sabato 15 settembre 2018

nonno Gerolamo Fabbrini, piccolo balilla









Gerolamo Fabbrini.
1907-1999
I tuoi cari in perenne memoria.

Questo si leggeva sulla lapide profanata.
La foto sbiadita dietro il vetro in frantumi, ritraeva un uomo fiero, baffetti curati e mascella volitiva, dallo sguardo puntato a lato verso il futuro, sicuro di sé e consapevole della sua forza.

Il marmo bianco era stato sporcato da una serie di scarabocchi fatti con vernice spray nera.
I pochi fiori strappati e sparpagliati.
Uno scempio che si ripeteva da qualche settimana.

Il custode del cimitero aveva prontamente avvertito la famiglia. Era stata presentata denuncia alle autorità competenti.

Non contento il deputato Gabriele Fabbrini, cinquantenne nipote del compianto Gerolamo, aveva presentato un'interpellanza al parlamento per riabilitare la figura storica del nonno, al momento rimasta pressoché ignorata data la priorità di altre questioni.

* * *

Gerolamo nacque in un periodo importante, foriero di grandi cambiamenti, di progresso.
A soli quindici anni scappò da casa per partecipare alla marcia su Roma.
Avrebbe immolato la vita per la patria.
Avrebbe sacrificato la propria vita per la causa, questo almeno pensava il giovane balilla, anche se il futuro lo avrebbe impietosamente sbugiardato.

Gerolamo generò Benito oltre a una serie d’innumerevoli altre figlie.
Benito generò Gabriele con altre tre sorelle.
Gabriele generò Duilio.
* * *

Quando Duilio, sposo diciottenne per aver messo incinta la compagna di classe, disse a suo padre che la ragazza aspettava un maschio, Gabriele ordinò: dovrà chiamarsi come suo nonno!

Duilio e sua moglie, che erano rimasti a vivere nella grande villa coloniale della famiglia Fabbrini, si dissero subito disponibili a tutto, qualsiasi cosa avesse riservato loro il fato crudele. Qualsiasi cosa.
Ma non lo avrebbero chiamato Benito.

* * *

Gerolamo Fabbrini visse intensamente.
Seguì gli eventi storici come un levriero insegue una volpe. Si fece trasportare dal clima politico cavalcandolo con vigore ed entusiasmo. Sempre in divisa scolastica, sempre sull’attenti, soprattutto sempre in squadra. Non si perdeva un comizio, un’adunanza, un’esercitazione ma nessuno lo aveva mai visto in giro da solo.
Combatté con italico orgoglio fino all’armistizio dell’otto settembre quando con la sua compagnia cercò di raggiungere il nord del paese e la repubblica sociale. Solo un incidente impedì loro di realizzare il suo piano.
Scappò con un fucile cercando di sparare a tutto ciò che si muovesse, ma non riuscì a ferire nemmeno un leprotto. Alla fine fu catturato dai partigiani ma riuscì a scappare e, disertando, trovò rifugio dalle parti del suo paese.
Alla fine della guerra, simulando una grave amnesia, si fece gradatamente rivedere in giro e atteggiandosi da eroe di guerra, fece buon viso alla nuova libertà e alla nascente repubblica.

Italiano di vecchio stampo, con una buona istruzione, fu attento a curare gli interessi e il benessere di figli e nipoti creando nella dimora colonica ereditata dalla madre, nobildonna dell’aristocrazia d’altri tempi, una famiglia numerosa e fortunata, invidiata da tutti, soprattutto da chi considerava suoi nemici naturali, i comunisti di cui era pieno il paese.

* * *

Otto anni prima, il giovane Duilio fissò il neonato che aveva tra le braccia, sorrise impacciato e gli sussurrò queste parole: Ciao piccolo Gerolamo, non puoi sapere che rischio hai corso… non fosse stato per mammina e papino ti saresti chiamato Benito, come mio nonno!
All’età di un anno e mezzo il piccolo Gerolamo aveva imparato a rispondere alle stupide domande che gli adulti fanno ai bimbi molto piccoli. Come ti chiami? Gli chiedevano tutti.
E lui puntualmente rispondeva: Gommy!
Così Gerolamo era sempre stato il piccolo Gommy per tutti.
Gerolamo Fabbrini si sarebbe rivoltato nella tomba.

***

Gerolamo Fabbrini fece presto un mucchio di soldi. Rimase saggiamente fuori dalla politica ma mantenne i contatti giusti, quelli con persone importanti, assessori, commissari, sindaci, tutti nostalgici, tutti con un segreto desiderio di rivalsa e di potere. Ebbe così modo di fare affari al momento buono ed essere presente ad aste e compravendite di cui si conosceva poco l’esistenza.
Comprò e vendette di tutto, casolari, campi, edifici.
Lo fece da uomo senza scrupoli quale era, arricchendosi spesso a discapito di poveri lavoratori che riduceva sul lastrico.
Non fu molto amato e capitò più volte che tirassero uova o immondizia contro la sua casa. Ma si sa… il potere genera invidia.

***

Gommy… che razza di nome è Gommy!
I bambini possono essere molto crudeli e ben presto i compagni di scuola del piccolo Gerolamo iniziarono a infastidirlo. Le cose peggiorarono quando scoprirono che il suo vero nome era Gerolamo.
Un giorno il compagno di banco che lui credeva amico gli chiese il significato del termine “bastardo”. Sai, mio nonno mi ha detto che tuo nonno e il suo vecchio babbo erano dei gran bastardi…
Questa cosa lo turbò molto ma si guardò bene dal parlarne a casa, soprattutto con papà Duilio.

Il maresciallo, all’ennesima denuncia fatta in caserma da Gabriele Fabbrini, rispose che, sì certo che stavano indagando, avevano in mano una pista negli ambienti anarchici e qualche forte sospetto tra i fannulloni che frequentavano un centro sociale giù in città.
In verità il maresciallo non aveva niente di tutto questo e tantomeno tempo da sperperare in un caso di vandalismo tombale ma il deputato andò via con aria soddisfatta.

Gommy non ne poteva più di subire i bulli della scuola, così decise di diventare grande.
Una sera fece una scenata ai genitori perché non gli volevano raccontare niente del suo avo e urlò loro di non chiamarlo Gerolamo! Non gli piaceva, non si sarebbe mai chiamato Gerolamo, era un nome che odiava, lui sarebbe sempre stato Gommy, per tutti!
Per fortuna suo nonno Gabriele non era presente.

Poi i gesti di vandalismo cessarono com’erano iniziati.
Gommy studiò, prese una laurea e appena poté, senza chiedere il permesso alla sua famiglia, andò davanti a un giudice per farsi cambiare ufficialmente nome.
Gommy Fabbrini trovò lavoro come insegnante e smise per sempre di pensare di far politica, anche se non era mai stato un pensiero molto pressante, che la sconclusionata sinistra del paese andasse avanti senza di lui.

Ogni tanto ripensava alla sua vita di bambino, con la paura dei cimiteri e con le dita sporche di vernice spray e provava un vago dolore al petto quando insegnava ai ragazzi di un recente passato storico, ma niente d’importante.

Acqua era passata sotto i ponti dai quei tempi e lui quei ponti li aveva tagliati da piccolo.





N.d.A. Nomi ed eventi sono frutto di fantasia. Ogni somiglianza nasce dal caso.





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