Adamo aveva sempre avuto la fobia dei pennuti.
Fin da piccolo si era tenuto alla larga dai piccioni nelle piazze, aveva
evitato di toccare galline e pulcini e non aveva mai voluto canarini o
pappagallini da curare nella gabbietta.
I suoi amici, nel periodo "selvatico" della preadolescenza,
giravano armati di fionda, a caccia di passerotti e altri volatili, ma lui era
sempre riuscito a declinare queste battute di caccia, con mille scuse.
L'idea di tenere in mano un piccolo e leggero esserino, dotato di penne e
ali, lo faceva rabbrividire e piangere di rabbia impotente.
Una volta adulto non aveva più dato peso a questa sua paura, anzi aveva
dimenticato di soffrirne.
Fino al giorno in cui incontrò il corvo.
Un giorno Adamo, che era un vero sportivo, sul sentiero dove si allenava
alla mezza maratona, vide un corvo.
Un enorme corvo, dalle lucide piume nere, che sembrava fissarlo con piccoli
maligni puntini neri come occhi.
Adamo si spaventò e smise immediatamente di correre, cominciò a battere i
piedi sul suolo, alzando un sacco di polvere ma niente, il corvo non accennava
ad andarsene.
Adamo provò a gridare e agitare le braccia, arrivò ad avvicinarsi di
qualche passo, il corvo becchettò per terra e tornò a guardare l'uomo.
Adamo era angosciato, non sapeva cosa fare, aveva paura che arrivasse
qualcuno e si vergognava del suo comportamento.
Tutto ciò che seppe fare fu di tornare sui suoi passi e ripercorrere il
tragitto al contrario allungando di un ora l'allenamento!
Maledetto uccello, pensò ma una volta a casa non disse niente a nessuno.
Adamo dimenticò subito il contrattempo accaduto durante l'allenamento.
Ma dopo una settimana uscì da casa per andare al lavoro, si avviò verso la
fermata coperta del tram e vide qualcosa sul tetto della pensilina. Un grosso
corvo se ne stava appollaiato a lisciarsi le penne.
Era enorme, Adamo ne era affascinato e allo stesso tempo terrorizzato.
Nemmeno sotto minaccia di un'arma si sarebbe avvicinato a quella fermata,
così attraversò l'isolato e andò a prendere l'auto parcheggiata al solito in
strada, sperando che nessuno se ne accorgesse.
Al lavoro Adamo non riusciva a concentrarsi, non poteva credere che quello
alla fermata fosse lo stesso volatile che aveva visto sulla pista. Ma cos'era? Un’invasione
di corvi?
Eppure non ne aveva visti di altri in giro.
Fece una ricerca su internet ma non venne a capo di niente.
La sera cercò di non pensarci e di rilassarsi e contrariamente a quanto si
aspettava riuscì ad addormentarsi senza problemi.
Il mattino successivo, durante la pausa al bar dell'ufficio, Adamo prese a
sfogliare il quotidiano. Alla cronaca cittadina lesse un trafiletto che lo fece
sbiancare. Un albero secolare, ormai malato, era caduto di fianco alla
pensilina del tram ferendo seriamente due persone in attesa.
Era la sua fermata.
Adamo non dormì bene quella sera.
Ma la settimana dopo andò peggio.
Adamo usciva da casa verso le otto del mattino. Gli altri condomini, con
bimbi al seguito da accompagnare a scuola, normalmente a quell'ora erano già
fuori. Come sua moglie.
Si trovò, come sempre, nell'androne vuoto del palazzo.
Dalla vetrata l'uccello, fermo sul marciapiede, lo fissava con i suoi
minuscoli puntini neri.
Adamo si bloccò paralizzato, non aveva dubbi. Era lo stesso corvo delle
volte precedenti e ce l'aveva con lui. Ma perché?
Adamo, sudato e tremante, non ce la fece nemmeno ad avvicinarsi al portoncino
di vetro, nelle sue fantasie il corvo era in grado di bucare il vetro con
possenti beccate e di saltargli alla gola e di strappargli gli occhi come nei
peggiori film, quindi, senza verificare se le fantasie potevano realizzarsi,
girò i tacchi e tornò all'appartamento.
Poi chiamò l'ufficio dicendo che stava male e sarebbe al massimo arrivato
più tardi.
Adamo non ce la fece a uscire da casa quel giorno.
Passati pochi minuti dal suo ingresso in casa sentì rumore come di petardi
in strada.
Al TG regionale dissero della rapina nella banca della sua strada, i
rapinatori fuggiti in moto avevano esploso alcuni colpi di pistola contro le
guardie armate ed erano rimasti feriti due passanti.
Adamo passò tutto il fine settimana senza chiudere occhio se non per più di
venti minuti di fila.
I due mesi successivi andarono bene.
Venne l'estate e fu calda. Adamo e sua moglie trascorsero un periodo al
mare e fecero progetti per il futuro.
Adamo amava l'acqua salata e i pesci. Persino le meduse.
Riuscì a dormire bene e si dimenticò dei pennuti e della sua fobia.
Poi l'estate finì e arrivò l'autunno.
E assieme all'autunno tornò anche il corvo.
Un pomeriggio Adamo era fuori sede per lavoro quando la moglie gli
telefonò.
Lei era soggetta a malori e cefalee ricorrenti e quel giorno stava talmente
male da non potersi trattenere dal chiamarlo.
Adamo la rassicurò dicendole che sarebbe tornato da lei nel più breve tempo
possibile.
Si mise in macchina sconvolto, evitò di raggiungere l'autostrada ma si mise
sulla statale perché era il percorso più breve.
Dopo qualche chilometro, all'improvviso, un enorme corvo nero volò radente
all'auto, approfittò della frenata per aggrapparsi con gli artigli ai
tergicristalli e aprì le lunghe e ripugnanti ali spiegandole sul parabrezza.
Adamo urlò, perse il controllo e l'auto finì fuori strada, nel fossato per
l'irrigazione con le due ruote sulla fiancata sinistra a girare a vuoto
nell'aria.
Adamo si svegliò in un letto con le sponde. Aveva elettrodi collegati sul
torace che finivano in un monitor dove scorreva incessante il ritmo della sua
circolazione.
Un infermiere entrava e usciva dalla stanza.
Il dolore gli faceva compagnia il giorno e soprattutto la notte. Qualcuno
gli fece visita ma la morfina gli rendeva la memoria confusa.
Poi una notte il solito infermiere gli disse che era un miracolato. Aveva
saputo dalla polizia stradale che sul luogo del sinistro una tragedia era stata
evitata per un soffio. Solo cinquanta metri più avanti era passato un treno ad
alta velocità e per un problema tecnico il passaggio a livello era rimasto
alzato.
Se l'auto di Adamo avesse proseguito senza uscire di strada, si sarebbe
trovata sui binari e l'esito sarebbe stato drammatico.
Adamo ringraziò il cielo per essere ancora vivo. Dal suo letto poteva
vedere fuori. La sua camera d'ospedale aveva un balconcino, probabilmente usato
dai ricoverati per uscire a fumare.
Una sera Adamo vide un corvo appollaiato sulla ringhiera.
Teneva la testa ripiegata all'indietro come a guardare all'interno della
stanza.
Adamo si addormentò.
Non vide più l'uccello.
Da piccolo, gli avevano spiegato che ogni essere umano è protetto da un
personale angelo custode.
Non aveva mai creduto a quella storia.
Adamo aveva solo e sempre avuto la fobia dei pennuti.
Ora non faceva fatica a credere nell'angelo custode.
Utilizzando la poca fantasia che aveva, lo vedeva facilmente, seduto alle sue spalle, bellissimo e con grandi ali aperte, piene di scintillanti e lucide piume nere.
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