lunedì 11 ottobre 2021

Lo scemo del villaggio: orso Bruno!

 




Nel nostro paese non manca mai lo scemo del villaggio. Anche più di uno.

A volte si danno il cambio, altre lo fanno in contemporanea.

Lo scemo del villaggio è qualcuno che non ha niente di meglio da fare che andarsene a zonzo tutto il santo giorno, gettare briciole ai piccioni, pezzetti di pane ai pesci del torrente, occhiate alle studentesse di passaggio che lo ripagano con la loro giovane, arrogante bellezza.

Lo scemo del villaggio, al momento è il Bepi, attacca bottone con i passanti, commenta il clima con colossali luoghi comuni, fa cenni ai baristi, sorride di un’allegria rinforzata al Tavernello e non manca mai di salutare. Anche se non vi conosce.

Perché il Bepi sarà anche un po' scemo, ma non è maleducato.

A differenza di Bruno.

Bruno è un paesano sulla sessantina. Mai visto uno più scorbutico, mai incontrato nessun altro così scostante. E’ troppo scontroso anche per essere candidato a scemo del villaggio del mese.

Un vero orso. In paese, infatti, tutti lo chiamano l'orso Bruno.

Appropriato anche se un poco cattivo.

Ma Bruno si merita l'appellativo come nessun altro.

Cammina molto e incontra molta gente ma ci fosse una volta che salutasse. Eppure qui ci conosciamo tutti. Bruno passa e, semplicemente, tira dritto, fa finta di non vedervi, avanza come un caterpillar. Dà la sensazione che, se non siete voi a scansarvi, potrebbe travolgervi con la sua enorme mole da orso, e calpestarvi senza nemmeno accorgersene.

Insomma, in poco tempo Bruno è diventata la persona più detestata del paese.

Finché un giorno non capitò l’incidente.

Lo scemo designato del mese, il Bepi era lì a perdere tempo, leggendo con interesse un manifesto comunale su cui vi era stampato un bando scaduto da due anni, quando vide arrivare l’orso Bruno.

Da scemo beneducato si apprestò a salutare e ben presto il suo agitare di mani si tramutò da saluto ad avvertimento di pericolo. Fu inutile: Bruno andò a picchiare la sua enorme facciona contro il palo del divieto di sosta. Bepi era l’unico che avrebbe fatto qualcosa per aiutare chiunque, compreso l’orso Bruno e, infatti, lo aiutò. Gli procurò dei tovagliolini di carta, rubati sui tavolini del bar della piazza, per arrestare l’emorragia e per pulire quello scempio. Poi aiutò Bruno a rimettersi in piedi e si offrì di accompagnare l’uomo.

Bepi prese Bruno per un gomito e lo portò nel posto che secondo lui sarebbe stato più utile a quello scontroso. Era un negozio.

Bruno provò a protestare ma non ci fu verso, Bepi insistette così tanto che non ci fu scelta.

Il negozio era un ottico.

Bruno uscì da lì con un paio di occhialini tondi, che facevano molto John Lennon ma col naso gonfio sembrava più Rocky suonato…

Il paese diventò nuovo, il mondo di Bruno cambiò. Vide la signora Pagani e la salutò con la mano, poi incrociò don Lurio, il prete del paese e lo apostrofò con un improprio “eccellenza”, poi si accorse che dall’altra parte della strada c’era il maresciallo Winchester con la moglie e li salutò alzando un copricapo immaginario. Subito dopo urlò un “ciao, Forchetta” a un ragazzino che stava passando sul motorino sgangherato.

Tutti ma proprio tutti guardarono a lungo Bruno, come si guarda uno che si stenta a riconoscere.

L’unico che non era stupito fu il Bepi che, nonostante l’incarico di scemo del villaggio, aveva capito che Bruno non era misantropo, asociale o solitario, era semplicemente miope.

Dal canto suo Bruno smise di vedere tutti i volti come degli ovali rosacei con segni disordinati che avrebbero potuto essere nasi come sopracciglia, ma riconobbe le facce dei paesani che finalmente non mancarono di offrire un sorriso all’ex orso del villaggio.

E naturalmente a quel simpaticone del Bepi…








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