Arianna si asciuga una
lacrima, apparsa all’improvviso sulla guancia sinistra.
Non vuole piangere, non
più.
Ma quella goccia d'acqua salina è sprizzata fuori senza chiedere il permesso a nessuno.
Nella sua testa sente
rimbombare l’eco della voce di sua madre, che le grida:
Hai
sempre fatto le cose con la mano sinistra, non possono che uscire cose tinte,
sbagliate!
I pochi ricordi che ha,
fin dalla prima elementare, sono della maestra che verga con la penna rossa
gli errori e la guarda severa da dietro gli occhiali spessi e di sua madre che le
urla addosso quella frase stupida sul fare le cose con la mano sinistra.
I segni a penna rossa
sono ancora lì, incisi con mano pesante, quasi a tagliare la carta del quaderno,
scolpiti nel profondo della sua anima.
I quaderni li ha
conservati tutti e anche i brutti ricordi.
Li ha tenuti perché ci
sono anche voti alti, sette, otto e nove, perfino qualche dieci, quando si
usavano i numeri per misurare la performance scolastica, come si direbbe oggi,
e pieni zeppi di giudizi sintetici come buono, eccellente e anche ottimo,
quando si era passati, per una delle tante riforme, alla valutazione con gli
aggettivi.
Ha tenuto quei quaderni
perché sono la prova dei suoi successi scolastici, oltre che dei suoi
fallimenti.
Sua madre vedeva appena
i bei voti, scritti a penna blu con una grafia svolazzante e volutamente
leggera, quasi a voler rimarcare il carattere effimero del buon risultato.
Guarda che ti aspetto al varco, alla prima occasione, quando tornerai a fare le
cose con la mano sinistra, come dice tua madre, ho qui pronta la penna rossa e
la grafia tornerà a essere pesante!
Quanti anni ha passato Arianna,
con questo tormento, e quanti pianti serali le hanno fatto compagnia, quando si
addormentava esausta dopo avere inzuppato il cuscino con le sue lacrime.
Arianna è cresciuta con
quel tormento.
Quando il primo acerbo
amore, durante l’adolescenza, l’aveva piantata in asso senza un motivo, lei aveva
sofferto, come soffrono tutti gli adolescenti alle prime cotte giovanili. A
peggiorare le sue sofferenze ci si era messa la madre, che senza pensarci due
volte l’aveva accusata di aver scelto lo
zito sbagliato, un perdigiorno, bello e inutile. Lei sapeva che l’avrebbe
fatta soffrire e la colpa era tutta di Arianna che, come il solito, si era scelto
quel ragazzo pescandolo con la mano sinistra.
Così Arianna aveva
capito che sarebbe stato tempo perso lasciarsi correre dietro dai maschi, aveva
finito per indossare un paio di occhiali, i più brutti che aveva potuto scovare,
e si era tuffata sui libri, trovandone consolazione e appagamento.
Non le importava
l’opinione delle altre studentesse né quella dei ragazzi che la umiliavano, pur
guardandola di nascosto, quando si accorgevano della sua bellezza dietro gli
orrendi occhiali.
Era andata all’università,
pur osteggiata dalla madre che non si poteva permettere quel costo, e se l’era
pagata con le borse di studio. A ogni esame superato brillantemente l’anziana donna,
si limitava ad annuire e se ne tornava a stirare montagne di panni di persone
benestanti e a ogni esame non riuscito bene ripeteva stanca la solita litania
sul fare le cose con la mano sinistra, compreso lo studio.
Le cose non cambiano,
pensava Arianna, con amarezza e intanto si era laureata con merito e aveva
trovato un lavoro part time in un ufficio di commercialisti.
Ma la sua passione
erano e sarebbero sempre stati i libri.
Oggi Arianna si è
affrancata dal suo passato, è libera dalle catene del giudizio e non ha paura
di sbagliare, ha imparato che le cose si possono fare con entrambe le mani ma
che la differenza tra successo e fallimento oltre alle mani, la fanno testa e
cuore.
Questa mattina, dopo un
anno esatto dall’inizio, ha finalmente terminato di scrivere il romanzo che da
tanti anni le girava per la testa, senza che lei trovasse il coraggio di
cominciare, un giorno si era finalmente seduta davanti alla tastiera ed era stato semplice mettere le parole in fila.
Era stato faticoso,
certo ma anche liberatorio e soprattutto bellissimo.
Era stato come fare un
viaggio dentro se stessa e riscoprire posti dimenticati.
Oggi è arrivata al
termine.
Ha scritto la parola “fine”
usando solo l’indice della mano sinistra, dopotutto lei è mancina e ha smesso
da tanto di preoccuparsene.
Si asciuga la lacrima
che è solo di commozione, salva il lavoro e spegne il computer. Va in bagno a
guardarsi allo specchio.
Toglie gli occhiali e
vede riflessa una bellissima donna che le sorride.
Pensa che sia ora di
passare alle lenti a contatto.
Poi, mentre continua a
sorridere, spegne la luce ed esce da casa.
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