domenica 3 gennaio 2021

La camera dello sfogo

 






Quando Marco me lo raccontò, non volevo crederci.

-E non costa nemmeno tanto, venti euro per quindici minuti!

-In quindici minuti, cosa puoi fare?

-Tutto quello che vuoi, ti dico. Spacchi tutto e quando esci sei bello sudato.

La camera dello sfogo, che idea. E nella mia città, un posto anonimo e grigio, dove non c’era niente d’interessante da fare. La camera dello sfogo, l’aveva chiamata così Marco ma io pensavo che il vero nome potesse essere un altro. Una stanza riservata e insonorizzata che prenotavi, e a quanto pare la lista d’attesa era parecchio lunga, e potevi entrarci e spaccare tutto quello che trovavi, soprammobili, vasi, piatti e bicchieri, vetrine con porcellane, televisori e computer. A disposizione una serie di oggetti all’uopo, mazze da baseball, bastoni metallici, cric per auto e ovviamente robuste visiere di protezione e guanti da lavoro. La sicurezza prima di tutto, pensai ridendo.

L’idea di passare quindici minuti in quella stanza a rompere tazze e bicchieri sulle pareti, spaccando monitor immaginando che fossero quelli dell’ufficio, rovesciando mobili era stuzzicante… secondo Marco era stata l’esperienza più esaltante che avesse provato durante quest’ultimo deprimente anno. –Ti sfoghi davvero e quando esci sei svuotato e felice! Il mio amico ne era certo, un’esperienza da fare!

Mi convinse, presi indirizzo e coraggio e andai a prenotare, perché la linea era sempre occupata. All’ingresso c’era una locandina che prometteva:

Risolvi i problemi, dimentica lo stress, sciogli l’ansia!

Dietro il banco di formica, anni settanta, un tipo magro con occhialetti rotondi alla Lennon, seminascosto da un pc datato, se ne stava serio a fissarmi con una sigaretta spenta, penzolante dalla bocca. Mi chiese se volevo la stanza, certo, ero lì proprio per quello, che cavolo, mi chiesi se era lui a girare le discariche per recuperare arredi e suppellettili da far distruggere a gente nervosa come me. Che poi nervoso ero sul serio, visto com’ero stato trattato sul lavoro e come girava la vita negli ultimi tempi. Il capo, un piccolo incapace, un yes man messo lì dai capoccioni, si era dimostrato un gran bastardo e dopo una breve luna di miele con noi sottoposti, aveva cominciato a trattarci come schiavi, calpestando ogni diritto, e lasciandoci senza prospettive di carriera a parte, ovvio, il solito paio di leccapiedi sempre presenti in ogni dove. A quel punto pensai che fosse stata una buona idea fare un giro in quel posto. Ne sentivo il bisogno, avrei usato bene ogni minuto per distruggere sistematicamente tutto quello che avrei trovato davanti. Il magrolino mi fissava come se potesse leggermi nella mente, poi smise e prese a sfogliare l’agenda. Girò pagine per una quindicina di giorni, poi disse: -Abbiamo un sacco di prenotati, ci sarà da aspettare, ma se si libera un posto prima, la chiamo, altrimenti ci sarebbe la prenotazione Premium… non so se può essere interessato…

Mi chiedevo cosa fosse, quando Lennon fece per la prima volta uno strano sorriso. –Si tratta di una prenotazione da un’agenda diversa, solo la sera tardi, ma costa un po’ di più…

-Quanto? Dal tono capii io stesso che avevo bisogno di quel trattamento, ne avevo urgenza.

-Mille.

-Ma scherziamo? La tariffa era venti euro, e lei mi chiede mille euro? Mi stavo arrabbiando.

Lui, con tono gentile mi spiegò che non si trattava dello stesso servizio ma se ero interessato, poteva spiegarmi.

Ero interessato. E lui spiegò.

Sarebbe stata “invitata” all’evento una persona di mia scelta, l’avrebbero bendata e condotta nella stanza. Adiacente all’edificio c’era un lussuoso Hotel che aveva un ingresso nella via parallela. L’invitato, con un pretesto, sarebbe stato accompagnato in Hotel, dove avrebbe trovato una camera piena di frutta e vino ad attenderlo, dopodiché ci sarebbe stata una festa in suo onore e sarebbe stato condotto da personale istruito, a sua insaputa e con un cappuccio sulla testa nella stanza di cui sopra. Insomma avrei avuto chi desideravo, per quindici minuti a mia disposizione nella stanza dello sfogo.

Mille euro.

Che cosa sono i soldi, pensai, mille euro sono tanti ma a volte vale la pena spendere e poi, si sa, si vive una volta sola.

Lennon mi fece compilare una scheda, dove scrissi il nome del fortunato vincitore e il suo indirizzo. Tra pochi giorni ci sarebbe stata una serata disponibile. Prenotai e promisi di pagare entro il giorno successivo, pena la nullità dell’accordo.

Mille euro li avevo sul conto e tra poco non li avrei avuti più, ma pensai al mio principale, a quanto sarebbe stato bello averlo stretto in una morsa anche solo per quindici minuti.

Ero stato un discreto battitore da ragazzo, mi piaceva roteate una mazza e non vedevo l’ora di maneggiarne una di nuovo.

Mentre ritiravo il contante in banca, osservai i manifesti sulla parete alle spalle dell’impiegato.

Erano pubblicità dei servizi bancari, offerte di prestiti a tassi vantaggiosi e mutui per la prima casa ma uno mi colpì.

Misi gli occhiali perché non credevo a ciò che vedevo.

Mi sembrava di leggere:

Risolvi i problemi, dimentica lo stress, sciogli l’ansia!

 

Proprio quello di cui avevo bisogno.

 

 

 

 


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