sabato 20 aprile 2019

bottoni colorati












Una bella mattina di sole, di quelle che ben annunciano il tepore della primavera appena iniziata, la maestra porta in classe un grosso barattolo, avvolto in una stoffa colorata.

I bambini, ai quali nulla sfugge, sono subito incuriositi dallo strano contenitore.

Per le prime ore seguono vagamente la lezione, ma gli sguardi di tutti si posano furtivi sul barattolo.

Finalmente la maestra si decide a interrompere la lezione. Prende il barattolone, si appoggia alla scrivania e sorride ai bambini.

“Vi ho portato una cosa”

I bambini ridono, felici. Qualcuno batte le mani, Nino, non visto, si mette un dito nel naso.

“Venite attorno alla cattedra, da bravi. In ordine e senza fate troppa confusione.”

I bambini eseguono, impazienti.

La maestra svita il tappo del barattolo e rovescia sul tavolo una miriade di bottoni di tutte le forme, dimensioni e colori.

“Ooooohhhhhh” mormorano in coro i bambini.

“Adesso, senza litigare, osservate i bottoni, li studiate bene, li tenete tra le dita e ne controllate il peso e il colore. Poi, quando siete pronti, ne scegliete uno che vi rappresenta. Dovete pensare: quel bottone sono io.”

I bambini sono felici di fare questo nuovo gioco. Tuffano le loro dita paffute tra i mille colori dei bottoni sul tavolo, ne fanno cadere qualcuno ma subito Giovanni li raccoglie e cerca lo sguardo riconoscente della maestra.

Passano i minuti. Qualche bambino si contende i bottoni rimasti ma la quantità è tale che basterebbe per tre classi. Alla fine tutti tornano al proprio posto e mettono sul banco il bottone scelto.

La maestra osserva soddisfatta la sua classe.

Tutti al posto, tutti seduti composti, con un bottone sul banco. Tutti in attesa che lei spieghi il gioco.



“Fammi vedere, Valentino?” Chiede gentile, la maestrina. Valentino ha scelto due bottoni uguali, color grigio scuro.

“Queste sono le ruote della mia moto. Ho una moto velocissima, che supera tutti, piega in curva e mi fa vincere tante, tantissime gare!”.

La maestra è contenta di Valentino, minuto, dai capelli ricci e la fantasia sbizzarrita. Corre sempre e ogni tanto fa dei gran ruzzoloni per terra ma non piange mai.


Maria alza la mano. “Maestra, guarda qui”

La maestra osserva, sul banco Maria ha messo un bottone scuro all’estremità del banco, in mezzo una busta di carta e dall’altra parte altri tre bottoni. “I tre bottoni sono ex amici del bottone scuro e discutono se decidere di perdonarlo, solo in questo caso toglieranno la busta e staranno tutti insieme”.

“Perché la busta?”

“E’ la prima cosa che ho trovato nello zaino”.

La piccola, biondissima Maria, con la sua voce strana, un po’ mascolina, inquieta, per la sua notevole intelligenza, la maestra, che non sa mai come prenderla. 


La maestra si sposta vicino e dice: “E tu, Alberto?”

Alberto, si sistema il cravattino, fissa enigmatico la maestra e spiega calmo: “Questi sono bottoni antichissimi, vede, sono stati trovati in un sito di scavi archeologici. Un giorno scriverò un libro sull’utilizzo dei bottoni nell’antica Roma”.

“Bravo Alberto, sono sicura che lo farai”.



All’improvviso un bimbo grida: “Maestra, Matteo mi prende in giro, dice che sono nero perché non mi lavo…” e si mette a piangere.

“Tranquillo Mario, piuttosto fammi vedere il tuo bottone”.

Mario, che per la sua età è una spanna più alto di tutti gli altri bambini, è lo sportivo della classe, si asciuga gli occhi e spiega alla maestra: “Non è un bottone, è un pallone, quando lo tiro con il dito, faccio sempre goal.”

E così dicendo spara un bolide con l’indice, facendo partire il bottone che, con una parabola perfetta, centra lo zaino aperto. 


“Ma stai zitto, tu. Sei nero e non devi parlare prima di me. Prima vengo io che sono italiano.”

“Matteo, fai silenzio e chiedi scusa a Mario!” Sbotta la maestra, già sapendo che Matteo alzerà le spalle e resterà chiuso nel suo mutismo.

Allora cerca di prenderlo con le buone, chiedendo: “Fammi vedere il tuo bottone”.

Matteo la guarda con insolenza e risponde. “Non ho preso nessun bottone. Se ne vorrò, metterò le tasse agli altri bambini e mi dovranno dare tutti quelli che voglio…”. 


La maestra mette Matteo in punizione, dietro alla lavagna.

Pensa, crescerà, e presto smetterà di fare il bullo. 


Ma a volte anche le brave maestre si sbagliano, giusto?


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