La sala d’attesa è
quasi vuota. Succede alle sette del mattino. Più tardi pullulerà di esseri
umani, ma non a quest’ora.
A quest’ora arriva poca
gente, solo i prenotati per visite o test. Una signorina in camice bianco entra
ed esce dalla porta numero venti e sorride ai presenti cercando di dissimulare
il sonno.
Due pensionate
confabulano strette ai loro cappotti, un uomo tira fuori un tablet e digita
qualcosa sullo schermo. Una donna abbraccia il suo bimbo che le dorme addosso,
sbavando sulla giacca.
Quasi subito tutti
hanno un dispositivo elettronico in mano, comprese le due anziane.
Una coppia giunge dal
lungo corridoio e si lascia cadere sulle cigolanti sedie di plastica blu. Lei
ha un filo di rossetto, jeans e una camicetta bianca e lisa, lui con la barba
ben curata, indossa una tuta di poliestere di una marca costosa.
I primi istanti li
passano in silenzio a guardarsi attorno, poi attaccano a parlare.
Anzi, lui attacca a
parlare.
È sgradevole e untuoso,
ci tiene a non farsi capire perché utilizza un dialetto del sud, ma s’intuisce
che sta incalzando la ragazza. Lei non risponde ma è palese il suo imbarazzo e
il suo fastidio. Sospira e cambia posizione sulla sediola.
I presenti mantengono
un contegno, assorti dai display dei propri telefonini ma è inevitabile che
sentano quello che la coppia si dice.
- Ora, mi hai fatto
prenotare, a quest’ora, non ce la faccio a essere puntuale al lavoro!
- Non avevano posto in
un altro orario, che dovevo fare?
- Non mi dovevo far
convincere, è poco che lavoro lì, mi farai perdere pure questo posto!
Lei sospira e pensa che
non è stata mica lei a far perdere gli impieghi che lui aveva trovato in
passato. Diciamo che non sembra la persona più affidabile di questo mondo, se
ci basiamo anche solo sull’aspetto.
Ma il giovane,
nonostante il silenzio della ragazza, non ha nessuna intenzione di interrompere
la sua persecuzione mattutina.
- Adesso scrivo un
messaggio al direttore e gli spiego che farò tardi…
Lei cerca di fermarlo:
- Aspetta, ti chiameranno in tempo, vedrai che alle nove sarai al tuo posto.
Lui ha già il cellulare
in mano. – Che ne sai tu, hai sempre la risposta pronta, non mi dovevo fidare,
farò tardi. Ora scrivo!
- Aspetta ti dico,
almeno qualche minuto, siamo in anticipo, non possono chiamarti prima. Vedrai
che saranno puntuali.
- Certo, lei sa sempre
tutto! Che ne sai che sono puntuali, io scrivo e così capiranno che non è colpa
mia se non arrivo…
- Aspetta, ti prego,
almeno aspetta l’ora della prenotazione, come fai a sapere che ti chiameranno
in ritardo, prima che sia il momento…
- Ma tu cosa ne sai di
come va il mondo, certo per te è tutto naturale, tutto pulito, io ho
esperienza, so quanto ci sfruttano, ci fanno aspettare, ci umiliano con quattro
soldi, e tu? Tu cosa ne sai che fino a ieri stavi col culo attaccato a mammà
che ti pagava tutto quanto, la colazione al bar, la pizzeria, il cinema, tutto
quanto… tu non ti sei dovuta sporcare le mani, non hai dovuto sopportare un
buffone di venticinque anni che ti da ordini pretendendo del lei, solo perché
si è laureato!
- Ma ora, che c’entra
tutto questo?
La ragazza risponde con
un tremito nella voce. Forse imbarazzo o solo rabbia e frustrazione.
A questo punto i pochi
spettatori stanno tutti facendo un tifo interiore e inaspettato per la giovane
donna.
Sperano che lei capisca
che ha di fianco un fallito e che trovi la forza per andarsene e lasciarlo alla
sua misera vita fatta di lamentele e pretesti e giustificazioni.
Squilla il cellulare.
Lui risponde ad alta voce.
-Si, sto alla clinica con
Miranda… si è venuta pure lei… sì, certo che ti faccio sapere come va la
visita… ti chiamo dopo… sì, te la saluto Miranda… ciao, ciao.
Chiude e infila in
tasca il telefonino.
Lei aspetta ma il
giovane rimane in silenzio.
- Era tua madre, vero?
Lui non risponde, non
recapita i saluti, piuttosto continua il suo tormentone.
- Non dovevo
ascoltarti, dovevo fare a modo mio. Ci perdo sempre a fare come suggerisci tu…
Miranda è talmente stanca
che non ha la forza di rispondere. Le esce solo un doloroso sospiro.
Lui non è ancora
soddisfatto e, infatti, prosegue.
- Ma perché non la
facciamo finita, non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno…
Le persone che sono
costrette ad ascoltare questo scambio penoso tra i due giovani, a questo punto
non possono fare a meno di pensare: perché non te ne vai? Cosa ci stai facendo
con un tipo del genere? Che colpa devi scontare? Di cosa ti stai punendo?
Vattene e lascialo, liberati, fatti un favore e abbandona questa zavorra d’uomo!
Ma nessuno parla, tutti
tengono la testa ben china sul proprio telefono perché è questo che oggi la
gente fa, meglio non intromettersi, non cercare guai, che la ragazza se la veda
da sola!
All’improvviso la porta
si apre, la dottoressa in camice bianco chiama il numero del giovane e lo
invita a entrare.
Lui si alza incerto e titubante
e nel vedere che lei è rimasta seduta, la sua preoccupazione aumenta.
- Vieni dentro?
Lei lo fissa
tranquilla.
- No.
Solo questo risponde e
non aggiunge altro.
Quando lui, dopo dieci
minuti esce, con un piccolo cerotto bianco sull’avambraccio, la sedia di
plastica blu in corridoio è vuota.
Miranda ha preso il
volo tra la soddisfazione generale e l’approvazione dei pochi presenti.
Peccato non avere avuto
un pubblico più vasto, per questo grande passo, ha pensato lei, sentendosi gli
occhi addosso mentre si allontanava nel corridoio.
Si è svolto tutto nel
massimo silenzio.
Ma il rumore di catene spezzate, quello è stato bello forte.
Lei non lo dimenticherà più.
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