venerdì 17 luglio 2015

I ricordi degli altri






Allora Arturo, come va?
Arturo mi guarda con i suoi profondi occhi dalle iridi blu mare, solleva i cespugliosi sopraccigli bianchi e sospira.
E chi se lo ricorda come va, mi sembra bene ma devo chiedere all'infermiera.
Vado a trovare Arturo tutte le settimane e tutte le volte mi spiattella la stessa risposta.
Arturo ciabatta fino al fondo del corridoio di questa luminosa struttura. Una donna con la divisa azzurra lo guarda, gli sorride e gli sfiora un braccio, lui annuisce soddisfatto e torna verso me.
Ogni sabato si ripete lo stesso teatrino, io lo aspetto e quando arriva a portata di udito lo invito a sedersi nel giardinetto.
Allora, cosa é successo questa settimana?
Arturo tira fuori un notes sgualcito dal tascone laterale dei pantaloni logori, ci da un occhiata e poi parla. Martedì sono venuti i figli di Duilio ma hanno litigato.
Duilio é il vicino di stanza.
Non hanno litigato con Duilio ma tra di loro, precisa, io ero in camera per riposare e li ho visti, non ho sentito bene cosa si dicevano ma vedevo le loro facce scure e le loro espressioni imbruttite. Parlavano senza guardarsi. Poi sono andati via di fretta e Duilio senza farsi vedere ha pianto da sotto il lenzuolo.
Mi dispiace, gli dico io ma Arturo é già oltre e dopo una veloce sbirciata al notes ricomincia a parlare.
Poi mercoledì Marta ha perso la dentiera.
Arturo lo dice ridendo e quando ride non dimostra i suoi ottantotto anni. Sembra un ragazzino di quelli terribili, sempre pronti a combinare qualcosa. Sembra un malandrino.
Marta esce dalla sala da pranzo con i denti di sopra che penzolano per metà fuori dalla bocca, poi va in bagno e nessuno ci fa caso ma dopo in bagno non si é trovata nessuna dentiera e nemmeno nella bocca di Marta.
Deve essere stata una cosa spassosissima e di sicuro é spassosa l'espressione di Arturo mentre racconta l'episodio.
E poi li ha trovati?
Trovato cosa? Risponde Arturo, un po' confuso.
I denti. Faccio io, divertito.
Si, dopo che ha mangiato frullati per due giorni la sua compagna di camera li ha tirati fuori dalla borsetta dicendo: Che schifo, questi non sono miei.
Non ho mai riso tanto, confessa Arturo.
Io non gli credo. Le rughe sulla faccia di Arturo mi dicono che deve avere riso molto durante la sua vita, come anche deve avere pianto. Solo che non lo ricorda.

Già, la vita di Arturo, nessuno la ricorda.
Abitava, fino a qualche anno fa in fondo alla mia strada. Aveva gestito per lunghi anni prima della pensione, un piccolo negozio di frutta e verdura, di quelle botteghe dal sapore antico che c'erano una volta e che oggi sono scomparse.
Poi quando é scomparsa anche la moglie lui si era chiuso in casa e aveva tagliato i ponti col mondo.
Lo vedevo tutte le mattine, molto presto, io uscivo per recarmi al lavoro e lui rientrava con la piccola spesa del giorno. Nessun rapporto, un saluto frettoloso e un poco diffidente. Poi é scomparso, mai più visto in giro fino a quando una vicina mi ha detto che si trovava in questa casa per anziani.
Un bel posto, moderno e pulito. Di certo dignitoso ma senza passato.
Per uno come Arturo é come perdere il passato due volte.

Lo vedo tirare fuori ancora una volta il suo notes e prepararsi a raccontare un'altra cosa.
Lo sai cosa é successo ieri?
No. Gli rispondo. Ieri era venerdì e io lavoravo.
É morto Aldo, quello che stava sempre sulla sedia a rotelle nell'angolo del salone.
Chi quello grosso con i baffoni?
Si, proprio quello. Ma é stata una fortuna per lui, sempre acciaccato, sempre attaccato alla bombola dell'ossigeno... e poi...
Poi cosa?
E poi era sempre solo, nessuno che venisse mai a trovarlo.
Lo dice con leggerezza, Arturo, come trasmettere un dato di fatto, senza empatia.
La solitudine é una presenza costante, familiare in questi corridoi, tra queste stanze, come l'odore di urina e il suono del campanello.

Vado tutti i sabati a trovare Arturo...non lo so perché...vado perché mi sembra una bella persona, perché vedo che gli fa piacere, vado perché nella via si diceva che lui e la moglie non hanno parenti prossimi. Forse vado per me...non so come sarò da vecchio, chissà se perderò la memoria, chissà se avró ancora i miei ricordi o vivrò di quelli altrui.

Quando il giovane visitatore se ne torna alla sua vita Arturo tira fuori il notes e la matita e scarabocchia qualcosa prima che l'infermiera esca a chiamarlo per il pranzo.

Quando anche lui se ne andrà, qualora qualcuno avesse tempo e voglia di leggere gli appunti, leggerebbe questo:

Questa settimana é morto Aldo ma io sono sicuro che a lui non è dispiaciuto perché qui era sempre solo. Non come me, che ho mio figlio che viene a trovarmi tutte le settimane.
Un gran bravo ragazzo, mio figlio.




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