mercoledì 8 maggio 2019

ANNA









Anna era felice. 

Non sapeva perché ma era così che si sentiva. 

Gironzolava tra le stanze vuote, ignorando la voce della sua mamma che la stava chiamando. 

Era salita nella soffitta, mamma le aveva detto di stare attenta e di non sporcarsi, ma la scala era sicura e lei era troppo curiosa. 

In quella penombra sudicia, che sapeva di muffa, ci aveva trovato un’antica cassettiera rovinata, il cui contenuto era solo polvere, qualche cartaccia, un mucchietto di spilli da balia arrugginiti e un paio di bottoni blu. 

Quel paio di bottoni. 

Sarebbero bastati un paio di straccetti da cucina, un gomitolo di lana gialla e avrebbe potuto riabbracciare la sua Anna. 

La piccola bambola di stoffa che le aveva tenuto compagnia durante i lunghi anni dell'infanzia. 

Anna era certa che quei bottoni trovati nella cassettiera fossero proprio quelli, gli stessi occhi che aveva avuto la sua bambolina. 

L’aveva chiamata col suo nome, così le era piaciuto fare, anche se non sapeva il perché. 

Anna non era in grado di spiegarsi molte cose, soprattutto quelle riguardanti l’origine delle proprie emozioni. Oggi però si sentiva felice. 

Anna pensava che essere felice fosse legato al fatto di aver ritrovato gli occhi di Anna, la sua bambola. 

La mamma chiamò di nuovo e questa volta il tono era chiaro: non ignorarmi! 

Anna era una ragazza buona e ubbidiente e rispose immediatamente. 

Mise i bottoni in tasca e corse dalla madre. 



Quella che avevano visitato era la casa della nonna. Nonna era andata in cielo tempo prima, non ricordava che mese, e Anna aveva pianto per questo. 

Lei non aveva capito bene com’era successo né perché dovesse piangere, ma la mamma singhiozzava e questo l'aveva resa molto triste. 

Inoltre quando a piangere era lei, sua madre smetteva subito per correre a consolarla e accarezzarle la testa e lei avrebbe fatto qualunque cosa per far smettere di piangere sua madre. 

Anna era così, dopo la sua bambolina, la sua mamma era la persona cui voleva più bene. 

La nonna era andata via e lei non aveva ancora deciso se poteva continuare a volerle bene oppure no. 





A scuola le cose andavano abbastanza bene, il suo maestro di Sostegno era dolce e paziente. Chissà poi perché lo chiamavano in quello strano modo… “di Sostegno”. 

Forse era come dire “da Vinci” come quel signore geniale che aveva studiato. 

A volte i compagni la prendevano in giro, in quei momenti avvertiva la mancanza della sua Anna, da stringere al petto. Ma sapeva una cosa, lei non era ritardata, era solo speciale. Era nata con quella cosa, la sindrone, non quella di Gesù, e scritta forse in modo diverso. 

Ma il maestro di Sostegno, le altre insegnanti e alcune ragazzine, erano buoni con lei e la aiutavano quando rimaneva indietro. 

A casa le cose andavano bene ma forse un po’ meno. 

Mentre a scuola c’era sempre qualcuno disposto a giocare con lei o ad aiutarla nelle attività, a casa la mamma doveva lavorare e non aveva sempre tempo libero. La sera era stanca e si addormentava presto, davanti alla televisione, così lei andava a mettersi a letto e stava ad aspettare che mamma venisse a spegnere la luce. 

Spesso rimaneva con gli occhi aperti a fissare il buio, sperando che non succedesse niente di brutto, ma di mattino, quando si svegliava, si sentiva un poco stupida per questa paura. 

Le dispiaceva non poter dormire con la sua Anna, come faceva da piccola. 





Adesso tutto sarebbe andato meglio. Sarebbe tornata la sua Anna, la sua bambolina. Si sarebbero riabbracciate e non si sarebbero lasciate mai più. 

Perché una cosa Anna l'aveva capita, anche senza l'aiuto dell'insegnante di Sostegno. Tutti prima o dopo, se ne andavano e anche la sua mamma l'avrebbe lasciata. Certo, Anna sapeva che avrebbe pianto, ma dopo un po’ avrebbe anche smesso di farlo. 

Non si poteva mica piangere per sempre, questo lo capiva anche lei, nonostante la sindrone

Aveva ritrovato i bottoni blu e avrebbe potuto guardare negli occhi la sua Anna. 

Mamma era stata lasciata, quando lei era molto piccola, dal suo papà, poi nonna era salita in cielo, per forza che era sempre triste e piangeva. 

Anche Anna, la bambolina, era scomparsa tanto tempo prima, però lei era una ragazzina fortunata perché ne aveva ritrovato gli occhi e adesso avrebbe fatto di tutto per non lasciarla da qualche parte. 

Con la sua bambola stretta al petto, non sarebbe successo niente di brutto e lei era felice di questo. 



Mentre tornava a casa, strinse la mano della mamma e con la mano infilata in tasca, strinse i due bottoni, come fossero monete preziose. 

Anna, non ti abbandonerò mai. 

Un sorriso si aprì sul viso e non la lasciò più.












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