Nel nostro paese non
manca mai lo scemo del villaggio. Anche più di uno.
A volte si danno il
cambio, altre lo fanno in contemporanea.
Lo scemo del villaggio
è qualcuno che non ha niente di meglio da fare che andarsene a zonzo tutto il
santo giorno, gettare briciole ai piccioni, pezzetti di pane ai pesci del
torrente, occhiate alle studentesse di passaggio che lo ripagano con la loro giovane,
arrogante bellezza.
Lo scemo del villaggio,
al momento è il Bepi, attacca bottone con i passanti, commenta il clima con
colossali luoghi comuni, fa cenni ai baristi, sorride di un’allegria rinforzata
al Tavernello e non manca mai di salutare. Anche se non vi conosce.
Perché il Bepi sarà
anche un po' scemo, ma non è maleducato.
A differenza di Bruno.
Bruno è un paesano
sulla sessantina. Mai visto uno più scorbutico, mai incontrato nessun altro
così scostante. E’ troppo scontroso anche per essere candidato a scemo del
villaggio del mese.
Un vero orso. In paese,
infatti, tutti lo chiamano l'orso Bruno.
Appropriato anche se un
poco cattivo.
Ma Bruno si merita
l'appellativo come nessun altro.
Cammina molto e
incontra molta gente ma ci fosse una volta che salutasse. Eppure qui ci
conosciamo tutti. Bruno passa e, semplicemente, tira dritto, fa finta di non
vedervi, avanza come un caterpillar. Dà la sensazione che, se non siete voi a
scansarvi, potrebbe travolgervi con la sua enorme mole da orso, e calpestarvi
senza nemmeno accorgersene.
Insomma, in poco tempo
Bruno è diventata la persona più detestata del paese.
Finché un giorno non
capitò l’incidente.
Lo scemo designato del
mese, il Bepi era lì a perdere tempo, leggendo con interesse un manifesto
comunale su cui vi era stampato un bando scaduto da due anni, quando vide
arrivare l’orso Bruno.
Da scemo beneducato si
apprestò a salutare e ben presto il suo agitare di mani si tramutò da saluto ad
avvertimento di pericolo. Fu inutile: Bruno andò a picchiare la sua enorme
facciona contro il palo del divieto di sosta. Bepi era l’unico che avrebbe
fatto qualcosa per aiutare chiunque, compreso l’orso Bruno e, infatti, lo
aiutò. Gli procurò dei tovagliolini di carta, rubati sui tavolini del bar della
piazza, per arrestare l’emorragia e per pulire quello scempio. Poi aiutò Bruno
a rimettersi in piedi e si offrì di accompagnare l’uomo.
Bepi prese Bruno per un
gomito e lo portò nel posto che secondo lui sarebbe stato più utile a quello scontroso.
Era un negozio.
Bruno provò a
protestare ma non ci fu verso, Bepi insistette così tanto che non ci fu scelta.
Il negozio era un ottico.
Bruno uscì da lì con un
paio di occhialini tondi, che facevano molto John Lennon ma col naso gonfio sembrava
più Rocky suonato…
Il paese diventò nuovo,
il mondo di Bruno cambiò. Vide la signora Pagani e la salutò con la mano, poi incrociò
don Lurio, il prete del paese e lo apostrofò con un improprio “eccellenza”, poi
si accorse che dall’altra parte della strada c’era il maresciallo Winchester
con la moglie e li salutò alzando un copricapo immaginario. Subito dopo urlò un “ciao,
Forchetta” a un ragazzino che stava passando sul motorino sgangherato.
Tutti ma proprio tutti
guardarono a lungo Bruno, come si guarda uno che si stenta a riconoscere.
L’unico che non era
stupito fu il Bepi che, nonostante l’incarico di scemo del villaggio, aveva
capito che Bruno non era misantropo, asociale o solitario, era semplicemente miope.
Dal canto suo Bruno
smise di vedere tutti i volti come degli ovali rosacei con segni disordinati
che avrebbero potuto essere nasi come sopracciglia, ma riconobbe le facce dei
paesani che finalmente non mancarono di offrire un sorriso all’ex orso del
villaggio.
E naturalmente a quel
simpaticone del Bepi…
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