giovedì 6 settembre 2018

La gatta che imparò a fare le fusa







C'era una volta, tanto tempo fa, un giovane gatto.
Tigrato grigio e bianco, miscuglio di molte razze.
Pochi mesi, poca esperienza ma tanta curiosità e tanta voglia di scoprire il mondo.
I nuovi proprietari, sebbene il termine proprietà quando si parla di un gatto sia quantomeno improprio, i nuovi proprietari dicevo, lo strapparono alla colonia di campagna dove era nato per portarlo in un appartamento, un posto caldo ma dove tutti gli odori si somigliavano e sapevano di poco.
Per fortuna l'appartamento aveva un balcone sul giardino e il giovane micio imparò presto a saltare giù facendo dentro e fuori a suo piacimento.
E il tempo passò.
Presto il giovane gatto, come natura comanda, fu interessato a qualcosa di diverso che non fosse la solita preda, una lucertolina infreddolita, una pallina di gomma dimenticata da un bimbo, un insetto rimasto lontano dalla tana alla ricerca di cibo.
Il giovane gatto cercava e annusava l'aria senza capire cosa stesse cercando.

C'era una volta una piccola micia.
Un delizioso batuffolo color miele, due occhioni tondi, morbida come un gomitolo di lana.
La sua proprietaria, di nuovo questo termine inadeguato,  era una simpatica signora di mezz’età dai capelli di un biondo scolorito.
La micia viveva al primo piano di una bella casa. Dal terrazzino osservava il via vai di uomini e donne e bambini e cani, soprattutto cani…
Ecco, i cani non li poteva soffrire. Sempre a fiutarla, a ringhiarle contro, ad abbaiare, appunto, come cani.
Ma cosa mai potevano volere dei cani da una micia piccola come lei?
E anche i gatti, tutti quei gattoni grossi e sporchi, randagi che alzavano il muso, facevano vibrare i baffi e lanciavano verso il balcone versi orrendi  che la costringevano a scappare all'interno dell'appartamento sotto le gonne della signora.
Ma il tempo passò anche per la gattina.
Lei imparò a fare le fusa e a lanciare messaggi inequivocabili.

Non appena sentite le fusa della micia, il nostro giovane gatto capì immediatamente cosa cercava.
La salita verso il terrazzo era difficile ma non riuscì a fermarlo.
Tutto quello che cercava era lì, il richiamo delle fusa della micia, la morbidezza della sua pelliccia, il profumo di quella piccola gattina…
Non aveva bisogno d’altro e non sarebbe mai tornato a casa.
La signora era un'amante degli animali e comprese subito cosa stava succedendo. Mise una seconda ciotola con latte squisito sul terrazzo, gesto che il giovane gatto apprezzò molto.

Ma la gattina aveva imparato fin troppo bene a fare le fusa.
Per qualche tempo tutto andò bene e il gatto trascorreva i suoi pomeriggi sul terrazzino, oscillando la coda, gratificato dalla bellissima micia e dal latte fresco versato nella ciotola dalla bionda signora.
Poi qualcosa cambiò…

La gattina dal pelo color miele profumato come lavanda e dagli occhi grandi e tondi non smise di fare le fusa dal suo terrazzino anche quando il nostro giovane gattino tigrato non si faceva vedere.
Un giorno il micio di strada usò finalmente il suo fiuto e scoprì che un altro gatto aveva visitato il terrazzo e aveva lappato nella ciotola del latte.

La gattina si comportava come nulla fosse e non smetteva di fare le fusa e di essere bellissima ma il gattino era cresciuto e aveva perso la sua gattesca innocenza. Così smise di frequentare il terrazzo, non cercò più la gattina e continuò il suo peregrinare vivendo diverse esperienze da strada, compresa quella di diventare genitore di una numerosa cucciolata.

Presto dimenticò il terrazzino.
Non vide mai più la gattina color miele né gli mancò la sua compagnia.
Ma il latte sì.
Quel latte così gradevole che gli versava la dolce signora.

Non assaggiò più un latte così buono.


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