domenica 25 settembre 2016

Il corvo







Adamo aveva sempre avuto la fobia dei pennuti.

Fin da piccolo si era tenuto alla larga dai piccioni nelle piazze, aveva evitato di toccare galline e pulcini e non aveva mai voluto canarini o pappagallini da curare nella gabbietta.
I suoi amici, nel periodo "selvatico" della preadolescenza, giravano armati di fionda, a caccia di passerotti e altri volatili, ma lui era sempre riuscito a declinare queste battute di caccia, con mille scuse.
L'idea di tenere in mano un piccolo e leggero esserino, dotato di penne e ali, lo faceva rabbrividire e piangere di rabbia impotente.
Una volta adulto non aveva più dato peso a questa sua paura, anzi aveva dimenticato di soffrirne.

Fino al giorno in cui incontrò il corvo.

Un giorno Adamo, che era un vero sportivo, sul sentiero dove si allenava alla mezza maratona, vide un corvo.
Un enorme corvo, dalle lucide piume nere, che sembrava fissarlo con piccoli maligni puntini neri come occhi.
Adamo si spaventò e smise immediatamente di correre, cominciò a battere i piedi sul suolo, alzando un sacco di polvere ma niente, il corvo non accennava ad andarsene.
Adamo provò a gridare e agitare le braccia, arrivò ad avvicinarsi di qualche passo, il corvo becchettò per terra e tornò a guardare l'uomo.
Adamo era angosciato, non sapeva cosa fare, aveva paura che arrivasse qualcuno e si vergognava del suo comportamento.
Tutto ciò che seppe fare fu di tornare sui suoi passi e ripercorrere il tragitto al contrario allungando di un ora l'allenamento!

Maledetto uccello, pensò ma una volta a casa non disse niente a nessuno.

Adamo dimenticò subito il contrattempo accaduto durante l'allenamento.
Ma dopo una settimana uscì da casa per andare al lavoro, si avviò verso la fermata coperta del tram e vide qualcosa sul tetto della pensilina. Un grosso corvo se ne stava appollaiato a lisciarsi le penne.
Era enorme, Adamo ne era affascinato e allo stesso tempo terrorizzato.
Nemmeno sotto minaccia di un'arma si sarebbe avvicinato a quella fermata, così attraversò l'isolato e andò a prendere l'auto parcheggiata al solito in strada, sperando che nessuno se ne accorgesse.

Al lavoro Adamo non riusciva a concentrarsi, non poteva credere che quello alla fermata fosse lo stesso volatile che aveva visto sulla pista. Ma cos'era? Un’invasione di corvi?
Eppure non ne aveva visti di altri in giro.
Fece una ricerca su internet ma non venne a capo di niente.

La sera cercò di non pensarci e di rilassarsi e contrariamente a quanto si aspettava riuscì ad addormentarsi senza problemi.
Il mattino successivo, durante la pausa al bar dell'ufficio, Adamo prese a sfogliare il quotidiano. Alla cronaca cittadina lesse un trafiletto che lo fece sbiancare. Un albero secolare, ormai malato, era caduto di fianco alla pensilina del tram ferendo seriamente due persone in attesa.
Era la sua fermata.

Adamo non dormì bene quella sera.

Ma la settimana dopo andò peggio.
Adamo usciva da casa verso le otto del mattino. Gli altri condomini, con bimbi al seguito da accompagnare a scuola, normalmente a quell'ora erano già fuori. Come sua moglie.
Si trovò, come sempre, nell'androne vuoto del palazzo.
Dalla vetrata l'uccello, fermo sul marciapiede, lo fissava con i suoi minuscoli puntini neri.
Adamo si bloccò paralizzato, non aveva dubbi. Era lo stesso corvo delle volte precedenti e ce l'aveva con lui. Ma perché?
Adamo, sudato e tremante, non ce la fece nemmeno ad avvicinarsi al portoncino di vetro, nelle sue fantasie il corvo era in grado di bucare il vetro con possenti beccate e di saltargli alla gola e di strappargli gli occhi come nei peggiori film, quindi, senza verificare se le fantasie potevano realizzarsi, girò i tacchi e tornò all'appartamento.
Poi chiamò l'ufficio dicendo che stava male e sarebbe al massimo arrivato più tardi.
Adamo non ce la fece a uscire da casa quel giorno.
Passati pochi minuti dal suo ingresso in casa sentì rumore come di petardi in strada.
Al TG regionale dissero della rapina nella banca della sua strada, i rapinatori fuggiti in moto avevano esploso alcuni colpi di pistola contro le guardie armate ed erano rimasti feriti due passanti.
Adamo passò tutto il fine settimana senza chiudere occhio se non per più di venti minuti di fila.

I due mesi successivi andarono bene.
Venne l'estate e fu calda. Adamo e sua moglie trascorsero un periodo al mare e fecero progetti per il futuro.
Adamo amava l'acqua salata e i pesci. Persino le meduse.
Riuscì a dormire bene e si dimenticò dei pennuti e della sua fobia.

Poi l'estate finì e arrivò l'autunno.
E assieme all'autunno tornò anche il corvo.

Un pomeriggio Adamo era fuori sede per lavoro quando la moglie gli telefonò.
Lei era soggetta a malori e cefalee ricorrenti e quel giorno stava talmente male da non potersi trattenere dal chiamarlo.
Adamo la rassicurò dicendole che sarebbe tornato da lei nel più breve tempo possibile.
Si mise in macchina sconvolto, evitò di raggiungere l'autostrada ma si mise sulla statale perché era il percorso più breve.
Dopo qualche chilometro, all'improvviso, un enorme corvo nero volò radente all'auto, approfittò della frenata per aggrapparsi con gli artigli ai tergicristalli e aprì le lunghe e ripugnanti ali spiegandole sul parabrezza.
Adamo urlò, perse il controllo e l'auto finì fuori strada, nel fossato per l'irrigazione con le due ruote sulla fiancata sinistra a girare a vuoto nell'aria.

Adamo si svegliò in un letto con le sponde. Aveva elettrodi collegati sul torace che finivano in un monitor dove scorreva incessante il ritmo della sua circolazione.

Un infermiere entrava e usciva dalla stanza.
Il dolore gli faceva compagnia il giorno e soprattutto la notte. Qualcuno gli fece visita ma la morfina gli rendeva la memoria confusa.
Poi una notte il solito infermiere gli disse che era un miracolato. Aveva saputo dalla polizia stradale che sul luogo del sinistro una tragedia era stata evitata per un soffio. Solo cinquanta metri più avanti era passato un treno ad alta velocità e per un problema tecnico il passaggio a livello era rimasto alzato.
Se l'auto di Adamo avesse proseguito senza uscire di strada, si sarebbe trovata sui binari e l'esito sarebbe stato drammatico.

Adamo ringraziò il cielo per essere ancora vivo. Dal suo letto poteva vedere fuori. La sua camera d'ospedale aveva un balconcino, probabilmente usato dai ricoverati per uscire a fumare.

Una sera Adamo vide un corvo appollaiato sulla ringhiera.
Teneva la testa ripiegata all'indietro come a guardare all'interno della stanza.

Adamo si addormentò.
Non vide più l'uccello.
Da piccolo, gli avevano spiegato che ogni essere umano è protetto da un personale angelo custode.

Non aveva mai creduto a quella storia.
Adamo aveva solo e sempre avuto la fobia dei pennuti.
Ora non faceva fatica a credere nell'angelo custode.


Utilizzando la poca fantasia che aveva, lo vedeva facilmente, seduto alle sue spalle, bellissimo e con grandi ali aperte, piene di scintillanti e lucide piume nere.


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