Berni stava disteso,
più pallido del lenzuolo stesso, con le guance incavate e gli occhi chiusi. A guardare
bene sembrava avere le palpebre appena separate, come chi dorme profondamente o
chi è morto.
In effetti, sembrava di
guardare un morto.
Stefano rabbrividì a
quel pensiero, ma non avrebbe saltato un appuntamento con il suo amico o almeno
quel che restava.
Il vetro della
rianimazione era pulito, come tutto il resto, Stefano ci aveva appoggiato il
palmo della mano ma Bernardo non poteva muoversi, non avrebbe potuto farlo
nemmeno se non fosse stato in coma, collegato com’era a tutti quei tubi, cavi
elettrici, cateteri. Stefano avvertì sulla pelle solo il freddo del vetro e una
sensazione di solitudine.
Pensare che ci avevano
scherzato sopra solo poche settimane prima.
“Io il dolore lo
sopporto benissimo, da uomo, e non è vero quello che si dice in giro, che a noi
maschi basti un taglietto sul dito per farci piangere!” Bernardo non ne voleva
sapere di ragionare. L’amico provò a convincerlo del contrario, a dirgli che
sarebbe stato opportuno farsi visitare, fare degli esami.
“Per diventare una
cavia da laboratorio?” Bernardo lo aveva zittito, sull’argomento non c’era
discussione possibile. Poi, per dargli un contentino, erano andati alla
farmacia sotto casa di Stefano, dove Berni aveva acquistato degli integratori
di magnesio e delle vitamine. “Vedrai che con questi, nel giro di due settimane
mi sentirò come un leone”.
Stefano ripensò alle
parole dell’amico e quasi sorrise da dietro il vetro.
Un leone attaccato a un
respiratore.
Stefano aveva anche
provato con una similitudine.
“Avevo una vicina, un
giorno sulle scale mi disse che era comparsa una spia sul cruscotto dell’auto,
che tipo di spia le chiesi e lei mi aveva risposto, non saprei, gialla con un
disegnetto nel centro, allora le avevo consigliato di portare subito l’auto in un’officina
meccanica ma lei aveva obiettato che l’auto girava bene e non faceva alcun
rumore strano. Dopo una settimana, incrociandomi sulle scale di casa, mi aveva
confessato, vergognandosi molto, di aver fuso il motore, che aveva dovuto
chiamare il carro attrezzi e le sarebbe costato un patrimonio riparare il
danno. Voleva scusarsi con me per non avere dato credito al mio consiglio”,
Stefano e Bernardo erano amici dalle elementari e Berni era stato sempre un
testone. Probabilmente ci avrebbe anche riflettuto ma la vecchina della
farmacia aveva cancellato ogni possibilità.
Erano in coda, Bernardo
con la scatola dell’integratore al magnesio in mano e il suo dolorino da niente
tra le costole, quando sentirono lo scambio tra la vecchina e la dottoressa.
“Avrebbe dei fermenti
lattici per la mia pancia? Mi dia quelli forti per favore.” Era stata la
richiesta della vecchina.
La farmacista le aveva
mostrato due scatole uguali: “Vuole questa da due miliardi o quella da quattro
miliardi?”
“Non sono un po’ troppo
cari?” Era stata la risposta seccata della signora alla quale Stefano e Bernardo
non erano riusciti a fermare le grasse risate che erano continuate sin fuori
del negozio. Il buonumore aveva cancellato la drammaticità e l’efficacia del
racconto sulla spia e sul motore fuso.
In fondo il dolore è
proprio una spia sul cruscotto, che ci sta avvisando che qualcosa non funziona
come dovrebbe o che si sta per rompere, pensò Stefano da dietro il vetro.
L’ora delle visite, se
di visita si potesse parlare, era quasi terminata e fu in quel momento che
Stefano si accorse che la sua similitudine si stava realizzando. Sul monitor che
registrava le funzioni cardiache e pressorie dell’amico, due lucine rosse
avevano iniziato a lampeggiare, un infermiere era corso a controllare, aveva
manovrato con i rubinetti che erogavano sostanze nelle vene dell’amico e tutto
era rientrato.
Dopo un po’ l’infermiere
in casacca verde era uscito dalla porta e aveva avvisato che il momento delle
visite era terminato. Rientrando poggiò una mano sulla spalla di Stefano e andò
via senza dire niente.
Perché non c’era niente
da dire.
Stefano guardò un
ultima volta il corpo del suo amico, che sembrava morto. Forse era un addio ma
forse no, chi poteva saperlo.
Finché le lucine sono verdi,
va tutto bene, si disse Stefano e non sapendo se sorridere o piangere, andò
semplicemente via.
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