giovedì 25 maggio 2023

Miranda in catene

 






La sala d’attesa è quasi vuota. Succede alle sette del mattino. Più tardi pullulerà di esseri umani, ma non a quest’ora.

A quest’ora arriva poca gente, solo i prenotati per visite o test. Una signorina in camice bianco entra ed esce dalla porta numero venti e sorride ai presenti cercando di dissimulare il sonno.

Due pensionate confabulano strette ai loro cappotti, un uomo tira fuori un tablet e digita qualcosa sullo schermo. Una donna abbraccia il suo bimbo che le dorme addosso, sbavando sulla giacca.

Quasi subito tutti hanno un dispositivo elettronico in mano, comprese le due anziane.

Una coppia giunge dal lungo corridoio e si lascia cadere sulle cigolanti sedie di plastica blu. Lei ha un filo di rossetto, jeans e una camicetta bianca e lisa, lui con la barba ben curata, indossa una tuta di poliestere di una marca costosa.

I primi istanti li passano in silenzio a guardarsi attorno, poi attaccano a parlare.

Anzi, lui attacca a parlare.

È sgradevole e untuoso, ci tiene a non farsi capire perché utilizza un dialetto del sud, ma s’intuisce che sta incalzando la ragazza. Lei non risponde ma è palese il suo imbarazzo e il suo fastidio. Sospira e cambia posizione sulla sediola.

I presenti mantengono un contegno, assorti dai display dei propri telefonini ma è inevitabile che sentano quello che la coppia si dice.

- Ora, mi hai fatto prenotare, a quest’ora, non ce la faccio a essere puntuale al lavoro!

- Non avevano posto in un altro orario, che dovevo fare?

- Non mi dovevo far convincere, è poco che lavoro lì, mi farai perdere pure questo posto!

Lei sospira e pensa che non è stata mica lei a far perdere gli impieghi che lui aveva trovato in passato. Diciamo che non sembra la persona più affidabile di questo mondo, se ci basiamo anche solo sull’aspetto.

Ma il giovane, nonostante il silenzio della ragazza, non ha nessuna intenzione di interrompere la sua persecuzione mattutina.

- Adesso scrivo un messaggio al direttore e gli spiego che farò tardi…

Lei cerca di fermarlo: - Aspetta, ti chiameranno in tempo, vedrai che alle nove sarai al tuo posto.

Lui ha già il cellulare in mano. – Che ne sai tu, hai sempre la risposta pronta, non mi dovevo fidare, farò tardi. Ora scrivo!

- Aspetta ti dico, almeno qualche minuto, siamo in anticipo, non possono chiamarti prima. Vedrai che saranno puntuali.

- Certo, lei sa sempre tutto! Che ne sai che sono puntuali, io scrivo e così capiranno che non è colpa mia se non arrivo…

- Aspetta, ti prego, almeno aspetta l’ora della prenotazione, come fai a sapere che ti chiameranno in ritardo, prima che sia il momento…

- Ma tu cosa ne sai di come va il mondo, certo per te è tutto naturale, tutto pulito, io ho esperienza, so quanto ci sfruttano, ci fanno aspettare, ci umiliano con quattro soldi, e tu? Tu cosa ne sai che fino a ieri stavi col culo attaccato a mammà che ti pagava tutto quanto, la colazione al bar, la pizzeria, il cinema, tutto quanto… tu non ti sei dovuta sporcare le mani, non hai dovuto sopportare un buffone di venticinque anni che ti da ordini pretendendo del lei, solo perché si è laureato!

- Ma ora, che c’entra tutto questo?

La ragazza risponde con un tremito nella voce. Forse imbarazzo o solo rabbia e frustrazione.

A questo punto i pochi spettatori stanno tutti facendo un tifo interiore e inaspettato per la giovane donna.

Sperano che lei capisca che ha di fianco un fallito e che trovi la forza per andarsene e lasciarlo alla sua misera vita fatta di lamentele e pretesti e giustificazioni.

Squilla il cellulare. Lui risponde ad alta voce.

-Si, sto alla clinica con Miranda… si è venuta pure lei… sì, certo che ti faccio sapere come va la visita… ti chiamo dopo… sì, te la saluto Miranda… ciao, ciao.

Chiude e infila in tasca il telefonino.

Lei aspetta ma il giovane rimane in silenzio.

- Era tua madre, vero?

Lui non risponde, non recapita i saluti, piuttosto continua il suo tormentone.

- Non dovevo ascoltarti, dovevo fare a modo mio. Ci perdo sempre a fare come suggerisci tu…

Miranda è talmente stanca che non ha la forza di rispondere. Le esce solo un doloroso sospiro.

Lui non è ancora soddisfatto e, infatti, prosegue.

- Ma perché non la facciamo finita, non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno…

Le persone che sono costrette ad ascoltare questo scambio penoso tra i due giovani, a questo punto non possono fare a meno di pensare: perché non te ne vai? Cosa ci stai facendo con un tipo del genere? Che colpa devi scontare? Di cosa ti stai punendo? Vattene e lascialo, liberati, fatti un favore e abbandona questa zavorra d’uomo!

Ma nessuno parla, tutti tengono la testa ben china sul proprio telefono perché è questo che oggi la gente fa, meglio non intromettersi, non cercare guai, che la ragazza se la veda da sola!

All’improvviso la porta si apre, la dottoressa in camice bianco chiama il numero del giovane e lo invita a entrare.

Lui si alza incerto e titubante e nel vedere che lei è rimasta seduta, la sua preoccupazione aumenta.

- Vieni dentro?

Lei lo fissa tranquilla.

- No.

Solo questo risponde e non aggiunge altro.

Quando lui, dopo dieci minuti esce, con un piccolo cerotto bianco sull’avambraccio, la sedia di plastica blu in corridoio è vuota.

Miranda ha preso il volo tra la soddisfazione generale e l’approvazione dei pochi presenti.

Peccato non avere avuto un pubblico più vasto, per questo grande passo, ha pensato lei, sentendosi gli occhi addosso mentre si allontanava nel corridoio.

Si è svolto tutto nel massimo silenzio.

Ma il rumore di catene spezzate, quello è stato bello forte.

Lei non lo dimenticherà più.

 

 





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