a tracolla uno, sacca leggera sulla spalla il secondo.
Il primo parla inglese, ogni tanto ride.
L’altro sorride e annuisce.  Chissà se capisce?
Sembrano amici o forse si sono appena conosciuti.

Oltrepassano la mia panchina, poi scompaiono alla vista.

Il cinguettio dei passeri è quasi continuo, di sottofondo. Ogni tanto si sente il gracchiare di un corvo. O forse si tratta di una cornacchia, non saprei.

Passa una coppia, lui parla di acquistare un regalo, magari un I-pad, la ragazza sembra ridere felice. Forse il regalo è per lei.

Poi per dieci lunghi minuti non passa nessuno.

Da lontano, saranno due, trecento metri in linea d’aria, arrivano radi i rumori metallici di uno stabilimento.
Ma questo non fa parte dello scenario e anche i suoni che giungono sembrano arrivare da un altro mondo.

Odo un vociare distante, donne e uomini in visita ma fortunatamente sono lontani e concentrandomi sul ronzio degli insetti non li sento più.

Ora i viali sterrati che circondano la vasca d’acqua e che si allungano per un paio di chilometri, sembrano deserti.
Guardo a sinistra: nessuno. Mi volto verso destra: un gruppo si muove, forse una classe.  
Sembrano formiche.

La luce del sole sbatte sulla facciata bianca della Reggia e fa quasi male agli occhi.

Non credevo si potesse provare una simile pace senza per forza scalare una vetta.

Ora tutto è silenzio.
Il mondo procede al lento ritmo del mio respiro.

Poi tre persone sbucano parlottando da un vialetto laterale.
Mi vedono scrivere e subito si allontanano in silenzio con un misto di pudore e imbarazzo.

Ma l’incanto è terminato.
È giusto così, le cose belle sono brevi.

Mi alzo, lascio a malincuore la mia panchina pensando che tornerò presto.

Un bimbo molto piccolo, dal suo passeggino, mi fissa mentre passo.

Gli sorrido.


Lui chissà, forse non pensa a niente.




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