domenica 12 giugno 2016

Quando piove che si fa?










Piove, tanto per cambiare.
Siedo sul divano e prendo il tablet.
La pioggia non è un problema in sé, almeno fin quando non comincia a ingrossare i corsi d'acqua, siamo capaci di conviverci, si aprono gli ombrelli, s’intasa un poco il traffico, tutto normale. Ma quando piove durante il tempo libero, durante i nostri rari e preziosi momenti di riposo allora la pioggia diventa fastidiosa e molesta. Un vero incubo.
Quando fuori piove e non ho altro da fare, mi piace leggere. Un buon libro è sempre un’ottima compagnia. A volte scrivo. Il suono della pioggia mi rilassa, mi aiuta nella concentrazione. Mi stuzzica la fantasia. Molti post che ho pubblicato, e che qualcuno ha letto nel Blog, sono nati durante un giorno di pioggia.
È anche vero che mi piace scrivere quando c'è il sole, quando soffia il vento, quando scende la nebbia e quando il cielo è nero ma così nero che non si capisce se sia giorno oppure notte.
Chi mi conosce lo sa bene.
Pagine e pagine di lettere a formare parole, parole a formare frasi, frasi che compongono discorsi, dialoghi, battute, in pratica su qualunque argomento. Cosa me ne farò mai di tutte queste pagine ancora non mi è molto chiaro.
Ho provato, per dire la verità, a spedire qualche lavoro lontano da casa, come si farebbe con un figlio che ritenuto ormai grande e responsabile abbastanza, può essere mandato ad affrontare la vita e il mondo per appurare che si regga solido sulle proprie gambe.
Sono stato onorato da puntuale risposta da parte di un tipo di editoria che, pronta a stipularmi contratti vantaggiosissimi, mi chiedeva semplicemente un piccolo, quasi insignificante contributo alle spese, inevitabili per entrare in un mondo elitario e difficile, un mare burrascoso, popolato da squali pronti a divorare un pesciolino aspirante scrittore. Ho ricevuto per risposta offerte di tutela e protezione legale ed economica, mi sono sentito coccolato, protetto e prezioso e tutto questo a condizioni eque e oneste.
Veri mecenati!
Non ho mai pensato di pubblicare qualcosa per poi ripagarmelo di tasca.
È come se un contadino finisse di raccogliere i pomodori dai suoi campi, li facesse pesare e se li facesse poi spedire al proprio domicilio pagando chi glieli consegnasse.
Oggi che con le tecniche di stampa digitale, i costi si sono ridotti, chiunque lo voglia è in grado di curare l'impaginazione, la correzione delle bozze, la grafica per una copertina accattivante. Non è nemmeno più necessario stampare il manoscritto, fotocopiarlo, comprare enormi buste e francobolli. Con la posta elettronica in due secondi si scrive una mail e si allega l'opera da spedire.
Facile, direte voi.
E ci sono una valanga di editori che si fanno pubblicità sui social, che non vedono l'ora di scovare nuovi autori emergenti per farli tuffare nel mare di cui si diceva.
Poi troviamo anche quelli che, notizia recentissima, con linguaggio moderno e aggressivo, chiedono di non inviare mail che non contengano educati saluti, ossequiosi modi, dimostrazioni di stile e classe.
Ma pensa!
Vi assicuro che ho sempre rispettato le regole di netiquette in rete. Con molta attenzione.
Anche verso chi mi ha risposto dodici mesi dopo, oppure ha semplicemente ignorato la mia mail.
Con buona pace degli squali che avranno un pesciolino in meno da sbranare.
Non ho voglia di avere a che fare con esaltati e mitomani pronti a insultarmi o farmi del male per ciò che ho scritto. Anche sono un “like” rimosso, mi fa star male.
Figuriamoci poi qualche invidioso disposto a trascinarmi in tribunale per il contenuto di un post irriverente…

Allora, giacché piove che faccio? 
Magari prendo il tablet…


Quasi quasi meglio un pisolino.





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