domenica 18 maggio 2014




Lunedì 12 maggio sono andato a visitare il salone del libro. Ho camminato quattro ore prima di arrendermi, sapete, la fiera del libro è uno di quei posti in cui vorrei perdermi, essere dimenticato, restare chiuso dentro dopo la chiusura alla stregua di una pasticceria.
L'ideale sarebbe rimanere chiuso per tutta la notte in una pasticceria che vende anche i libri.
Anche per l'intero fine settimana.
Per poi essere ritrovato il lunedì mattino con gli occhi rossi e la glicemia alle stelle.
Dicevo, al salone mi sono arreso dopo quattro ore di trascinamento senza una logica tra uno stand e l'altro, tra i vari padiglioni, senza avere in mente che percorso seguire, cosa cercare.
Un folle, la bava alla bocca e lo sguardo allucinato e sognante che si aggirava tra copertine colorate ed abbacinanti leggendo tutti i titoli e non vedendo niente.
Dopo qualche ora ho cominciato a farmi strane domande, a pormi interrogativi.
A cosa servono tutti questi libri, sono troppi, nessuno li leggerà mai tutti, nemmeno la mamma degli autori presenti... allora perchè vedo titoli improbabili esposti da editori  ancora più improbabili. Per cosa sono stati scritti e per chi mi chiedo.
La tentazione era quella di correre a casa e strappare le pagine del manoscritto che ho lasciato a decantare nel cassetto. Poi ho pensato che forse non era il caso di strappare o bruciare pagine, forse era meglio correggere, tagliare riscrivere per magari migliorare lo stile, il carattere, il senso.
Anche se non servirà a nessuno non è detto che non possa piacere a qualcuno.
Non è detto che non possa inquietare, che non possa irritare, che non possa allarmare, annoiare, rallegrare,  che non possa insomma suscitare qualche emozione...
In questo caso sono disponibile a lavorarci su, a costo che vada a rimpolpare l'oceano di titoli che affollano gli stand di editori improbabili e che un giorno qualcuno si chiederà: ma a chi serve questo libro?

Nessun commento:

Posta un commento