Come aveva fatto a
finire in un letto d’ospedale, Ludovico non sapeva dirlo.
Tutto ciò che sapeva,
era che gli facevano male tutte le ossa. E aveva un dolore lancinante alla
nuca, come se qualcuno stesse spingendo con un trapano per bucarla. Anzi con un
martello pneumatico. Inoltre aveva la bocca secca e amara e un bruciore intenso
al pisello.
Provò a muovere le
gambe ma il bruciore crebbe, allora tastò con le mani sotto le lenzuola e
scoprì che gli avevano infilato un tubicino per farlo urinare.
Gli venne una gran
voglia di piangere.
In quella stanza
pervasa dal buio, rotto solamente da una tenue luce notturna, e invasa da odori
sconosciuti e penetranti, Ludovico sentì freddo e paura. Si sentì solo.
Aspettò per un tempo
lunghissimo, annegato da pensieri ossessivi e pesanti come macigni che qualcosa
accadesse. E qualcosa accadde.
La figura di donna, candida
come neve, apparve sulla soglia.
Lei si accorse che
l’uomo nel letto era sveglio e si avvicinò per poggiare una mano sulla sua
fronte.
Buona sera, o dovrei
dire buongiorno, perché sono le tre del mattino… come si sente?
Ludovico trovò quella
voce dolce come il miele e vellutata come il suono di un flauto traverso
suonato con maestria. Scordò per un momento il dolore, il bruciore, lo spavento
e la disperata sensazione di abbandono.
Bene, ora che c’è lei
mi sento bene, per favore non se ne vada…
La donna agì veloce e
silenziosa, com’era abituata a fare durante i suoi turni di notte. Rilevò
parametri vitali, polso, pressione, temperatura, mise una garza pulita sulla
testa di Ludovico, vuotò la sacca danese, tutto questo con un’eleganza
impressionante e senza mai perdere il sorriso.
Ludovico capiva che
l’infermiera sarebbe passata in tutte le stanze del reparto per ripetere
quei gesti e già sentiva il vuoto crescere dentro per la sua assenza.
Non se ne vada… provò a
rilanciare ma sentiva che la sua richiesta non avrebbe potuto essere evasa.
Lei lo stupì, prese una
sedia e si accomodò accanto al letto.
Non deve agitarsi, ha
subito un brutto trauma e deve riposare. Andrà tutto bene. È solo, piuttosto
non vuole che appena farà giorno, avvisiamo qualcuno?
No, non ho nessuno. Ma
ora non più, c’è lei.
La donna sorrise.
Scostò la sedia, scrisse qualcosa sulla cartella e si congedò. Verrò a
ricontrollare tutto ancora una volta e poi, a fine turno verrò a salutarla.
Non si dimentichi…
Non lo farò, rispose
lei. E uscì dalla stanza.
Ludovico si addormentò.
Nonostante il dolore, nonostante la paura, nonostante la sensazione
d’abbandono. Lei fu di parola, tornò due volte e fu così silenziosa e leggera
che lui quasi non si accorse. Ma si accorse quando venne per il saluto, come
aveva promesso, lei lo salutò dalla porta e lui avrebbe voluto saltare fuori
dal letto e correre ad abbracciare quella donna, per avere la conferma che si
trattava di una persona reale e non di un essere luminoso e incorporeo ma si
dovette accontentare, per quel giorno di alzarsi non se ne sarebbe parlato.
Ludovico non si alzò ma
partecipò a diverse amene attività. Fu accompagnato in TAC ed essere portato,
dentro il suo letto, in giro per i corridoi dell’ospedale gli diede le
vertigini e aumentò la sua nausea latente. Poi fu visitato dal tirocinante,
dopo fu visitato dall’assistente, infine fu visto dal primario. Gli diede un
senso d’importanza ma a riflettere bene lo preoccupò non poco. Gli fecero
visita anche le forze dell’ordine, avendo avuto il nulla osta da parte dei
medici. A quanto pare era stato investito da un’auto ma era forte il sospetto
che non fosse stato un incidente fortuito. Il tizio alla guida voleva mandarlo
in ospedale o addirittura lo voleva morto. Ma perché? Ludovico si era sentito
raggelare alla spiegazione dell’agente e non poteva credere all’ipotesi che qualcuno
volesse il suo male. Gli fecero un nome che subito non gli disse niente, tale
Pasquale Gradazzo, ma Ludovico non ricordava nessuno con quel nome. Gli chiesero se conoscesse
la moglie del tale, ma lui negò. Se solo avessero mostrato una foto di quelle persone,
ma non fu così. A dire il vero Ludovico alla vista della foto della signora
Gradazzo avrebbe riconosciuto quella gentile giovane alla quale teneva sempre
la porta dello stabile, che aiutava quando lei era piena di pacchi, cui una
volta aveva raccolto un fiore del giardino sotto casa. Ludovico era fatto così,
era un tenero romantico e la ragazza con quei profondi occhi neri lo turbava,
sebbene lui non sapesse niente di lei. Gli piaceva attardarsi quando sentiva i suoi
passi, solo per poterla salutare, solo per ricevere il suo sorriso sincero. A
essere turbato da quelle piccole attenzioni era stato quel poco di buono del
marito che ora si era guadagnato un arresto per lesioni personali gravi che avrebbero portato a un procedimento penale. A sentire tutte quelle cose, Ludovico era
stato male, vomitò e gli salì la febbre. Intervenne il personale e Ludovico fu
lasciato tranquillo a riprendere il suo percorso di guarigione.
Quella sera al cambio
turno arrivò l’infermiera della notte precedente. Si era sciolta la coda di
cavallo ed era bellissima. Si soffermò nella stanza di Ludovico e
chiacchierarono di ciò che era successo quel giorno. Miranda, questo era il suo
nome, si era spaventata dall’evento e gli disse che avrebbe dovuto essere cauto
quando fosse stato dimesso. Lei stessa in passato aveva subito gli atti
aggressivi di un ex violento ma era storia finita. Lui le chiese se ora fosse
libera e lei rise imbarazzata, ma non negò. Il seguito del turno la vide in un
atteggiamento neutro e professionale ma andò spesso a controllare quel paziente
fragile.
Credi nel destino? Sussurrò
lei in un orecchio di Ludovico prima di finire il turno. A lui era aumentata la
frequenza e se avesse avuto un monitor collegato, sarebbe partito l’allarme.
Riuscì solo a rispondere con voce flebile una frase che aveva letto in un
libro. Se è destino, verrà come il vento e i tuoi progetti faranno la fine di
un fienile nella tempesta. Non riuscì a dire altro perché lei gli carezzò con
tenerezza il dorso della mano e uscì. Stava succedendo qualcosa che Ludovico
non capiva e quella notte la passò ad ascoltare il suo battito cardiaco.
Lentamente si riprese e
il decorso fu regolare, non si parlava ancora di dimissioni ma il dolore era accettabile
e Ludovico si fece portare un libro. La terza notte Miranda non era in turno,
lui chiese di lei e le maliziose colleghe lo canzonarono. Lui passò la notte a
leggere ma in testa e nel suo cuore c’era ben altro.
Passò una settimana dal
suo ricovero, non rivide l’infermiera Miranda ma rincontrò un agente che gli
disse di passare in stazione quando sarebbe stato dimesso, per verbalizzare la
denuncia. Infine fu dimesso con un vistoso turbante di garze.
Quando, dopo qualche
giorno, si dovette recare in ospedale per il controllo, comprò un mazzo di rose
e uscì. Davanti al portone incrociò la bella moglie di Gradazzo, lei sussultò
ma Ludovico nemmeno si accorse e tirò dritto per la sua strada.
Avrebbe parlato con la
sua infermiera o le avrebbe lasciato i fiori. Lei avrebbe deciso cosa fare.
Dopotutto, come citava il suo libro preferito, il destino è come un vento.
Ludovico avrebbe lasciato
le finestre aperte in attesa del suo.
Nessun commento:
Posta un commento