La vecchia barca
beccheggia sull’acqua scura del lago.
Nicola non è sicuro che
sia il termine giusto ma gli suona bene.
La barca è sporca e la vernice
è scrostata. Il cavo che la tiene ormeggiata scompare sotto la melma. Sul lato
si legge il nome: “Desiree”, Nicola lo trova molto bello.
Tre anatre nuotano
attorno alla chiglia e spuntano alla vista dell’uomo. Sono germani reali, due
maschi dalla testa verde brillante e una femmina. Tutto quello che sa sulla
natura del luogo, frutto di antiche visioni di documentari.
Desiree, il desiderio.
Nicola capisce che non sa cosa desiderare e lo spettro dell’assenza di
desiderio lo atterrisce.
Pensa ai pesci.
Si ostina a visitare
quella zona di acqua stagnante e scura, solo perché poco frequentata. Gli
sembra di essere al sicuro, seminascosto e protetto dalla macchia verde, in
quel versante dove nessun altro va a pescare.
Oggi nemmeno i pesci
desiderano cibarsi né delle molliche di pane né dei vermetti che usa come esca.
Non che abbia mai pescato molto, in ogni caso…
Probabile che i
vertebrati acquatici che popolano il lago abbiano sviluppato una sorta di
comunicazione rudimentale e che questa sia stata sufficiente a condividere
l’informazione di non cadere nella trappola attaccata al filo.
Soddisfare la fame per
un breve istante a costo del sacrificio della propria vita non può valere la
pena. Anche i pesci lo capiscono.
Nicola quella lezione
l’aveva capita troppo tardi. Dopo che aveva abboccato all’esca della bellissima
Corinna, una giovane donna, piena di vita e di libertà, sempre sorridente,
sempre affamata di vino, risate, gioia e abbracci. E sesso.
In verità l’esca non
era per lui, sarebbe stato ingiusto e non veritiero dare la responsabilità alla
giovane donna. Sarebbe stato conveniente. Era semplicemente lo stile di vita di
lei. La responsabilità era tutta sua, Nicola lo sapeva. Nemmeno le attenuanti
generiche che qualcuno gli raccontava, l’attimo di fragilità, un bisogno
emotivo, la prorompenza fisica della ragazza, e la peggiore di tutte: l’uomo è
cacciatore, potevano alleggerire il peso che si portava sulla schiena e nell’anima.
Nicola si era diretto
con voracità verso l’esca, quel bocconcino prelibato, prima che fosse preda per
altri pesci, e lo aveva addentato senza avere l’intenzione di dividerlo con
nessuno.
Aveva stretto fra le
braccia quella giovane vita e come un pesce è tirato fuori dall’acqua con uno
strattone della lenza, era stato tirato fuori dalla sua vita di uomo sposato.
Non si era accorto subito, inebriato com’era da quell’effimera storia
sconvolgente, della mancanza di ossigeno.
Quel nuovo ambiente lo
aveva condotto a una morte lenta e dolorosa, fatta di problemi di condotta sul
lavoro, d’irascibilità, di voltafaccia di vecchi amici che si erano schierati
dalla parte della moglie tradita e della promessa di quest’ultima che avrebbe
pagato cara quella scelta.
Ora Nick sapeva.
Sapeva che non sarebbe
mai più rientrato in acque tranquille di uno stagno calmo e fin troppo
familiare. Sapeva che il debito con l’onestà avrebbe richiesto il pagamento di
rate che non avevano una data di scadenza. Sapeva che non gli sarebbe rimasto
altro che la vista di quel lago e la compagnia di pesci che lo guardavano muti,
dall’acqua fonda e scura, ignoranti della propria sorte quanto di quella dell’uomo.
Nicola sperò con tutto
il cuore che nessun pesce abboccasse all’amo e morisse annegando nell’aria, e
per quella mattina fu accontentato dalla sorte.
Ora è calmo, come
l’aria ferma sopra al lago.
Le anatre sono
scomparse.
Passano due ragazzini,
la femmina lo saluta ridendo, e presto spariscono tra le foglie.
A Nicola evocano
allegria, immagina i loro scherzi, la loro ingenua passione, i loro baci. I
loro errori e le loro future esperienze con altri.
Sorride mentre spera,
anzi augura a quei giovanissimi amanti, che possano avere quello che a lui è
mancato. Non la passione, non gli sguardi, non il dolce profumo di una pelle
abbronzata. Ma quello che a volte manca nella vita degli adulti, quello che è
racchiuso in una parola, che è forse la parola più bella dell’universo.
Legge quella parola
proprio lì, scritta sulla superficie dell’acqua.
E quella parola è PERDONO.
Nessun commento:
Posta un commento