sabato 8 luglio 2023

La ragazza del faro

 





Successe tutto molto in fretta.

Violante, all’epoca, era impiegata in una numerosa serie di lavori in parecchie case del paese. Faceva di tutto, dalle pulizie al baby-sitting, dallo stirare alle lezioni agli studenti in difficoltà. Era molto conosciuta e si faceva apprezzare per puntualità ed efficienza.

Ultimamente si era offerta per dare lezioni di yoga personali e aveva radunato un discreto numero di persone interessate.

Insomma, le cose andavano abbastanza bene, l’affitto della camera era onesto e lei era soddisfatta e non aveva mai avuto problemi ad arrivare alla fine del mese.

Quando seppe dell’incidente accorso a Pietro, si presentò immediatamente offrendo la sua disponibilità a trasferirsi.

Pietro era Addetto Tecnico Nautico, dipendente civile della Marina e si occupava del faro da almeno venticinque anni e non voleva saperne di andare in pensione.

Quando lui cadde dalla scala e fu operato, le possibilità furono due.

Lasciare il posto a qualcun altro e ritirarsi oppure trovarsi un assistente che lo aiutasse a trascorrere il periodo di riabilitazione, senza interrompere il lavoro.

Pietro non aveva grandi attese, anzi, nemmeno si aspettava che qualcuno rispondesse presto all’annuncio e di sicuro lo sorprese che la prima persona a presentarsi fu una donna.

Pietro ebbe molte esitazioni ma alla fine si convinse ad assumere Violante. La donna non era troppo giovane, a quarant’anni non si è più ragazzi da tempo, ma nemmeno troppo anziana.

Qualcuno in paese avrebbe potuto vederci qualcosa di male e qualcuno lo fece di certo ma Pietro non aveva tempo da perdere. Disse di sì e Violante nel giro di mezza giornata fece i bagagli, pagò la stanza in affitto per tutto il mese e si trasferì nell’edificio alla base del faro, in cui abitava Pietro.

Pietro aveva sempre avuto a che fare con impianti elettrici e accumulatori ed era stato marinaio civile per lunghi anni, prima di decidere di tenere i piedi sulla terra ferma e di impiegarsi come farista. Ormai la grande maggioranza dei segnalatori era automatizzata o dismessa, e lui si aspettava che da un momento all’altro anche del suo faro non avrebbero avuto più bisogno ma non voleva che fosse il suo stupido incidente a farlo mettere fuori gioco.

Violante capì dal primo momento che non sarebbe stato facile con quel vecchio uomo di mare, abituato alla solitudine e fece del suo meglio per diventare una donna invisibile.

I primi giorni passarono così. Il cielo era coperto e una coltre di nuvole rendeva tutto grigio e indistinto. Violante passava le ore a eseguire gli ordini aspri di Pietro, a preparare i pasti, a pulire antiche ragnatele dagli angoli, a farlo entrare in una vecchissima tinozza di legno e a versargli acqua tiepida sulla schiena.

L’uomo non s’imbarazzava della sua nudità, perché avrebbe dovuto, così era nato e così sarebbe morto, inoltre doveva ben lavarsi e la donna era pagata per lavorare.

Lei scoprì che oltre alle pulizie anche dare il bianco per rinfrescare le camere vuote, lavare le vetrate della stanza della luce, sgomberare il vecchio capanno dalle masserizie accumulate negli anni, rientravano nelle sue tante mansioni e arrivò a chiedersi se avesse fatto bene a proporsi per quel lavoro.

Poi uscì il sole.

Quando Violante si affacciò, dal punto più alto del faro, e vide il sole al tramonto, restò senza fiato.

Il disco arancione, ancora luminoso a sufficienza da ferire gli occhi di chi lo avesse fissato, sembrava un maestoso, immenso biscotto infuocato, che andava a intingersi in una tazza di schiumoso latte azzurro e tutto si dipinse della surreale cornice di un colore indefinito, sfumato tra l’arancione, l’indaco e il blu, dove le prime stelle della sera andavano a chiazzare il cielo tornato sereno. Nemmeno quando era andata al museo di van Gogh, Violante aveva osservato colori così intensi e spettacolari.

Era stata sul punto di chiamare Pietro ma si era bloccata, sapendo che quei colori non sarebbero durati per molto e non voleva perdersene nemmeno un istante.

Sapeva che il marinaio doveva aver visti innumerevoli tramonti ed era uomo troppo pragmatico per fermarsi più di tanto a perdere il suo tempo.

Già. Il tempo.

Al faro Violante stava sperimentando una vita fatta di fatiche e lavoro duro ma senza tempo, dove i momenti non erano scanditi dalle attività umane come mangiare, dormire, lavarsi ma dall’alternarsi della luce e del buio, e dal ruotare dei cristalli incandescenti che lanciavano il proprio segnale verso il mare aperto.

Violante aveva capito presto che nel faro, il tempo era come sospeso e non importava che ora o che giorno fosse, ma se il sole era ancora allo zenit, oppure stava calando e quali condizioni meteorologiche fossero previste.

Quel tramonto, così imprevisto, così violento e bellissimo l’aveva fatta innamorare senza rimedio di quel luogo e tutti i posti da lei vissuti in passato persero importanza.

Violante prese a salire di notte sul terrazzino e a osservare l’infinito, come dovevano aver fatto gli uomini dell’antichità, il punto dove il nero del mare si fondeva col buio del cielo e non c’era un confine. Poi alzava il viso e cercava di capire il mistero dell’esistenza, scrutando tra i puntini luminosi che le facevano da soffitta. Restava fin quando i brividi di freddo le impedivano di rimanere immobile e doveva rientrare per scaldarsi.

Era capace di riconoscere il grande e il piccolo carro, la stella Polare, la cintura di Orione con Rigel e il triangolo estivo con Vega.

In passato una donna che aveva creduto amica, con la passione dell’astronomia, la tediava con lunghe descrizioni, le sere d’estate sul balcone. Violante ricordava con amarezza quando il marito di questa aveva tentato di baciarla e lei aveva preferito allontanarsi da quella coppia. Il silenzio e l’assenza dell’altra avevano fatto nascere il sospetto che l’uomo avesse narrato alla moglie una versione diversa dell’accaduto, ma tutto questo ora non aveva più importanza.

Le persone vanno e vengono e la nostra vita è come una stazione ferroviaria, qualcuno parte per non tornare mai più e non è detto che sia sempre un male.

Il cielo però non sarebbe passato, era lì, immoto, da miliardi di anni e lo sarebbe stato per altrettanto. Del cielo ci si poteva fidare e Violante non avrebbe mai voluto staccare lo sguardo, nonostante il freddo, nonostante il sonno e i brividi.

Pietro l’aveva osservata passare parte della notte in contemplazione delle costellazioni e aveva sorriso pensando a lui giovane, sul ponte del peschereccio, a trascorrere la notte con naso in su.

Violante aveva sempre glissato, quando s’iniziava a parlare del loro passato e delle rispettive vite.

A Pietro non importava, non gli sembrava che la donna avesse qualcosa da nascondere e comunque non erano affari suoi.

Violante era la donna perfetta, per la vita nel faro.

Non era importante il suo passato, né il suo futuro.

Era lì ora e questa era l’unica cosa che contasse.

Sotto quel cielo, sul terrazzino del faro, Violante pensava la stessa cosa.

Viveva nel momento.

 Era l’unica cosa che contasse.

 





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