domenica 29 giugno 2025

Il lago

 





La vecchia barca beccheggia sull’acqua scura del lago.

Nicola non è sicuro che sia il termine giusto ma gli suona bene.

La barca è sporca e la vernice è scrostata. Il cavo che la tiene ormeggiata scompare sotto la melma. Sul lato si legge il nome: “Desiree”, Nicola lo trova molto bello.

Tre anatre nuotano attorno alla chiglia e spuntano alla vista dell’uomo. Sono germani reali, due maschi dalla testa verde brillante e una femmina. Tutto quello che sa sulla natura del luogo, frutto di antiche visioni di documentari.

Desiree, il desiderio. Nicola capisce che non sa cosa desiderare e lo spettro dell’assenza di desiderio lo atterrisce.

Pensa ai pesci.

Si ostina a visitare quella zona di acqua stagnante e scura, solo perché poco frequentata. Gli sembra di essere al sicuro, seminascosto e protetto dalla macchia verde, in quel versante dove nessun altro va a pescare.

Oggi nemmeno i pesci desiderano cibarsi né delle molliche di pane né dei vermetti che usa come esca. Non che abbia mai pescato molto, in ogni caso…

Probabile che i vertebrati acquatici che popolano il lago abbiano sviluppato una sorta di comunicazione rudimentale e che questa sia stata sufficiente a condividere l’informazione di non cadere nella trappola attaccata al filo.

Soddisfare la fame per un breve istante a costo del sacrificio della propria vita non può valere la pena. Anche i pesci lo capiscono.

Nicola quella lezione l’aveva capita troppo tardi. Dopo che aveva abboccato all’esca della bellissima Corinna, una giovane donna, piena di vita e di libertà, sempre sorridente, sempre affamata di vino, risate, gioia e abbracci. E sesso.

In verità l’esca non era per lui, sarebbe stato ingiusto e non veritiero dare la responsabilità alla giovane donna. Sarebbe stato conveniente. Era semplicemente lo stile di vita di lei. La responsabilità era tutta sua, Nicola lo sapeva. Nemmeno le attenuanti generiche che qualcuno gli raccontava, l’attimo di fragilità, un bisogno emotivo, la prorompenza fisica della ragazza, e la peggiore di tutte: l’uomo è cacciatore, potevano alleggerire il peso che si portava sulla schiena e nell’anima.

Nicola si era diretto con voracità verso l’esca, quel bocconcino prelibato, prima che fosse preda per altri pesci, e lo aveva addentato senza avere l’intenzione di dividerlo con nessuno.

Aveva stretto fra le braccia quella giovane vita e come un pesce è tirato fuori dall’acqua con uno strattone della lenza, era stato tirato fuori dalla sua vita di uomo sposato. Non si era accorto subito, inebriato com’era da quell’effimera storia sconvolgente, della mancanza di ossigeno.

Quel nuovo ambiente lo aveva condotto a una morte lenta e dolorosa, fatta di problemi di condotta sul lavoro, d’irascibilità, di voltafaccia di vecchi amici che si erano schierati dalla parte della moglie tradita e della promessa di quest’ultima che avrebbe pagato cara quella scelta.

Ora Nick sapeva.

Sapeva che non sarebbe mai più rientrato in acque tranquille di uno stagno calmo e fin troppo familiare. Sapeva che il debito con l’onestà avrebbe richiesto il pagamento di rate che non avevano una data di scadenza. Sapeva che non gli sarebbe rimasto altro che la vista di quel lago e la compagnia di pesci che lo guardavano muti, dall’acqua fonda e scura, ignoranti della propria sorte quanto di quella dell’uomo.

Nicola sperò con tutto il cuore che nessun pesce abboccasse all’amo e morisse annegando nell’aria, e per quella mattina fu accontentato dalla sorte.

Ora è calmo, come l’aria ferma sopra al lago.

Le anatre sono scomparse.

Passano due ragazzini, la femmina lo saluta ridendo, e presto spariscono tra le foglie.

A Nicola evocano allegria, immagina i loro scherzi, la loro ingenua passione, i loro baci. I loro errori e le loro future esperienze con altri.

Sorride mentre spera, anzi augura a quei giovanissimi amanti, che possano avere quello che a lui è mancato. Non la passione, non gli sguardi, non il dolce profumo di una pelle abbronzata. Ma quello che a volte manca nella vita degli adulti, quello che è racchiuso in una parola, che è forse la parola più bella dell’universo.

Legge quella parola proprio lì, scritta sulla superficie dell’acqua.

E quella parola è PERDONO.

 

 




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