domenica 3 ottobre 2021

Testa o Croce

 





Caterina Ballestreri è una giovane donna. A ventisette anni non sei più una ragazza ma a volte manca ancora qualcosa per essere una donna fatta. A Caterina non manca niente per la verità, lo vedi dalla luce che ha negli occhi, dall’intensità con cui affronta le giornate. Abita al terzo piano, è taciturna ma non manca mai di salutare quando la incroci per le scale e neppure di tenere il portoncino aperto quando passa la Ivaldi, col suo deambulatore. Caterina è una giovane per bene, quando è venuta ad abitare nel nostro stabile, le donne della scala hanno storto il naso ma lei non ha mai dato motivo di lamentele, non organizza feste, non ascolta musica a tutto volume. “Una giovane che vive sola, attirerà uomini di tutti i tipi e porterà guai nel palazzo!” Ha sentenziato la moglie del portiere ma Caterina, un giorno dopo l’altro, con la sua condotta l’ha smentita. Non per questo qualcuno ha smesso di osservarla con sospetto, quando passa. Abita qui da poco più di un anno e nessuno sa cosa faccia per vivere, si è sparsa la voce che abbia smesso di studiare, abbandonando l’università e gli esami, e questo ha fatto storcere altri nasi, come se la cosa riguardasse l’intero condominio. Negli ultimi mesi ha spesso fatto da babysitter a Franceschina, la bimba di quattro anni, figlia dei Rossi che stanno all’ultimo piano. La nonna si è ammalata e quando la bimba non va alla scuola materna per qualche motivo, Caterina sale in casa Rossi con un libro di favole e sorveglia la piccina. I Rossi sono gli unici ad avere avuto dei rapporti con la giovane, da quando vive qui. Hanno raccontato un giorno, di avere saputo che Caterina passa tre mattine alla settimana al centro per anziani, giù nel quartiere, a fare volontariato. Spesso si occupa anche di distribuire generi alimentari alle famiglie in difficoltà e la moglie del portiere, non fidandosi, è andata a fare un giro, raccontando di averla vista mentre distribuiva borse con pasta e biscotti e farina e latte, e sorrisi a quanti si presentavano per ricevere quei beni. Ha anche aggiunto che lei lo aveva sempre detto che quella ragazza, anzi quella giovane, oltre a essere molto bella, aveva qualcosa di speciale, un’aura di santità.

Caterina è veramente bella e sorride spesso ma non si lascia andare in chiacchiere e pur essendo molto gentile non ha mai raccontato a nessuno del suo attivismo nel mondo del volontariato.

Dopotutto è così che si dovrebbe fare, non è che uno fa del bene agli altri per poi vantarsene o dirlo pubblicamente, no?

Una sera sono rientrato molto tardi, avevo terminato una riunione di lavoro straordinaria e tornando si era forata una gomma, per di più non si trovava un parcheggio, così ero stato costretto a girare a vuoto per venti lunghi minuti e alla fine avevo lasciato l’auto a un chilometro da casa. Era davvero tardi e rientrando a piedi avevo incrociato una donna piegata in avanti a rovistare nel vano motore di un’utilitaria. La donna aveva tacchi altissimi e calze a rete con la riga, su due gambe lunghissime, una gonnellina di pelle corta e attillata che fasciava i fianchi stretti. Insomma l’abbigliamento non lasciava equivoci sull’attività praticata dalla signorina. Alla mia età non sono certo il tipo da perdere tempo a fissare le gambe di una squillo ma la donna sembrava avere problemi con la macchina e mi dispiaceva non poterla aiutare. Lei si accorse del mio indugiare e si sollevò dall’auto chiedendo se ne capissi di motori. Io risposi che non ci capivo niente, tutto quello che potevo fare, era darle un passaggio fino a dove fosse diretta. Era buio, la donna era truccata pesantemente ma si capiva che era giovane, poi lei si portò le mani alla bocca e cercò di ritrarsi. “C’è qualche problema…” stavo per continuare quando restai in silenzio. Con un attimo di ritardo rispetto alla donna, anch’io l’avevo riconosciuta. Lei cercò di scusarsi, di voltarsi ma riuscii a chiamarla. “Caterina…”

 

Si voltò e mi chiese di dimenticare di averla vista, m’implorò di non farle perdere l’appartamento che aveva trovato, che non avrebbe saputo dove andare.

Nemmeno per un secondo mi era passato per la mente di comportarmi con una tale bassezza, chi ero io per esprimere giudizi o per condannare la vita di quella ragazza. “Come posso aiutarla, Caterina?” Fu l’unica cosa che riuscii a pronunciare, vincendo l’imbarazzo di entrambi. “Potrebbe darmi un passaggio?” Lei era paralizzata e impacciata, la accompagnai fino alla mia auto, vedevo le facce dei passanti osservarci, chi con sdegno, chi con un sogghigno, un anziano signore che si accompagnava a una giovanissima donna di facili costumi. Feci finta di niente e così lei. La feci salire in auto sotto gli occhi di una coppia matura che si era girata a guardarci mormorando oscenità. Mi diede un indirizzo nel centro città e la portai. Arrivati al portone, pronunciò delle scuse frettolose e si fermò un secondo a guardarmi con gratitudine. Poi scese e scomparve dentro allo stabile.

Tornai a casa.

Pensai molto all’episodio ma dentro di me non avevo mai avuto dubbi.

Per me lei era la stessa Caterina di sempre, la giovane donna con lo sguardo fermo e deciso, la ragazza silenziosa che a volte faceva la babysitter a una bambina di quattro anni e che passava tre mattine la settimana, come volontaria in un centro per anziani.

Qualcuno potrebbe obiettare che rimane pur sempre una donnaccia, una peccatrice, lo so.

Ma quando studiamo una moneta, forse ci fermiamo a osservare solo una faccia? La valutiamo solo per la testa che ha inciso o per la sua croce?

Mi dico che solo l’intera moneta rappresenta il suo valore. Che non esistono persone completamente buone o totalmente negative.

Poi quello che fa per vivere quella donna, non è cosa che competa ai condomini e finché questa cosa dipende da me, non sapranno niente.

E’ passato qualche tempo da quella sera.

Incontro Caterina per le scale o all’ingresso di queste e lei mi saluta con gentilezza, cedendo il passo e abbassando gli occhi.

Di questo abbiamo bisogno nel palazzo.

Di persone gentili.

Poi vado al lavoro, sereno.

 




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