Successe tutto molto in
fretta.
Violante, all’epoca, era
impiegata in una numerosa serie di lavori in parecchie case del paese. Faceva
di tutto, dalle pulizie al baby-sitting, dallo stirare alle lezioni agli
studenti in difficoltà. Era molto conosciuta e si faceva apprezzare per
puntualità ed efficienza.
Ultimamente si era offerta
per dare lezioni di yoga personali e aveva radunato un discreto numero di
persone interessate.
Insomma, le cose
andavano abbastanza bene, l’affitto della camera era onesto e lei era
soddisfatta e non aveva mai avuto problemi ad arrivare alla fine del mese.
Quando seppe
dell’incidente accorso a Pietro, si presentò immediatamente offrendo la sua
disponibilità a trasferirsi.
Pietro era Addetto
Tecnico Nautico, dipendente civile della Marina e si occupava del faro da
almeno venticinque anni e non voleva saperne di andare in pensione.
Quando lui cadde dalla
scala e fu operato, le possibilità furono due.
Lasciare il posto a
qualcun altro e ritirarsi oppure trovarsi un assistente che lo aiutasse a
trascorrere il periodo di riabilitazione, senza interrompere il lavoro.
Pietro non aveva grandi
attese, anzi, nemmeno si aspettava che qualcuno rispondesse presto all’annuncio
e di sicuro lo sorprese che la prima persona a presentarsi fu una donna.
Pietro ebbe molte esitazioni
ma alla fine si convinse ad assumere Violante. La donna non era troppo giovane,
a quarant’anni non si è più ragazzi da tempo, ma nemmeno troppo anziana.
Qualcuno in paese
avrebbe potuto vederci qualcosa di male e qualcuno lo fece di certo ma Pietro
non aveva tempo da perdere. Disse di sì e Violante nel giro di mezza giornata
fece i bagagli, pagò la stanza in affitto per tutto il mese e si trasferì
nell’edificio alla base del faro, in cui abitava Pietro.
Pietro aveva sempre
avuto a che fare con impianti elettrici e accumulatori ed era stato marinaio civile
per lunghi anni, prima di decidere di tenere i piedi sulla terra ferma e di
impiegarsi come farista. Ormai la grande maggioranza dei segnalatori era
automatizzata o dismessa, e lui si aspettava che da un momento all’altro anche del
suo faro non avrebbero avuto più bisogno ma non voleva che fosse il suo stupido
incidente a farlo mettere fuori gioco.
Violante capì dal primo
momento che non sarebbe stato facile con quel vecchio uomo di mare, abituato
alla solitudine e fece del suo meglio per diventare una donna invisibile.
I primi giorni
passarono così. Il cielo era coperto e una coltre di nuvole rendeva tutto
grigio e indistinto. Violante passava le ore a eseguire gli ordini aspri di
Pietro, a preparare i pasti, a pulire antiche ragnatele dagli angoli, a farlo
entrare in una vecchissima tinozza di legno e a versargli acqua tiepida sulla
schiena.
L’uomo non s’imbarazzava
della sua nudità, perché avrebbe dovuto, così era nato e così sarebbe morto,
inoltre doveva ben lavarsi e la donna era pagata per lavorare.
Lei scoprì che oltre
alle pulizie anche dare il bianco per rinfrescare le camere vuote, lavare le
vetrate della stanza della luce, sgomberare il vecchio capanno dalle masserizie
accumulate negli anni, rientravano nelle sue tante mansioni e arrivò a
chiedersi se avesse fatto bene a proporsi per quel lavoro.
Poi uscì il sole.
Quando Violante si
affacciò, dal punto più alto del faro, e vide il sole al tramonto, restò senza
fiato.
Il disco arancione,
ancora luminoso a sufficienza da ferire gli occhi di chi lo avesse fissato,
sembrava un maestoso, immenso biscotto infuocato, che andava a intingersi in
una tazza di schiumoso latte azzurro e tutto si dipinse della surreale cornice
di un colore indefinito, sfumato tra l’arancione, l’indaco e il blu, dove le
prime stelle della sera andavano a chiazzare il cielo tornato sereno. Nemmeno
quando era andata al museo di van Gogh, Violante aveva osservato colori così
intensi e spettacolari.
Era stata sul punto di
chiamare Pietro ma si era bloccata, sapendo che quei colori non sarebbero
durati per molto e non voleva perdersene nemmeno un istante.
Sapeva che il marinaio
doveva aver visti innumerevoli tramonti ed era uomo troppo pragmatico per
fermarsi più di tanto a perdere il suo tempo.
Già. Il tempo.
Al faro Violante stava
sperimentando una vita fatta di fatiche e lavoro duro ma senza tempo, dove i
momenti non erano scanditi dalle attività umane come mangiare, dormire, lavarsi
ma dall’alternarsi della luce e del buio, e dal ruotare dei cristalli
incandescenti che lanciavano il proprio segnale verso il mare aperto.
Violante aveva capito
presto che nel faro, il tempo era come sospeso e non importava che ora o che
giorno fosse, ma se il sole era ancora allo zenit, oppure stava calando e quali
condizioni meteorologiche fossero previste.
Quel tramonto, così
imprevisto, così violento e bellissimo l’aveva fatta innamorare senza rimedio
di quel luogo e tutti i posti da lei vissuti in passato persero importanza.
Violante prese a salire
di notte sul terrazzino e a osservare l’infinito, come dovevano aver fatto gli
uomini dell’antichità, il punto dove il nero del mare si fondeva col buio del
cielo e non c’era un confine. Poi alzava il viso e cercava di capire il mistero
dell’esistenza, scrutando tra i puntini luminosi che le facevano da soffitta.
Restava fin quando i brividi di freddo le impedivano di rimanere immobile e
doveva rientrare per scaldarsi.
Era capace di
riconoscere il grande e il piccolo carro, la stella Polare, la cintura di
Orione con Rigel e il triangolo estivo con Vega.
In passato una donna
che aveva creduto amica, con la passione dell’astronomia, la tediava con lunghe
descrizioni, le sere d’estate sul balcone. Violante ricordava con amarezza
quando il marito di questa aveva tentato di baciarla e lei aveva preferito
allontanarsi da quella coppia. Il silenzio e l’assenza dell’altra avevano fatto
nascere il sospetto che l’uomo avesse narrato alla moglie una versione diversa
dell’accaduto, ma tutto questo ora non aveva più importanza.
Le persone vanno e
vengono e la nostra vita è come una stazione ferroviaria, qualcuno parte per
non tornare mai più e non è detto che sia sempre un male.
Il cielo però non
sarebbe passato, era lì, immoto, da miliardi di anni e lo sarebbe stato per
altrettanto. Del cielo ci si poteva fidare e Violante non avrebbe mai voluto
staccare lo sguardo, nonostante il freddo, nonostante il sonno e i brividi.
Pietro l’aveva osservata
passare parte della notte in contemplazione delle costellazioni e aveva sorriso
pensando a lui giovane, sul ponte del peschereccio, a trascorrere la notte con
naso in su.
Violante aveva sempre
glissato, quando s’iniziava a parlare del loro passato e delle rispettive vite.
A Pietro non importava,
non gli sembrava che la donna avesse qualcosa da nascondere e comunque non
erano affari suoi.
Violante era la donna
perfetta, per la vita nel faro.
Non era importante il
suo passato, né il suo futuro.
Era lì ora e questa era
l’unica cosa che contasse.
Sotto quel cielo, sul
terrazzino del faro, Violante pensava la stessa cosa.
Viveva nel momento.
Era l’unica cosa che contasse.
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